venerdì 26 febbraio 2016

Room - la recensione

Presentato al Festival di Toronto 2015, Room, del regista irlandese Lenny Abrahamson, si è subito imposto all'attenzione della gente e della critica, vincendo anche il premio del pubblico.

Jack (Tremblay) ha cinque anni, da quando è nato vive in una piccola stanza insieme alla madre, Ma' (Larson), non è mai stato fuori, la sua vita si svolge da sempre tra quelle quattro mura, il lavandino, la lampada, il letto, le due sedie, una piccola finestra sul soffitto da cui si vede il cielo e nient'altro, una tv che gli mostra un mondo che per lui non esiste, e l'armadio dove si nasconde quando la porta blindata si apre e il "vecchio Nick" viene a far visita alla madre.
Dopo il suo quinto compleanno la madre gli racconta quella che a Jack sembra una brutta storia senza senso ma che per la madre è la realtà: che quando aveva 17 anni un uomo l'ha rapita e rinchiusa in quella stanza dove la tiene segregata da sette anni, una storia che apre la mente del bambino sul mondo esterno, un mondo fatto di persone, animali, alberi reali, e il passo decisivo che porta Ma' a decidere che è arrivato il momento di fuggire da lì.

Tratto dall'omonimo romanzo di Emma Donoghue (uscito in Italia con il titolo "Stanza, letto, armadio, specchio"), Room è uno di quei film che non lascia indifferenti, piccolo, sincero e potente. Si prova davvero angoscia nel vedere i due protagonisti segregati in quella piccola stanza, nel vedere una giovane madre resistere oltre il possibile e trattenere la disperazione per amore del figlio, e allo stesso tempo si prova apprensione e compassione per quel bambino ingenuo, puro e coraggioso per amore della madre.
Room è un film diviso in due parti, a fare da spartiacque la sequenza della fuga, che il regista ha saputo interpretare nel migliore dei mondi dando allo spettatore il punto di vista, spaventato e speranzoso, del piccolo Jack, in cui lo spettatore si trova a tifare, temere, sperare per lui. Una sequenza coinvolgente e di rara intensità. Nella seconda parte il film cambia completamente, ci si trova fuori dalla Stanza e tutto diventa speculare, sia per i personaggi che per lo spettatore, a non cambiare è l'intensità emotiva della storia.

Grande merito per la riuscita del film è dei due protagonisti, straordinari. Brie Larson regala un'interpretazione di altissimo livello, trattenuta, mai sopra le righe, attraverso gli sguardi riesce a comunicare tutto il dolore, la sofferenza, la violenza subita, il peso degli anni passati rinchiusa in quella Stanza, ma anche l'immenso amore di una madre per il proprio figlio. Sorprende e conquista anche il giovanissimo Jacob Tremblay nei panni del coraggioso piccolo Jack, solo 9 anni e la capacità di emozionare e commuovere come un attore esperto.

Room è un film intenso, uno di quei film che rimangono addosso.

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