martedì 28 dicembre 2021

Being the Ricardos - la recensione

Disponibile su Prime Video, Being the Ricardos, nuovo film diretto dal premio Oscar Aaron Sorkin.

È il 1952, Lucille Ball e Desi Arnaz, sono sposati e sono le star più amate del piccolo schermo grazie alla sit-com di enorme successo "Lucy ed Io". Tutto però si ritrova improvvisamente in bilico quando tre eventi distinti si incrociano: Lucille Ball viene accusata dai giornali di essere comunista, Desi Arnaz finisce sulle riviste scandalistiche per un presunto tradimento, la produzione si rifiuta di mostrare la Lucy incinta della serie. Tutto in una sola settimana, tre grossi problemi da affrontare, tra pubblico e privato, mentre si prepara la puntata da mandare in onda nel fine settimana, sperando che lo show non venga chiuso.

Aaron Sorkin torna alla regia dopo il bellissimo Il Processo dei Chicago 7 per raccontarci una vera e propria leggenda della TV e del Cinema, Lucille Ball, e per farlo ci porta nel dietro le quinte della sit-com "madre" di tutte le altre che sono venute dopo. Sorkin ci porta nei corridoi, negli uffici, tra letture delle sceneggiature, le riunioni di produzione e tra gli autori, e le prove in scena, mentre su tutto e tutti pesa il clima da caccia alle streghe - o meglio, al comunista - che si respira negli USA, e un presunto tradimento che potrebbe spaccare la coppia più amata del piccolo schermo. Una settimana in cui si scatena una tempesta, e Aaron Sorkin si mette al centro di quella tempesta riuscendo a mantenere un ottimo equilibrio fra i tre fronti che si abbattono sulla coppia Ball - Arnaz, quello privato, quello politico, e la lavorazione dello show. Sorkin è bravo a raccontare il talento di Lucille Ball, genio comico che riesce a vedere la scena e a costruirla nella sua mente, ma un genio frenato dai tempi, con le donne ancora relegate ai margini nelle decisioni importanti, e a volte frenato anche da sé stessa, troppo legata a tutto quello che l'ha resa famosa per cercare di mettere un po' più di femminismo nel suo personaggio, come vorrebbe la sceneggiatrice, da lei scelta, Madelyn Pugh, ben interpretata da Alia Shawkat. Anche Desi Arnaz si batte per lo show, vorrebbe fargli fare un salto "progressista" mostrando Lucy incinta, parola considerata inammissibile per quei tempi, ma la sua preoccupazione è soprattutto per il suo ruolo di "uomo al comando", costantemente messo in ombra da una moglie più talentuosa e più famosa di lui.
Come sempre, la sceneggiatura di Sorkin è praticamente perfetta, con i dialoghi "alla Sorkin", brillanti e taglienti, interpretati in modo eccezionale da un cast in cui ognuno sembra al posto giusto, dai protagonisti ai comprimari. Ottima anche la sua regia e la fotografia.

Meritano applausi Nina Arianda e J.K. Simmons, hanno il loro spazio, i loro dialoghi, e li sfruttano nel migliore dei modi. Javier Bardem è perfettamente calato nel ruolo del cubano Desi Arnaz, "maschio farfallone", profondamente impegnato nel difendere la moglie, tanto quanto nel difendere sé stesso dall'accusa di tradimento e di mostrarsi un buon americano agli occhi di chi invece continua a vederlo come straniero. A brillare più di tutti però è Nicole Kidman. Il suo era un ruolo delicato, Lucille Ball è una vera icona, riconoscibile nelle sue espressioni e nella fisicità della sua comicità, e Nicole Kidman la interpreta nel modo migliore, cioè evitando di imitarla, la fa sua, la interpreta, insieme alla scrittura di Sorkin, la porta oltre la "Lucy" di 'Lucy ed Io', oltre l'attrice che tutti conoscono, offrendo un ritratto molto più sfaccettato e profondo. I primi minuti bisogna un po' abituarsi al trucco usato per farla somigliare a Lucille Ball, ma la prova di Nicole Kidman è davvero convincente, sotto tutti i punti di vista, anche vocale. L'attrice usa un tono di voce diverso dal solito, più basso, motivo per cui il film andrebbe visto in lingua originale, e in un periodo in cui si parla tanto (e a sproposito) di accenti fasulli spacciati per qualcosa di eccezionale, l'attrice dimostra come si fanno le cose fatte bene. Nicole Kidman è stata voluta e difesa da Aaron Sorkin, una scelta perfetta, non sono molte le attrici oggi in grado di trasmettere il magnetismo e il fascino delle attrici del passato.

Being the Ricardos è un film ben fatto, scritto e diretto bene, interpretato molto bene. Magari non ha un cambio di passo, una svolta decisiva e spiazzante, ma è un film che ha tutto al posto giusto.

venerdì 24 dicembre 2021

House of Gucci - la recensione

House of Gucci ha una reputazione che lo precede, sin dalla prima proiezione, pubblico e critica si è diviso tra sostenitori della nuova pellicola di Ridley Scott e scettici. Dov'è la verità?

Durante una festa privata, Maurizio (Adam Driver), rampollo di casa Gucci, figlio del superbo Rodolfo (Jeremy Irons), conosce la graziosa, e ben più umile, Patrizia (Lady Gaga), che pare da subito drizzare le orecchie e languire di gioia al solo udire il famoso cognome del giovane. Tra i due scatta una scintilla che Patrizia continuerà prepotentemente ad alimentare, scatenando così l'ira del lungimirante padre di lui, che lo ripudierà, in un'escalation di passione che porterà i due al matrimonio. In questo contesto viene svelata la Famiglia Gucci, rappresentata come una vera e propria casta che si alimenta e proficuamente cresce grazie alle boutique, allo sfarzo, alle ville ed agli eccessi dei suoi componenti. Sarà lo zio Aldo (un sublime e fantasticamente doppiato Al Pacino), spinto dal desiderio di potere e di denaro di Patrizia, a portare a sé Maurizio, e sarà questa scelta il primo ciottolo che scatenerà la valanga di eventi che porterà all'assassinio di quest'ultimo.

House of Gucci è tratto da un omonimo libro e sebbene si dica "ispirato" a fatti realmente accaduti, la messa in scena risulta decisamente macchiettistica, esasperata, quasi ridicola, e irrispettosa, anche verso l'Italia e gli italiani. A questo va aggiunto un montaggio forsennato, frettoloso, poco fluido e una durata (157 minuti!) estremamente lunga da risultare estenuante.
Il cast è formato da attori meritevoli, che si muovono però su binari scomodi ed anchilosati. Da segnalare, in negativo, un Jared Leto irritante, troppo sopra le righe, offre una pessima interpretazione; in positivo invece la performance di Salma Hayek.
Tra le note di merito, sicuramente una colonna sonora da urlo.

Dopo mesi e mesi di attesa, con le aspettative alle stelle, grazie soprattutto a dei trailer ben architettati, si entra in sala carichi, con una grande voglia, purtroppo però ci si trova davanti a un film approssimativo, impreciso nei fatti e anche scorretto verso la famiglia Gucci, e che forse porterà Lady Gaga a una immeritata candidatura all'Oscar. Alla fine, si torna a casa con tanto amaro in bocca.

La verità è che House of Gucci è il film delusione dell'anno.

Francesca Matteucci

giovedì 23 dicembre 2021

Diabolik - la recensione

Il personaggio di Diabolik ha davvero bisogno di poche presentazioni: genio del crimine, re del terrore, mago dei travestimenti, spietato e cinico nel perseguire i suoi obiettivi, ma passionale e disposto a tutto per Eva, l'amore della sua vita, altrettanto affascinante e diabolica.

Un fumetto noir scritto da due donne, le sorelle Giussani, negli anni '60, un fenomeno entrato ormai nell'immaginario collettivo italiano tanto che anche chi non ha mai letto una pagina del fumetto (ma ne esistono?) sa perfettamente chi sono Diabolik, Eva Kant e l'ispettore Ginko, ma che stranamente era stato portato al cinema unicamente nel 1968 da Mario Bava con uno sfortunato adattamento che lasciò insoddisfatti un po' tutti.

Ci riprovano, più di 50 anni dopo, i fratelli Manetti, autori di nicchia e di culto, che non sono nuovi al genere noir (a suo modo la serie tv L'Ispettore Coliandro è proprio un noir fatto e finito, con tanto di voce fuori campo) e che hanno saputo sempre sperimentare con i generi, dall'horror al musical.

C'erano molte aspettative, in un periodo di cinecomic, per questo adattamento del "comic" italiano per eccellenza, ma ancora una volta i Manetti sorprendono e ribaltano qualsiasi aspettativa, decidendo coraggiosamente di NON fare una trasposizione cinematografica del fumetto, ma semplicemente di prendere il fumetto e animarlo sullo schermo.

