lunedì 24 settembre 2018

Gli Incredibili 2 - la recensione

Se c'era un film perfetto per un sequel, quello era Gli Incredibili, gioiello Pixar del 2004, e dopo 14 lunghi anni lo studio ha finalmente riportato al cinema l'"incredibile" famiglia di supereroi.

Li avevamo lasciati in un mondo che non voleva più i supereroi, e esattamente lì li ritroviamo. Bob / Mr. Incredibile, Helen / Elastigirl, e i loro figli, Violetta, Flash e Jack Jack, senza dimenticare l'amico Siberius, sono ancora fuorilegge ma questo non gli impedisce di cercare di fermare Il Minatore, nella scena che chiudeva il primo film. Le cose non vanno proprio alla perfezione e in un attimo tutta la famiglia si trova rinchiusa in un motel senza programma di protezione e ricollocamento. Mentre Bob e Helen discutono di lavori da trovare per tirare avanti, arriva l'invito del magnate Winston Deavor, grandissimo e nostalgico fan dei supereroi. Deavor e sua sorella Evelyn hanno pensato a un piano per riportare in auge tutta la categoria dei supereroi e convincere i politici a reintegrarli. Come leader e perfetto esempio per questa riscossa scelgono Elastigirl, che dovrà vedersela con un misterioso villain chiamato "l'Ipnotizzaschermi", mentre tocca a Bob rimanere a casa a badare ai figli.

Non era affatto facile realizzare il sequel di un film ai limiti della perfezione come il primo capitolo, ancora più difficile se pensiamo che sono passati molti anni da quel film, con le attese che sono cresciute e un nuovo pubblico, completamente diverso, da conquistare. E poi bisogna calcolare anche il differente contesto. Nel 2004 il Cinema non era ancora stato "colonizzato" dai supereroi e un film come Gli Incredibili era una vera e propria novità nel panorama cinematografico. Oggi non è così, adesso abbiamo due o tre cinecomic all'anno e questo rappresentava un'ulteriore difficoltà, forse la più complicata da affrontare. Ma come sappiamo, alla Pixar amano le sfide impossibili. Ci hanno messo tanti anni, ma alla fine il regista Brad Bird e i suoi collaboratori hanno confezionato quello che probabilmente (saga di Toy Story a parte) è il miglior sequel mai fatto dallo studio.

Perso (ovviamente) l'effetto novità, Gli Incredibili 2 sorprende e convince sotto tutti gli aspetti. Come per il primo, anche nel sequel la storia si divide tra "supereroismo" e i problemi di vita familiare. L'intreccio avventuroso è ben congeniato, c'è un buon villain con motivazioni umane interessanti e sotto certi aspetti anche comprensibili, le scene d'azione sono ben fatte e non hanno assolutamente niente da invidiare a quelle dei film live action. Ancora più geniale la parte familiare della storia, con un Mr. Incredibile alle prese con i problemi adolescenziali di Violetta, i compiti di matematica di Flash, e con l'esplosione di poteri del piccolo Jack Jack. In particolare, i momenti legati al piccolo della famiglia risultano davvero esilaranti. Come per tutti i film della Pixar, c'è un perfetto equilibrio tra azione, divertimento e quei sottotemi e battute che solo gli adulti possono capire. Meravigliosa la trasformazione di Mr. Incredibile in versione casalingo, visibilmente stanco e fisicamente distrutto dai normali problemi quotidiani. E poi c'è Edna Mode, una piccola parte per il personaggio ma irresistibile come sempre.



Azione, divertimento, situazioni e battute geniali, personaggi - principale e secondari - ben scritti, tecnicamente perfetto, curato nei minimi dettagli, una storia solida e semplice, con una punta di femminismo (adatto ai tempi) ma sempre in perfetto equilibrio con la controparte maschile, con Gli Incredibili 2 la Pixar ha fatto di nuovo centro.

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PS: come in tutti i film d'animazione, anche qui ci sono voci famose a doppiare determinati personaggi, e sono state buone scelte. L'unico piccolo rammarico è il cambio di doppiatori di Mr. Incredibile e Elastigirl. Si è puntato su un ringiovanimento vocale di cui non si sentiva il bisogno. Le nuove voci sono adatte ma chi è affezionato a quelle del primo film (Adalberto Maria Merli e Laura Morante) soffrirà un po' lo stacco.

PPS: molto carino e tenero il corto BAO, prima del film.

martedì 18 settembre 2018

[Spoiler-Free] Bojack Horseman: l'umanità di un cavallo





“A volte sento come se fossi nato con una perdita e ogni cosa buona che ho iniziato fosse gocciolata via lentamente da me e ora non c’è più e non tornerà più dentro di me. Troppo tardi. La vita è una serie di porte chiuse, non è vero?” (BoJack Horseman)







Alcuni giorni fa, su Netflix, è approdata la quinta stagione di Bojack Horseman, una serie di animazione per adulti ambientata in un mondo dove umani e animali antropomorfi convivono senza problemi e il cui protagonista, Bojack, è letteralmente un Uomo-Cavallo, una ex star della televisione ormai in declino che passa la sua vita fra episodi della serie di cui era protagonista e abuso di alcol. 
Apparentemente potrebbe sembrare solo un'altra serie di animazione per adulti, un modo grottesco per mettere alla berlina vizi e idiosincrasie di Hollywood allo stesso modo con cui i Simpson si prendono gioco della società americana, ma in realtà la creatura di Raphael Bob-Waksberg è molto di più che semplice satira e si spinge dove nessuna serie di animazione si era mai spinta, e a dirla tutta nemmeno molte serie live action.




Basta davvero poco, dopo le prime scene del primo episodio, per accorgersi che siamo davanti a qualcosa di profondamente diverso e, in modo paradossale, profondamente umano. Nonostante le assurdità intrinseche in un'animazione così smaccatamente irreale, con animali antropomorfi che interagiscono fra loro e con gli umani in ogni modo possibile, Bojack Horseman riesce a essere reale fino a divenire cruda, sbattendoci in faccia noi stessi, le nostre debolezze, le nostre paure.
Il suo protagonista è depresso e autodistruttivo, affonda in un buco nero da cui non riesce a uscire, stordendosi con alcol, droghe e sesso per non dover affrontare il vuoto che lo attanaglia, dando la colpa del suo nichilismo a un'infanzia infelice e a dei genitori anaffettivi per non dover guardarsi allo specchio e prendersi la responsabilità della sua propria infelicità.
Intorno a lui si muove una gamma di personaggi tutti problematici e reali, esseri umani (o umano-animali) infelici, che tentano di fare del loro meglio per soffocare il vuoto con il lavoro, la protesta, una facciata spensierata che nasconde forse più insicurezza di quanto si possa pensare.
Sarebbe facile andare alla ricerca di un lieto fine, eppure Bojack Horseman non accontenta mai lo spettatore per la via più semplice, e man mano che si va avanti ci si accorge che il lieto fine non esiste, che la vita vera è un'altra e che bisogna comunque tentare di dare il meglio di se stessi, anche quando è difficile.






"Il lieto fine è una cosa inventata da Steven Spielberg per vendere biglietti. È come il vero amore, le Olimpiadi di Monaco. Sono cose che non esistono nel mondo reale. Dobbiamo continuare a vivere guardando al futuro." (BoJack Horseman)






I temi affrontati sono molti: la depressione, l'abuso di droga e alcol, la morte, l'incomunicabilità.






La serie non è mai banale e di volta in volta regala perle di scrittura e, incredibile a dirsi per una serie di animazione, regia, come l'episodio quattro della terza stagione "Fish out of the water", quasi interamente muto, di ambientazione subacquea, struggente nel come rappresenta l'incapacità cronica di Bojack di comunicare il suo disagio interiore, con una comicità dolce-amara molto tipica della serie che sfocia in un finale che strappa una risata liberatoria. O ancora il sesto episodio della nuova stagione, la quinta, che si spinge oltre ribaltando quasiasi regola dell'animazione, fregandosene delle numerose possibilità che questa offre e regalandoci quello che è forse il miglior episodio dell'intera serie, un monologo del protagonista lungo veti minuti, con una sola inquadratura, e una summa sottoforma di necrologio della filosofia della serie.






