sabato 26 settembre 2020

Sto Pensando di Finirla Qui - la recensione

E' su Netflix il nuovo film di Charlie Kaufman, regista del bellissimo Anomalisa ma, soprattutto, sceneggiatore di Eternal Sunshine of the Spotless MindEssere John Malkovich.

Basterebbe guardare alla filmografia di questo autore per farsi subito un'idea del tipo di film che si sta per guardare e di come porsi nella visione, e bisogna riconoscere a Netflix una certa dose di coraggio nel produrre una pellicola del genere, sicuramente non di immediata fruizione.


Jake (Jesse Plemons) porta la sua ragazza Lucy (Jessie Buckley) a conoscere i suoi genitori, I due sono una coppia affiatata, nonostante stiano insieme da pochi mesi, eppure Lucy appare da subito alienata rispetto a questa relazione, quasi estranea. Veniamo subito catapultati nella sua mente, è infatti la sua voce a narrare più che gli avvenimenti, i sentimenti e i pensieri che animano la ragazza.

Se in un primo momento la visione introspettiva sembra predominante, appare subito chiaro una volta giunti a casa dei genitori di Jake, che c'è di più, che il tempo e lo spazio iniziano a essere nebulosi, che il tutto è ammantato di inquietudine, ben al di là di quella semplicemente derivante dalle paure di Lucy riguardo la sua storia d'amore. Charlie Kaufman contorce la realtà e la ripropone filtrata attraverso una logica a metà fra l'onirico e lo psicanalitico, confondendo lo spettatore e allo stesso tempo imprigionandolo all'interno della narrazione, rendendogli impossibile smettere di guardare nonostante il senso di claustrofobia continui a crescere. Bisogna arrivare fino alla fine per riuscire a capire cosa sta accadendo e per comprendere (non pienamente, certo, questo è il tipico film che necessita e invoglia una seconda visione almeno) il significato della storia e dei personaggi.

La scrittura paranoica e soffocante di Kaufman è intrecciata con la regia delirante e la fotografia cupa, ed è sicuramente un film che bisogna seguire con attenzione per poterne cogliere pienamente le scene e le citazioni nascoste. Non prova nemmeno a essere un film per tutti, ed è indubbio che se non si apprezza il tipo di cinema proposto dall'autore, ci si ritrovi ben presto a esserne respinti, a chiedersi cosa si sta guardando, a interrompere la visione, specialmente trattandosi di una piattaforma streaming. In realtà, con un po' di pazienza e soprattutto lasciandosi trasportare dalla visione, vale assolutamente la pena, se non altro perché le interpretazioni sono magistrali, non solo quelle dei protagonisti ma anche, anzi soprattutto, quelle di Toni Collette e David Thewlis nel ruolo dei genitori.

E poi c'è il finale, che dà senso a tutta la visione, che apre a innumerevoli interpretazioni, che fa riflettere e discutere, che riassume l'interezza stessa del film e, forse, anche la filmografia di un autore che certamente non passa inosservato.

venerdì 25 settembre 2020

Le Strade Del Male (The Devil All The Time) - la recensione


Le Strade del Male (The Devil All the Time), adattamento cinematografico dell’opera letteraria di Donald Ray Pollock, si unisce alla collezione dei prodotti Netflix degni di nota. 

Complessivamente, il film non delude. Il regista Antonio Campos ci trasporta in un mondo reale dominato dal male umano, dall'angoscia e da impulsi sregolati. La luce fa capolino di rado durante le vicende narrate, ma nonostante le sue rare apparizioni, anch'essa risulta sempre poco limpida, quasi a voler sottolineare l'anima torbida dei personaggi raccontati.

La pellicola poggia le sue fondamenta principalmente sulle interpretazioni del corposo cast, che vede protagonista un Tom Holland a tratti inedito e immerso nel mondo oscuro che lo circonda. In particolare, notevoli le performance di Robert PattinsonSebastian Stan, e Jason Clarke, tutti impegnati in ruoli oscuri, deprecabili e sicuramente non semplici. 

Sorprendente anche la performance di Bill Skarsgård, estremamente convincente e centrato, e di Harry Melling, decisamente cresciuto e maturato come attore rispetto al Dudley Dursley del numero 4 di Private Drive della saga di Harry Potter

Su un buon cast si appoggia una sceneggiatura scarna, limitata in favore dell'azione; la parola viene usata quasi come ultima risorsa, come ultimo appiglio necessario, e a farne le spese è l'approfondimento di alcune tematiche, che restano in questo modo irrisolte, e un montaggio molto basic, che comunque non stona con il ritmo della vicenda.

In più di un punto il film risulta privo di personalità, sembra non sapere effettivamente che “strada” percorrere. Il bilanciamento è messo a dura prova da un narratore fuori campo (voce in originale dello stesso scrittore del romanzo Donald Ray Pollock) presente fin dai primi minuti del racconto e che più di una volta alleggerisce i toni troppo pesanti, sfiorando anche il sottogenere di fiaba dark che stona inevitabilmente nell'economia del progetto. Un difetto che va ad influenzare anche la bellissima colonna sonora composta da Danny Bensi e Saunder Jurriaans, delicata, anche troppo in alcune brutali sequenze. Contrasto voluto? Non è chiaro, ma in definitiva si tratta di una colonna sonora davvero notevole. 