La ricostruzione degli anni '60 è minuziosa, ma fin dal primo fotogramma si intuisce che quelli che stiamo vedendo non sono davvero quegli anni, i personaggi di cui guardiamo le vicende non sono versioni live action della loro controparte cartacea, i loro dialoghi sono in tutto e per tutto le nuvole delle tavole di Diabolik. I due autori si disinteressano delle aspettative del pubblico, delle regole cinematografiche delle trasposizioni fumettistiche, non cercano in alcun modo di fare un film che arrivi a un pubblico più ampio possibile. Quello che ne esce è un film volutamente finto, posticcio, con una recitazione molto impostata e dialoghi usciti direttamente dai "clichè più clichè" a cui le pagine di Diabolik ci ha abituati. I tre attori protagonisti, Luca Marinelli, Miriam Leone e Valerio Mastandrea, si annullano nei loro personaggi, diventano letteralmente Diabolik, Eva Kant e Ginko, facendone un'imitazione talmente perfetta che a volte ci si dimentica di star guardando immagini in movimento sullo schermo e ci si ritrova quasi ad allungare una mano per voltare pagina. 


Il Diabolik dei Manetti Bros è un film che inevitabilmente dividerà pubblico e critica, alcuni lo ameranno con tutta la passione che evidentemente i suoi autori provano per il materiale originale, altri lo odieranno intensamente per il suo essere semplicemente un fan film sopra le righe. Non ci sono mezze misure.

Un po' come Diabolik, d'altronde.

James Franco parla dello scandalo che lo ha travolto e ammette le sue colpe

Era il 2018, nel pieno dell'onda MeToo, James Franco veniva accusato di molestie sessuali da alcune studentesse della sua scuola di recitazione, la Studio 4, che ha poi chiuso i battenti.

Oggi, a quattro anni da quelle accuse, dopo un patteggiamento milionario per calmare le acque, e l'allontanamento volontario dalle scene, James Franco ha deciso di parlare di quanto accaduto ammettendo di aver sbagliato in molte cose
Durante una lunga intervista al programma radiofonico The Jess Cagle Show su SiriusXM, l'attore ha parlato della dipendenza dall'alcol con cui combatte da quando aveva 17 anni e che, con l'arrivo del grande successo, è diventata dipendenza dal sesso.

"Mentre cercavo di avere successo, l’attenzione da parte delle donne e il successo con loro sono diventati una enorme fonte di conferma per me. […] Il problema è che non era mai abbastanza, come qualsiasi droga. Diventava un loop infinito. Nel frattempo, continuavo ad andare agli incontri per alcolisti, rimanendo sobrio. Quindi nella mia testa dicevo: “Beh, sono sobrio. Vivo una vita spirituale”. Ma in realtà mi comportavo in maniera decisamente diversa, e non me ne rendevo conto. […] È una droga potentissima, sono rimasto dipendente per oltre vent’anni. La cosa insidiosa è che nel frattempo continuavo a essere sobrio dall’alcol".

Parlando poi delle studentesse con cui "ha dormito", James Franco ha negato la presenza di un sistema nella scuola per trovare ragazze da sfruttare, ma ha ammesso di essere stato "completamente cieco nei confronti delle dinamiche del potere", che non è corretto difendersi dicendo che quei rapporti sono stati consensuali, e che il corso "scene di sesso" presente nel programma della scuola è stata una delle cose più stupide che ha fatto, doveva essere solo una provocazione e non una vera lezione su come fare scene di sesso.

Ma perché parlare oggi? "Ci sono state delle situazioni nelle quali ho fatto delle cose consensuali con una studentessa e non avrei dovuto. […] Nel 2018 sono state espresse delle lamentele su di me, è stato scritto un articolo e mi sono detto: “Starò buono. Mi prenderò una pausa”. Non mi sembrava il momento giusto per dire qualcosa. C'erano persone molto arrabbiate con me, e dovevo ascoltarle. […] L’istinto naturale dell’uomo, in queste situazioni, è fermare tutto, chiedere scusa e andare avanti. Ma quel comportamento non ti permette di lavorare e guardare cosa c’è sotto. Qualsiasi cosa tu abbia fatto, probabilmente quel comportamento o quel pattern nasconde un iceberg. Tu sei cieco e non basta chiedere scusa per risolvere la cosa. […] Ho dovuto lavorare molto su me stesso e ora sono abbastanza sicuro di me per dire: sono passati quattro anni. Ho già avuto dei problemi con abusi di sostanze in passato. Dovevo affrontare ancora delle cose legate alla dipendenza. Ho utilizzato questo tempo per analizzare cosa è successo e cambiare chi ero. [...] Se c’è qualcosa di positivo è il fatto che sono cambiato. Mi ha dato l’opportunità e l’incentivo a lavorare su me stesso e cambiare. Continuerò a lavorare su me stesso per il resto della mia vita, ma per lo meno questa cosa mi ha fatto lasciare quel percorso che non avrei mai lasciato e che probabilmente mi avrebbe ucciso".

Franco poi ha assolto l'amico Seth Rogen, che dopo lo scandalo aveva dichiarato di non voler più lavorare con lui perché quello che aveva fatto era imperdonabile, commenti dolorosi da sentire ma comprensibili: "Vorrei solo dire: amo totalmente Seth Rogen. È stato il collaboratore e amico più stretto che abbia avuto, e quello che ha detto è vero. Non stiamo lavorando insieme adesso, e non abbiamo piani per lavorare insieme in futuro. Siccome sono stato in silenzio, lui è stato costretto a rispondere per me, e non è ciò che voglio. È una delle principali ragioni per cui ho deciso di parlare: non voglio più che sia Seth o mio fratello o chiunque altro a rispondere per me".

Trovate tutti i video con l'intervista a QUESTO LINK.

martedì 21 dicembre 2021

È Stata la Mano di Dio - la recensione

Napoli, 1984. Fabietto Schisa è un ragazzino che vive la sua adolescenza tranquillamente con i suoi genitori, Saverio e Maria, e il fratelli, Marchino e Daniela. Ma sulla città e sulla famiglia aleggia un nome, sussurrato, pieno di speranza, senza davvero crederci, un sogno che potrebbe diventare realtà: Maradona che approda al Napoli.


Inizia così l'ultimo film di Paolo Sorrentino, quello che racconta sostanzialmente la sua storia e che, a più di sette anni da La Grande Bellezza, potrebbe riportarlo agli Oscar, proprio su quel palco dove, nel suo discorso di ringraziamento, citò proprio Maradona. 
E si respira l'atmosfera di quegli anni nel film di Sorrentino, si respira l'attesa, si percepisce ciò che Maradona ha significato (e ancora significa) per Napoli e per i napoletani, molto più che un giocatore di calcio, un simbolo di rinascita per la città, un eroe popolare, quasi una divinità pagana che veglia sui suoi discepoli.
La famiglia di Fabietto, pur con i suoi personaggi bislacchi e così tipicamente sorrentiniani, è una famiglia normale, semplice, con i suoi alti e bassi, piena di amore, dove la tragedia arriva come un fulmine a ciel sereno, scuotendo la vita di Fabietto e dove l'intervento di Maradona, o di Dio, ma forse di entrambi, ha un significato sia simbolico che letterale.

Lasciando un po' da parte i vezzi più estetisti del suo cinema, Sorrentino mette insieme immagini liriche e poetiche di una vita semplice, un film intimo che parla di famiglia sopra ogni altra cosa, quella famiglia che è stata strappata via troppo presto al protagonista, vero e proprio alter ego del regista stesso. C'è tanto di autobiografico, non solo nella storia, ma anche nei temi: troviamo quindi l'amore per i genitori e i fratelli, la venerazione per Maradona, la magia del Cinema, un certo nichilismo nei confronti della vita che però non sfocia mai nel cinismo vuoto ma riesce sempre a rimanere ammantato di poesia.


Ci sono anche i feticci di Sorrentino, da un certo tipo di ripresa e di dialogo a, soprattutto, l'attore Toni Servillo, sempre più camaleontico e, come al solito, perfetto nel dare vita a un padre con tante luci e qualche ombra, un uomo comune e straordinario insieme. Ottimo anche il giovane Filippo Scotti, per la prima volta nel ruolo da protagonista, un ruolo tutt'altro che facile anche per il semplice fatto di dover essere a tutti gli effetti la trasposizione dello stesso regista nella pellicola.

Sicuramente È stata la mano di Dio non ha lo stesso potere dirompente de La Grande Bellezza, ma non per questo è da meno al suo "predecessore" (simbolicamente, in ambito premi), forse non il capolavoro di Sorrentino ma di sicuro il suo film più intimo.

domenica 19 dicembre 2021

Spider-Man: No Way Home - la recensione [NO SPOILER]

Torna in grande stile lo Spider-Man di Tom Holland.

