martedì 29 marzo 2022

Oscar 2022 - Wil Smith chiede scusa a Chris Rock. Ma cos'è successo in regia in quel momento?

Continua a tenere banco il caso dello schiaffo di Will Smith a Chris Rock durante la cerimonia di premiazione degli Oscar 2022.

L'Academy e la Screen Actors Guild (SAG) hanno fatto sapere che a breve analizzeranno quanto accaduto e che ci saranno conseguenze.

"L'Academy condanna le azioni del signor Smith durante lo show. Abbiamo iniziato un'indagine formale sull'incidente ed esploreremo ulteriori azioni e conseguenze, secondo il nostro Staturo, le norme di condotte e le leggi della California", si legge nel comunicato ufficiale dell'Academy. Poi è arrivato quello del SAG: "Come sindacato che rappresenta i presentatori e altri attori agli Oscar, SAG-AFTRA deve assicurarsi che i suoi membri lavorino sempre in un ambiente sicuro. La violenza o la violenza fisica in un luogo di lavoro non sono mai appropriate e il sindacato condanna qualsiasi condotta di questo tipo. L'incidente che ha coinvolto Will Smith e Chris Rock agli Oscar è inaccettabile. Siamo in contatto con l'Academy e con l'ABC in merito a questo incidente e lavoreremo per garantire che questo comportamento venga affrontato in modo appropriato. SAG-AFTRA non rilascia commenti su nessun procedimento disciplinare in corso sui suoi membri".

Insomma, se Chris Rock non ha nessuna intenzione di denunciare il collega, l'Academy e i SAG non sembrano intenzionati a passarci sopra, ci saranno conseguenze.

Intanto Will Smith, che nel suo discorso di accettazione del premio aveva si era già scusato, visibilmente imbarazzato oltre che in lacrime, è tornato sull'argomento e con un post su Instagram ha chiesto scusa a tutti, anche a Chris Rock. Ecco il suo post.

"La violenza, in ogni sua forma, è velenosa e distruttiva. Il mio comportamento all’ultima Notte degli Oscar è stato inaccettabile e ingiustificabile. Gli scherzi su di me fanno parte del lavoro, ma una battuta sulla condizione medica di Jada è stato troppo per me da sopportare e ho reagito in maniera emotiva.
Vorrei scusarmi pubblicamente con te, Chris. Ho reagito in maniera eccessiva e ho sbagliato. Mi vergogno di questo e le mie azioni non sono indicative dell’uomo che voglio essere. Non c’è spazio per la violenza in un mondo di amore e gentilezza.
Desidero anche scusarmi con l’Academy, i produttori dello show, tutti i presenti e il pubblico in tutto il mondo. Voglio anche chiedere perdono alla famiglia Williams e alla mia famiglia di King Richard. Sono profondamente dispiaciuto che il mio comportamento sia finito per macchiare quello che, fino a quel momento, era stato un viaggio straordinario per tutti noi.

Sono ancora un work in progress. Sinceramente, Will".


Mentre si parla del gesto, molti si sono chiesti cosa è successo dietro le quinte in quel momento. Perché la regia non ha sospeso la diretta? Perché nessuno della security è intervenuto? La risposta è molto semplice, nessuno se lo aspettava.
Variety lo ha chiesto a Chris Mills, responsabile per la ABC che stava gestendo la diretta con il regista, uno che di imprevisti se ne intende, era in regia anche nell'edizione del famoso scambio delle buste tra La La Land e Moonlight. Le sue parole.

"È arrivato Chris Rock e l'abbiamo visto mentre lavorava su quello che era successo fino ad allora, come fanno tutti i comici. E poi ha fatto la battuta su Soldato Jane, e si è visto che non era piaciuta a Jada. E all'improvviso Will è salito sul palco. In passato ci sono già stati momenti in cui qualcuno si è alzato e ha fatto delle cose, per cui abbiamo pensato che fosse uno di quei casi". Mills ha specificato che la battuta sulla testa rasata di Jada Pinkett-Smith non era nel copione, è stata improvvisata così come improvvisa è stata la reazione di Will Smith. "Abbiamo iniziato a renderci conto che era una situazione reale quando Chris, che conosce i limiti delle dirette televisive, ha detto, "Will Smith mi ha appena schiaffeggiato" [l'espressione esatta è stata:"Slapped the shit out of me"]. In quel momento è diventato evidente che non era uno scherzo".
La conferma che era tutto vero è arrivata poi quando Will Smith ha urlato la ormai famosa frase "Keep my wife's name out of your fucking mouth", che negli USA è stata censurata in diretta. "Quando hai la mano sul pulsante - io non l'avevo ma c'erano le persone incaricate di controllare - credo sia ovvio si preferisca togliere qualcosa piuttosto che lasciarlo passare", ha commentato Mills.

Ma lo show deve andare avanti. "Avevamo sentito che Denzel Washington e Tyler Perry erano andati da Will per capire cosa era successo, calmarlo, dargli consigli", ha detto Mills, "Ma dovete ricordare che stavamo gestendo una diretta. Fosse stata una cosa pre-registrata, ci saremmo fermati, avremmo affrontato l'argomento e deciso cosa fare. Ma in questo caso c'era uno spettacolo da fare. Ovvio, si è trattato di un momento spiacevole, ma non a un livello tale da pensare a fermare tutto lo show, che è quindi proseguito". Decisivo soprattutto l'intervento di Denzel Washington, che durante la presentazione della cinquina si è alzato e si è "messo in mezzo" tra Smith e Rock per cercare di calmare gli animi (foto).

Qualcuno si è chiesto perché è stato permesso a Will Smith di tornare tranquillamente in platea, e il motivo che non c'è stato il tempo di prendere decisioni, l'attore era già stato richiamato per la premiazione dell'Oscar al migliore attore, che poi ha vinto. Un brutto episodio che ha oscurato tutto il resto, per questo Mills invita tutti ad andarsi a rivedere alcuni momenti: "Ci sono stati dei vincitori straordinari e dei grandi discorsi, quindi invito tutti a rivedere Questlove, Jessica Chastain, Billie Eilish, l'intero equipaggio di CODA. Ci sono stati vincitori fantastici e sentimenti incredibili la scorsa notte". E poi un elogio alla figura del presentatore, nello specifico Amy Schumer, che con una piccola battuta ha sciolto la tensione: "La cosa che abbiamo capito, anche durante le prove, è l'importanza di avere un presentatore. Quanto ci mancava!".

Sicuramente del caso "ceffone di Will Smith" si parlerà ancora per molto tempo. 

lunedì 28 marzo 2022

Oscar 2022 - Tutti i vincitori e il commento alla serata

Si è tenuta la notte scorsa la 94a edizione degli Academy Awards, che vedono trionfare come Miglior Film "Coda - I segni del cuore", mentre alla Regia si aggiudica il premio Jane Campion per "Il Potere del Cane".
Mani vuote per l'Italia, a cominciare da Sorrentino che vede sfumare il sogno di un secondo Oscar, aggiudicato dal film giapponese Drive My Car. Nulla di fatto anche per i Costumi per Massimo Cantini Parrini (Cyrano) e Enrico Casarosa per l'animazione (Luca).