Le Strade del Male probabilmente non sarà un capolavoro ma è un film che riesce a rimanere impresso nella mente degli spettatori, in tutte le sue sfaccettature.

giovedì 24 settembre 2020

La Disney rivede le uscite. Slittano West Side Story di Spielberg, Black Widow e gli altri film Marvel

A causa della pandemia ancora in corso, i cinema americani, e non solo, faticano a ripartire, così la Disney ha deciso di rivedere nuovamente il calendario e spostare alcune uscite importanti.

Black Widow, programmato per il 6 novembre, è slittato al 7 maggio 2021, questo ha scatenato un inevitabile effetto domino su altri film della Fase 4 della MarvelGli Eterni si sposta da febbraio a novembre 2021, mentre Shang-Chi and the Legends of the Ten Rings da maggio a luglio 2021. Per il momento confermate le uscite del quarto Thor e del secondo Doctor Strange.

Oltre i film Marvel, a subire un drastico spostamento è il remake di West Side Story diretto da Steven Spielberg, che slitta di un anno, da dicembre 2020 a dicembre 2021. Il posto lasciato libero dal musical lo andrà ad occupare Assassinio sul Nilo, che era previsto per novembre.

Sembra invece confermata l'uscita di Soul, nuovo film della Pixar (che aprirà la Festa del Cinema di Roma 2020), arriverà nelle sale, e non su Disney+, il 20 novembre.

Ecco le lista delle nuove date.

20 novembre 2020: Soul (Pixar)
11 dicembre 2020: Free Guy – Eroe per gioco (20th Century Studios)
18 dicembre 2020: Assassinio sul Nilo (20th Century Studios)
12 febbraio 2021: The King’s Man – Le Origini (20th Century Studios)
7 maggio 2021: Black Widow (Marvel Studios)
9 luglio 2021: Shang-Chi and the Legends of the Ten Rings (Marvel Studios)
5 novembre 2021: Gli Eterni (Marvel Studios)
10 dicembre 2021: West Side Story (Amblin/20th Century Studios)

La decisione della Disney è stata apprezzata dagli esercenti americani, sollevati dal fatto che la Casa di Topolino stia comunque scegliendo la sala piuttosto che spostare tutti i suoi prodotti sullo streaming.

"Abbiamo bisogno di film di richiamo. Speravamo che la Disney non ci avrebbe abbandonati. Siamo grati che non abbiano spostato tutto su Disney+", ha dichiarato Patrick Corcoran, il vice presidente della NATO, (associazione degli esercenti cinematografici americani),"È comunque un'affermazione importante ma fino a che non ci sarà un certo grado di sicurezza, potremo assistere a delle nuove chiusure perché è davvero difficile tenere un cinema in attività se non hai nuovi film in uscita. Devi continuare a pagare le persone. Perdi soldi tenendo il cinema chiuso, ma potresti finire per perderne anche di più se lo tieni aperto, e poi non viene nessuno. Se non accade qualcosa, probabilmente altre sale chiuderanno almeno fino a che i mercati di New York e Los Angeles non riapriranno. A fine novembre e dicembre c’è una discreta lista di buoni titoli in uscita, ma sarà dura arrivarci. Alcuni cinema hanno delle linee di credito tali da poter incassare il colpo e resistere fino all’arrivo di titolo di richiamo. Altri no. Altri potrebbero rimanere chiusi per sempre e a quel punto o saranno acquistati da altri, oppure resteranno con le serrande abbassate. Non possiamo sapere questa cosa con certezza perché è una situazione che varia da caso a caso. Ma il disagio e le preoccupazioni sono palpabili".

sabato 12 settembre 2020

Venezia 77 - Leone d'Oro a Nomadland. Ecco tutti i vincitori.

"Ce l’abbiamo fatta, tutti, tutti quanti noi", così ha esordito la madrina Anna Foglietta. Si è chiusa poco fa la cerimonia di premiazione della 77a Mostra d'Arte Cinematografica di Venezia, un'edizione molto particolare che si è svolta tra mascherine e distanziamento, e anche la cerimonia non è stata da meno.

I premi esposti tutti su un tavolo sul palco e consegnati senza troppi passaggi di mano.

A vincere il Leone d'Oro è stato Nomadland di Chloe Zhao, presentato giusto ieri in Concorso. Gloria anche per l'Italia con la Coppa Volpi per la migliore interpretazione maschile andata a Piefrancesco Favino (Padrenostro), e il premio per la migliore sceneggiatura a Pietro Castellitto per il suo film d'esordio, I Predatori, nella sezione Orizzonti.

La Coppa Volpi per la migliore interpretazione femminile è stata assegnata a Vanessa Kirby (Pieces of a Woman), la favorita fin dal giorno della presentazione del film.