In No Way Home, ritroviamo il nostro eroe esattamente dove l'avevamo lasciato al termine del precedente Far From Home, appollaiato su di un lampione mentre apprende dai luminosi schermi pubblicitari di Times Square, e dalla voce di J. Jonah Jameson del Daily Bugle, che la sua identità è stata rivelata e la sua immagine macchiata dell'omicidio di Mysterio. Proprio per questa fuga di notizie, Peter si trova ben presto al centro di una bufera mediatica che divide la popolazione in due fazioni: chi crede nei valori di Spider-Man e lo innalza a supereroe, e chi, invece, pensa che Spider-Man possa rappresentare una minaccia. Da qui la decisione di far dimenticare a tutti la sua identità, per evitare a chi ama di soffrire e contrasti con la popolazione. Peter chiederà quindi aiuto a Steven Strange, che cercherà di aiutarlo costruttivamente, ma che finirà per combinare un bel pasticcio, a causa della pedanteria e sbadataggine di Peter.
Questo il panorama iniziale di quello che è forse il film più atteso dell'anno, del quale non abbiamo intenzione di fare spoiler, ma che possiamo sicuramente additare come spettacolare.

Prima di tutto, assicuriamo che la nostra recensione è assolutamente SPOILER-FREE, e non verremo meno a questa promessa dicendo semplicemente che un fan Marvel non potrà che rimanere soddisfatto da questo film.

Ottimo il cast. Tom Holland, in costante crescita come attore, regala una performance superiore ai due precedenti capitoli, decisamente più profonda, riuscendo a dare molte più sfumature al suo Peter Parker. MJ / Zendaya e Ned / Jacob Batalon danno colore alle trame cupe di questa tela, con siparietti davvero spassosi. Benedict Cumberbatch (Doctor Strange), sempre più a suo agio sotto il suo mantello rosso, è una presenza piuttosto aleatoria, ma dosata nel modo giusto. Marisa Tomei (Zia May) offre una performance matura, degna di nota.
Una menzione speciale al doppiaggio italiano, con il magistrale ritorno di Francesco Pannofino (Willem Dafoe - Goblin) e di Massimo Lodolo (Alfred Molina - Dr. Octopus).

Sotto il profilo tecnico, il film è esplosivo e spettacolare, effetti speciali di alto livello, montaggio accurato e preciso, una colonna sonora, firmata da Michael Giacchino, che accompagna nel miglior modo le scene, tutto questo va a formare un film che, al momento, rappresenta forse la punta di diamante dell'attuale MCU.

Spider-Man: No Way Home è un film corposo, pieno, e viste le altissime aspettative iniziali, il rischio di delusione era in agguato, ma così non è stato. Le aspettative vengono rispettate e, sotto certi aspetti, anche superate. Promosso a pieni voti.

Francesca Matteucci

I critici di Los Angeles premiano Drive My Car come miglior film

La Los Angeles Film Critics Association si è riunita ieri per scegliere i migliori film e le migliori performance del 2021.

Dopo sei ore di riunione, il premio come miglior film è stato assegnato al giapponese Drive My Car, diretto da Ryūsuke Hamaguchi. Presentato all'ultimo Festival di Cannes, dove ha vinto il premio per la migliore sceneggiatura, quello di Hamaguchi è un film che si sta ritagliando il proprio spazio in questa stagione dei premi.
Come "runner-up", una specie di secondo posto, è stato scelto Il Potere del Cane. Esattamente l'opposto invece per il premio alla migliore regia, con Jane Campion (Il Potere del Cane) premiata e Hamaguchi runner-up.

Migliore attrice Penelope Cruz per Madres Paralelas, migliore attore Simon Rex per Red Rocket. Nella categoria migliore attore non protagonista, pari merito tra Vincent Lindon (il controverso Titane) and Kodi Smit-McPhee (Il Potere del Cane). Migliore attrice non protagonista Ariana DeBose per West Side Story.

I vincitori.

Best Film: “Drive My Car”
Runner Up: “The Power of the Dog”

Best Director: Jane Campion, “The Power of the Dog”
Runner Up: Ryusuke Hamaguchi, “Drive My Car”

Best Film Not In The English Language: “Petite Maman”
Runner Up: “Quo Vadis, Aida?”

Best Documentary/Nonfiction Film: “Summer of Soul”
Runner Up: “Procession”

Best Screenplay: Ryusuke Hamaguchi and Takamasa Oe, “Drive My Car”
Runner Up: Paul Thomas Anderson, “Licorice Pizza”

Best Actor: Simon Rex, “Red Rocket”
Runner Up: Benedict Cumberbatch, “The Power of the Dog”

Best Actress: Penelope Cruz, “Parallel Mothers”
Runner Up: Renate Reinsve, “The Worst Person in the World”

Best Supporting Actress: Ariana DeBose, “West Side Story”
Runner Up: Aunjanue Ellis, “King Richard”

Best Supporting Actor: Vincent Lindon, “Titane” and Kodi Smit-McPhee, “The Power of the Dog”

Best Editing: Joshua L. Pearson, “Summer of Soul”
Runner Up: Andy Jurgensen, “Licorice Pizza”

Best Production Design: Steve Saklad, “Barb and Star go to Vista Del Mar”
Runner Up: Tamara Deverell, “Nightmare Alley”

Best Music/Score: Alberto Iglesias, “Parallel Mothers”
Runner Up: Jonny Greenwood, “The Power of the Dog” and “Spencer”

Best Cinematography: Ari Wegner, “The Power of the Dog”
Runner Up: Greg Fraiser, “Dune”

Best Animation: “Flee”
Runner Up: “Belle”

lunedì 13 dicembre 2021

Golden Globes 2022 - Il Potere del Cane e Belfast guidano le nomination

Sono state annunciate poco fa le nomination ai Golden Globes 2022, la cui cerimonia - lo ricordiamo - non sarà trasmessa in tv, la NBC infatti si è tirata indietro dopo la polemica per la poca diversità nella Hollywood Foreign Press Association. La cerimonia comunque si terrà il 9 gennaio.

Diciamolo subito, Paolo Sorrentino c'è. È Stata la Mano di Dio è nella cinquina del miglior film straniero. Nella stessa categoria, candidato anche Madres Paralelas di Pedro Almodovar.

Sette nomination per The Power of the Dog di Jane Campion, e per Belfast di Kenneth Branagh. Cinque candidature per il West Side Story di Steven Spielberg, mentre sono quattro le nomination per la commedia Don't Look Up, che vede candidati anche i due protagonisti, Leonardo DiCaprio e Jennifer Lawrence, e Licorice Pizza di Paul Thomas Anderson.
Primo film da regista e prima nomination per la migliore regia per Maggie Gyllenhaal e il suo The Lost Daughter.

Nelle cinquine delle categorie attori/attrici, ci sono tutti i nomi che ci si aspettava. Colpo di coda di Nicole Kidman e Javier Bardem, nominati per Being the Ricardos, uscito proprio pochi giorni fa. C'è Emma Stone per Cruella nella categoria Comedy/Musical, stessa categoria della giovane protagonista di West Side Story, Rachel Zegler. C'è anche Kristen Stewart (Spencer) nella cinquina delle migliori attrici Drama dove, onestamente, sorprende la presenza di Lady Gaga, perché il film è stato stroncato dalla critica di tutto il mondo e perché non si tratta di una performance molto "drama".

In generale, c'è molto musical in questa edizione, con West Side Story, Tick, Tick... Boom!, CyranoIn the Heights, Annette.

Per la TV, ci sono tutti i maggiori titoli della stagione, Succession, Ted Lasso, Omicidio a Easttown, Scene da un Matrimonio, e anche la serie coreana Squid Game. Si ritaglia il suo spazio anche Only Murders in the Buildings, che riporta tra i nominati Steve Martin e Martin Short.

Ecco tutte le nomination.