Una serata che avrebbe dovuto essere più breve, con otto categorie "sacrificate", premiate prima della cerimonia principale e poi mandare registrate, così non è stato, la serata è stata lungo come le precedenti.
Sono tornate le presentatrici e hanno fatto il loro in momenti più brevi rispetto al passato. La cerimonia è stata molto classica, sono stati ricordati diversi anniversari di film passati, Il Padrino, Pulp Fiction, Juno, con la prima volta di Elliot Page sul palgo, la saga di 007, e Cabaret. E ha fatto molta tenerezza vedere una Liza Minnelli sulla sedia a rotelle e in evidente difficoltà, per fortuna è stata brava e delicata Lady Gaga ad assisterla nella presentazione del premio finale. Ha vinto il politically correct, che da qualche anno ormai decide i premi più della reale qualità dei film. Dune ha fatto piazza pulita degli Oscar tecnici, gli altri film si sono spartiti i premi. CODA ne ha vinti tre, e mentre migliore attore non protagonista a Troy Kotsur è stato più che meritato, sugli altri due, soprattutto quello come miglior film, ci sarebbe da parlarne. Onestamente c'erano film più meritevoli. Jane Campion (Il Potere del Cane) è la terza donna a vincere un Oscar alla regia nella storia dell'Academy. Primo Oscar per Jessica Chastain, meritatissimo il premio a Ariana DeBose, prima attrice apertamente omosessuale (queer) a ricevere un Oscar.

Inutile girarci intorno, il momento che ha fatto più scalpore è senza dubbio la reazione improvvisa e inaspettata di Will Smith alla battutaccia di Chris Rock. Cos'è successo? Chris Rock, sul palco per presentare il premio per il miglior documentario, ha fatto una battuta su Jada Pinkett Smith e la sua testa rasata, le ha detto "Non vedo l'ora di vederti in G.I.Joe 2", per noi Soldato Jane, il film in cui Demi Moore era rasata. Una battuta che potrebbe sembrare innocua se non fosse che l'attrice lotta da anni contro una forma aggressiva di alopecia e la battuta, a cui tutti hanno sorriso, le ha dato un po' fastidio. Vedendo la moglie infastidita, Will Smith ha reagito, è andato sul palco e ha schiaffeggiato Chris Rock. Nel teatro è sceso il gelo, non subito però, all'inizio tutti hanno pensato a uno sketch provato ma quando Will Smith ha urlato per due volte "Tieni il nome di mia moglie fuori dalla tua fottuta bocca", è sceso il silenzio (la foto della presunta reazione di Nicole Kidman è falsa, quella foto è dell'inizio dello show). Chris Rock è rimasto calmo e ha continuato a presentare. Cos'è successo dopo? sembra che la manager di Will Smith lo abbia richiamato dietro le quinte per parlargli, anche l'amico Denzel Washington è intervenuto per parlargli. Poi Will Smith ha vinto l'Oscar, il suo primo Oscar, e in lacrime, e con un certo imbarazzo, ha chiesto scusa all'Academy, ai presenti, e ai suoi colleghi nominati. Un momento imbarazzante, fuori luogo, sia la battuta che la reazione, che purtroppo per i due attori, resterà nella storia degli Oscar.

Tutti i vincitori:

Miglior Film: Coda - I segni del cuore di Sian Heder

Migliore regia: Jane Campion per Il potere del cane

Migliore attrice protagonista: Jessica Chastain per Gli occhi di Tammy Faye

Migliore attore protagonista: Will Smith per King Richard - Una famiglia vincente

Migliore attrice non protagonista: Ariana DeBose per West side story

Migliore attore non protagonista: Troy Kotsur per Coda - i segni del cuore

Migliore sceneggiatura originale: Belfast di Kenneth Branagh

Migliore sceneggiatura adattata: Coda - I segni del cuore di Sian Heder

Migliore fotografia: Dune (Greig Fraser)

Miglior trucco e acconciatura: Gli occhi di Tammy Faye (Linda Dowds, Stephanie Ingram e Justin Raleigh)

Miglior film internazionale: Drive My Car di Ryusuke Hamaguchi

Miglior film d'animazione: Encanto di Byron Howard e Jared Bush

Miglior documentario: Summer of Soul…or When the Revolution Could Not Be Televised di Ahmir "Questlove" Thompson

Migliori effetti speciali: Dune (Paul Lambert, Tristan Myles, Brian Connor e Gerd Nefzer)

Miglior suono: Dune (Mac Ruth, Mark Mangini, Theo Green, Doug Hemphill e Ron Bartlett)

Miglior montaggio: Dune (Joe Walker)

Migliore colonna sonora: Dune (Hans Zimmer)

Migliore canzone originale: No time to die (Billie Eilish e Finneas O'Connell)

Migliori costumi: Crudelia (JJenny Beavan)

Migliore scenografia: Dune (Patrice Vermette; Set Decoration: Zsuzsanna Sipos)

Miglior corto documentario: The Queen of Basketball di Ben Proudfoot

Miglior corto animato: The windshield wiper di Alberto Mielgo e Leo Sanchez

Miglior corto live action: The long goodbye di Aneil Karia e Riz Ahmed



domenica 27 marzo 2022

Oscar 2022 - le nostre recensioni dei candidati a Miglior Film

Questa notte si terrà la cerimonia di premiazione degli Oscar 2022, che arriva dopo un'altra annata non facile per il Cinema di tutto il mondo.

Tre dei candidati, Il Potere del Cane, CODA e Don't Look Up, sono prodotti da piattaforme streaming. Drive My Car di Ryūsuke Hamaguchi è il primo film giapponese ad essere candidato all'Oscar come miglior film. Tra i dieci, ci sono due film diretti da donne, Jane Campion per Il Potere del CaneSian Heder per CODA, con loro, il conteggio assoluto dei film diretti da donne e candidati come miglior film sale a 18. West Side Story è il dodicesimo film di Steven Spielberg ad ottenere una nomination come miglior film.

Ecco le nostre recensioni dei dieci candidati nella categoria Miglior Film.