Molto divertente la premiazione del film Listen della regista portoghese Ana Rocha de Sousa, che ha vinto ben due premi, il premio speciale della giuria Orizzonti e il Leone del Futuro per la migliore opera prima. La reazione incredula, felice e confusionaria della regista è stato probabilmente il momento più genuino e spontaneo della serata.

Ecco l'elenco di tutti i vincitori.

CONCORSO

Leone d’Oro: Nomadland – Chloé Zhao

Coppa Volpi – Migliore interpretazione femminile: Vanessa Kirby – Pieces of a Woman

Coppa Volpi – Migliore interpretazione maschile: Pierfrancesco Favino – PADRENOSTRO

Leone d’Argento alla migliore regia – Kiyoshi Kurosawa – Spy No Tsuma (Wife of a Spy)

Leone d’Argento Gran Premio della Giuria – Nuevo Orden (New Orden) – Michel Franco

Migliore sceneggiatura: Chaitanya Tamhane – The Disciple

Premio Speciale della Giuria: Dorogie Tovarisch! (Cari Compagni!) – Andrei Konchalovsky

Premio Marcello Mastroianni a un giovane attore emergente: Rouhollah Zamani – Khorshid (Sun Children)


VENICE VR EXPANDED

Miglior storia VR: Sha Si Da Ming Xing (Killing a Superstar) – Fan Fan

Migliore esperienza VR: Finding Pandora X – Kiira Benzing

Miglior VR – The Hangman at Home – An immersive single user experience – Michelle Kranot, Uri Kranot


LEONE DEL FUTURO – PREMIO VENEZIA OPERA PRIMA “LUIGI DE LAURENTIIS”

Listen – Ana Rocha de Sousa


ORIZZONTI

Miglior cortometraggio: Entre Tú Y Milagros – Mariana Saffon

Miglior sceneggiatura: I predatori – Pietro Castellitto

Migliore attore: Taha Mahayni – The Man Who Sold His Skin

Migliore attrice: Khansa Batma – Zanka Contact

Premio speciale della giuria – Listen – Ana Rocha de Sousa

Miglior regista: Lav Diaz – Lahi, Hayop (Genus Pan)

Miglior film – Dashte Khamoush (The Wasteland) – Ahmad Bahrami


Leone d’Oro alla carriera: Tilda Swinton e Ann Hui

Tenet - La Recensione

Dopo essere stato rimandato più volte, alla fine arriva a fare da apripista per il rientro in sala post pandemia.
Sembra un po’ il destino, quello che vuole che sia proprio l’ultimo attesissimo film del regista Christopher Nolan a segnare il ritorno del cinema, anche se non proprio ovunque. Un film non solo tanto atteso, ma di cui si è sentito parlare come di una specie di concentrato all’ennesima potenza di tutti i pregi e i difetti di un autore che, nel bene o nel male, ha un’impronta fortissima e che è diventato di culto.
Ma quindi, questo Tenet, è davvero così incomprensibile? E’ il capolavoro di cui tutti parlano? E’ una schifezza?



Non è facile rispondere a nessuna di queste domande.
Siamo sicuramente di fronte a un film molto complesso, prima di tutto a livello di trama: un uomo, probabilmente un agente della CIA, viene contattato da una non ben specificata organizzazione per combattere all’interno di una guerra di cui il mondo non è a conoscenza, ma una guerra talmente letale e distruttiva che l’esistenza stessa e il tempo sono messi a repentaglio. 
E l’unico indizio è una sola parola: Tenet.

Alla fine, se si va alla radice delle cose, il film non è altro che uno spy movie vecchio stampo, di quelli in cui un gruppo di buoni deve salvare il mondo da un gruppo di cattivi della fazione opposta.
Ma è Christopher Nolan e quindi non si può prescindere dall’aspetto più interessante, geniale, mindblowing di tutta la faccenda: il tempo non è lineare, forse è circolare, forse è addirittura palindromo, non può essere cambiato ma in realtà solo cambiandolo si può salvare il mondo. 
La parte migliore del film è sicuramente questa immersione incredibile e a volte confusa in una sceneggiatura dalla struttura insolita, che potrebbe risultare forse familiare ai fan della serie inglese Doctor Who ma che mette a dura prova tutti gli altri. Ci si può discutere per giorni, addirittura per mesi, servono sicuramente più visioni per comprendere tutto pienamente, ma è innegabile che l’intera operazione abbia in sé un magnetismo quasi magico da cui è difficile staccarsi. 
In questo è il film più nolaniano della filmografia di Nolan.
Eppure siamo molto lontani dalla perfezione e non si può certo definire Tenet il miglior film del regista. Da un punto di vista puramente tecnico siamo di fronte all’apoteosi del mezzo cinematografico e la storia è una droga che ci spinge a volerne sempre di più: se da un lato si sfidano le leggi della Fisica, dall'altro lo spettatore ignaro attende, in punta di poltroncina, e si fa travolgere da una colonna sonora (stavolta non affidata allo storico collaboratore Hans Zimmer, impegnato nella composizione del Dune di Villeneuve, ma bensì Ludwig Göransson, che ne segue magnificamente le orme, ma non stupisce, perché a tratti ne ricalca totalmente lo stile) incalzante e ben studiata e a delle sequenze al cardiopalma. Dispiace che al centro di questo meccanismo ben oleato, non venga conservato un pochino di spazio per una tridimensionalità dei personaggi "alla Inception", con un cuore, un vissuto ed un'umanità che il Protagonista ( John David Washington, figlio di Denzel) ed i suoi collaboratori non svelano. Questo è un peccato, perché ad esempio il personaggio interpretato dal sempre ottimo Robert Pattinson lascia intuire un potenziale enorme; il risultato è un coinvolgimento sempre e solo cerebrale dello spettatore.
In questo film mancano il cuore, l'anima.