“L’universo è solo un vuoto crudele e indifferente, la chiave per la felicità non è trovare un significato, ma tenersi occupati con stronzate varie fino a quando è il momento di tirare le cuoia.” (Mr. Peanutbutter)






Migliorando di anno in anno, Bojack Horseman arriva alla sua consacrazione definitiva con la quinta stagione, praticamente perfetta e dolorosa come non mai nell'esplorare il lato più oscuro di Bojack, eppure incredibilmente divertente come solo questa serie riesce a fare, mischiando comicità e dramma senza mai perdere di vista l'umanità.
La sofferente, solitaria, ma sempre speranzosa, umanità di un cavallo.

Emmy Awards 2018 - Tutti i Vincitori

Si sono conclusi poche ore fa gli Emmy Awards 2018, gli "Oscar" della tv.

Stravince Amazon grazie alla serie The Marvelous Mrs. Maisel, che si è portata a casa ben otto premi, tra cui migliore serie, attrice protagonista (Rachel Brosnahan) e attrice non protagonista (Alex Borstein) nella categoria Comedy.

Sorprende l'ennesima vittoria de Il Trono di Spade come migliore serie drama, sembra che gli Emmy si siano davvero affezionati a questa serie...
La serie fantasy della HBO si è portato a casa anche un altro premio importante, quello come migliore attore protagonista in una serie drama, andato a Peter Dinklage.

Premi anche per Westworld, American Crime Story, la serie Barry, che ha visto Henry Winkler (cioè Fonzie) ricevere il suo primo Emmy, e The Crown. Totalmente snobbata invece una delle serie più nominate e acclamate della stagione, The Handmaid's Tale.

Ecco tutti i vincitori.

Miglior serie drammatica
  • Il Trono di Spade (Game of Thrones), distribuita da HBO
  • The Americans, distribuita da FX
  • The Crown, distribuita da Netflix
  • The Handmaid's Tale, distribuita da Hulu
  • Stranger Things, distribuita da Netflix
  • This Is Us, distribuita da NBC
  • Westworld - Dove tutto è concesso (Westworld), distribuita da HBO
Miglior serie commedia
  • La fantastica signora Maisel (The Marvelous Mrs. Maisel), distribuita da Amazon Video
  • Atlanta, distribuita da FX
  • Barry, distribuita da HBO
  • Black-ish, distribuita da ABC
  • Curb Your Enthusiasm, distribuita da HBO
  • GLOW, distribuita da Netflix
  • Silicon Valley, distribuita da HBO
  • Unbreakable Kimmy Schmidt, distribuita da Netflix
Miglior miniserie
  • American Crime Story - L'assassinio di Gianni Versace, distribuita da FX
  • L'alienista (The Alienist), distribuita da TNT
  • Genius: Picasso, distribuita da Nat Geo
  • Godless, distribuita da Netflix
  • Patrick Melrose, distribuita da Showtime
Miglior reality competitivo
  • America's Next Drag Queen (RuPaul's Drag Race), distribuito da VH1
  • The Amazing Race, distribuito da CBS
  • American Ninja Warrior, distribuito da NBC
  • Project Runway, distribuito da Lifetime
  • Top Chef, distribuito da Bravo
  • The Voice, distribuito da NBC
Miglior varietà talk show
  • Last Week Tonight with John Oliver, distribuito da HBO
  • The Daily Show with Trevor Noah, distribuito da Comedy Central
  • Full Frontal with Samantha Bee, distribuito da TBS
  • Jimmy Kimmel Live!, distribuito da ABC
  • The Late Late Show with James Corden, distribuito da CBS
  • The Late Show with Stephen Colbert, distribuito da CBS
Miglior varietà di sketch
  • Saturday Night Live, distribuito da NBC
  • At Home with Amy Sedaris, distribuito da truTV
  • Drunk History, distribuito da Comedy Central
  • I Love You, America with Sarah Silverman, distribuito da Hulu
  • Portlandia, distribuito da IFC
  • Tracey Ullman's Show, distribuito da HBO

Miglior attore protagonista in una serie drammatica
  • Matthew Rhys, per aver interpretato Philip Jennings in The Americans
  • Jason Bateman, per aver interpretato Marty Byrde in Ozark
  • Sterling K. Brown, per aver interpretato Randall Pearson in This Is Us
  • Ed Harris, per aver interpretato L'Uomo in Nero in Westworld - Dove tutto è concesso
  • Milo Ventimiglia, per aver interpretato Jack Pearson in This Is Us
  • Jeffrey Wright, per aver interpretato Bernard Lowe in Westworld - Dove tutto è concesso
Miglior attrice protagonista in una serie drammatica
  • Claire Foy, per aver interpretato la regina Elisabetta II in The Crown
  • Tatiana Maslany, per aver interpretato Sarah Manning, Helena, Alison Hendrix, Cosima Niehaus, Rachel Duncan, Krystal Goderitch, Elizabeth (Beth) Childs, Jennifer Fitzsimmons, Katja Obinger, Tony Sawicki, Veera Suominen (M.K.), Camilla Torres e un clone senza nome in Orphan Black
  • Elisabeth Moss, per aver interpretato Difred / June Osborne in The Handmaid's Tale
  • Sandra Oh, per aver interpretato Eve Polastri in Killing Eve
  • Keri Russell, per aver interpretato Elizabeth Jennings in The Americans
  • Evan Rachel Wood, per aver interpretato Dolores Abernathy in Westworld - Dove tutto è concesso
Miglior attore protagonista in una serie commedia
  • Bill Hader, per aver interpretato Barry Berkman / Barry Block in Barry
  • Anthony Anderson, per aver interpretato Andre "Dre" Johnson Sr. in Black-ish
  • Ted Danson, per aver interpretato Michael in The Good Place
  • Larry David, per aver interpretato Larry David in Curb Your Enthusiasm
  • Donald Glover, per aver interpretato Earnest "Earn" Marks in Atlanta
  • William H. Macy, per aver interpretato Frank Gallagher in Shameless
Miglior attrice protagonista in una serie commedia
  • Rachel Brosnahan, per aver interpretato Miriam "Midge" Maisel in La fantastica signora Maisel
  • Pamela Adlon, per aver interpretato Sam Fox in Better Things
  • Allison Janney, per aver interpretato Bonnie Plunkett in Mom
  • Issa Rae, per aver interpretato Issa Dee in Insecure
  • Tracee Ellis Ross, per aver interpretato Rainbow "Bow" Johnson in Black-ish
  • Lily Tomlin, per aver interpretato Frankie Bergstein in Grace and Frankie
Miglior attore protagonista in una miniserie o film
  • Darren Criss, per aver interpretato Andrew Cunanan in American Crime Story - L'assassinio di Gianni Versace
  • Antonio Banderas, per aver interpretato Pablo Picasso in Genius: Picasso
  • Benedict Cumberbatch, per aver interpretato Patrick Melrose in Patrick Melrose
  • Jeff Daniels, per aver interpretato John O. Neill in The Looming Tower
  • John Legend, per aver interpretato Gesù in Jesus Christ Superstar Live in Concert
  • Jesse Plemons, per aver interpretato Robert Daly in Black Mirror - USS Callister
Miglior attrice protagonista in una miniserie o film
  • Regina King, per aver interpretato Latrice Butler in Seven Seconds
  • Jessica Biel, per aver interpretato Cora Tannetti in The Sinner
  • Laura Dern, per aver interpretato Jennifer Fox in The Tale
  • Michelle Dockery, per aver interpretato Alice Fletcher in Godless
  • Edie Falco, per aver interpretato Leslie Abramson in Law & Order True Crime: The Menendez Murders
  • Sarah Paulson, per aver interpretato Ally Mayfair-Richards in American Horror Story: Cult
Miglior attore non protagonista in una serie drammatica
  • Peter Dinklage, per aver interpretato Tyrion Lannister ne Il Trono di Spade
  • Nikolaj Coster-Waldau, per aver interpretato Jaime Lannister ne Il Trono di Spade
  • Joseph Fiennes, per aver interpretato Fred Waterford in The Handmaid's Tale
  • David Harbour, per aver interpretato Jim Hopper in Stranger Things
  • Mandy Patinkin, per aver interpretato Saul Berenson in Homeland
  • Matt Smith, per aver interpretato il Principe Filippo, duca di Edimburgo in The Crown
Miglior attrice non protagonista in una serie drammatica
  • Thandie Newton, per aver interpretato Maeve Millay in Westworld - Dove tutto è concesso
  • Alexis Bledel, per aver interpretato Emily / Diglen in The Handmaid's Tale
  • Millie Bobby Brown, per aver interpretato Undici (Eleven) in Stranger Things
  • Ann Dowd, per aver interpretato Zia Lydia in The Handmaid's Tale
  • Lena Headey, per aver interpretato Cersei Lannister ne Il Trono di Spade
  • Vanessa Kirby, per aver interpretato la principessa Margarett in The Crown
  • Yvonne Strahovski, per aver interpretato Serena Joy Waterford in The Handmaid's Tale
Miglior attore non protagonista in una serie commedia
  • Henry Winkler, per aver interpretato Gene Cousineau in Barry
  • Louie Anderson, per aver interpretato Christine Baskets in Baskets
  • Alec Baldwin, per aver interpretato Donald Trump al Saturday Night Live
  • Tituss Burgess, per aver interpretato Titus Andromedon in Unbreakable Kimmy Schmidt
  • Brian Tyree Henry, per aver interpretato Alfred "Paper Boi" Miles in Atlanta
  • Tony Shalhoub, per aver interpretato Abraham "Abe" Weissman in La fantastica signora Maisel
  • Kenan Thompson, per aver interpretato vari personaggi al Saturday Night Live
Miglior attrice non protagonista in una serie commedia
  • Alex Borstein, per aver interpretato Susie Myerson in La fantastica signora Maisel
  • Zazie Beetz, per aver interpretato Vanessa "Van" Keefer in Atlanta
  • Aidy Bryant, per aver interpretato vari personaggi al Saturday Night Live
  • Betty Gilpin, per aver interpretato Debbie "Liberty Belle" Eagan in GLOW
  • Leslie Jones, per aver interpretato vari personaggi al Saturday Night Live
  • Kate McKinnon, per aver interpretato vari personaggi al Saturday Night Live
  • Laurie Metcalf, per aver interpretato Jackie Harris in Roseanne
  • Megan Mullally, per aver interpretato Karen Walker in Will & Grace
Miglior attore non protagonista in una miniserie o film
  • Jeff Daniels, per aver interpretato Frank Griffin in Godless
  • Brandon Victor Dixon, per aver interpretato Giuda Iscariota in Jesus Christ Superstar Live in Concert
  • John Leguizamo, per aver interpretato Jacob Vazquez in Waco
  • Ricky Martin, per aver interpretato Antonio D'Amico in American Crime Story - L'assassinio di Gianni Versace
  • Édgar Ramírez, per aver interpretato Gianni Versace in American Crime Story - L'assassinio di Gianni Versace
  • Michael Stuhlbarg, per aver interpretato Richard Clarke in The Looming Tower
  • Finn Wittrock, per aver interpretato Jeffrey Trail in American Crime Story - L'assassinio di Gianni Versace
Miglior attrice non protagonista in una miniserie o film
  • Merritt Wever, per aver interpretato Mary Agnes McNue in Godless
  • Sara Bareilles, per aver interpretato Maria Maddalena in Jesus Christ Superstar Live in Concert
  • Penélope Cruz, per aver interpretato Donatella Versace in American Crime Story - L'assassinio di Gianni Versace
  • Judith Light, per aver interpretato Marilyn Miglin in American Crime Story - L'assassinio di Gianni Versace
  • Adina Porter, per aver interpretato Beverly Hope in American Horror Story: Cult
  • Letitia Wright, per aver interpretato Nish in Black Mirror - Black Museum