- BELFAST di Kenneth Branagh;

- IL POTERE DEL CANE di Jane Campion;

- LICORICE PIZZA di Paul Thomas Anderson


- CODA - I SEGNI DEL CUORE di Sian Heder

- WEST SIDE STORY di Steven Spielberg

- DON'T LOOK UP di Adam McKay

- DUNE di Denis Villeneuve

- DRIVE MY CAR di Ryūsuke Hamaguchi

- UNA FAMIGLIA VINCENTE - KING RICHARD di Reinaldo Marcus Green


la Redazione di Frame

Drive My Car - la recensione


Yusuke Kafuku (Hidetoshi Nishijima) è un attore e regista teatrale, sposato con Oto (Reika Kirishima), una sceneggiatrice. Oto crea le sue storie durante gli amplessi e in quei momenti le racconta a Yusuke, che il giorno successivo le ricorda e le mette su carta. Un giorno Yusuke sorprende Oto con un altro uomo, il giovane attore Koji (Masaki Okada) con cui la donna sta collaborando, ma Yusuke va via senza essere visto e fa finta di nulla, per paura di perdere sua moglie per sempre. Il loro rapporto è passionale, ma sembra nascondere il dolore per la perdita prematura della loro figlia anni addietro sotto una coltre di non detti. Poi Oto muore improvvisamente e Yusuke ha un crollo nervoso sul palco, mentre interpreta il protagonista del dramma Zio Vanjia, di Checov. Due anni dopo, Yusuke si trasferisce a Hiroshima per dirigere proprio Zio Vanja e lì ritrova Koji, che si presenta alle audizioni e viene scelto per interpretare il protagonista, lo stesso ruolo che aveva provocato il crollo in Yosuke anni prima. L'organizzazione del dramma, inoltre, vieta a Yosuke di guidare e gli assegna un'autista, la ventitreenne Misaki Watari (Toko Miura), schiva e silenziosa ma che ben presto diventa per Yosuke una confidente, nel tempo trascorso in auto dove Yosuke è solito ascoltare le registrazioni in cui Oto lo aiutava a preparare le sue parti teatrali.


La trama di Drive My Car prende il via proprio da questo lungo prologo, un setting per quella che alla fine non è altro che una lunga analisi sul lutto, sulla sua elaborazione o sulla mancanza di questa elaborazione, sull'incapacità di comunicare e sui sensi di colpa.
I temi che il regista Ryusuke Hamaguchi inserisce nel film sono molti e tutti girano intorno al doppio: Yosuke rivede se stesso in Misaki, entrambi non riescono a staccarsi dal senso di colpa per la morte di una persona cara ed entrambi vivono come intrappolati nel loro lutto, incapaci di comunicare con il mondo esterno, e allora l'automobile, con il suo essere luogo chiuso e in un certo senso intimo, assume quasi il ruolo di un confessionale in cui aprirsi; anche Koji è uno specchio di Yosuke, il suo opposto in molti frangenti, entrambi innamorato della stessa donna, entrambi incapaci di affrontarne la morte, ma se il protagonista vive in uno stato quasi di apatia, Koji è completamente in balia delle sue emozioni, sfogando il dolore nella violenza e nella dissolutezza, e anche in questo caso è la macchina il luogo in cui i nodi vengono al pettine e i due uomini si confrontano sinceramente.
C'è poi il tema del Teatro come oggetto catartico: la rappresentazione del dramma di Checov è il filo che unisce passato e presente e che funziona come uno specchio, di nuovo, per gli stati d'animo ed emotivi del protagonista, che soltanto attraverso la realizzazione di quella performance può liberarsi delle sue catene psichiche e affrontare realmente il futuro con una nuova consapevolezza.


Tratto da un racconto di Haruki Murakami, Drive My Car è un film denso e sfaccettato, dalle molteplici chiavi di lettura e che nelle sue tre ore di durata non si perde mai in momenti inutili, anzi, riesce con la delicatezza e l'introspezione tipiche del cinema orientale a scavare profondamente nelle dinamiche emotive del lutto.

venerdì 25 marzo 2022

Spencer - la recensione

Dopo aver raccontato le ore successiva all'assassinio Kennedy dal punto di vista di Jackie Kennedy, il regista Pablo Larrain punta il focus su un'altra donna iconica del novecento e cioè Diana Spencer.

Durante le vacanze di Natale del 1991 insieme alla famiglia reale, Diana si ritrova a fare i conti con l'infelicità della sua vita e a decidere di porre fine al matrimonio con Carlo.


Grazie alla sceneggiatura di Steven Knight e a una regia che si concentra interamente sulla figura della principessa del Galles, Larrain riesce a comunicare con grande efficacia allo spettatore il disagio di Diana, un disagio che diviene quasi claustrofobico mentre la donna, e noi con lei, rimaniamo intrappolati all'interno della proprietà reale, potendo guardare oltre la finestra i campi coltivati che sembrano irraggiungibili. Da questo punto di vista, l'intero film è simile a un incubo e quando alla fine Diana lascia la proprietà, il sospiro di sollievo non è soltanto il suo ma anche il nostro.
Dove il film invece pecca è nella resa della figura stessa di Diana. Per quanto sembra palese fin da subito l'intento di renderla una donna a tutto tondo e quindi di conferire umanità all'icona, a emergere prepotentemente è però una figura idealizzata, la Diana che è emersa negli anni dalle interviste da lei rilasciate e in buona parte dall'idea che ogni spettatore si porta dietro, ovviamente ben lontana da essere un personaggio sfaccettato e veramente profondo. Anche i suoi disturbi alimentari sono affrontati di striscio, con una certa aura patetica che stimola la compassione ma non aiuta il film a fare il salto di qualità che ci si aspetterebbe.

Da questo quadro, unica protagonista, l'interpretazione di Kristen Stewart è allo stesso tempo magistrale e forzata. Magistrale perché la camera è continuamente su di lei e lei riesce a reggerla magnificamente, trasformandosi (anche grazie a un ottimo trucco) in Diana, restituendo quegli sguardi tristi e sognanti per cui è diventata famosa, ma anche i momenti più intimi con i suoi figli. Forzata perché nonostante tutto sembra sempre di assistere a una recita e non ci si dimentica mai che alla fin fine quello che si sta guardando non è reale, al massimo è un ricordo soffuso di affetto della Diana che abbiamo amato e che non c'è più. 

Licorice Pizza - la recensione

Torna Paul Thomas Anderson e ritorna in grande stile, portandoci nella scintillante San Ferdinando Valley degli anni 70.
Gary (Cooper Hoffman, figlio del compianto Philip Seymour Hoffman) conosce Alana (Alana Haim) al liceo, mentre lei è insieme a suo padre per scattare delle foto. Gary si innamora immediatamente e la invita ad uscire, ma Alana, pur accettando, non sembra intenzionata a portare la relazione oltre l'amicizia, anche a causa della differenza di età che li separa (lei ha 25 anni, mentre lui 15).


A livello visivo è tutto meraviglioso, Anderson conosce bene la zona e dirige con un'amore e una passione papabili, con colori e grana della pellicola che richiamano anche ai film di quel periodo e che prendono lo spettatore e letteralmente lo gettano dentro quegli anni. Gli scenari suburbani, un po' underground, la fanno da padrone e i costumi sono perfetti nel restituire quello spirito.

I due protagonisti hanno una chimica che si percepisce fin da subito e sono loro a tirare avanti il film, nonostante ci siano un gran numero di personaggi bizzarri che gli ruotano intorno, interpretati anche da grandi attori come Sean Penn e Bradley Cooper, ma alla fine sono sempre i due ragazzi a rubare la scena con la loro ironia e la loro spensieratezza giovanile.
Non c'è una vera e propria trama e questo potrebbe essere un difetto, infatti a seconda del momento il film varia di ritmo e per molti potrebbe risultare anche molto noioso e privo di un vero e proprio punto.

Sicuramente non si può annoverare Licorice Pizza fra i migliori lavori di Paul Thomas Anderson, ma alla fine a questo film si arriva a voler bene comunque.