- CINEMA - 

Miglior film Drama
“Belfast” (Focus Features) 
“CODA” (Apple) 
“Dune” (Warner Bros.) 
“King Richard” (Warner Bros.) 
“The Power of the Dog” (Netflix) 

Miglior film Musical o Comedy
“Cyrano”
“Don’t Look Up” (Netflix) 
“Licorice Pizza” (MGM/United Artists Releasing) 
“Tick, Tick … Boom!” (Netflix) 
“West Side Story” (20th Century Studios) 

Miglior Regista
Kenneth Branagh (“Belfast”) 
Jane Campion (“The Power of the Dog”)
Maggie Gyllenhaal (“The Lost Daughter”)
Steven Spielberg (“West Side Story”) 
Denis Villeneuve (“Dune”) 

Migliore Attrice in un film, Musical o Comedy
Marion Cotillard (“Annette”)
Alana Haim (“Licorice Pizza”) 
Jennifer Lawrence (“Don’t Look Up”) 
Emma Stone (“Cruella”)
Rachel Zegler (“West Side Story”)

Migliore Attore in un film, Musical o Comedy
Leonardo DiCaprio (“Don’t Look Up”) 
Peter Dinklage (“Cyrano”) 
Andrew Garfield (“Tick, Tick … Boom!”) 
Cooper Hoffman (“Licorice Pizza”)
Anthony Ramos (“In the Heights”)

Migliore Attrice in un film, Drama
Jessica Chastain (“The Eyes of Tammy Faye”)
Olivia Colman (“The Lost Daughter”) 
Nicole Kidman (“Being the Ricardos”)
Lady Gaga (“House of Gucci”) 
Kristen Stewart (“Spencer”) 

Migliore Attore in un film Drama
Mahershala Ali (“Swan Song”)
Javier Bardem (“Being the Ricardos”)
Benedict Cumberbatch (“The Power of the Dog”)
Will Smith (“King Richard”) 
Denzel Washington (“The Tragedy of Macbeth”) 

Migliore Attore non protagonista in un film
Ben Affleck (“The Tender Bar”) 
Jamie Dornan (“Belfast”) 
Ciarán Hinds (“Belfast”) 
Troy Kotsur (“CODA”) 
Kodi Smit-McPhee (“The Power of the Dog”) 

Migliore Attrice non protagonista in un film
Caitríona Balfe (“Belfast”) 
Ariana DeBose (“West Side Story”) 
Kirsten Dunst (“The Power of the Dog”) 
Aunjanue Ellis (“King Richard”) 
Ruth Negga (“Passing”)

Migliore Colonna Sonora in un film
“The French Dispatch” (Searchlight Pictures) — Alexandre Desplat 
“Encanto” (Walt Disney Pictures) — Germaine Franco
“The Power of the Dog” (Netflix) — Jonny Greenwood 
“Parallel Mothers” (Sony Pictures Classic) — Alberto Iglesias 
“Dune” (Warner Bros.) — Hans Zimmer 

Migliore Sceneggiatura di un film
Paul Thomas Anderson — “Licorice Pizza” (MGM/United Artists Releasing) 
Kenneth Branagh — “Belfast” (Focus Features) 
Jane Campion — “The Power of the Dog” (Netflix) 
Adam McKay — “Don’t Look Up” (Netflix)
Aaron Sorkin — “Being the Ricardos”

Migliore Canzone in un film
“Be Alive” from “King Richard” (Warner Bros.) — Beyoncé Knowles-Carter, Dixson 
“Dos Orugitas” from “Encanto” (Walt Disney Pictures) — Lin-Manuel Miranda 
“Down to Joy” from “Belfast” (Focus Features) — Van Morrison 
“Here I Am (Singing My Way Home)” from “Respect” (MGM/United Artists Releasing) — Jamie Alexander Hartman, Jennifer Hudson, Carole King 
“No Time to Die” from “No Time to Die” (MGM/United Artists Releasing) — Billie Eilish, Finneas O’Connell

Miglior Film Straniero
“Compartment No. 6” 
“Drive My Car” 
“The Hand of God” 
“A Hero” 
“Parallel Mothers”

Miglior Film d'animazione
“Encanto” (Walt Disney Pictures) 
“Flee” (Neon) 
“Luca” (Pixar) 
“My Sunny Maad”
“Raya and the Last Dragon”

- TV -

Miglior Serie Drama
Lupin
The Morning Show
Pose
Squid Game
Succession

Miglior Attore in una serie Drama
Brian Cox, Succession
Lee Jung-jae, Squid Game
Billy Porter, Pose
Jeremy Strong, Succession
Omar Sy, Lupin

Miglior Attrice in una serie Drama
Uzo Aduba, In Treatment
Jennifer Aniston, The Morning Show
Christine Baranski, The Good Fight
Elisabeth Moss, The Handmaid’s Tale
Mj Rodriguez, Pose

Miglior Serie Comedy o Musical
The Great
Hacks
Only Murders in the Building
Reservation Dogs
Ted Lasso

Miglior Attrice in una serie Comedy o Musical
Hannah Einbender, Hacks
Elle Fanning, The Great
Issa Rae, Insecure
Tracee Ellis Ross, black-ish
Jean Smart, Hacks

Miglior Attore in una serie Comedy o Musical
Anthony Anderson, black-ish
Nicholas Hoult, The Great
Steve Martin, Only Murders in the Building
Martin Short, Only Murders in the Building
Jason Sudeikis, Ted Lasso

Miglior Film TV o Miniserie
Dopesick
Impeachment: American Crime Story
Maid
Omicidio a Easttown
The Underground Railroad

Miglior Attore in un Film TV o Miniserie
Paul Bettany, WandaVision
Oscar Isaac, Scene da un matrimonio
Michael Keaton, Dopesick
Ewan McGregor, Halston
Tahar Raheem, The Serpent

Miglior Attrice in un Film TV o Miniserie
Jessica Chastain, Scenes da un Matrimonio
Cynthia Erivo, Genius: Aretha
Elizabeth Olsen, WandaVision
Margaret Qualley, Maid
Kate Winslet, Omicidio a Easttown

Miglior Attore Non Protagonista in un Film TV o Miniserie
Billy Crudup, The Morning Show
Kieran Culkin, Succession
Mark Duplass, The Morning Show
Brett Goldstein, Ted Lasso
Oh Yeong-su, Squid Game

Miglior Attrice Non Protagonista in un Film TV o Miniserie
Jennifer Coolidge, The White Lotus
Kaitlyn Dever, Dopesick
Andie MacDowell, Maid
Sarah Snook, Succession
Hannah Waddingham, Ted Lasso

domenica 12 dicembre 2021

I critici di Boston eleggono Il Potere del Cane come miglior film

Continua il percorso di premi che poterà fino agli Oscar 2022, oggi è il turno dei Boston Online Film Critics Association, premi assegnati dai critici cinematografici di Boston.

Ad essere eletto come miglior film è stato Il Potere del Cane di Jane Campion, che ha vinto ben sette premi, tra cui migliore regia, attore protagonista (Benedict Cumberbatch), attrice non protagonista (Kirsten Dunst), e attore non protagonista (Kodi Smit-McPhee).

Il premio come migliore attrice è andato a Kristen Stewart per Spencer. Miglior cast d'insieme Licorice Pizza di Paul Thomas Anderson.

Ecco tutti i vincitori e la top 10 dei migliori film (in ordine da 1 a 10).

LA TOP 10 DEL 2021
The Power of the Dog
Licorice Pizza
The Green Knight
Drive My Car
Pig
Dune
Titane
The Worst Person in the World
Spencer
Flee

MIGLIOR FILM
Il potere del cane

MIGLIOR REGIA
Jane Campion, Il potere del cane

MIGLIORE ATTRICE
Kristen Stewart, Spencer

MIGLIOR ATTORE
Benedict Cumberbatch, Il potere del cane

MIGLIORE ATTRICE NON PROTAGONISTA
Kirsten Dunst, Il potere del cane

MIGLIOR ATTORE NON PROTAGONISTA
Kodi Smit-McPhee, Il potere del cane

MIGLIOR SCENEGGIATURA
Jane Campion, Il potere del cane

MIGLIOR CAST D’INSIEME
Licorice pizza

MIGLIOR COLONNA SONORA
Hans Zimmer, Dune

MIGLIOR FOTOGRAFIA
Ari Wegner, Il potere del cane

MIGLIOR MONTAGGIO
Joe Walker, Dune

MIGLIOR DOCUMENTARIO
Flee

MIGLIOR FILM INTERNAZIONALE
The Worst Person in the World

MIGLIOR FILM D’ANIMAZIONE
I Mitchell contro le macchine

EFA 2021 - Quo Vadis, Aida? miglior film. Nessun premio per Paolo Sorrentino.

Sono stati assegnati ieri sera, a Berlino, gli European Film Awards 2021, una cerimonia in remoto con i candidati collegati via streaming.

A trionfare come miglior film è stato Quo Vadis, Aida?, diretto da Jasmila Žbanić, che racconta il massacro di Srebrenica. Il film si è portato a casa anche il premio per la migliore regia e la migliore attrice, andato a Jasna Đuričić.

Il premio come migliore attore è andato a Anthony Hopkins per The Father, film con cui lo scorso aprile ha vinto il suo secondo Oscar. Il film ha vinto anche il premio per la migliore sceneggiatura.

Nessun premio per Paolo Sorrentino e il suo È Stata la Mano di Dio, che aveva ricevuto tre nomination.

Ecco tutti i vincitori.