Probabilmente non era nelle intenzioni di Nolan, perciò forse va anche bene così, tutto dipende da cosa si cerca dall’esperienza cinematografica.



Chiara&Francesca

Madonna al lavoro su un biopic autobiografico insieme a Diablo Cody

"Cosa fai quando sei costretta in casa con diversi infortuni? Scrivi una sceneggiatura con Diablo Cody su...". Così, più di un mese fa, Madonna ha dato il primo indizio su Instagram, che i fan hanno subito colto al volo e, nel corso delle settimane successive, post dopo post, è stato sempre più chiaro cosa stava facendo: Madonna sta scrivendo il suo biopic.

La Regina del Pop ha pubblicato diverse foto e video in cui la vediamo al lavoro sulla sceneggiatura insieme al premio Oscar Diablo Cody (Juno). Poche ore fa le due hanno fatto una diretta online in cui sono stati rivelati alcuni dettagli sulla storia, che a quanto pare coprirà un arco molto ampio della sua lunghissima carriera: gli esordi con pochissimi soldi in tasca, il gruppo di amici più intimi di Madonna, come gli artisti Keith Haring e Basquiat, il "voguing", la creazione di una delle sue canzoni più leggendarie, "Like a Prayer", con la controversa vicenda Pepsi, che licenziò la cantante dopo la messa in onda del video nel 1989 (che le costò anche la sua prima scomunica dal Vaticano), la lavorazione di Evita. Non si sa fino a dove arriverà a raccontare, quello che è certo è che racconterà anche momenti privati, che verranno trattati con il classico umorismo in "stile Diablo Cody" come il rapporto con la sorella Paula, descritto come ricco di "ironia asciutta e sarcastica".

Per il momento sono state scritte 107 pagine di script, per un film che durerà intorno alle due ore e non sarà un musical.

"Parleremo di Andy Warhol, Keith Haring e Jean-Michel Basquiat, e Martin Burgoyne… e di com'era crescere come artista a Manhattan, downtown, nel Lower East Side nei primi anni ottanta", ha dichiarato Madonna durante la diretta, "Onestamente, è stato uno dei momenti più belli della mia vita e anche uno dei peggiori. Spero di riuscire a restituire o esprimere quant'è stato eccitante per me, in ogni modo possibile. [...] Ci sarà una splendida scena in cui scrivo Like a Prayer con Pat Leonard, fino alla fine, fino alla devastante esperienza con la Pepsi. [...] Non sarà un musical. Ovviamente ci sarà molta musica, e l’attrice che mi interpreterà dovrà cantare molte mie canzoni, ma nei momenti in cui è giusto che si canti".

Madonna e Diablo Cody scherzano molto nei video pubblicati, soprattutto commentando i look più iconici della carriera della cantante, come il famoso completo con reggiseno a cono disegnato da Jean Paul Gaultier per il Blond Ambition Tour
Molta attenzione sarà riservata alla scelta dell'attrice. Scegliere il volto che dovrà interpretare un icona della storia della musica come Madonna, uno dei volti, dei personaggi, più riconoscibili della storia della cultura moderna, una che ha cambiato look e stile continuamente anticipando ogni volta i tempi della moda, non sarà facile. Al momento non c'è nessun nome certo ma alcuni rumor riportano un certo interesse per Julia Garner (Ozark).

In passato, più di una volta, qualcuno ha tentato di far partire un progetto che raccontasse la vita e la carriera mastodontica di Madonna, e ogni volta finiva con un nulla di fatto. Un paio di anni fa sembrava che un biopic fosse effettivamente in lavorazione ma tutto venne fermato dalla stessa Madonna che disse: "Solo io so come sono andate le cose, solo io posso raccontarle". Ha mantenuto la parola.

domenica 6 settembre 2020

Venezia 77 - in Concorso, la storia d'amore tra due donne in The World to Come

Sono ancora le donne le protagoniste del 77o Festival di Venezia, è stato infatti presentato in Concorso il film The World to Come, della regista norvegese Mona Fastvold. Protagoniste Katherine Waterston e Vanessa Kirby. Presente nel cast ma assente al Lido, Casey Affleck, anche produttore del film.