Nightmare Alley - La Fiera delle Illusioni - la recensione

È finalmente disponibile su Disney+, La Fiera delle Illusioni - Nightmare Alley, l'ultimo film di Guillermo del Toro, candidato a quattro premi Oscar 2022, tra cui miglior film.

Stati Uniti, anni '40, Stanton "Stan" Carlisle è un uomo che non ha nulla, abbandona la sua casa dopo averle dato fuoco per seppellire un corpo e parte. Finisce per unirsi a una fiera, dove viene a contatto con un mondo nuovo, fatto di nani, uomini barbuti, l'"uomo-bestia", donne che si fanno attraversare il corpo dall'elettricità. Grazie all'aiuto della chiromante Zeena e di suo marito, l'ex mentalista Pete, Stan entra attivamente in quel mondo e impara alcuni trucchi del mestiere. Ma Stan vuole di più, a qualunque costo. Spinto da ambizione e avidità, parte con la giovane Molly per la città e lì, in poco tempo, diventa "Il Grande Stanton", mentalista e sensitivo da due spettacoli al giorno. Ma per Stan non è ancora abbastanza. Dopo l'incontro con una opportunista psicologa, e spinto da una crescente avidità, decide di mettere in piedi una vera e propria truffa ai danni di uomini ricchi e potenti, a cui fa credere di poter parlare con i loro cari defunti. Quello di Stan però è un gioco molto pericoloso.

Adattamento dell'omonimo romanzo di William Lindsay Gresham, già trasposto sullo schermo nel 1947, in un film con Tyrone Power, a cui però è stato cambiato il finale per renderlo meno negativo, Nightmare Alley - La Fiera delle Illusioni è il film con cui Guillermo del Toro cerca di non essere il "solito" del Toro. Non è un fantasy gotico, non è un horror, è un vero e proprio noir vecchio stile, tra atmosfere plumbee, personaggi ambigui, e sigarette. La prima parte, quella ambientata alla fiera, in un mondo di freaks, è sicuramente quella in cui si sente di più il tocco "deltoriano", nei colori, nei personaggi, poi a lungo andare quel tocco si perde un po' virando su qualcosa di più classico, mantenendo però sempre un vago senso di grottesco tipico del regista. La regia di Del Toro è ottima, bella, precisa e pulita. La ricostruzione dell'ambientazione, le scenografie, i costumi, sono meravigliosi, curati nei minimi dettagli. Ottimo anche il lavoro della fotografia.

Il protagonista Bradley Cooper offre forse la miglior performance della sua carriera, riesce a dare corpo a un personaggio avido, spietato, profondamente immorale, così bravo e sicuro di sé ad ingannare gli altri quanto incapace di capire davvero chi ha davanti, che sia la pura e innocente Molly, meno accondiscendente di quanto pensa, o l'apparentemente complice psicologa, ancora più spietata di lui. La parabola di ascesa e caduta di Stan Carlisle lo riporterà all'inizio della sua avventura, ma in un ruolo diverso e forse più "simile" alla sua anima corrotta. Oltre a Cooper, il cast è formato da grandi nomi, Rooney Mara, una glaciale Cate Blanchett, Richard Jenkins, Willem Dafoe, Toni Collette, Ron PerlmanDavid Strathairn e Mary Steenburgen. Ottime le interpretazioni di tutti, una performance corale degna del livello dei nomi che compongono il cast, forse l'unico personaggio a soffrire un po' è proprio quello di Rooney Mara, che avrebbe meritato maggior peso nella storia.

Nightmare Alley è un indubbiamente un bel film, girato alla perfezione, visivamente affascinante, con una dedizione per i dettagli davvero eccezionale, si vede che è stato fatto e girato da persone che amano il Cinema. Dov'è che pecca allora? Nel calore. È un film molto freddo, così freddo da non riuscire a colpire davvero al cuore lo spettatore, si prova disprezzo per il protagonista ma mai trasporto emotivo, e questo da un film di Del Toro proprio non te lo aspetti. Resta comunque un bel film da vedere, con gli occhi.

giovedì 24 marzo 2022

The Batman - online una interessante scena tagliata [ATTENZIONE, SPOILER]

The Batman ha debuttato al cinema da quasi un mese ed è stabile al primo posto dei box-office di tutto il mondo (QUI la nostra recensione).

ATTENZIONE!!! SPOILER!!!

SE NON AVETE VISTO IL FILM, VI CONSIGLIAMO DI NON LEGGERE.



Dopo mesi e mesi di rumor, alla fine del film di Matt Reeves compare brevemente l'attore Barry Keoghan, accreditato come un "misterioso prigioniero di Arkham", ma in realtà si tratta di Joker. Un'apparizione fugace, più vocale che visiva, non vediamo molto infatti del volto del nemico più celebre di Batman.
Oggi invece la Warner ha pubblicato online una scena tagliata della durata di cinque minuti, in cui vediamo un faccia a faccia tra il Giustiziere di Gotham e Joker nella cella parlatorio delle prigioni Arkham, uguale a quella in cui vediamo l'incontro con l'Enigmista. Durante quasi tutta la scena, Joker è inquadrato in modo sfocato o di spalle, sono visibili cicatrici sulla testa, capelli radi, ma alla fine della scena viene mostrato in modo più nitido e molto ravvicinato, a rivelare un volto totalmente sfigurato, quasi horror.

Ecco la scena.



King Richard - Una Famiglia Vincente - la recensione

King Richard, tradotto malamente nel nostro paese con Una famiglia vincente, è il biopic interpretato da Will Smith incentrato sul padre delle sorelle Venus e Serena Williams, due delle più grandi tenniste di tutti i tempi.

Al centro del film c'è proprio Richard, il padre, interamente votato al sogno di raggiungere il successo attraverso l'immenso talento tennistico delle figlie, in un mondo dominato dai bianchi benestanti in cui i neri non sono nè ben visti nè tantomeno presi sul serio. 

Quello che la pellicola vuole comunicarci è l'incrollabile forza di volontà di quest'uomo che riesce a farsi largo in un ambiente ostile grazie al duro lavoro e alla determinazione, in sostanza la quintessenza del sogno americano applicato a uno degli sport più "snob" di sempre. Ma quello che ne emerge è molto lontano dal risultato sperato, con il personaggio protagonista che risulta molto presto insopportabilmente perfetto e privo di sfumature che lo avrebbero reso molto più interessante. Will Smith ci mette tutto se stesso e sfoggia una grande performance, ma anche lui si perde nella prevedibilità del tutto, manicheo per quanto bravo, privo di emozione. Se pensiamo che il Tennis è al contrario uno sport tecnico e dove la tensione la fa da padrone, si rimane quantomeno perplessi.

Le sorelle Williams nel film ne emergono come poco più che comparse: non sappiamo praticamente nulla di loro, non conosciamo cosa le ha portate al tennis, non conosciamo i loro sforzi o le loro paure, insomma non sono che strumenti e ombre del padre, un vero peccato perché probabilmente la storia dal loro punto di vista sarebbe potuta essere molto più interessante e sfaccettata.