EUROPEO 2021
QUO VADIS, AIDA?
DIRETTO DA: Jasmila Žbanić

COMMEDIA EUROPEA 2021
NINJABABY
Norvegia
DIRETTO DA Yngvild Sve Flikke
SCRITTO DA Johan Fasting

REGISTA EUROPEA 2021
Jasmila Žbanić per QUO VADIS, AIDA?

ATTRICE EUROPEA  2021
Jasna Đuričić in QUO VADIS, AIDA?

ATTORE EUROPEO 2021
Anthony Hopkins in THE FATHER

EUROPEAN DISCOVERY 2021 – Prix FIPRESCI
UNA DONNA PROMETTENTE (PROMISING YOUNG WOMAN)
USA, Regno Unito
SCRITTO E DIRETTO DA Emerald Fennell

DOCUMENTARIO EUROPEO 2021
FLEE (FLUGT)
Danimarca, Francia, Svezia, Norvegia
DIRETTO DA Jonas Poher Rasmussen
SCRITTO DA Jonas Poher Rasmussen e Amin Nawabi

FILM D’ANIMAZIONE EUROPEO 2021
FLEE (FLUGT)
Danimarca, Francia, Svezia, Norvegia
DIRETTO DA: Jonas Poher Rasmussen
SCRITTO DA: Jonas Poher Rasmussen e Amin Nawabi

CORTO EUROPEO 2021
MY UNCLE TUDOR (NANU TUDOR)
Belgio/Portogallo/Ungheria/Moldavia 2020, documentario, 20 min
SCRITTO E DIRETTO DA: Olga Lucovnicova

SCENEGGIATORE EUROPEO 2021
Florian Zeller & Christopher Hampton per THE FATHER

DIRETTORE DELLA FOTOGRAFIA EUROPEO 2021
Crystel Fournier per GREAT FREEDOM

MONTATORE EUROPEO 2021
Mukharam Kabulova per UNCLENCHING THE FISTS

SCENOGRAFO EUROPEO 2021
Márton Ágh per NATURAL LIGHT

COSTUMISTA EUROPEO 2021
Michael O’Connor per AMMONITE

ACCONCIATORE E TRUCCATORE EUROPEO 2021
Flore Masson, Olivier Afonso & Antoine Mancini per TITANE

COLONNA SONORA ORIGINALE EUROPEA 2021
Nils Petter Molvær & Peter Brötzmann per GREAT FREEDOM

SOUNO EUROPEO 2021
Gisle Tveito & Gustaf Berger per THE INNOCENTS

EFFETTI VISIVI EUROPEI 2021
Peter Hjorth & Fredrik Nord per LAMB

PREMIO ALLA CARRIERA
Márta Mészáros

CONTRIBUTO EUROPEO AL CINEMA MONDIALE
Susanne Bier

STORYTELLING EUROPEO INNOVATIVO
Steve McQueen per SMALL AXE

EURIMAGES CO-PRODUCTION AWARD 2021
Maria Ekerhovd

EFA YOUNG AUDIENCE AWARD 2021 – già annunciato a Maggio
THE CROSSING (FLUKTEN OVER GRENSEN)
DIRETTO DA Johanne Helgeland
Norvegia

EUROPEAN UNIVERSITY FILM AWARD 2021 – già annunciato l’8 Dicembre
FLEE (FLUG)
Danimarca, Francia, Svezia, Norvegia
DIRETTO DA Jonas Poher Rasmussen

giovedì 9 dicembre 2021

Florence Pugh segnalata dai fan su Instagram per un post su Hawkeye

Da ieri, su Disney+, è disponibile il nuovo episodio Hawkeye, serie Marvel dedicata a Occhio di Falco (Jeremy Renner) in coppia con Kate Bishop (Hailee Steinfeld). E nel quarto episodio è presente un personaggio che abbiamo già visto.

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ATTENZIONE! POSSIBILI SPOILER!
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Nella serie ha fatto il suo debutto Florence Pugh nei panni di Yelena Belova, "sorella" di Natasha Romanoff, già vista in Black Widow, film uscito lo scorso luglio. La sua presenza non è certo una sorpresa, il collegamento tra il personaggio e la serie era già stato annunciato nella scena dopo i titoli di coda nel film su Vedova Nera.
L'attrice ha voluto  festeggiare il suo ingresso nella serie con un post su Instagram, un post del tutto innocente che, incredibilmente, ha scatenato la rabbia dei fan che l'hanno accusata di aver fatto spoiler. Il post è stato segnalato in massa dai fan così il social lo ha rimosso.

Florence Pugh è rimasta male, con una storia, sempre su Instagram, si è lamentata del comportamento "oltre il ridicolo" dei fan.
Ecco il suo sfogo: "Non avrei mai pensato che  pubblicare il mio affetto per uno show in cui compaio potesse dar così fastidio. Ma eccoci qui, qualcuno si è lamentato e quindi ora non posso pubblicare le mie scene. Siamo oltre il ridicolo.
Partecipare a Hawkeye è un privilegio e grazie a tutti quelli che mi hanno accolto sul set, e a tutti coloro che stanno guardando".


È vero che l'episodio era online da meno di un giorno e quindi molte persone non l'avevano ancora visto, però addirittura segnalare e far cancellare un post quando su Twitter, Facebook e lo stesso Instagram, erano già apparsi centinaia di post e tweet che parlavano di Yelena Belova e della scena nella serie, ci sembra una reazione decisamente esagerata da parte dei fan.

Questo il post incriminato.



sabato 4 dicembre 2021

New York Film Critics Circle - Drive My Car miglior film

Assegnati ieri i premi del New York Film Critics Circle, associazione che vede tra i membri una trentina di critici di quotidiani, settimanali, riviste, anche online, con sede a New York. Un premio poco indicativo in chiave Oscar.

A vincere come miglior film è stato Drive My Car, film giapponese di tre ore diretto da Ryūsuke Hamaguchi.

Tre premi per Il Potere del Cane di Jane Campion, migliore regia, attore protagonista e Benedict Cumbarbatch, e attore non protagonista a Kodi Smit-McPhee.

Decisamente a sorpresa il premio per la migliore attrice, andato a Lady Gaga per House of Gucci, film stroncato dalla critica. Come migliore attrice non protagonista, premiata Kathryn Hunter per The Tragedy of Macbeth, in cui interpreta le tre streghe.

Ecco tutti i vincitori.

Best Film – Drive My Car
Best Director – Jane Campion, The Power of the Dog
Best Actor – Benedict Cumberbatch, The Power of the Dog
Best Actress – Lady Gaga, House of Gucci
Best Supporting Actress – Kathryn Hunter, The Tragedy of Macbeth
Best Supporting Actor – Kodi Smit-McPhee, The Power of the Dog
Best Screenplay – Licorice Pizza
Best First Film – The Lost Daughter
Best Cinematography – West Side Story
Best Foreign Language Film – The Worst Person in the World
Best Non-Fiction Film – Flee
Best Animated Film – The Mitchells vs. the Machines

venerdì 3 dicembre 2021

National Board of Review - Licorice Pizza è il miglior film

Nuovo appuntamento per la stagione dei premi , oggi è il turno dei National Board of Review, organizzazione no profit newyorkese che vede tra i suoi membri dei "cinefili", inteso in modo molto ampio, dai professionisti del settore e critici, a insegnanti e studenti di Cinema. Moderatamente indicativo per gli Oscar, negli ultimi dieci anni, solo due volte il vincitore del National Board of Review ha poi vinto agli Academy Awards.

Ad aggiudicarsi il premio come miglior film è stato Licorice Pizza, nuovo film di Paul Thomas Anderson, che ha vinto anche come migliore regista e per le migliori performance esordienti, Alana Haim e Cooper Hoffman (figlio del compianto Philip Seymour Hoffman).

Nella categoria degli attori protagonisti, Will Smith ha vinto il premio migliore attore per King Richard, e per lui si parla sempre più insistentemente di una nomination agli Oscar. Come migliore attrice invece è stata premiata Rachel Zegler per West Side Story, l'attrice potrebbe ritagliarsi il suo spazio nella stagione dei premi in una categoria, quella per la migliore attrice, che quest'anno è particolarmente affollata.

Ecco tutti i premi e la lista dei migliori film.