Tratto da un romanzo di Jim Shepard, The World to Come è ambientato nella metà del XIX secolo, sulla costa occidentale americana, e racconta la storia di due coppie di vicini che vivono isolati e circondati dalla natura selvaggia, bella e difficile. Katherine Waterston è Abigail, una donna che vive il suo dolore in modo silenzioso e pacato, e allo stesso modo la sua storia con Dyer (Casey Affleck). Con la primavera arrivano due nuovi vicini, Finney (Christopher Abbott) e Tallie (Vanessa Kirby), una donna bellissima ed estroversa che catturerà l'attenzione di Abigail. Le due si avvicineranno sempre di più, fino a diventare intime, un rapporto che andrà ad alimentare i sentimenti feriti di Dyer e la gelosia di Finney.

"Poco si sa delle storie omosessuali della "working class" e il film, con l'isolamento dal giudizio della comunità, credo sia stata una bella idea", ha dichiarato una entusiasta Katherine Waterston, "Dopo aver letto qualche riga di sceneggiatura volevo fare quel personaggio. Avevo la pelle d'oca a ripetere le sue parole, lei sa che la sua vita non supererà mai la fattoria, ciò che lei desidera è essere qualcosa che ha, la conoscenza, ma anche dare il piacere. Lei conosce i propri limiti ed è stato interessante sviluppare un personaggio con questa consapevolezza. Le due donne sono un salvagente l'una per l'altra. La sceneggiatura è impressionante, sofisticata, per l'esplorazione del personaggio: non c'è un unico modo di relazionarsi, tutte le sfumature hanno un peso".

"È stato bello scoprire queste due donne e il loro momento insieme. Ho molta fiducia nella possibilità di raccontare storie di donne. The World to Come è un bellissimo titolo perché è un lascito a noi donne del presente", ha dichiarato la regista, "Questo film ci aiuta ad apprezzare la storia del nostro gender femminile, per quello che hanno fatto le donne del passato, grazie a cui noi, oggi, possiamo farne altre. Sono ruoli difficili da affrontare, ma spero potrò farne di altri in futuro. Per il loro rapporto, ho cercato di raccontare la storia come una celebrazione, qualcosa di molto gioioso. È molto bello riuscire a sperimentare questo tipo di storie. Avevamo questo testo bellissimo, e molto del linguaggio usato è 'in codici': ci sono molte cose che non possiamo dire a voce, e con il cast abbiamo spesso dovuto discuterne per poi tornare in scena".

Il festival quest'anno è molto particolare, tutti devono indossare la mascherina per motivi di sicurezza sanitari, e con l'occasione Katherine Waterston ha raccontato di aver contratto il virus Covid-19 lo scorso marzo e di essere stata parecchio male. "Per mia esperienza posso dire che il virus esiste", ha dichiarato l'attrice, "Lo scorso marzo ho preso il Covid e ho passato un mese in ospedale, uscendo con 10 chili in meno. Ora sto molto meglio. Sono felice di essere qui in questo festival per questo nuovo inizio del cinema. Ho grande speranza nel vedere questa ripartenza". Le auguriamo di rimettersi presto in forma, così da essere pronta per il terzo capitolo di Animali Fantastici.

Mulan - la recensione

La leggenda di Mulan torna sul grande schermo (si fa per dire, è uscito direttamente su Disney+) sempre grazie alla Disney, ma questa volta in versione live action. Ci avevano promesso una storia epica, ispirata direttamente alla leggenda di Hua Mulan, nota eroina del folkrore cinese. Ma è realmente stato così? In realtà no.

Il film di Mulan diretto da Niki Caro non prende realmente a piene mani dalla leggenda originale come annunciato inizialmente (o almeno non più di quanto abbia fatto il Classico Disney), piuttosto ricalca quasi pedissequamente l’opera animata del 1998 ma tralasciando i lati comedy, musicali ed epici. Possiamo quindi definire Mulan del 2020 un film pessimo? Non è così ma per tutta la durata del lungometraggio si respira un’aria molto statica, come se mancasse qualcosa. Il draghetto Mushu? Si, ovviamente manca, ma probabilmente neanche lui sarebbe riuscito ad alleggerire la seriosità di un'opera che si porta dietro temi anche molto rilevanti come l’identità e la sincerità, temi che in maniera diversa erano presenti anche nel film originale del ‘98 e trattati con più pathos. Per quanto riguarda le aggiunte e le variazioni variazioni inserite (vedi la strega Xian Lang o la fenice) probabilmente non se ne sentiva un bisogno impellente, tuttavia nel loro piccolo funzionano senza mai sbilanciare l’attenzione dello spettatore.

Nulla da dire sul fronte attoriale, da Yifei Li, passando per Donnie Yen, Jet Li e arrivando a Gong Li, il cast sembra ben amalgamato e sinceramente coinvolto nelle vicende trattate. Chi si approccerà per la prima volta alla leggenda di Mulan con questo film probabilmente riuscirà a cogliere il nobile messaggio che vuole trasmettere. Ma riusciranno a farlo senza sbadigliare neanche una volta?

Mat

Prime immagini per Mank, nuovo film di David Fincher

Uno dei film più attesi della prossima stagione, si tratta di Mank, nuovo lavoro di David Fincher prodotto da Netflix.

