martedì 15 marzo 2022

The Adam Project - la recensione

È uscito su Netflix da pochi giorni, The Adam Project, sci-fi che rinnova la collaborazione tra Ryan Reynolds e il regista Shaw Levy.

Pronti via, incontriamo Adam (Reynolds) nel pieno di una battaglia nei cieli del 2050, proprio quando sta per fare un salto indietro nel tempo con la sua navicella per una missione importante e personale. Torna così al 2022, per farsi aiutare dal sé stesso dodicenne, cioè un ragazzino dalla parlantina sciolta proprio come la sua versione adulta ma piccolo, fragile, bullizzato e reduce dalla prematura morte del padre. La missione però cambia ancora, e dal 2022, entrambi gli Adam dovranno tornare indietro nel 2018 per parlare proprio con il padre e cercare di salvare il futuro.

Già solo leggendo la trama vengono in mente molti altri film, e infatti The Adam Project è un insieme di citazioni e situazioni prese da altre pellicole, e non lo nasconde affatto. C'è Terminator (citato proprio da Reynolds in una battuta), ovviamente Ritorno al Futuro, ci sono atmosfere "alla Spielberg" (la scena del capanno ricorda un po' E.T. e i rapporti familiari), le scene d'azione sono tra Star Wars e Top Gun, e così via. Il regista Shawn Levy pesca direttamente dalla cultura cinematografica più vicina alle sue corde, quella degli anni '80, e lo fa in modo evidente, ma soprattutto in un modo giusto.

In alcuni punti, il film dà l'impressione di correre un po' troppo negli eventi, succede tutto molto velocemente in una storia che si svolge in tre periodi diversi - 2050, 2022, 2018 - ma in un arco di tempo relativamente breve, un modo per rendere il film incalzante ma che ha il risvolto negativo di non dare il giusto spazio ad alcuni personaggi, come quello di Zoe Saldana o, ancora più importante, al villain del film, interpretato da Catherine Keener, che risulta troppo poco approfondito per mostrarsi come una vera minaccia per i protagonisti e per il mondo intero. È un film che parla del Tempo, forse una ventina di minuti in più avrebbero fatto comodo per approfondire alcuni aspetti, ma è un punto negativo in mezzo a dei punti positivi. Oltre che nelle citazioni, la pellicola trova forza sicuramente nell'ironia e nelle battute di Ryan Reynolds che "fa il Ryan Reynolds", ormai sembra quasi uno status parallelo dell'attore, c'è il Reynolds che recita e quello che "fa il Ryan Reynolds", in questo caso supportato, e in alcuni momenti anche superato, dal giovane Walker Scobell (Adam dodicenne), e trova forza in particolare nel risvolto più intimo della storia. Alla fine, spogliato del lato sci-fi, dell'azione e delle battute, il film racconta la storia di un rapporto interrotto in modo brusco, e soprattutto troppo presto, tra un figlio e suo padre (Mark Ruffalo), parla dei non detti, della tristezza repressa che si trasforma in rabbia, che poi viene scaricata su una madre (Jennifer Garner) rimasta sola, ed è qui che il film trova calore. 

The Adam Project non è un capolavoro, non passerà alla storia come alcuni dei film che cita, ma è piacevole, divertente, e ben fatto.

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