Miglior regia per una serie drammatica
  • Stephen Daldry, per l'episodio Pater familias di The Crown
  • Jason Bateman, per l'episodio I rintocchi della campana di Ozark
  • Matt e Ross Duffer, per l'episodio Capitolo nove - La porta di Stranger Things
  • Jeremy Podeswa, per l'episodio Il drago e il lupo de Il Trono di Spade
  • Daniel Sackheim, per l'episodio Stanotte improvvisiamo di Ozark
  • Kari Skogland, per l'episodio Dopo di The Handmaid's Tale
  • Alan Taylor, per l'episodio Oltre la Barriera de Il Trono di Spade
Miglior regia per una serie commedia
  • Amy Sherman-Palladino, per l'episodio Pilot di La fantastica signora Maisel
  • Mark Cendrowski, per l'episodio L'asimmetria della farfalla di The Big Bang Theory
  • Donald Glover, per l'episodio FUBU di Atlanta
  • Bill Hader, per l'episodio Chapter One: Make Your Mark di Barry
  • Mike Judge, per l'episodio Initial Coin Offering di Silicon Valley
  • Hiro Murai, per l'episodio Teddy Perkins di Atlanta
  • Jesse Peretz, per l'episodio Pilot di GLOW
Miglior regia per un film, miniserie o speciale drammatico
  • Ryan Murphy, per l'episodio L'uomo da copertina di American Crime Story - L'assassinio di Gianni Versace
  • Edward Berger, per Patrick Melrose
  • Scott Frank, per Godless
  • David Leveaux e Alex Rudzinski, per Jesus Christ Superstar Live in Concert
  • Barry Levinson, per Paterno
  • David Lynch, per Twin Peaks
  • Craig Zisk, per la puntata 9/11 di The Looming Tower
Miglior regia per uno speciale varietà
  • Glenn Weiss, per The Oscars
  • Stan Lathan, per Dave Chappelle: Equanimity
  • Michael Bonfiglio, per Jerry Seinfeld: Jerry Before Seinfeld
  • Marcus Raboy, per Steve Martin & Martin Short: An Evening You Will Forget for the Rest of Your Life
  • Hamish Hamilton, per Super Bowl LII Halftime Show Starring Justin Timberlake

Miglior sceneggiatura per una serie drammatica
  • Joel Fields e Joe Weisberg, per l'episodio Inizio di The Americans
  • Peter Morgan, per l'episodio L'uomo del mistero di The Crown
  • David Benioff e D. B. Weiss, per l'episodio Il drago e il lupo de Il Trono di Spade
  • Bruce Miller, per l'episodio June di The Handmaid's Tale
  • Phoebe Waller-Bridge, per l'episodio Nice Face di Killing Eve
  • Matt e Ross Duffer, per l'episodio Capitolo nove - La porta di Stranger Things
Miglior sceneggiatura per una serie commedia
  • Amy Sherman-Palladino, per l'episodio Pilot di The Marvelous Mrs. Maisel
  • Alec Berg, per l'episodio Fifty-One Percent di Silicon Valley
  • Alec Berg e Bill Hader, per l'episodio Chapter One: Make Your Mark di Barry
  • Donald Glover, per l'episodio L'uomo alligatore di Atlanta
  • Stefani Robinson, per l'episodio Il Barbiere di Atlanta
  • Liz Sarnoff, per l'episodio Chapter Seven: Loud, Fast, and Keep Going di Barry
Miglior sceneggiatura per un film, miniserie o speciale drammatico
  • William Bridges e Charlie Brooker, per Black Mirror - USS Callister
  • Scott Frank, per Godless
  • Mark Frost e David Lynch, per Twin Peaks
  • Kevin McManus e Matthew McManus, per l'episodio Pulizia di American Vandal
  • David Nicholls, per Patrick Melrose
  • Tom Rob Smith, per l'episodio La casa sul lago di American Crime Story - L'assassinio di Gianni Versace
Miglior sceneggiatura per uno speciale varietà
  • John Mulaney, per John Mulaney: Kid Gorgeous At Radio City
  • Melinda Taub, Samantha Bee, Pat Cassels, Mike Drucker, Eric Drysdale, Mathan Erhardt, Miles Kahn, Nicole Silverberg, Ashley Nicole Black, Joe Grossman, Sean Crespo, Razan Ghalayini, Tyler Hall, Allana Harkin, Paul Myers, Halcyon Person, Mike Rubens, per Full Frontal with Samantha Bee Presents: The Great American* Puerto Rico (*It's Complicated)
  • Michelle Wolf, per Michelle Wolf: Nice Lady
  • Patton Oswalt, per Patton Oswalt: Annihilation
  • Steve Martin e Martin Short, per Steve Martin & Martin Short: An Evening You Will Forget for the Rest of Your Life

mercoledì 12 settembre 2018

Sulla mia pelle - la recensione

Gli ultimi sette giorni di Stefano Cucchi, morto mentre era in custodia cautelare in circostanze ancora poco chiare, non è un materiale facile con cui avere a che fare, sia perchè il processo è ancora in corso, sia per la profonda spaccatura che esiste nella visione della vicenda fra forze dell'ordine (e loro sostenitori) e la famiglia dello stesso Cucchi, con la sorella Ilaria in prima fila nel chiedere chiarezza e giustizia.