Insieme alle immagini è stata divulgata anche un breve sinossi:

"La Hollywood degli anni ’30 viene raccontata attraverso gli occhi del pungente critico sociale e sceneggiatore alcolizzato Herman J. Mankiewicz mentre si affretta per finire la sceneggiatura di “Quarto Potere” per Orson Welles."

Ad interpretare Herman J. Mankiewicz è il premio Oscar Gary Oldman. Nel cast anche Lily Collins (la segretaria di Mankiewicz, Rita Alenxander), Amanda Seyfried (l'attrice Marion Davies), Tom Burke (Orson Welles), e Charles Dance (il magnate William Randolph Hearst).

Il film arriverà su Netflix in autunno, intanto ecco le prime immagini (che preannunciano l'arrivo di un trailer?).







sabato 5 settembre 2020

Venezia 77 - secondo film italiano in Concorso, Miss Marx di Susanna Nicchiarelli

Dopo aver vinto il Leone nella sezione Orizzonti nel 2017, con il film Nico, 1988, Susanna Nicchiarelli torna al Festiva di Venezia, stavolta in Concorso, con il suo nuovo lavoro, Miss Marx.

Il film della regista romana è un biopic dedicato a Eleanor Marx, figlia minore del famoso (e studiatissimo) Karl Marx. Brillante, libera, colta, Eleanor Marx portò aventi le idee politiche del padre, lottando per i diritti degli operai e per quelli delle donne, mentre nel privato la sua vita fu segnata dal rapporto con Edward Aveling, un uomo egoista e infedele, per cui lei provava un amore ossessivo destinato alla tragedia.

"Eleanor Marx è un personaggio realmente esistito che è molto più vicino a me, e a noi tutti, di quanto pensiamo, a dispetto dei tanti anni che ci separano da lei", ha dichiarato la regista, "e questo rendeva per me la sfida di raccontarla molto interessante".
Un film molto femminile ma la regista non vuole definirlo "femminista". "Eleanor è stata importante anche per il suo femminismo, ma lottava per tutti gli sfruttati della società e per i più deboli, e non solo per le donne", ha dichiarato Susanna Nicchiarelli, "Non penso che il mio sia un film femminista. Parla piuttosto di una contraddizione propria dell'essere umano in generale: essere in conflitto tra la propria parte razionale e quella emotiva. In lei c'era un conflitto tra ragione e sentimento. Da una parte la forza delle convinzioni e del pensiero, dall'altra la fragilità della sfera emotiva, soprattutto in amore".
Per fare il film, la regista ha raccontato di aver avuto accesso a documenti, pubblici e privati, originali di Eleanor Marx, tutti conservati in un archivio: "Di Eleanor sono conservate tutte le carte, addorittura i suoi quaderni di bambina, tutte le lettere scambiate con il padre e con le sue sorelle. È da lì che vengono molti dei dialoghi del film".

Protagonista l'attrice britannica Romola Garai, che stando ai primi commenti sul film offre un'interpretazione davvero ottima. "Eleonor Marx è una figura incredibile, profondamente rilevante per quanto riguarda l’emancipazione e l’uguaglianza di genere, è stata attivista, socialista, traduttrice, attrice, impegnata politicamente, un genio", ha dichiarato l'attrice, "Appena ho letto la sceneggiatura ero eccitata, per come era costruita e concepita".

Miss Marx sarà in sala dal 17 settembre.

venerdì 4 settembre 2020

Venezia 77 _ ieri Almodovar, oggi il primo film italiano in Concorso, Padrenostro

Ieri il maestro Pedro Almodovar ha fatto un salto al Festival di Venezia per presentare, insieme a Tilda Swinton, il corto La Voz Humana, riadattamento de La Voce Umana, opera di Jean Cocteau portata al cinema da Rossellini nel 1948, con una straordinaria Anna Magnani protagonista.

In passato il regista spagnolo si era già fatto ispirare dal testo di Cocteau e con questo corto sembra quasi volergli dire addio. "Jean Cocteau m’ispirò già ne La Legge del Desiderio (1987) in una scena con Carmen Maura, e poi in Donne sull’Orlo di una Crisi di Nervi (1988), si trattava di riprendere un po' questi concetti", ha dichiarato il regista, "È l'attesa di una telefonata delirante, qualcosa di molto interessante: una donna sola, un cane abbandonato. L'abbandono mi è sempre interessato. Penso questa, con The human voice, sarà l'ultima volta con Cocteau. [...] Per girare il film è stato inevitabile appropriarsi del testo. Ero cosciente lo avesse fatto Rossellini con la Magnani. Io volevo fare qualcosa di quasi opposto, altrimenti non riconoscevo come contemporanea la donna che attende di parlare con il proprio amante. È stata una libertà questo film, volevamo essere teatrali ma anche cinematografici. Era un esperimento che volevo fare, e ho fatto scomparire la maggior parte di Cocteau. Non ho riscritto un classico ma l'ho digerito e fatto mio".