Best Film: LICORICE PIZZA
Best Director: Paul Thomas Anderson, LICORICE PIZZA
Best Actress: Rachel Zegler, WEST SIDE STORY
Best Actor: Will Smith, KING RICHARD
Best Supporting Actress: Aunjanue Ellis, KING RICHARD
Best Supporting Actor: Ciarán Hinds, BELFAST
Best Original Screenplay: Asghar Farhadi, A HERO
Best Adapted Screenplay: Joel Coen, THE TRAGEDY OF MACBETH
Breakthrough Performance: Alana Haim & Cooper Hoffman, LICORICE PIZZA
Best Directorial Debut: Michael Sarnoski, PIG
Best Animated Feature: ENCANTO
Best Foreign Language Film: A HERO
Best Documentary: SUMMER OF SOUL (…OR, WHEN THE REVOLUTION COULD NOT BE TELEVISED)
Best Ensemble: THE HARDER THEY FALL
Outstanding Achievement in Cinematography: Bruno Delbonnel, THE TRAGEDY OF MACBETH
NBR Freedom of Expression Award: FLEE

MIGLIORI FILM (ordine alfabetico)
Belfast
Don’t Look Up
Dune
King Richard
The Last Duel
Nightmare Alley
Red Rocket
The Tragedy of Macbeth
West Side Story

MIGLIORI 5 FILM STRANIERI (ordine alfabetico)
Benedetta
Lamb
Lingui, The Sacred Bonds
Titane
The Worst Person in the World

MIGLIORI 10 FILM INDIPENDENTI (ordine alfabetico)
The Card Counter
C’mon C’mon
CODA
The Green Knight
Holler
Jockey
Old Henry
Pig
Shiva Baby
The Souvenir Part II

MIGLIORI 5 DOCUMENTARI (ordine alfabetico)
Ascension
Attica
Flee
The Rescue
Roadrunner: A Film About Anthony Bourdain


giovedì 2 dicembre 2021

Il Potere del Cane - la recensione

Presentato al Festival di Venezia 2021, dove ha vinto il premio per la migliore regia, Il Potere del Cane segna il ritorno della regista Jane Campion a tredici anni dal suo ultimo film.

Ambientato nel ruvido Montana a metà degli anni '20, la storia vede al centro la coppia di fratelli Burbank che gestisce il ranch di famiglia. Phil (Cumberbatch) incarna il vero cowboy, rude, sporco, spigoloso, aggressivo e deciso, suo fratello George (Plemons) invece è di natura più mite, empatico, accomodante, e desideroso di entrare in società. Quando George sposerà la vedova Rose e si trasferiranno insieme nel ranch, portando poi anche Peter, il timido figlio di lei, Phil mostrerà tutto il suo disprezzo verso la donna cercando di schiacciarla psicologicamente.

Tratto da un libro di Thomas Savage del 1967, il film è un western popolato da personaggi a due facce, una visibile, l'altra nascosta, segreta, che verrà fuori davanti agli eventi della storia. Rose sarà incapace di sopportare la pressione, George mostrerà la sua debolezza nei confronti del fratello, il giovane e timido Peter dimostrerà di essere meno ingenuo di quanto sembra, e poi c'è Phil, figura assolutamente centrale nella storia, un uomo difficile, un "macho" che idolatra il cowboy che gli ha insegnato tutto, Bronco Henri, e che detesta tutto quello che non può avere, corroso dall'invidia e dal suo senso di superiorità, ma anche lui nasconde qualcosa che, se scoperto, andrebbe a rovinare l'immagine di duro in cui si è rintanato.
Diviso in capitoli che vedono ogni volta protagonista uno dei personaggi principali, la storia scorre bene, è abbastanza essenziale, non rivela troppo di quello che vuole dire lasciando allo spettatore il compito di capire chi è chi e quale segreto nasconde. La regia di Jane Campion è pulita, elegante, sfrutta gli ampi spazi aperti (della Nuova Zelanda "usata" come Montana) creando la giusta atmosfera western, ma forse è fin troppo pulita, la regista non riesce a "sporcarla" nemmeno quando inserisce immagini esplicite, come la castrazione di un vitello. L'unico vero problema del film alla fine sembra essere proprio una mancanza di ruvidezza, di spigoli, di fratture, in una storia che vede al centro proprio la ruvidità e l'ostilità di Phil. Una mancanza che forse priva la storia di quello "shock" finale che avrebbe dato una forte scossa al film.

Ottimo il cast. Benedict Cumberbatch riempie ogni scena in cui è presente, porta tensione anche soltanto passando sullo sfondo, è una presenza pressante, inquietante, nel suo sguardo si può leggere tutto il disprezzo e l'invidia del suo personaggio. Un'interpretazione davvero di alto livello per cui meriterebbe sicuramente una nomination agli Oscar. E a meritare considerazione per la stagione dei premi è anche Kirsten Dunst, l'attrice riesce a trasmettere tutta la fragilità e il disagio della sua Rose, una delle migliori interpretazioni della sua carriera. Molto bene anche Jesse Plemons e Kodi Smit-McPhee.

Il Potere del Cane è un ottimo film, diretto e recitato molto bene, peccato per quelle mancanze che gli avrebbero permesso di essere un grande film.

mercoledì 1 dicembre 2021

Mission: Impossible 8: il nuovo folle stunt di Tom Cruise

Tom Cruise è un pazzo. Ormai lo sappiamo, l'attore non usa controfigure, gira tutti gli stunt in prima persona, lo abbiamo visto scalare a mani nude montagne nel deserto, arrampicarsi sui grattacieli, appeso fuori da un aereo in decollo o sotto a un elicottero, nel prossimo Mission: Impossible 7 si lancerà in un burrone con una moto e il paracadute, ogni volta l'attore alza l'asticella del pericolo e, per quanto possa sembrare incredibile, nell'ottavo capitolo l'ha alzata ancora.

Fox News ha pubblicato delle immagini dal set di Mission: Impossible 8, le cui riprese sono attualmente in corso, in cui si vede Tom Cruise alla guida di un biplano Boeing B75N1 Stearman del 1941, tutto normale, se non fosse che durante il volo, a 2.000 piedi di altezza, l'attore esce dall'abitacolo e si mette seduto a testa in giù sulla punta dell'ala, così da ritrovarsi dritto quando l'aereo si capovolge, e poi spostarsi ancora quando torna dritto alla fine del suo giro di 360°.

Un pazzo.

Ecco le immagini. Trovate tutta la sequenza della scena a questo link.





I due nuovi capitoli della saga sono diretti da Christopher McQuarrie, già regista del capitolo 5 e 6. Mission: Impossible 7, la cui uscita è stata rimandata più volte a causa della pandemia e per la ferma volontà di Tom Cruise di farlo uscire al cinema e non in streaming, dovrebbe arrivare in sala a fine settembre 2022, mentre l'ottavo capitolo arriverà nei cinema a luglio 2023.

martedì 30 novembre 2021

Tick, Tick... Boom! - la recensione

Sono i primi anni 90 e Jonathan Larson è impegnato con il workshop newyorkese del suo musical, una space opera rock che sta scrivendo da otto anni e che spera sia il biglietto d'ingresso nel mondo di Broadway. Tutti i suoi idoli avevano raggiunto il successo prima dei trent'anni e per Jonathan l'orologio corre... tick, tick, tick... manca una sola settimana al suo trentesimo compleanno.


L'esordio alla regia cinematografica di Lin-Manuel Miranda non poteva che essere questo, l'adattamento della piece teatrale autobiografica scritta e interpretata dal geniale autore di Rent, che qui ha le sembianze e la voce di un Andrew Garfield in odore di premi. 

Andando avanti e indietro tra il palcoscenico, dove Larson racconta al suo pubblico della folle settimana che lo avrebbe portato a compiere quei fatidici trent'anni, e i flashback in cui lo vediamo scrivere un musical che non vedrà mai la luce ma che sarà in un certo senso davvero la sua rampa di lancio, Lin-Manuel Miranda dirige una vera e propria lettera d'amore sia all'autore, che è stato di così vitale importanza nel musical moderno, sia all'intero mondo del Teatro e in particolare del musical, capace di descrivere la realtà trasportandoti fuori del mondo reale, attraverso la musica, ma sempre parlando di temi molto veri.

E infatti assistiamo alla vita fallita (forse) di Larson che si sente già troppo vecchio rispetto al successo, che sente di aver perso ormai quel passaggio e di non poter recuperare. L'idea che i trenta siano gli anni in cui arrivare all'apice, è molto americana e poco italiana, così come la conseguente sensazione di fallimento che accompagna la consapevolezza che a volte la vita può andare diversamente, ma che la perseveranza ci farà raggiungere i nostri obiettivi. Una sensazione che molti hanno provato, anche in una società tanto diversa da quella americana come la nostra, dove l'età e la giovinezza hanno tutta un'altra concezione.


Allora perché Tick, Tick...Boom! risulta ugualmente tanto emozionante? Un po' perché se si conosce la triste storia di Jonathan Larson è impossibile non essere toccati dalla crudele ironia della vita e della morte, ma soprattutto perché tanto i personaggi quanto lo sfondo su cui si muovono, riescono ad avvincere lo spettatore e trasportarlo dentro la storia.