In tutta questa banalità narrativa, dove mancano anche particolari guizzi registici che possano destare vero interesse, le due ore e venti di durata appaiono ingiustificate e dilatate oltre misura. 

Un gran peccato, perché una storia come quella della famiglia Williams è davvero una di quelle storie che si incontrano di rado e che sembrano essere fatte apposta per il grande schermo, avrebbe meritato un grande film mentre invece deve accontentarsi di una pellicola mediocre e facilmente dimenticabile.

martedì 22 marzo 2022

CODA - I Segni del Cuore - la recensione

In principio era considerato un titolo outsider, CODA - I Segni del Cuore arriva alla serata degli Oscar 2022 con tre nomination pesanti, miglior film, attore non protagonista, e sceneggiatura non originale, e si propone come il favorito della serata.

La storia di una famiglia sorda in cui l'unica udente è la figlia adolescente Ruby. Il padre è proprietario di un peschereccio, insieme al figlio pesca e rivende il pesce, ma inevitabilmente è la figlia a dover fare da interprete, anche nei momenti più imbarazzanti. La ragazza si sveglia alle 3 di notte, va a pesca, poi a scuola, dove i compagni la prendono in giro proprio per la sua famiglia, e intanto coltiva la sua più grande passione, il canto. Quando Ruby deciderà di entrare nel coro e allenarsi per fare un'audizione per entrare al college, lei e la famiglia si troveranno davanti a delle scelte importanti.

CODA, che sta per Children of Deaf Adults (figlia/o di genitori sordi), è il remake del film francese La Famiglia Belier (2014), la storia è praticamente la stessa, la regista Sian Heder cambia l'ambientazione adattandola alla periferia americana, che fa molto film indie, e sposta il punto di vista concentrandolo molto di più sulla figlia udente. Ci riesce bene, soprattutto perché non si dimentica di caratterizzare nel modo giusto gli altri membri della famiglia, tutti hanno un loro spazio e una loro identità ben precisa e questo anche grazie alla bravura del cast.
Una prova d'insieme molto convincente, a partire dalla protagonista Emilia Jones, e poi Troy Kotsur, candidato all'Oscar 2022 come migliore attore non protagonista (e sicuramente vincerà, meritatamente), Daniel Durant, e Marlee Matlin, unica attrice sorda ad aver vinto un Oscar nella storia dell'Academy Awards. 

CODA è un film che parla di emancipazione, di crescita, in un contesto particolare come può essere quello di una famiglia sorda, che deve affrontare molte difficoltà nella comunità, ma il film ha il pregio di non cercare mai facili furbate, non cerca mai di impietosire lo spettatore, immerge chi guarda nel contesto di una famiglia sorda, con la lingua dei segni e in alcuni casi l'assenza dei suoni. Tutto è fatto molto bene, trasmette il giusto calore da "feel good movie" anche se, in più di una occasione, dà l'idea di essere tutto troppo lineare e programmato. Un bel film? sicuramente sì. Ma è un film da Oscar? onestamente, no.

martedì 15 marzo 2022

The Adam Project - la recensione

È uscito su Netflix da pochi giorni, The Adam Project, sci-fi che rinnova la collaborazione tra Ryan Reynolds e il regista Shaw Levy.

Pronti via, incontriamo Adam (Reynolds) nel pieno di una battaglia nei cieli del 2050, proprio quando sta per fare un salto indietro nel tempo con la sua navicella per una missione importante e personale. Torna così al 2022, per farsi aiutare dal sé stesso dodicenne, cioè un ragazzino dalla parlantina sciolta proprio come la sua versione adulta ma piccolo, fragile, bullizzato e reduce dalla prematura morte del padre. La missione però cambia ancora, e dal 2022, entrambi gli Adam dovranno tornare indietro nel 2018 per parlare proprio con il padre e cercare di salvare il futuro.

Già solo leggendo la trama vengono in mente molti altri film, e infatti The Adam Project è un insieme di citazioni e situazioni prese da altre pellicole, e non lo nasconde affatto. C'è Terminator (citato proprio da Reynolds in una battuta), ovviamente Ritorno al Futuro, ci sono atmosfere "alla Spielberg" (la scena del capanno ricorda un po' E.T. e i rapporti familiari), le scene d'azione sono tra Star Wars e Top Gun, e così via. Il regista Shawn Levy pesca direttamente dalla cultura cinematografica più vicina alle sue corde, quella degli anni '80, e lo fa in modo evidente, ma soprattutto in un modo giusto.

In alcuni punti, il film dà l'impressione di correre un po' troppo negli eventi, succede tutto molto velocemente in una storia che si svolge in tre periodi diversi - 2050, 2022, 2018 - ma in un arco di tempo relativamente breve, un modo per rendere il film incalzante ma che ha il risvolto negativo di non dare il giusto spazio ad alcuni personaggi, come quello di Zoe Saldana o, ancora più importante, al villain del film, interpretato da Catherine Keener, che risulta troppo poco approfondito per mostrarsi come una vera minaccia per i protagonisti e per il mondo intero. È un film che parla del Tempo, forse una ventina di minuti in più avrebbero fatto comodo per approfondire alcuni aspetti, ma è un punto negativo in mezzo a dei punti positivi. Oltre che nelle citazioni, la pellicola trova forza sicuramente nell'ironia e nelle battute di Ryan Reynolds che "fa il Ryan Reynolds", ormai sembra quasi uno status parallelo dell'attore, c'è il Reynolds che recita e quello che "fa il Ryan Reynolds", in questo caso supportato, e in alcuni momenti anche superato, dal giovane Walker Scobell (Adam dodicenne), e trova forza in particolare nel risvolto più intimo della storia. Alla fine, spogliato del lato sci-fi, dell'azione e delle battute, il film racconta la storia di un rapporto interrotto in modo brusco, e soprattutto troppo presto, tra un figlio e suo padre (Mark Ruffalo), parla dei non detti, della tristezza repressa che si trasforma in rabbia, che poi viene scaricata su una madre (Jennifer Garner) rimasta sola, ed è qui che il film trova calore. 

The Adam Project non è un capolavoro, non passerà alla storia come alcuni dei film che cita, ma è piacevole, divertente, e ben fatto.

lunedì 14 marzo 2022

BAFTA 2022 - trionfo per Il Potere del Cane. Tutti i vincitori.

Altra cerimonia, altro premio per Il Potere del Cane, che si è portato a casa anche il BAFTA 2022 come miglior film.

Nella serata di ieri si sono svolti anche i BAFTA, i premi della British Adacemy of Film and Television Arts, ma il risultato è stato molto simile agli altri premi oltreoceano: il trionfo di Jane Campion, che ha vinto anche come migliore regista. La strada verso l'Oscar sembra sempre più definita.

Grande serata anche per Dune di Denis Villeneuve, che si è portato a casa cinque BAFTA tecnici, tra cui migliore colonna sonora ad Hans Zimmer.

Tra gli attori, conferme per Will Smith (King Richard - Una Famiglia Vincente), Troy Kotsur (CODA) e Ariana DeBose (West Side Story), all'ennesimo premio della stagione. Come migliore attrice è stata premiata Joanna Scanlan per After Love, in un sestetto di candidate in cui erano assenti tutte le attrici nominate agli Oscar 2022.