Naturalmente le polemiche non sono mancate a Venezia, dove il film è stato presentato ufficialmente, e sicuramente continueranno a essere al centro del dibattito nei prossimi giorni, ora che il film è nelle sale e sulla piattaforma Netflix.
La grande impresa, però, che il regista Alessio Cremonini, e della sua co-sceneggiatrice Lisa Nur Sultan, sono riusciti a compiere al di là di tutto il contorno, è raccontare la storia umana, profondamente umana, di un ragazzo che è morto, da solo e impaurito, lasciando da parte qualsiasi giudizio morale su di lui, sulle sua colpe e su quelle delle stesse forze dell'ordine, concentrandosi unicamente su Stefano e su chi era davvero, sulla sua famiglia, la difficoltà dell'uscire dalla dipendenza dalla droga, la sua fede.
Sulla mia Pelle ripercorre passo dopo passo quei sette giorni di carcere e ospedale, di violenza e crudo abbandono, che diventano sempre più evidenti sul corpo e sul volto di uno straordinario Alessandro Borghi, che riesce a essere Stefano completamente.
Lungi dall'essere un film di accusa o di denuncia, riesce così a divenire una storia intima e cruda di ingiustizia sociale prima ancora che giuridica, di riscatto mancato, di fede ritrovata, di vita che poteva cambiare, forse, ma che non ne ha avuto la possibilità.
Non era sicuramente facile affrontare una vicenda ancora così sentita, nonostante i nove anni passati, e lo era ancora meno farlo senza giudicare e senza retorica, che in circostanze del genere sarebbe apparsa fastidiosa, oltre che fuori luogo.
Sulla mia pelle è un film viscerale, crudo, difficile da digerire, proprio come Stefano Cucchi e la sua storia.

domenica 9 settembre 2018

Venezia 75 - i vincitori

Si è conclusa ieri la 75a Mostra d'Arte Cinematografica di Venezia e a trionfare è stato ancora il Messico.

La giuria, che ha visto come presidente Guillermo del Toro, ha assegnato il Leone d'Oro al film ROMA di Alfonso Cuaron. Non una sorpresa, il film del regista messicano era visto come il favorito per la vittoria già prima dell'inizio del festival.
E non sono stati una sorpresa nemmeno i premi agli attori, le Coppe Volpi infatti sono state assegnate a Olivia Colman (The Favourite) e Willem Dafoe (At Eternity's Gate). Due nomi che fin da subito, cioè fin dalle prime proiezioni dei rispettivi film, sono stati visti come favoriti per la vittoria.

Due premi per The Nightingale di Jennifer Kent, a segnare una spaccatura tra la giuria e la critica che non ha particolarmente amato il film, e un secondo premio anche per The Favourite, che ha portato a casa il Leone d'Argento per il Gran Premio della Giuria. Premiati anche due western: miglior regista a Jacques Audiard per The Sisters Brothers, e il premio per la sceneggiatura a La Ballata di Buster Scruggs dei fratelli Coen.

Ecco tutti i vincitori, compresi quelli della sezione Orizzonti, Venezia Classici, e del Venice Virtual Reality.

CONCORSO
- Leone d’Oro per il Miglior Film: Roma, di Alfonso Cuaron
- Leone d’Argento Gran Premio della Giuria: The Favourite, di Yorgos Lanthimos
- Leone d’Argento per la Migliore Regia: Jacques Audiard per The Sisters Brothers
- Coppa Volpi per la Migliore Interpretazione Maschile: Willem Dafoe per At Eternity’s Gate, di Julian Schnabel
- Coppa Volpi per la Migliore Interpretazione Femminile: Olivia Colman per The Favourite, di Yorgos Lanthimos
- Miglior Sceneggiatura: Joel e Ethan Coen per La Ballata di Buster Scruggs, di Joel e Ethan Coen
- Premio Speciale della Giuria: The Nightingale, di Jennifer Kent
- Premio Marcello Mastroianni a un giovane attore o attrice emergente: Baykali Ganambarr per The Nightingale, di Jennifer Kent

ORIZZONTI
- Miglior film: KrabenRahu (Manta Ray), di Phuttiphong Aroonpheng
- Miglior regia: Emir Baigazin per Ozen
- Miglior interpretazione maschile: Kais Nashif per Tel Aviv on Fire
- Miglior interpretazione femminile: Natalya Kudryashova per The Man who Surprised Everyone
- Miglior sceneggiatura: Jinpa di Pema Tseden
- Premio Speciale della Giuria di Orizzonti: Anons, di Mahmut Fazil Coşkun
- Miglior cortometraggio: Kado, di Aditya Ahmad

VENICE VIRTUAL REALITY
- Miglior film VR: Spheres di Eliza McNitt
- Migliore esperienza VR (per contenuto interattivo): Buddy VR di Chuck Chae
- Migliore storia VR (per contenuto lineare): L’Ile des Morts di Benjamin Nuel

VENEZIA CLASSICI
- Miglior Film Restaurato: La Notte di San Lorenzo, di Paolo e Vittorio Taviani
- Miglior Documentario sul Cinema: The Great Buster - a Celebration, di Peter Bogdanovich

venerdì 7 settembre 2018

Venezia 75 - giorno 10

Si va verso la chiusura del festival, presentato l'ultimo film in Concorso, mentre Fuori Concorso ancora un po' d'Italia.

E' di Roberto Andò l'ultimo film italiano del festival, si tratta di Una Storia Senza Nome, commedia noir che vede protagonisti Micaela Ramazzotti, Renato Carpentieri, e Alessandro Gassmann.

Una trama complessa quella del film, che vede al centro furto della Natività del Caravaggio, rubata nel 1969 a Palermo, vicenda su cui dei pentiti di mafia hanno dato diverse versioni, a volte anche fantasiose (come quella che vedeva l'opera usata da Totò Riina come scendiletto). Il regista immagina la storia di un ex funzionario dei servizi segreti, ormai in pensione (Carpentieri), che contatta la segretaria di un produttore (Ramazzotti), anche ghost writer di uno sceneggiatore molto famoso ma in realtà insulso e incapace (Gassmann), a cui racconta la storia del furto svelando i retroscena di questo mistero che vede coinvolto anche il Governo e la trattativa Stato-Mafia.

L'intreccio di racconti fantasiosi fatti nel corso degli anni ha affascinato il regista Roberto Andò. "E' difficile dividere il vero dal falso anche perché i pentiti mescolano verità e invenzione", ha raccontato Andò, "Marino Mannoia disse che si era trattato di un furto su commissione e che il quadro si era sbriciolato, Gerlando Alberti che era stato seppellito in una stalla e mangiato dai porci. C'è stata tutta una fioritura di deposizioni inattendibili. La commissione antimafia guidata da Rosy Bindi è arrivata alla conclusione, provvisoria, che sia stato tagliato in quattro e venduto a un mercante d'arte svizzero che l'avrebbe portato in Giappone. Di tutte queste storie mi ha colpito quanto fossero sopra le righe. La Palermo di quegli anni era una città in cui poteva succedere di tutto".

Per la prima volta Andò mette al centro del suo film una figura femminile, interpretata da Micaela Ramazzotti. "E' la prima volta e questo mi ha fatto molto piacere", ha dichiarato l'attrice, "Ho osservato proprio lui per costruire il personaggio, rubacchiando il suo modo di guardare gli altri per poi scriverne, e mettendomi gli occhiali come lui". Alessandro Gassman invece ha una sola parola per descrivere il suo personaggio: un cialtrone. "Rappresento il cialtrone, una figura drammaticamente presente nella nostra società, che è permeata di cialtronaggine", ha spiegato Gassmann, "Il cialtrone ci fa ridere e questo è la causa dei nostri problemi. Se andremo a sbattere, cosa che non mi auguro, è perché continuiamo a ridere e la risata è sempre più amara e preoccupante".