Il corto segna il suo primo lavoro in lingua inglese (il prossimo passo sarà un lungometraggio) e per farlo si è affidato a un'attrice poliedrica come Tilda Swinton, con cui Almodovar si è trovato benissimo: "Mi piacerebbe che questo idillio con Tilda andasse avanti, ci lavorerò su: quando scopri la chimica con un attore è unica, perché ti dà la capacità di andare lontano e moltiplicare il tuo talento. [...] Si tratta di un monologo in cui la parola è tutto: l'ho scritto in spagnolo, ed è stato tradotto. Le ho detto di essere libera di cambiare espressioni se più adeguate: all'inizio è stato un po' difficile lavorare in un'altra lingua, ma sentirla parlare nella sua lingua era fantastico, per i toni e la musicalità".
Da parte sua, Tilda Swinton non vedeva l'ora di lavorare con Almodovar, tanto da chiedere un aiuto... molto in alto. "Il mio rapporto con il cinema di Almodóvar è iniziato con Donne sull’orlo di una crisi di nervi. È stato il momento in cui mi sono innamorata del suo cinema", ha dichiarato l'attrice, "Ho un amico, in Scozia, un monaco benedettino, 12 anni fa gli chiesi di pregare per me perché potessi lavorare con Pedro. Non parlo spagnolo ma il cinema crea complicità e questo è un sogno che si realizza".

Parole al miele tra i due, possiamo aspettarci altre collaborazioni in futuro.
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Oggi è il giorno del primo film italiano in Concorso, Padrenostro di Claudio Noce, con Pierfrancesco Favino.

Il film prende spunto dalla vita del padre del regista, il vicequestore Alfonso Noce, che nel 1977 venne ferito in un attentato terroristico da parte dei Nap, e Claudio Noce, che all'epoca aveva 11 anni, insieme alla madre, fu testimone oculare dell'attentato.
Il protagonista del film è proprio un bambino, dal carattere solitario e con una grande passione per il disegno, che da quando il padre (Favino) è rimasto ferito, vive con un profondo senso d'angoscia. Un giorno incontra un ragazzino un po' più grande di lui che lo coinvolgerà in avventure rocambolesche, un ragazzino che però nasconde un segreto.

Padrenostro non racconta direttamente gli Anni di Piombo, come ha voluto precisare Pierfrancesco Favino durante la conferenza stampa, ma il rapporto padre-figlio: "Nella storia di Claudio ho visto anche me e mio padre, la mia infanzia, gli odori, i sapori, i silenzi, le stanze della mia casa. Eravamo quei bambini che quando andavano a letto non esistevano più, si dava per scontato che non sapessero, che non capissero, ma noi sbirciavamo di nascosto gli adulti. Il rapporto tra padre e figlio è un mistero che ci riguarda tutti [...] Piuttosto volevamo raccontare l’infanzia. Il messaggio politico semmai sta in questo: noi cinquantenni, non avendo partecipato a grandi eventi storici, siamo stati messi in un angolo. Non ci sentiamo antagonisti, anzi siamo la prima generazione laica, capace di produrre un cinema e una letteratura che non hanno bisogno di schierarsi da una parte o dall'altra in modo categorico, piuttosto ci affidiamo alla creatività dell’infanzia, a quel bisogno di tenerezza e di inclusione. Siamo educati e silenziosi, ma ora basta dover chiedere il permesso. Non è colpa nostra se siamo nati dopo".

Padrenostro sarà nelle sale dal 24 settembre.
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Presentato Fuori Concorso il film The Duke, con Jim Broadbent e Helen Mirren protagonisti.

Commedia inglese che racconta la storia di di Kempton Bunton, il sessantenne che rubò il ritratto del Duca di Wellington di Francisco Goya dalla National Gallery di Londra.

"A suo tempo scatenò il Paese, oggi non la conosce nessuno, ma è una storia straordinaria, l’unica volta che è stata rubata un’opera dalla National Gallery. Una storia eccentrica, molto inglese", ha dichiarato il regista Roger Michell.

Per Jim Broadbent il suo personaggio è "un protagonista inusuale per un film. Era pronto a fare qualsiasi cosa e si assume il rischio di compiere un atto illegale imperdonabile. Un personaggio complesso e disgraziato, ma anche divertente, una specie di Robin Hood: d’altronde Robin Hood non ha mai rubato carta igienica".

mercoledì 2 settembre 2020

Venezia 77 - giorno 1: Cate Blanchett e il film Lacci aprono il festival

Ha preso il via oggi, la 77a Mostra d'Arte Cinematografica di Venezia, il primo evento cinematografico a svolgersi dopo (durante) la pandemia.

Tra mascherine, distanziamento e misure di sicurezza sanitaria, non sarà il solito festival ma è un primo passo concreto per cercare di far ripartire il Cinema. Importante per questo la presenza di otto direttori di alcuni dei principali festival europei, tra cui Thierry Fremaux (Cannes) e Carlo Chatrian (Berlinale), "in simbolica rappresentanza della comunità dei festival di tutto il mondo, riuniti in segno di solidarietà per l’industria del cinema che è stata duramente colpita dalla pandemia, e dei nostri colleghi che sono stati costretti a cancellare o a rinviare i loro festival", questo il loro messaggio.