Niente da fare per Paolo Sorrentino nella categoria miglior film in lingua straniera, il suo È Stata la Mano di Dio si è dovuto arrendere al giapponese Drive My Car. Miglior film d'animazione Encanto della Disney.

Ecco tutti i vincitori.

Best Film
“The Power of the Dog”

Outstanding British Film
“Belfast”

Film Not in the English Language
“Drive My Car” – Ryûsuke Hamaguchi, Teruhisa Yamamoto

Animated Film
“Encanto” – Jared Bush, Byron Howard, Yvett Merino, Clarke Spencer

Director
Jane Campion, “The Power of the Dog”

Leading Actress
Joanna Scanlan, “After Love”

Supporting Actress
Ariana DeBose, “West Side Story”

Leading Actor
Will Smith, “King Richard”

Supporting Actor
Troy Kotsur, “CODA”

Original Screenplay
Paul Thomas Anderson, “Licorice Pizza”

Adapted Screenplay
Sian Heder, “CODA”

Documentary
“Summer of Soul (or, When the Revolution Could Not Be Televised)” – Ahmir “Questlove” Thompson, David Dinerstein, Robert Fyvolent, Joseph Patel

Outstanding Debut by a British Writer, Director or Producer
Jeymes Samuel (Writer/Director), “The Harder They Fall”

Casting
“West Side Story” – Cindy Tolan

Cinematography
“Dune” – Greig Fraser

Original Score
“Dune” – Hans Zimmer 

Editing
“No Time to Die” – Tom Cross, Elliot Graham 

Production Design
“Dune” – Patrice Vermette, Zsuzsanna Sipos

Costume Design
“Cruella” – Jenny Beavan

Make Up & Hair
“The Eyes of Tammy Faye” – Linda Dowds, Stephanie Ingram, Justin Raleigh

Sound
“Dune” – Mac Ruth, Mark Mangini, Doug Hemphill, Theo Green, Ron Bartlett

Special Visual Effects
“Dune” – Brian Connor, Paul Lambert, Tristan Myles, Gerd Nefzer

British Short Animation
“Do Not Feed the Pigeons” – Jordi Morera

British Short Film
“The Black Cop” – Cherish Oteka 

EE Rising Star Award (votato dal pubblico)
Lashana Lynch

Critics' Choice Awards 2022 - vince Il Potere del Cane. Ecco tutti i vincitori.

Si è svolta ieri la 27a edizione dei Critics' Choice Awards, premio della critica votato dalla Broadcast Film Critics Association e Broadcast Television Journalists Association, per un totale di circa 500 giornalisti. Nel momento in cui i Golden Globes si trovano in estrema difficoltà dopo le polemiche, tanto da non essere stati trasmessi quest'anno, sembra quasi che i Critics' Choice Awards puntino a sostituirli.

Nella serata di ieri, trionfo per Jane Campion e il suo Il Potere del Cane, che ha vinto come miglior film, regia, e sceneggiatura adattata, tre premi personali per Jane Campion, che è regista e sceneggiatrice del film.
Tre premi anche per Dune e Belfast, i due film ad aver ottenuto più nomination.

Il premio come migliore attore è andato a Will Smith (King Richard - Una Famiglia Vincente), quello come migliore attrice a Jessica Chastain (Gli Occhi di Tammy Faye). Come migliori attori non protagonisti sono stati premiati Ariana DeBose (West Side Story) e Troy Kotsur (CODA).

Per la TV, a trionfare sono stati i titoli che l'hanno fatta da padrona per tutta la stagione dei premi, Ted Lasso, Mare of Easttown, Succession e Squid Game.

Ecco tutti i vincitori.

- CINEMA -

BEST PICTURE
“The Power of the Dog”

BEST ACTOR
Will Smith – “King Richard”

BEST ACTRESS
Jessica Chastain – “The Eyes of Tammy Faye”

BEST SUPPORTING ACTRESS
Ariana DeBose – “West Side Story”

BEST SUPPORTING ACTOR
Troy Kotsur – “CODA”

BEST YOUNG ACTOR/ACTRESS
Jude Hill – “Belfast”

BEST ACTING ENSEMBLE
“Belfast”

BEST DIRECTOR
Jane Campion – “The Power of the Dog”

BEST ORIGINAL SCREENPLAY
Kenneth Branagh – “Belfast”

BEST ADAPTED SCREENPLAY
Jane Campion – “The Power of the Dog”

BEST CINEMATOGRAPHY
Ari Wegner – “The Power of the Dog”

BEST PRODUCTION DESIGN
Patrice Vermette, Zsuzsanna Sipos – “Dune”

BEST EDITING
Sarah Broshar and Michael Kahn – “West Side Story”

BEST COSTUME DESIGN
Jenny Beavan – “Cruella”

BEST HAIR AND MAKEUP
“The Eyes of Tammy Faye”

BEST VISUAL EFFECTS
“Dune”

BEST COMEDY
“Licorice Pizza”

BEST ANIMATED FEATURE
“The Mitchells vs the Machines” 

BEST FOREIGN LANGUAGE FILM
“Drive My Car”

BEST SONG
“No Time to Die” – “No Time to Die”

BEST SCORE
Hans Zimmer – “Dune”
-

- TELEVISIONE -

BEST DRAMA SERIES
“Succession” (HBO)

BEST ACTOR IN A DRAMA SERIES
Lee Jung-jae – “Squid Game” (Netflix)

BEST ACTRESS IN A DRAMA SERIES
Melanie Lynskey – “Yellowjackets” (Showtime)

BEST SUPPORTING ACTOR IN A DRAMA SERIES
Kieran Culkin – “Succession” (HBO)

BEST SUPPORTING ACTRESS IN A DRAMA SERIES
Sarah Snook – “Succession” (HBO)

BEST COMEDY SERIES
“Ted Lasso” (Apple TV+)

BEST ACTOR IN A COMEDY SERIES
Jason Sudeikis – “Ted Lasso” (Apple TV+)

BEST ACTRESS IN A COMEDY SERIES
Jean Smart – “Hacks” (HBO Max)

BEST SUPPORTING ACTOR IN A COMEDY SERIES
Brett Goldstein – “Ted Lasso” (Apple TV+)

BEST SUPPORTING ACTRESS IN A COMEDY SERIES
Hannah Waddingham – “Ted Lasso” (Apple TV+)

BEST LIMITED SERIES
“Mare of Easttown” (HBO)

BEST MOVIE MADE FOR TELEVISION
“Oslo” (HBO)

BEST ACTOR IN A LIMITED SERIES OR MOVIE MADE FOR TELEVISION
Michael Keaton – “Dopesick” (Hulu)

BEST ACTRESS IN A LIMITED SERIES OR MOVIE MADE FOR TELEVISION
Kate Winslet – “Mare of Easttown” (HBO)

BEST SUPPORTING ACTOR IN A LIMITED SERIES OR MOVIE MADE FOR TELEVISION
Murray Bartlett – “The White Lotus” (HBO)

BEST SUPPORTING ACTRESS IN A LIMITED SERIES OR MOVIE MADE FOR TELEVISION
Jennifer Coolidge – “The White Lotus” (HBO)

BEST FOREIGN LANGUAGE SERIES
“Squid Game” (Netflix)

BEST ANIMATED SERIES
“What If…?” (Disney+)

BEST TALK SHOW
“Last Week Tonight with John Oliver” (HBO)

BEST COMEDY SPECIAL
“Bo Burnham: Inside” (Netflix)

domenica 13 marzo 2022

DGA Awards 2022 - vincono Jane Campion e Maggie Gyllenhall

Assegnati ieri sera i DGA Awards 2022, cioè i Directors Guild Awards, il premio del sindacato dei registi, molto indicativo in ottica Oscar.