Nel cast anche Laura Morante e Renato Scarpa. Il film sarà nei cinema il 20 settembre.

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L'ultimo film in Concorso quest'anno arriva dal Giappone. Si tratta di Zan (Killing), diretto da Shinya Tsukamoto.

Il film racconta la storia di un giovane ronin, Tsuzuki (Sosuke Ikematsu, lo ricordiamo bambino ne L'Ultimo Samurai), che si è ritirato in un paesino di campagna per vivere in tranquillità con un suo amico e la ragazza di cui è innamorato. Quando nel paese piomba un gruppo di malviventi, armati e aggressivi, Tsuzuki scoprirà improvvisamente di avere dei problemi ad uccidere.

Un'immagine apparsa nella mente del regista ha ispirato la storia. "Sono partito da un'immagine: un giovane samurai che fissa con ardore la sua preziosa katana. Un samurai che si chiede, riuscirò davvero ad uccidere un'altra persona con questa spada? E' qualcosa che probabilmente è davvero successa nel passato", ha raccontato Shinya Tsukamoto, che per trovare ispirazione si è confrontato anche con un anziano veterano della Seconda Guerra Mondiale, "Gli ho chiesto se a lui era successa una cosa simile. Lui mi ha risposto che, diventando soldato, era inevitabile mettere in conto l'idea di uccidere, ma per le persone di oggi, lontane dalla guerra, probabilmente deve essere davvero strano capire cosa può scattare in certi casi".

giovedì 6 settembre 2018

Venezia 75 - giorno 9

E' il giorno dell'ultimo film italiano in Concorso e dell'unica donna presente nella competizione.

Un episodio decisamente sgradevole ha segnato la proiezione stampa del film della regista australiana Jennifer Kent, gli insulti ("Vergognati puttana! Fai schifo!") urlati dalla platea da un deficiente con evidenti problemi con le donne e infinite manie di protagonismo a cui il festival ha subito ritirato l'accredito, si spera per sempre.

The Nightingale è ambientato in Tasmania nel 1825 e racconta di una donna irlandese, ex galeotta, che, insieme a una guida aborigena con cui instaura un rapporto molto stretto di grande rispetto e comprensione, decide di andare a cercare l'uomo, un ufficiale inglese, che le ha distrutto la vita, abusando di lei, torturandola, e uccidendole il marito e la figlia.
Protagonisti del film sono Aisling Franciosi, Sam Claflin, e Baykali Ganambarr.

Un film che mette al centro violenza e sessismo, temi molto caldi in questi anni. "Le questioni della violenza, del razzismo e del sessismo sono oggi più rilevanti che mai", ha dichiarato la regista, "però ho preferito parlarne con un film di ambientazione storica, anche perché amo costruire nuovi mondi". E un attacco sessista, per quanto proveniente da una persona profondamente stupida, è quello che ha subito la regista alla fine della proiezione stampa, un episodio a cui Jennifer Kent ha risposto con grande pacatezza: "E' fondamentale reagire con compassione e amore all'ignoranza e di questo il mio film parla chiaramente. Sono orgogliosa di questo lavoro che ribadisce come quei valori siano fondamentali anche se nel presente quasi considerati dei difetti".

Nella storia c'è una forte presenza aborigena, che raramente viene rappresentata al cinema, un aspetto che ha reso felice l'attore Baykali Ganambarr: "E' un film fondamentale per noi, tra l'altro il primo parlato nella nostra lingua, in Tasmania sono ansiosi di vederlo". Ad interpretare il cattivo è l'attore britannico Sam Claflin. "Non avevo idea di quanti brutali soprusi avessero commesso i colonizzatori", ha dichiarato l'attore riguardo il suo personaggio, "e ora un po' me ne vergogno".

Il film, che non ha ancora una data d'uscita, non ha avuto recensioni particolarmente positive.

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Terzo e ultimo film italiano in Concorso, si tratta di Capri Revolution di Mario Martone.

Ambientato nel 1914, il film racconta l'emancipazione di una ventenne che si oppone alla visione patriarcale della donna cercando di imporre la propria libertà.

Il film chiude la trilogia, iniziata con Noi credevamo e continuata con Il giovane favoloso, che Martone ha dedicato a dei momenti fondamentali della storia italiana. "Ci tenevo che la trilogia, che non era stata pensata a tavolino, si concludesse con un personaggio femminile forte", ha dichiarato Mario Martone che ancora una volta mette i giovani al centro della storia, "volevo raccontare un'Italia che non è doma, che sente la spinta a interrogarsi, a cambiare il rapporto tra individualità e collettività. Il film presenta mondi e visioni diversi: c'è quello arcaico contadino della famiglia di Lucia, l'ideologia del medico, la filosofia della comune. L'isola è una metafora per il mondo, viviamo tempi in cui tutto è improntato ad una visione di odio, paura e chiusura, e attraverso la figura luminosa di Lucia, pastorella analfabeta che non teme il confronto con l'altro, vogliamo raccontare il suo processo di maturazione e indipendenza. Lucia si ribella alla famiglia patriarcale senza mai trasformare la sua ribellione in odio".

Il film uscirà il 13 dicembre.

La Ragazza dei Tulipani - la recensione

Nella Amsterdam del 1636, dove la cosiddetta "Febbre dei Tulipani" imperversa, la giovane orfana Sophia (Alicia Vikander) sposa un ricco mercante di spezie, molto più anziano di lei, Cornelis Sandvoort (Christoph Waltz). L'uomo è ossessionato dall'idea di avere un figlio, ma nonostante i tentativi, Sophia non rimane incinta, traendone un senso di colpa che si mischia anche a quello dovuto al fatto di non amare suo marito, nonostante questo l'abbia fatta uscire dalla sua condizione di orfana senza futuro. Quando Cornelis decide di farsi fare un ritratto assieme alla giovane moglie, fra Sophia e  Jan Van Loos (Dane DeHaan), l'artista che è incaricato di ritrarli, scoppia una passione segreta e irrefrenabile. Allo stesso tempo, la cameriera della casa, Maria (Holliday Grainger) scopre di aspettare un figlio dal giovane di cui è innamorata ma che è scomparso lasciandola sola. Così le due donne, con la complicità di un medico (Tom Hollander) escogitano un piano rischioso per poter salvare la reputazione di entrambe e dare un erede a Sandvoort.

La prima cosa che salta all'occhio nel film di Justin Chadwick (Mandela: long walk for freedom e L'altra donna del re) è l'incredibile cura che il regista ha avuto per l'atmosfera e i luoghi di una Amsterdam cupa e ombrosa, sporca e fremente di una smania incontenibile, quella della speculazione che in quegli anni avrebbe portato tantissimi a vendere tutto pur di poter comprare un solo bulbo di tulipano.
La fotografia è chiaramente ispirata ai quadri fiamminghi di quel periodo, con le fiamme delle candele che illuminavano fiocamente i volti degli abitanti di case polverose e quasi anguste, in cui solo alcuni colori degli abiti sontuosi spiccavano sul marrone e sul nero. Eigil Bryld è il direttore della fotografia, già ammirato in Becoming Jane o nella serie tv House of Cards, e a lui vanno gli applausi per il lavoro fatto nel riuscire a restituire la passione e lo struggimento di un amore segreto grazie a pochi tocchi di luce, o nel ricreare il tumulto e il delirio delle aste con l'intensità di un dipinto.

Al di là della storia d'amore, però, ciò che maggiormente emerge e colpisce è la rappresentazione della società olandese del VII secolo, in cui l'economia fiorente portarono a una vera e propria bolla speculativa, in cui un singolo fiore può determinare la fortuna e la disgrazia di moltissime persone. I protagonisti della storia sono in balia del fato che li muove come pedine, e i tulipani, fiore simbolo della vicenda, possono salvarli o dannarli lasciandoli appesi a un filo fino alla fine. Da questo punto di vista, ancor più del triangolo amoroso, ancora più che nella bella amicizia fra due personaggi femminili affascinanti e complessi, dove La Ragazza dei Tulipani si dimostra degno di essere visto è proprio nella restituzione di un quadro vivido di un'epoca e delle avverse fortune dei suoi ignari abitanti.

mercoledì 5 settembre 2018

Venezia 75 - giorno 8

L'ottavo giorno di festival vede in Concorso due film profondamente diversi, 22 July di Paul Greengrass e I Villeggianti di Valeria Bruni Tedeschi.