E poi, naturalmente, ci sono le musiche, che sono splendide e che è impossibile non amare durante e dopo la visione, confermando ancora una volta che Lin-Manuel Miranda è uno dei grandi del musical contemporaneo.

Gotham Awards 2021 - The Lost Daughter miglior film

Siamo a fine anno, inizia la stagione dei premi, e ieri è stato il turno dei Gotham Awards, premi dedicati al cinema indipendente (con un massimo di 35 milioni di budget).

A trionfare è stato The Lost Daughter, film con cui Maggie Gyllenhaal ha esordito come regista e che nella serata di ieri si è aggiudicato quattro premi, miglior film, regista esordiente, sceneggiatura (firmata dalla stessa attrice) e migliore interpretazione protagonista. Un titolo che potrebbe ritagliarsi il suo spazio durante tutta la stagione dei premi e anche agli Oscar 2022, soprattutto per la sceneggiatura.

Tra le novità di quest'anno, c'è quella dell'abolizione dei premi come migliore attrice e migliore attore, è stato deciso si non fare più distinzione di genere optando per un generico "miglior interpretazione protagonista" e "miglior interpretazione non protagonista". Il premio per la migliore interpretazione protagonista è andata comunque a un'attrice e un attore, mentre per la categoria non protagonista è stato premiato solo un attore. A vincere come protagonisti sono stati Olivia Colman (The Lost Daughter) e l'attore Frankie Faison (The Killing of Kenneth Chamberlain).

Aggiunta anche la categoria, sempre senza genere, "migliore interpretazione in una nuova serie", anche qui sono stati premiati un attore, Ethan Hawke (The Good Lord Bird) e un'attrice, Thuso Mbedu (The Underground Railroad).

Ecco i vincitori.

MIGLIOR FILM
The Lost Daughter di Maggie Gyllenhaal (Netflix)

MIGLIORE INTERPRETAZIONE
Olivia Colman in The Lost Daughter
Frankie Faison in The Killing of Kenneth Chamberlain

MIGLIORE INTERPRETAZIONE COME NON PROTAGONISTA
Troy Kotsur in CODA

MIGLIOR REGISTA ESORDIENTE
Maggie Gyllenhaal per The Lost Daughter 

MIGLIOR SERIE SOPRA I 40 MINUTI A EPISODIO
Squid Game (Netflix)

MIGLIOR SERIE SOTTO I 40 MINUTI A EPISODIO
Reservation Dogs (FX)

MIGLIOR SERIE NON FICTION
Philly D.A. (Topic, Independent Lens, PBS)

MIGLIORE INTERPRETAZIONE IN UNA NUOVA SERIE
Thuso Mbedu in The Underground Railroad
Ethan Hawke in The Good Lord Bird

MIGLIOR DOCUMENTARIO
Flee (Neon)

MIGLIOR FILM INTERNAZIONALE
Drive My Car di Ryusuke Hamaguchi (Sideshow and Janus Films)

MIGLIOR SCENEGGIATURA
The Lost Daughter di Maggie Gyllenhaal

MIGLIORE INTERPRETAZIONE ESORDIENTE
Emilia Jones in CODA

lunedì 22 novembre 2021

Ghostbusters: Legacy – la recensione [no spoiler]

È uscito da pochi giorni nelle sale italiane il nuovo capitolo della saga sugli Acchiappafantasmi più conosciuti al mondo, Ghostbusters: Legacy

Il film riprende con cura e devozione l’albero genealogico della famiglia Spengler e ci mostra la vita tutt’altro che priva di difficoltà della figlia di Egon (il compianto Harold Ramis, uno dei "papà" della saga cult originale), Callie, interpretata da Carrie Coon, e dei suoi figli: Trevor (Finn Wolfhard), alle prese con le pulsioni della sua invadente adolescenza, e Phoebe (Mckenna Grace), la più giovane dei due, che tanto somiglia al nonno, sia per la sua mente brillante, che per i suoi occhialoni rotondi e il suo sguardo deciso, ma anche per il suo singolare senso dell’umorismo. Queste tre pedine, estremamente diverse tra loro, si vanno ad inserire su una scacchiera sulla quale si gioca il destino del mondo, tra sciami sismici inspiegabili e trappole per fantasmi nascoste, aggiungendo ai toni brillanti e volutamente poco seri della trama originale, dei toni più cupi e nostalgici che solo la scomparsa di un personaggio tanto amato possono dare. A tutto questo poi si deve aggiungere una colonna sonora coinvolgente e dei personaggi secondari ben definiti, come il buffo compagno di classe, Podcast (Logan Kim), e il professore di scienze più improbabile e sbadato che si possa desiderare, Mr. Grooberson (Paul Rudd). Tutto questo messo insieme è Ghostbusters: Legacy. “Chi chiameranno?

Il film, della durata di 124 minuti, attinge direttamente all'immaginario della saga originale, vanta una trama ben architettata, che porta lo spettatore attraverso un dedalo che piano piano si districa, rendendo evidente ogni singolo collegamento possibile.
La performance corale del cast è senza sbavature, ed è sicuramente un punto di forza del film. Strabiliante, nonostante la sua giovane età, la deliziosa Mckenna Grace, che con semplicità ci presenta una versione in miniatura e tutta riccioli del caro Harold Ramis, e trasmette anche un senso di malinconia nel vederla interagire con Podcast, che ricorda molto un "piccolo Raymond Stantz" (Dan Aykryod nei film originali), quasi a voler sancire un netto passaggio generazionale che apre verso la possibilità di nuove avventure.

Jason Reitman, figlio di Ivan, regista dei primi due episodi, costruisce il ponte perfetto tra passato e presente, con un palpabile rispetto per i film del padre e tanto cuore, tenendo lo spettatore saldamente incollato alla poltrona con un film che stringe con forza la mano ai suoi predecessori, come solo un fan affezionato ed emozionato potrebbe fare.

Francesca Matteucci

giovedì 18 novembre 2021

The Green Knight - la recensione

Sir Gawain e il cavaliere Verde è uno dei più rilevanti e studiati fra i poemi cavallereschi del Ciclo Arturiano, principalmente a causa della sua ambiguità e complessità simbolica rispetto ad altri poemi dello stesso ciclo. Eppure, nonostante la sua importanza letteraria e storica, non era mai stato trasposto al cinema, dove il ben più famoso Re Artù, o la storia d'amore fra Ginevra e Lancillotto, la fanno da padroni.

Ci ha pensato il giovane regista David Lowery con un adattamento che non solo riesce a regalare uno spettacolo visivo imponente, ma restituisce in modo per nulla didascalico, e anzi con un simbolismo affascinante, la potenza del testo originale e quella del mezzo cinematografico.


Durante il banchetto di natale alla corte di Re Artù (che non verrà mai chiamato per nome durante l'intero film), mentre i valorosi cavalieri della Tavola Rotonda sono intenti a raccontare le proprie storie e a divertirsi, giunge un enorme cavaliere interamente verde, con un aspetto uscito direttamente dal mondo delle fiabe e del sogno. Il cavaliere verde propone un gioco: un cavaliere dovrà farsi avanti e affrontarlo, per poter conquistare la sua imponente ascia da guerra, ma con la condizione che qualsiasi colpo gli venga inferto, esattamente un anno dopo, lo dovrà restituire uguale al cavaliere nella sua dimora, la cappella verde. Il giovane Gawain, nipote del Re e senza alcuna storia di valore da raccontare, si fa avanti e affronta il cavaliere verde, decapitandolo. Ma quello, presa la sua testa, lascia la sala ricordando a Gawain che a un anno da quel giorno, avrebbe dovuto trovarlo per ricevere quel colpo. Un anno dopo, Gawain si mette in viaggio per ritrovare il Cavaliere Verde e affrontare il suo destino, consapevole che da questa impresa potrà derivarne grande onore, o la sua morte.

La trama è semplice ed è tipica dei poemi cavallereschi, ma la particolarità di questa storia è nel suo essere allo stesso tempo atipica, con il cavaliere che si mette in viaggio non per sconfiggere un nemico, bensì per affrontare la propria probabile morte, un viaggio alla scoperta di sé stessi che Lowery abbraccia pienamente e restituisce con tutta la sua carica di simbolismi, sempre più criptici via via che il viaggio di Gawain si avvicina alla sua conclusione. Se all'inizio il giovane si avvia fiero verso il suo destino, con un piano sequenza magnifico che evidenzia la figura solitaria e quasi mitica dell'eroe, man mano assistiamo a una lenta decostruzione e poi presa di consapevolezza da parte del protagonista rispetto alle sue debolezze e soprattutto alle sue paure, in un mondo dominato dalla magia ma anche dalla morte incombente.