A trionfare è stata Jane Campion per il suo Il Potere del Cane, e ora la regista è la grande favorita per la vittoria dell'Oscar 2022 per la regia.
Da sottolineare il fatto che si tratta del secondo anno consecutivo in cui a vincere questo premio è una donna, lo scorso anno infatti a trionfare era stata Chloe Zhao (Nomadland), e della terza vittoria per una regista in assoluto (la prima è stata Kathryn Bigelow per The Hurt Locker nel 2010.

Altra grande serata per Maggie Gyllenhaal, che ha vinto il premio come migliore regista esordiente con il suo primo film La Figlia Oscura.

Ecco tutti i vincitori.

THEATRICAL FEATURE FILM
Jane Campion The Power of the Dog (Netflix)

FIRST-TIME FEATURE FILM DIRECTOR
Maggie Gyllenhaal The Lost Daughter (Netflix)

DRAMATIC SERIES
MARK MYLOD Succession, “All the Bells Say” (HBO)

MOVIES FOR TELEVISION AND LIMITED SERIES
BARRY JENKINS The Underground Railroad (Amazon)

COMEDY SERIES
LUCIA ANIELLO Hacks, “There Is No Line” (HBO Max)

DOCUMENTARY
STANLEY NELSON Attica (Showtime)

Red - la recensione

È uscito direttamente su Disney+, Turning Red (in Italia solo Red), nuovo film della Pixar.

È il 2002, Meilin "Mei" Lee è una classica tredicenne che si divide tra la scuola, dove ottiene sempre ottimi voti, le sue tre amiche, e i doveri verso la famiglia. Dopo scuola, Mei aiuta sempre la madre, Ming, a prendersi cura dell'antico tempio di famiglia. Mei vuole essere sempre perfetta e all'altezza delle aspettative della madre, una presenza piuttosto pressante e anche un po' invadente nella vita della figlia. Ma niente può arrestare il cambiamento verso l'adolescenza, uscire con le amiche, idolatrare una boy band, prendere la prima cotta per un ragazzo più grande e, nel caso di Mei, anche trasformarsi in un enorme panda rosso allo scatenare delle emozioni più forti, buone o cattive. La trasformazione è qualcosa che ogni donna della famiglia, da parte della madre, deve affrontare ma per Mei sarà un bel problema.

Uno degli aspetti migliori della Pixar è che continua a sperimentare strade nuove, sempre, e negli ultimi tempi, sembra che si sia divisa in due correnti molto chiare, una pronta ad affrontare tematiche molto profonde e anche complesse, come ad esempio in Soul, e un'altra più "cartoonesca" e divertente. Red appartiene decisamente al secondo gruppo.
Red è un film divertente, con diverse situazioni comiche, una protagonista buffa, tanti riferimenti alla cultura pop di inizio 2000 (chi è stato adolescente o pre-adolescente in quel periodo si ritroverà in molte cose), ma vengono anche affrontati temi importanti, la famiglia, il rapporto madre-figlia, la difficoltà che riscontrano le ragazze (o i ragazzi) nel momento della crescita, la difficoltà dei genitori nel veder crescere i figli, e sicuramente è la prima volta che in un film d'animazione si sente parlare di assorbenti, tutti temi seri che in Red vengono proposti in modo molto leggero, senza troppo "peso", sembra quasi un film adolescenziale, di stampo molto femminile/femminista, di inizio 2000 ma in formato animazione, e questa è sicuramente una novità. Altra novità è l'animazione, di qualità eccellente come sempre in casa Pixar, ma in questo film fa qualcosa di nuovo, sembra strizzare l'occhio ai manga, probabilmente una caratteristica che viene direttamente dalla sua regista, la canadese di origini cinesi Domee Shi, già regista del corto Bao.

Nell'insieme, forse non è il massimo dell'originalità, ma Red ha delle novità interessanti, e poi è un film divertente, perfetto per una serata in famiglia.

venerdì 11 marzo 2022

The Batman - la recensione

In principio c'era Ben Affleck. Poi le cose in casa Warner sono drasticamente cambiate, con la Justice League che si rivela essere un clamoroso flop di pubblico e critica, il DC Extended Universe che naufraga e Ben Affleck che decide di abbandonare (più o meno) i panni dell'uomo pipistrello. 
Entra così in scena Matt Reeves, nome che al pubblico generalista magari non accende subito lampadine, ma che è stato il regista di due capitoli di una delle migliori saghe cinematografiche degli ultimi anni, quel reboot de Il Pianeta delle Scimmie che è riuscito a essere contemporaneamente blockbuster e fine Cinema d'autore.

Fuori Affleck, dentro Robert Pattinson, attore che nonostante sia ormai da anni affermatissimo nel giro dei grandi registi (ha lavorato con Cronenberg, Eggers, Nolan), per le masse si porta dietro la !colpa ignobile! di essere stato Edward Cullen nella saga di Twilight. Non ha il fisico, dicevano. È troppo giovane, dicevano, anche se in realtà Christian Bale era più giovane ai tempi di Batman Begins. Dopo tutto questo parlare, dopo rinvii, ritardi, pandemie e altri rinvii, The Batman arriva finalmente in sala con la durata mastodontica di 2 ore e 56 minuti, e zittisce tutti.

Basta già la scena iniziale, bellissima e spaventosa, per capire che non siamo per niente dalle parti del solito cinecomic, ma nemmeno in quelle nolaniane, che per quanto cercava di portare il cavaliere oscuro in un contesto realistico, rimaneva ancora estremamente irrealistico, in pieno stile Nolan.


In questo film, Batman è veramente un uomo vestito da pipistrello, che si aggira nelle strade sporche di una Gotham buia e piovosa, che picchia e viene picchiato, che indaga e fra la polizia sembra fuori posto, che parla pochissimo ma quando lo fa tutti lo stanno ad ascoltare, anche quei poliziotti che fino a un minuto prima lo guardavano straniti. Non il supereroe che Gotham vuole, non quello di cui ha bisogno, ma più un uomo ossessionato, malato, che non riesce ad elaborare il lutto in altro modo che non mettendosi addosso quel costume da pipistrello. Esorcizzare le proprie paure facendo paura agli altri. E questo Batman fa veramente paura, basta il batsegnale perché un brivido di terrore attraversi i vicoli di Gotham, basta il rumore pesante dei suoi passi e la battente, incredibile colonna sonora di Michael Giacchino, perché i criminali - e lo spettatore - siano assaliti dal terrore.