Il film di Paul Greengrass, 22 July, racconta la vera storia degli attentati del 22 luglio 2011 in Norvegia, quando il terrorista neonazista Anders Breivik uccise 77 persone, 8 a Oslo con un'autobomba e 69 sull'Isola di Utoya, dove si presentò vestito da poliziotto e per più di mezz'ora sparò sulla folla uccidendo i ragazzi che partecipavano a un campus. I feriti furono più di 300.

Basato sul libro "One of Us: The Story of an Attack in Norway - and Its Aftermath" scritto dalla giornalista Åsne Seierstad, il film non racconta solo i momenti drammatici della strage ma anche tutto quello che è successo dopo, la reazione del governo e del popolo norvegese.

Per Greengrass questa era una storia importante da raccontare, soprattutto adesso, in una Europa che sembra spostarsi sempre di più verso la destra populista senza rendersi conto dei pericoli a cui potrebbe andare incontro aprendo le porte all'estremismo. "Quello che è successo è stato un momento di rivelazione che ci ha permesso di vedere chiaramente ciò che stava accadendo. In Norvegia chi è stato coinvolti in questo accadimento si è mosso per lottare contro la minaccia di qualcosa che è diventato più forte. Questo film lo offro come forma di meditazione su come vincere", ha dichiarato Greengrass, "Negli Anni ‘30 i nostri genitori e nonni avevano capito che il nazionalismo non controllato porta al protezionismo e alla guerra, e avevano creato un modo per contenerlo. Negli ultimi dieci anni però, questi confini si sono indeboliti e abbiamo aumenti di odio, una minaccia che ci riguarda tutti, che può essere vinta solo dalla forza delle idee. Per questo, nel film ho voluto mostrare i giovani che sono andati a testimoniare nel tribunale per sconfiggere Anders Breivik a livello di idee. È questa la sfida del domani, e sono fiducioso che la vinceremo".

Ad interpretare il terrorista, ruolo per niente facile, è l’attore norvegese Anders Danielsen Lie. "E' importante raccontare per ricordare coloro che sono stati colpiti, non bersagli scelti a caso, ma vittime designate di un terrorista che, nonostante fosse un lupo solitario, operava in un contesto ben preciso", ha dichiarato l'attore, "Oggi molte persone condividono le sue idee in Europa e questo è pericoloso, per questo è importante raccontare. Se si vuole capire la forza e il pericolo della radicalizzazione è necessario interrogarsi sul perché del suo gesto". Punto di vista condiviso dal regista che per la distribuzione del suo film ha scelto Netflix per poter arrivare subito a tutti, soprattutto ai giovani, perché "è la loro generazione che dovrà ribellarsi domani all'avanzamento dell’estrema destra", ha spiegato Paul Greengrass.

Il film sarà disponibile online dal 10 ottobre.

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Tutt'altro tema e toni il nuovo film di Valeria Bruni Tedeschi, I Villeggianti, mix tra drama e commedia, un po' francese e un po' italiano, ispirata alla vita della famiglia della regista.

La sinossi ufficiale del film: Una grande e bella proprietà in Costa Azzurra. Un posto che sembra essere fuori dal tempo e protetto dal mondo. Anna arriva con sua figlia per qualche giorno di vacanza. In mezzo alla sua famiglia, ai loro amici e al personale di servizio, Anna deve gestire la sua recente separazione e la scrittura del suo prossimo film. Dietro le risate, la rabbia, i segreti, nascono rapporti di supremazia, paure e desideri. Ognuno si tappa le orecchie dai rumori del mondo e deve arrangiarsi con il mistero della propria esistenza.

Un film un cast internazionale e recitato in tre lingue (italiani, inglese, francese) che è stato definito un'"autobiografia immaginaria", una definizione che non dispiace affatto alla regista. "Credo sia difficile nella vita toccare la verità, grazie alla finzione si riesce più facilmente", ha dichiarato Valeria Bruni Tedeschi, "Il film prende spunto dalla realtà e la elaboro cercando di toccarla un po', ma il film non è più la mia vita. Penso che il mio modo di lavorare sia un po' sempre lo stesso, in fondo sento sempre di fare un'autobiografia, anche quando ho fatto un film su un reparto di psichiatria. L'aver fatto un film/documentario sulla mia famiglia ['Un castello in Italia', 2013] mi ha dato il gusto di guardare quello che succede. Sei osservatrice, non controlli troppo e ho cercato di mantenere anche nel film lo stesso gusto".

Nel cast, oltre a Yolande Moreau, Riccardo Scamarcio e la stessa Bruni Tedeschi, c'è anche Valeria Golino, amica fraterna dell'attrice e regista. "Una sua dote è che ti permette di essere al tuo peggio, per poterlo essere lei con te. È una grandissima libertà, per cui alla fine ti affidi perché sai che lei ti proteggerà", ha raccontato Valeria Golino parlando dell'amica, "Voleva farmi un provino, io non volevo, le ho fatto una telefonata terribile, sono andata a casa sua e ho dormito. Quando mi sono svegliata c'era la produzione in casa. Così l'abbiamo fatto, anche se ero arrabbiata, impreparata, e lei era così contenta... Questo significa lavorare con lei".  "Non potevo immaginare questo film senza Valeria Golino, e l'avrei aspettata se non avesse potuto in quel periodo", ha dichiarato la Bruni Tedeschi, "Fa parte delle attrici insostituibili, doveva essere un’interprete totalmente organica con la famiglia. La sua bellezza doveva essere mitica, insieme alla malinconia e all'ironia, impossibili da trovare altrove se non in lei". Valeria Bruni Tedeschi ha anche rivelato di aver provato a coinvolgere sua sorella, Carla Bruni. "Io chiedo sempre a mia sorella se vuole fare i miei film", ha raccontato l'attrice e regista, "ma lei non vuole fare l'attrice, l'ha fatto solo con Allen. Glielo domando sempre però, come rituale familiare".

Il film sarà nelle sale italiane a dicembre.

martedì 4 settembre 2018

Venezia 75 - giorno 7

Il settimo giorno ad illuminare il festival arriva Natalie Portman.

L'attrice è protagonista del film Vox Lux, diretto dall'attore e regista Brady Corbet. Nel cast anche Jude Law, Stacy Martin e Raffey Cassidy. In Concorso.

Il film racconta l'ascesa al successo di Celeste, sopravvissuta a una strage a scuola che, dopo aver cantato al memoriale in ricordo degli amici e compagni morti, diventa una pop star idolatrata dalle folle.
Natalie Portman interpreta Celeste adulta, quando è ormai una pop star affermata e di fama mondiale. Raffey Cassidy invece interpreta Celeste adolescente e poi anche la figlia del personaggio della Portman.

Un film musicale che mostra una versione molto patinata della musica pop ma che in realtà vuole raccontare la sofferenza di una donna mentre riflette su un argomento molto sentito negli Stati Uniti, le stragi nelle scuole. "Celeste è una donna che soffre, a distanza di 18 anni ha ancora la sindrome da stress post traumatico, non è un mostro ma una vittima della nostra epoca", ha dichiarato Brady Corbet, che ricordiamo attore nel remake di Funny Games, "Viviamo l’età dell’ansia, penso non ci siano mai state tante notti insonni come in questi anni. [...] Ho sempre pensato al film come a un ritratto storico, e con una voce fuori campo ho voluto dare un tono favolistico". Il tema delle stragi nelle scuole è qualcosa che il regista, suo malgrado, conosce molto bene. "Io vengo dal Colorado", ha spiegato il regista, "la strage di Columbine mi ha colpito profondamente, è uno degli eventi che mi ha segnato psicologicamente, è accaduto a pochi chilometri da casa, ma ho scelto di non fare direttamente riferimento a quel fatto storico perché volevo che il discorso prendesse un significato più universale".
Un argomento che da subito ha interessato anche Natalie Portman, che è nata in un paese, Israele, che da sempre ha a che fare ansia e violenza. "Sono sempre stata interessata agli effetti psicologici della violenza sulle persone", ha dichiarato l'attrice, "per il fatto di provenire da un Paese che ha a che fare tutti i giorni con questo problema, ma oggi il fenomeno è globale. Negli Stati Uniti le stragi nelle scuole sono quotidiane. Io sono impressionata dall'impatto che ha sui ragazzini e sulle loro famiglie quella che io ritengo una guerra civile".