La regia di Lowery è particolarmente inspirata per tutte le due ore del film, con scene che sembrano uscite direttamente da un dipinto d'epoca, altre che sembrano derivare da un mondo onirico fatato e fantastico, altre ancora pregne di grandissima intimità e intensità rispetto ai singoli personaggi. La magnifica colonna sonora di Daniel Hart fa il resto, immergendo lo spettatore nelle atmosfere di un Medioevo che non è la realtà, ma un luogo dove magia e sogno si intersecano con la realtà.


Assoluto protagonista della pellicola, Dev Patel, che si dimostra un attore molto interessante e capace di dare sfumature sempre diverse a personaggi fra i più vari. Credibile sia nei momenti di più fiera cavalleria che in quelli, molto umani, di paura e codardia che il personaggio di Gawain sperimenta, il tutto unito a una presenza scenica perfetta per un film in costume. Ma lo stesso si può dire di tutto il cast, da Alicia Vikander nel doppio ruolo della Lady del Castello e di Essel, la donna amata da Gawain (e il tema del doppio è ricorrente nel film) a Joel Edgerton in quelli del Lord.

È difficile esprimere a parole l'essenza di un film come The Green Knight senza raccontarne ogni singola inquadratura, o senza scadere nella becera retorica, ma la verità è che siamo di fronte a un film che è arte cinematografica allo stato puro, un film che utilizza l'immagine per narrare la sua storia e la psicologia del suo protagonista come raramente capita. 

Peccato non aver potuto goderne in una sala cinematografica.

mercoledì 17 novembre 2021

The Harder They Fall - la recensione

 Disponibile su Netflix il western The Harder They Fall, con un cast "all black".

Nat Love (Jonathan Majors) è un fuorilegge che ruba ai fuorilegge ma ha una missione personale che riguarda la sua infanzia: uccidere chi ha ucciso i suoi genitori. Quando ormai è convinto di averli trovati tutti, viene a sapere che il responsabile principale, l'uomo che ha premuto il grilletto, Rufus Buck (Idris Elba), sta per essere rilasciato dal carcere per riunirsi alla sua banda e riprendersi la città che ha fondato. Per Nat Love è il momento della vendetta ma vendicarsi non è affatto facile.

The Harder the Fall è un film western che parla di vendetta ma il film stesso, in un certo senso, è una vendetta, e lo dice fin dalla prima immagine, con la scritta: "Anche se gli eventi di questa storia sono di fantasia... Queste. Persone. Sono esistite". Il senso del film è racchiuso in questa frase, riprendersi il posto in un genere che non li ha mai visti protagonisti e che in passato, nei western classici, dei tempi di John Wayne, li ha proprio esclusi. Si tratta di revisionismo storico? In parte sì ma il personaggio principale della storia, Nat Love, è davvero esistito, è stato uno schiavo, poi un cowboy, ed è considerato un vero eroe del Vecchio West.

Il film, diretto dal produttore musicale Jeymes Samuel, qui al suo debutto come regista, ci porta in una specie di "mondo parallelo" in cui il Vecchio West è popolato solo da afroamericani, con i bianchi che hanno le loro città (tutte bianche, senza colori), sono molto distanti dal mondo vissuto dai protagonisti della storia e hanno ruoli marginali, quasi sempre da idioti, razzisti o persone timorose.
Fin dalle prime scene, è evidente che il regista ha deciso di puntare tutto sullo stile, i personaggi sono "cool" in tutto, modo di vestire, di muoversi, di parlare, e sono così per tutta la durata del film, in qualsiasi situazione, una scelta un po' impostata, quasi fumettistica, che però funziona. Anche la regia è molto legata allo stile ed è evidente, il tentativo di Samuel di rifarsi ai grandi registi dei western, Sergio Leone e Sam Peckinpah, e al più recente Quentin Tarantino di Django Unchained. Da un punto di vista stilistico, il risultato non è male, ci sono buone trovate visive, ritmo, il problema è che a lungo andare si ha la sensazione che più che omaggiare, Samuel abbia proprio cercato di copiare, in particolare Tarantino, cosa che si nota anche nei dialoghi. Il regista e lo sceneggiatore Boaz Yakin, hanno provato a rifare dei dialoghi "alla Tarantino", riuscendo a dismotrare solo che i dialoghi alla Tarantino li può fare solo Tarantino, ma questo fa venire fuori il vero punto debole del film: la sceneggiatura. La storia di base è buona, il film parte con il bel pretesto della vendetta, che nel western ci sta sempre bene, ma andando avanti questo si perde per piegare verso un sentimentalismo di cui non si sentiva il bisogno, per poi cercare di riprendere il tema vendetta sul finale ma senza affondare, anzi cercando di spiazzare lo spettatore con una rivelazione troppo debole e troppo facile. A farne le spese sono i personaggi principali, non si riesce ad empatizzare fino in fondo con Nat Love e le sue motivazioni, non basta una breve scena iniziale per far capire la sua voglia di vendetta, e anche il villain, il cattivissimo Rufus Buck, se ne parla come un diavolo ma nella storia si vede talmente poco che non si riesce a percepirlo come un nemico da temere.

Il cast fa il suo con quello che ha, bravo Jonathan Majors, Idris Elba fa quello che può con il poco spazio che ha, avrebbe meritato un personaggio con più scene e più spessore, Delroy Lindo fa sempre la sua bella figura, ma a spiccare più di tutti è sicuramente Regina King, l'attrice riempie sempre la scena, basta uno sguardo e cattura l'attenzione, ha il personaggio migliore del film ma è lei a renderlo migliore.

The Harder They Fall sembra un fumetto western, con scenografie stilizzate, costumi "cool", le pistole d'oro, ha la forma, gli attori giusti, una bella colonna sonora che spazia dall'hip-hop al reggae, purtroppo gli manca la sostanza. Forse il regista avrebbe dovuto pensare un po' meno allo stile e più alla sceneggiatura.

martedì 16 novembre 2021

Io Sono Babbo Natale - la recensione

Uscito nelle sale a più di un mese dal Natale, Io Sono Babbo Natale ci regala l'ultima apparizione cinematografica del grandissimo Gigi Proietti.

Ettore (Marco Giallini), uomo di mezza età dall'infanzia complicata e con una tendenza a delinquere che gli viene molto naturale, torna in libertà dopo sei anni di carcere scontati per una rapina per cui non ha mai visto un soldo, e per cui è stato l'unico a pagare della banda. Ettore ha una ex che non vuole più avere a che fare con lui, una figlia di 6 anni che non ha mai conosciuto, non ha una casa, ma in una fredda notte incontra un gentile e anziano signore, Nicola Natalizi (Gigi Proietti). Ettore lo segue con l'idea di derubarlo, Nicola lo accoglie in casa con il sorriso, ma quando Ettore entra in azione, scopre che l'uomo ha una cantina segreta piena di giocattoli. Nicola gli confida la verità: lui è Babbo Natale.

Il film di Edoardo Falcone rientra perfettamente nel filone delle classiche commedie natalizie, molto "all'americana", fatte di buoni sentimenti, buone azioni, messaggi positivi, per tutta la famiglia e che parla di famiglia, intesa non solo la famiglia biologica ma quella che una persona trova nel corso tempo. Il personaggio di Ettore è il classico ladruncolo apparentemente senza speranza a cui si apre un varco per la redenzione ma la sua storia, per quando molto semplice, ha il pregio di non seguire esattamente il percorso che lo spettatore potrebbe immaginare, Ettore arriverà a fare le cose giuste ma a modo suo. Nota di merito alle scenografie, la casa di Babbo Natale è deliziosa, e per gli effetti speciali, semplici e fatti molto bene.

Marco Giallini ha la faccia adatta al ruolo del truffaldino Ettore, sempre pronto a fregare il prossimo, ed è un perfetto sparring per il suo compagno di set, il grande Gigi Proietti, adorabile come Babbo Natale, porta grande umanità al personaggio e i suoi tempi comici sono inimitabili. Fra Proietti e Giallini c'è un'ottima alchimia, la coppia funziona, hanno una tempistica simile nella battuta, e portano entrambi addosso la classica romanità, un po' cinica, schietta, a "reazione veloce" e sempre molto ironica. Purtroppo si tratta dell'ultimo film di Gigi Proietti, uscito postumo (l'attore è scomparso a novembre 2020) e questo porta una particolare tristezza alla storia e anche un po' di commozione sul finale, la sua ultima scena nel film va oltre lo schermo e per un attimo Proietti non è solo il suo personaggio ma sembra proprio lui che saluta il suo pubblico. La dedica finale, "A Gigi", è un piccolo colpo al cuore, Proietti ci manca e ci mancherà.

Io Sono Babbo Natale è un film semplice, per tutti, non particolarmente originale nella trama, ma è scritto bene, con buone battute e tanta umanità, perfetto da vedere per prepararsi al Natale.