Ad illuminare un festival un po' diverso da come eravamo abituati a vederlo, ci ha pensato sicuramente il presidente di  giuria di quest'anno, una splendida Cate Blanchett, che ha definito "un miracolo" lo svolgimento del festival quest'anno e ha lanciato un appello per la riapertura e il ritorno al cinema, alla sala cinematografica.

"Aspettavo con ansia di venire, sono pronta ad applaudire gli organizzatori per la resilienza, la creatività. Sono in pieno accordo sul fatto che si dovesse riaprire, anche in un periodo difficilissimo si deve riemergere. Sono qui a sostenere i cineasti. Sono estremamente emozionata", ha dichiarato l'attrice durante la conferenza stampa, "Certo, questa edizione di Venezia sarà speciale. Sì, adesso ho tante paure ma dobbiamo essere coraggiosi. Questa situazione mi fa pensare ai primi giorni di scuola, ogni volta che si parte bisogna rischiare, anche di fallire. Anche se l'industria faticherà, alla fine riemergerà, sono piena di speranze. Ci sono tante sfide, globali. Partiamo dalla mono-cultura dello streaming degli ultimi mesi, ma dobbiamo riaprire i cinema. Abbiamo la possibilità di riesaminare la situazione, questo momento offre delle opportunità. La mia ultima uscita al cinema è stata a Berlino e poi la scorsa settimana, con la mia famiglia, per Tenet. Ho avuto il piacere/dispiacere di vedere molti altri film a casa, ma preferisco tornare al modo tradizionale di guardare".

Dopo più di dieci anni, ad aprire il festival sarà un film italiano, Lacci di Daniele Luchetti, che vanta un cast di altissimo livello, con Alba Rohrwacher, Luigi Lo Cascio, Laura Morante, Silvio Orlando, Giovanna Mezzogiorno, Adriano Giannini e Linda Caridi. Un cast che, stando ai primi commenti dopo le proiezioni, è il più grande punto di forza del film.

Lacci è tratto dall'omonimo romanzo di Domenico Starnone e racconta un dramma familiare che perdura nel tempo. Napoli, anni '80, il matrimonio tra Vanda (Alba Rohrwacher) e Aldo (Luigi Lo Cascio) si sfascia dopo il tradimento di lui. Vanda reagisce in modo aggressivo, Aldo è invece passivo, lei lo caccia di casa sperando che rifletta e poi torni, ma lui va dall'altra. La storia va avanti nel tempo, fino ai giorni d'oggi con Vanda e Aldo (Laura Morante e Silvio Orlando) invecchiati e sorprendentemente ancora insieme, nella stessa casa che sembra quasi una prigione, ma quello che è successo in passato ha lasciato segni profondi, anche sui loro figli, ormai adulti (Giovanna Mezzogiorno e Adriano Giannini).

Un film difficile da realizzare, che va avanti e indietro nel tempo e ripropone le stesse scene più volte ma da prospettive diverse. Il regista Daniele Luchetti era ben consapevole della sfida: "Lacci è un film di pochissima trama, che è tutta nella prima scena, quella di una coppia che si separa, poi vediamo solo quello che ne consegue. Si tratta di un film che è composto di azioni e sentimenti, con scene che non hanno il peso di raccontare trama, ma solo di illustrare un clima emotivo. Per questo cercavo di mantenere in azione e in tensione ciò che era in scena, mostrando sempre qualcosa che si sta per spaccare o si è spaccato, con forte lavoro sull'odio, su paura, rabbia e tutti i sottotesti. [...] Quando ho letto per la prima volta Lacci ho trovato domande che mi riguardavano e personaggi nei quali era difficile non identificarsi. Attraverso una storia familiare che dura trent'anni, due generazioni, legami che somigliano più al filo spinato che a lacci amorosi, si esce con una domanda: hai permesso alla tua vita di farsi governare dall'amore? Lacci è un film sulle forze segrete che ci legano. Non è solo l'amore a unire le persone, ma anche ciò che resta quando l'amore non c'è più. Si può stare assieme per rancore, nella vergogna, nel folle tentativo di tener fede alla parola data. Lacci racconta i danni che l'amore causa quando ci fa improvvisamente cambiare strada e quelli - peggiori - di quando smette di accompagnarci". Infine sulle figure dei figli: "hanno un legame che non hanno scelto e questo è un tema di indagine molto forte. Può riuscire un figlio a slegarsi dai lacci familiari? In questo caso mostriamo che i figli si possono vendicare dei genitori, ma non credo che si riesca”.

Il regista ha poi spiegato la scelta dei quattro attori che interpretano, a distanza di 30 anni, Vanda e Aldo, cioè Alba Rohrwacher e Laura Morante, e Luigi Lo Cascio e Silvio Orlando. "Non ho scelto in base alla somiglianza fisica", ha dichiarato Luchetti, "ma confido nell'immaginazione del pubblico che crede in quello che gli stai raccontando. Laura Morante e Alba Rohrwacher sono tanto diverse, eppure ci credi". "Un film deve essere autentico non verosimigliante e Lacci è riuscito ad esserlo", ha concluso Laura Morante sull'argomento.

Il film sarà nei cinema dal 1 ottobre.