Oltre la violenza e le sue conseguenze, nel film c'è la musica, creata appositamente dalla cantante Sia. "Non avrei potuto sognare una collaboratrice migliore per questo progetto che mescola nella pop music tratti presi da personaggi reali e fittizi", ha detto Corbet, "Ha permesso alla musica di aderire al personaggio". La presenza della cantante è stata di grande aiuto anche per Natalie Portman, che ha ricevuto un supporto anche per il ballo, direttamente da suo marito, il ballerino Benjamin Millepied. "Ho lavorato molto per registrare i brani composti da Sia", ha raccontato l'attrice premio Oscar, "e mi sono impegnata tanto sulla danza, anche se va detto che siccome mio marito è ballerino e coreografo ho avuto il vantaggio di potermi allenare a casa. Una situazione davvero inedita!". Per prepararsi al ruolo di una pop star famosissima, capricciosa e dipendente da alcol e antidolorifici, ma allo stesso tempo fragile e insicura, l'attrice ha studiato le grandi pop star ma senza copiare nessuna di loro. "Ho visto tanti documentari sulla musica pop e le sue star", ha detto Natalie Portman, "ma non mi sono ispirata a qualcuno in particolare, però ho potuto rubare tanti dettagli che ovviamente mi hanno aiutato a creare il personaggio".

Al momento non c'è ancora una data d'uscita per il film.

lunedì 3 settembre 2018

Venezia 75 - giorno 6

Arte e fumetti nel sesto giorno del festival.

Presentato in Concorso At Eternity's Gate, nuovo film di Julian Schnabel, con Willem Dafoe protagonista nel ruolo del pittore Vincent Van Gogh.

Il film non è un biopic ma attingendo dalle lettere, le varie biografie e anche dalle dicerie sul celebre pittore olandese, è stata costruita una storia di finzione che immagina quello che potrebbe essere accaduto.

"Nel film c’è tutto quello che ho trovato di interessante in lui", ha spiegato il regista, "Alcune cose in questo film sono vere altre inventate, e, come facciamo nella vita, occorre mescolare le due. Del resto la storia stessa è una bugia e ci sono sempre più versioni degli avvenimenti". L'idea del film è nata dopo aver assistito a una retrospettiva su Van Gogh al Museo d’Orsay. "Quando in un'esposizione ti trovi di fronte ad una retrospettiva, ti avvicini e ogni lavoro ti dice qualcosa", ha raccontato Schnabel, che oltre ad essere regista è anche pittore, "Ma dopo aver visto tutti i dipinti, l'esperienza diventa qualcosa di più. Diventa un accumulo di tutti quei sentimenti diversi messi insieme, e proprio questo senso di accumulazione è quello che ho voluto utilizzare come punto di partenza".

Per il ruolo di protagonista ha da subito avuto le idee chiare, voleva Willem Dafoe, autore di un'ottima prova in cui si è calato anima e corpo nei panni del pittore. "La cosa più importante, al di là di una preparazione leggendo le lettere, biografie e documentandomi al meglio, era sapere che avrei dipinto, quindi avevo bisogno di Julian", ha raccontato l'attore, amico del regista da anni, "Il suo aiuto per insegnarmi gli elementi chiave della pittura era cruciale, per dare una lettura più profonda ai miei gesti, che fossero le pennellate o quelli più complessi".

Il film sarà nei cinema italiani a gennaio 2019.

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Nella sezione Orizzonti è stato invece presentato il film La Profezia dell'Armadillo, ispirato all'opera a fumetti di Zerocalcare. Alla regia l'esordiente Emanuele Scaringi, che ha lavorato su una sceneggiatura scritta da Valerio Mastandrea, Johnny Palomba, Oscar Glioti, e lo stesso Zerocalcare (Michele Rech).

Che cos'è l'armadillo? è la coscienza del protagonista del film, che altri non è che lo stesso Zerocalcare, interpretato da (Simone Liberati). E l'armadillo è una presenza fisica nel film come nel fumetto, un grosso animale interpretato (sotto il costume) da Valerio Aprea.
Il film segue le vicende di Zero, ragazzo di ventisette anni che vive a Rebibbia, quartiere periferico di Roma dove mancano molte cose ma chi ci abita non ci fa molto caso. Fa il fumettista ma avendo poco lavoro si arrangia creando loghi per presunte band rock-punk, dando ripetizioni di francese, o facendo qualche lavoretto. Al suo fianco sua Madre (Laura Morante), a cui va sempre a fare visita, e l'amico fraterno, Secco (Pietro Castellitto). Una vita regolare che non si allontana mai da luoghi, fisici e non, a lui conosciuti, ma una notizia molto triste lo porterà a mettere in discussione le poche certezze della sua vita.

Un film tratto da un romanzo a fumetti è una novità per il Cinema Italiano, una sfida che il produttore Domenico Procacci ha voluto affidare a un regista esordiente. "È stato coraggioso a propormi il film, per cui sono stato molto lusingato", ha commentato il regista. "Il film ha avuto un processo lungo, era stato annunciato dallo stesso Zerocalcare per la regia di Mastandrea, che è ora uno degli sceneggiatori", ha spiegato Procacci, "Avevamo un copione che, conoscendo la sensibilità e le capacità di Emanuele Scaringi, ho pensato di affidare a lui, e questo progetto mi sembrava avesse le caratteristiche giuste per portarlo al debutto".

Essendo tratto da un fumetto, qualcuno potrebbe pensare a un film che punta tutto sulla leggerezza, ma chi ha letto il (bellissimo) libro sa bene che nelle storie di Zerocalcare sono ironiche e profonde, e mescolano commedia e dramma in modo molto sottile e intelligente, aspetto non semplice da riportare sul grande schermo. "La pellicola contiene molte sfide: è piccola, indipendente, deriva da un fumetto di successo il che portava aspettative", ha dichiarato Scaringi, "È in qualche modo l'elaborazione del lutto con il tono della commedia: sono due registri difficili da tenere insieme. Sono stati molto bravi gli sceneggiatori a rendere il film compatto".

Nel film c'è anche la partecipazione di Adriano Panatta, presente al Lido, sorpreso dall'essere stato chiamato ad interpretare se stesso, anche se solo per un piccolo divertente cameo. Assente invece l'autore della storia, Zerocalcare, ma Procacci ha subito bloccato qualsiasi tipo di polemica. "Ha visto il film, ma è impegnato su altri progetti e ha lasciato la promozione a noi", ha dichiarato il produttore.

Il film sarà nelle sale dal 13 settembre.

domenica 2 settembre 2018

Venezia 75 - giorno 5

Presentato in Concorso il nuovo film di Jacques Audiard, The Sisters Brothers, il primo in lingua inglese del regista.

Tratto dall’omonimo romanzo del canadese Patrick DeWitt, il film è un western atipico che mette all'opera tre grandi attori, Joaquin Phoenix, Jake Gyllenhaal, e John C. Reilly. La storia ruota intorno a due fratelli cacciatori di taglie, Charlie ed Eli Sisters (John C. Reilly e Joaquin Phoenix), sulle tracce di un cercatore d'oro (Riz Ahmed). A cercare il cacciatore d'oro c'è anche un investigatore privato (Jake Gyllenhall). La caccia però avrà dei risvolti inaspettati.

"Mi piacciono i western anni ’70, ma non mi considero un appassionato del genere", ha dichiarato Jacques Audiard, "Qui manca quella mitologia, quello che ci interessava davvero era il discorso sulla violenza dei padri fondatori, oltre naturalmente alla componente del romanzo di formazione. Questo film parla d’amore, anche se non è quello tra un uomo e una donna, ma tra due fratelli".

John C. Reilly, anche produttore, ha voluto sottolineare la diversità del cast e la sua personale soddisfazione di lavorare accanto a Joaquin Phoenix. "Lavorare con Phoenix, il più grande in circolazione, è stata una sfida. È sempre ossessionato dalla verità nelle sue performance", ha raccontato l'attore, "Poi è sembrata la Torre di Babele questa produzione, spagnoli, rumeni, inglesi, francesi, italiani, abbiamo costruito molti ponti dal punto di vista culturale e linguistico ed è stato davvero bello".