Matt Reeves si dimostra coraggioso nel fare un film puramente noir, con atmosfere alla Fincher, con Batman che indaga le scene del crimine, nei bassifondi, per trovare non solo l'assassino ma la verità. Un assassino, l'Enigmista di un sempre grandioso Paul Dano, che ricorda molto da vicino il killer Zodiac e che è vero e proprio specchio di Batman, speculare, uguale, ma opposto. Fotografia incentrata sulla dicotomia fra il rosso e il nero, e inquadrature mai banali, non fanno poi che confermare il talento del regista americano. E proprio come avveniva nei due film diretti da Reeves sulle scimmie, anche qui il protagonista parla pochissimo con la voce, ma moltissimo con lo sguardo. Robert Pattinson recita di sottrazione, pronunciando poche battute, ma dicendo tutto con gli occhi, ci sono scene intere in cui Batman guarda gli altri parlare senza pronunciare parola, eppure lo spettatore capisce tutto. In questo il costume sembra disegnato apposta, con una maschera più aperta rispetto a quanto siamo abituati, proprio per permettere a Pattinson di recitare e di esprimersi, anche perché in questo film vediamo pochissimo Bruce Wayne. È lui, la vera maschera, mentre solo come Batman, Bruce può essere davvero se stesso.

La paura è il tema preponderante di tutto il film: la paura di Bruce, il suo trauma irrisolto che lo porta a estraniarsi dal mondo e da chi lo circonda, le persone care che lo circondano, come Alfred (Andy Serkins sempre una garanzia, anche nelle poche scene che gli sono riservate) ma anche Gordon (ottimo anche Jeffrey Wright) con cui sembra avere instaurato un rapporto sincero di stima e quasi di amicizia. E ovviamente Catwoman

Il personaggio di Selina è determinante nella trama, ma soprattutto è importantissimo per l'evoluzione per personaggio di Bruce e il loro rapporto non è mai stato così intenso e magnetico al cinema, anche perché la chimica fra Pattinson e Zoe Kravitz è alle stelle.

A completare il quadro di un film praticamente perfetto non si possono non citare John Turturro nei panni di Carmine Falcone e, soprattutto, un grandissimo Colin Farrell in quelli del Pinguino, che avrà presto una serie tv a lui dedicata e che, dopo averlo visto nel film, appare cosa buona e giusta.

Un film dalle mille sfaccettature, di cui si potrebbe parlare per ore e ore e che, nonostante la lunghezza, non perde mai tempo, eppure non accelera mai in una azione forzata, anzi, lascia al minimo le scene d'azione per concentrarsi sulla parte più puramente noir. Una vera e propria detective story in cui in superficie c'è da smascherare un assassino, ma se si scava più in profondità viene fuori il lavoro preciso e meticoloso di introspezione sul personaggio dell'uomo pipistrello operato da Matt Reeves e dai suoi  collaboratori. Ancora una volta, il regista ha preso un blockbuster e per trasformarlo in purissimo Cinema d'autore.

mercoledì 9 marzo 2022

Obi-Wan Kenobi, le prime immagini ufficiali della serie!

È senza alcun dubbio una delle serie più attese dell'anno, si tratta di Obi-Wan Kenobi, serie spin-off di Star Wars con Ewan McGregor protagonista nei panni dell'iconico Jedi. Serie che vedrà anche il ritorno di Hayden Christensen nel ruolo di Darth Vader.

Nel cast tornerà anche Joel Edgerton nel ruolo di Owen Lars, zio di Luke Skywalker e fratellastro di Anakin, e Bonnie Piesse nel ruolo di Beru Whitesun Lars, zia Beru per Luke. L'attrice Moses Ingram sarà una "inquisitrice dell'Impero sensibile alla Forza" che andrà a caccia di Jedi, quindi a caccia di Obi-Wan.

Ecco le prime immagini ufficiali della serie, postate in esclusiva da EW. La serie arriverà su Disney+ a maggio.









lunedì 7 marzo 2022

Spirit Awards 2022 - trionfo per 'La Figlia Oscura' di Maggie Gyllenhaal

Si sono tenuti ieri sera gli Independent Spirit Awards 2022, i premi del cinema indipendente.

Regina della serata Maggie Gyllenhaal con il suo La Figlia Oscura, il suo primo film da regista, tratto dall'omonimo romanzo di Elena Ferrante. L'attrice ha vinto il premio miglior film, migliore regia, e migliore sceneggiatura, firmata sempre da lei. Una serata da ricordare in attesa degli Oscar 2022 dove il film è candidato in tre categoria (attrice, attrice non protagonista, e sceneggiatura non originale).

Taylour Paige (Zola) e Simon Rex (Red Rocket) sono stati premiati come migliori protagonisti, Ruth Negga (Passing, esordio alla regia di Rebecca Hall) e Troy Kotsur (I Segni del Cuore) hanno vinto il premio come migliore attrice e attore non protagonista.

Ecco tutti i vincitori di Cinema e TV.

- CINEMA -

MIGLIOR FILM
La figlia oscura

MIGLIOR OPERA PRIMA
7 Days

MIGLIOR REGISTA
Maggie Gyllenhaal, La figlia oscura

MIGLIOR PROTAGONISTA FEMMINILE
Taylour Paige, Zola

MIGLIOR PROTAGONISTA MASCHILE
Simon Rex, Red Rocket

MIGLIOR NON PROTAGONISTA FEMMINILE
Ruth Negga, Passing

MIGLIOR NON PROTAGONISTA MASCHILE
Troy Kotsur, I segni del cuore

MIGLIOR DOCUMENTARIO
Summer of Soul

MIGLIOR SCENEGGIATURA
La figlia oscura, Maggie Gyllenhaal

MIGLIOR SCENEGGIATURA D'ESORDIO
Michael Sarnoski; Story by Vanessa Block, Michael Sarnoski, Pig

MIGLIOR MONTAGGIO
Joi McMillon, Zola

MIGLIOR FOTOGRAFIA
Edu Grau, Passing

MIGLIOR FILM INTERNAZIONALE
Drive My Car - Giappone

ROBERT ALTMAN AWARD
Mass

JOHN CASSAVETES AWARD
Shiva Baby

PRODUCERS AWARD
Brad Becker-Parton , Pin-Chun Liu, Lizzie Shapiro

SOMEONE TO WATCH AWARD
Alex Camilleri, Luzzu

TRUER THAN FICTION AWARD
Jessica Beshir, Faya Dayi

- TV -

BEST NEW NON-SCRIPTED OR DOCUMENTARY SERIES
Black and Missing

BEST NEW SCRIPTED SERIES
Reservation Dogs

BEST FEMALE PERFORMANCE IN A NEW SCRIPTED SERIES
Thuso Mbedu, La ferrovia sotterranea

BEST MALE PERFORMANCE IN A NEW SCRIPTED SERIES
Lee Jung-jae, Squid Game

BEST ENSEMBLE CAST IN A NEW SCRIPTED SERIES
Reservation Dogs