Piuttosto polemico verso il festival, il regista Jacques Audiard ha voluto sollevare la questione della poca presenza delle registe donne (solo una) tra i film in Concorso. "Quando ho saputo che in gara eravamo 20 registi uomini e una sola donna, ho scritto ai selezionatori, ma non ho avuto chissà quali risposte", ha dichiarato Audiard, "Poi ho sentito dire che di fronte ai film non conta il sesso di chi li realizza, ma la qualità dell’opera. Sono 25 anni che i miei film vanno nei festival, non ho mai visto molte donne alla guida delle varie manifestazioni. E ho sempre visto gli stessi volti, gli stessi uomini, anche se in ruoli diversi. Smettiamola di riflettere su altre cose. Io ne faccio una questione di uguaglianza e giustizia. L’uguaglianza si conta, la giustizia si applica".

Il film arriverà nelle sale USA a fine settembre.

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Non solo film al festival, Fuori Concorso sono state presentati i primi due episodi di una delle serie tv più attese dell'autunno, L'Amica Geniale, tratta dal best seller di Elena Ferrante.

A dirigere il regista Saverio Costanzo, grande amante dei libri che ha colto al volo la proposta di adattare per il piccolo schermo la storia. "Il mio coinvolgimento nel progetto è merito di Elena Ferrante che ha suggerito il mio nome ai produttori, avevo letto la tetralogia ma non avrei mai pensato di realizzarla", ha raccontato Costanzo, "Però quando mi è stato proposto non ho esitato. Ricordo ogni dettaglio del momento in cui la casa editrice mi ha chiamato per dirmelo. Far parte di un progetto così grande non mi ha mai spaventato. L'esperienza di lavoro con le bambine e poi con le ragazze è stato un privilegio più che una responsabilità".

Ovviamente per realizzare la serie il regista e gli sceneggiatori hanno dovuto collaborare con Elena Ferrante, inevitabile quindi una domanda sulla sua identità, ancora sconosciuta. "Non sappiamo chi è nonostante ci abbiamo lavorato insieme per un anno, via mail", ha raccontato lo sceneggiatore Francesco Piccolo, "Ferrante è stata molto vicina al progetto fin dall'inizio, l'abbiamo sentita come una sorvegliante non dei libri ma di questo tentativo di trasposizione".

Prodotta da Fandango, Wildside e Rai, gli otto episodi della serie andranno in onda in autunno su Rai1, RaiPlay e Tim Vision, ma ci sarà anche un passaggio cinematografico per soli tre giorni, l'1, il 2 e il 3 ottobre.

sabato 1 settembre 2018

Venezia 75 - giorno 4

E' il giorno dell'horror, è il giorno di Suspiria.

Luca Guadagnino porta in Concorso il remake di Suspiria, capolavoro horror nato dalla mente di Dario Argento.

Ambientato negli anni '70, una giovane ballerina americana, Susie, (Dakota Johnson) si trasferisce a Berlino per entrare a far parte di una importante scuola di danza. La ragazza si allena e si perfeziona sotto l'attenta guida dell'insegnante, Madame Blanc (Tilda Swinton). Dopo una serie di efferati omicidi, Susie comincia a sospettare di quel luogo e della direttrice.

Lungo ed elegante, ma allo stesso tempo capace di essere crudo e scioccante, questo nuovo Suspiria è film molto diverso dall'originale, a cui il regista rende omaggio attraverso una sua personale rivisitazione che finisce per discostarsi molto dall'opera del 1977.
"Volevo assolutamente che il film fosse ambientato nell'anno in cui usciva quello di Argento", ha dichiarato Guadagnino che però ha spostato l'ambientazione da Friburgo a Berlino. "Ci piaceva Berlino, la Berlino divisa dal Muro, come luogo della storia dove macerano il concetto di colpa e quello di memoria. Il luogo di uno scontro generazionale", ha spiegato il regista, "L’autunno tedesco è stato per la Germania quello che per noi sono stati gli anni di piombo. Mi ha ispirato il film Germania in autunno, in particolare il corto di Fassbinder che ne faceva parte. E naturalmente trattandosi di un film dell’orrore parla anche dell’inconscio. Con il direttore della fotografia ci siamo ispirati molto alla pittura di Balthus".

Un cast prettamente femminile, tutte entusiaste di lavorare con Guadagnino. "Lo conoscevo, volevo lavorare con lui", ha dichiarato Chloe Grace Moretz, "Con il ruolo di Patricia, mi ha permesso di trasformarmi in qualcosa di speciale. Ho un aspetto diverso nel film, e anche un suono molto diverso, perché parlo un'altra lingua. E’ una storia molto lugubre, che mette i brividi. Volevo questo, un ruolo che mi facesse nuovamente sentire paura, non essere sicura di poterlo fare, spingermi oltre i miei limiti".

Protagoniste del film due amiche del regista, Tilda Swinton e Dakota Johnson. "Per me è la seconda volta con Luca", ha dichiarato Johnson, "ci conosciamo molto bene e questo punto mi sento al sicuro nel mettermi nelle sue mani. Sono cresciuta con streghe, magia, danza e tante donne. I miei elementi preferiti e li ho ritrovati tutti nel film". Tempo fa era circolata la notizia che a causa del personaggio di Susie, l'attrice era dovuta ricorrere alla psicoanalisi, circostanza smentita dalla stessa Dakota Johnson che ha dichiarato: "non sono stata psicoanalizzata, e non credo lo sarò mai, ma sono una persona che assorbe molto le emozioni delle persone che ha intorno e talvolta, quando interpreto personaggi cupi, me li porto con me. Non me ne vergogno certo, la mia è stata una esperienza divertente, esilarante, certo non traumatica".
Per Tilda Swinton è invece la terza esperienza con il regista. "E' uno dei miei migliori amici, ci conosciamo da molti molti molti anni, siamo ormai parenti di sangue", ha dichiarato l'attrice, "Per me è come essere a casa, è facile lavorare con lui e allo stesso tempo è audace. Il cinema è collaborativo e con lui sai di poterti divertire, perché come te non vuole proporre cose già viste, ma spingersi in territori sempre diversi".
Nel film l'attrice interpreta più di un ruolo, tre per l'esattezza, anche se gli altri due non le sono stati accreditati. Uno in particolare, molto importante per la storia, è quello di un uomo anziano, il dott. Jozef Klemperer, accreditato a un presunto attore tedesco troppo timido per essere presente al festival ma per cui l'attrice si augura una campagna per la candidatura ai prossimi Oscar... sarebbe interessante.

Nel cast è presente anche Jessica Harper, protagonista del film originale, che ha elogiato Guadagnino e ovviamente anche Dario Argento. "Quando mi ha chiamata ho subito detto "sì!"", ha dichiarato l'attrice, "Il mio ruolo che ha a che fare con la perdita e la tensione. So che Luca è rimasto impressionato dal primo Suspiria da bambino e da allora ha sempre pensato di fare qualcosa che spaventasse allo stesso modo. Negli anni sono cambiate tante cose, lui e Dario sono registi molto diversi ma entrambi grandissimi".

Il nome di Dario Argento è stato una presenza costante non solo durante la conferenza stampa ma durante tutta la lavorazione. Avrà apprezzato il film? sarà stato contento di un remake? all'inizio, quando il film è stato annunciato, Argento non aveva dimostrato particolare entusiasmo, ma ora tutti si chiedono cosa ne pensa di questo film?
Luca Guadagnino intanto elogia (e non potrebbe fare altrimenti) il Maestro dell'Horror, di cui è un grande fan. "Amo Dario, non sarei qui se non fosse per lui. Sono uno stalker di maestri del cinema come lui", ha detto il regista che poi ha raccontato un aneddoto, "Avevo credo 15 anni quando vidi Suspiria. Un giorno mia madre sentì la voce che stava cenando in un ristorante della mia città, Palermo. Sono corso a verificare: era lì e io sono rimasto con la faccia appiccicata al vetro, aspettando che finisse di mangiare. È una persona gentilissima". Ma il film gli è piaciuto? "Lo ha visto, ma se volete sapere cosa pensa chiedetelo direttamente a lui", ha risposto Guadagnino.

Il film sarà nelle sale italiane dal 26 ottobre.