martedì 31 maggio 2016

Alice Attraverso lo Specchio - la recensione

La storia ci ha insegnato che di fronte a progetti come Alice in Wonderland o Alice Attraverso lo Specchio (e molti altri) l'approccio giusto da usare è quello del non aspettarsi - e non pretendere - un prodotto più o meno fedele all'opera da cui è tratto. È stato così con il primo capitolo diretto da Tim Burton e lo stesso vale anche per il sequel appena uscito nelle sale diretto da James Bobin (I Muppet).

Alice Attraverso lo Specchio è un prodotto interamente originale basato su personaggi provenienti da due celebri opere letterarie. Fatto che uno spettatore informato dovrebbe sapere. Detto questo, passiamo ad esaminare il film con la premessa appena fatta.

Alice Kingsleigh, dopo aver intrapreso un viaggio ai confini del mondo, come visto alla fine del primo film, torna in patria sicura di sé e con un bagaglio culturale più ampio. Il suo ritorno, tuttavia, implicherà dei cambiamenti, imposizioni a cui la giovane non è disposta a piegarsi. Nello stesso momento una via "attraverso lo specchio" la riporterà nel suo amato Sottomondo per compiere una missione ben precisa: salvare il Cappellaio. Un'inevitabile corsa contro il Tempo farà da cornice ad una nuova evoluzione della giovane eroina impavida e spericolata.

Non brilla Alice Attraverso lo Specchio, come non brillava (non in senso stretto) Alice in Wonderland. Se nel primo capitolo si riuscivano però ad apprezzare alcune “licenze creative e poetiche” originali, e di base intriganti, in questo (forzatissimo) sequel si assiste alla distruzione di un mondo cinematografico già azzoppato in partenza. Il colpo di grazia, per così dire. La storia risulta poco interessante e sviluppata in maniera sbrigativa (per non dire infantile), e man mano che va avanti nulla riesce a toglierci dalla mente una cosa: È tutta una perdita di Tempo. Bizzarro perché il perno del lungometraggio è proprio il Tempo, un personaggio in carne ed “ingranaggi” con le fattezze di un Sacha Baron Cohen baffuto e vagamente intrigante, almeno nella prima parte, ma che inevitabilmente dispensa frasi fatte e dialoghi prevedibili. Prevedibili come le sorti dell'intera storia, animata da viaggi nel tempo e scenari passati che coinvolgono tutti i personaggi del film e che dovrebbero chiarire (?) la mitologia di Sottomondo e svelare retroscena più o meno rilevanti, o almeno è quello che dovrebbero fare.

Qualcosa non funziona. Il target di riferimento non è certo l'uomo adulto. Un bambino potrebbe apprezzare la semplicità della situazione (nei limiti), ma cosa rimarrebbe nella sua mente? Probabilmente un'accozzaglia di personaggi in CGI tanto irreali quanto piatti (nel primo film parevano almeno avere una coerenza interna vagamente accettabile) che potrebbero rispondere ai nomi di Pincopanco, Pancopinco, la Lepre Marzolina, il Ghiro, Lo Stregatto, il cane Bayard e tutti gli altri. Quelli in carne ed ossa, come il Cappellaio Matto, la Regina Rossa e la Regina Bianca (visibilmente invecchiati anche sotto 5 mm di cerone), spezzano ogni illusione già precaria e instabile con una caratterizzazione regredita rispetto al passato. Come già ribadito, qualcosa non funziona.

È colpa della sceneggiatura? degli effetti? del reparto tecnico? della regia? Probabilmente, come spesso accade, la colpa è dell'industria cinematografica, la quale non prova pietà di fronte all'occasione di guadagno facile. Non è una critica, assolutamente. L'industria cinematografica vive anche di questo, ma tra un mucchio di banconote e l'altro, un po' di cuore, anche solo un pizzico, non farebbe male.

giovedì 26 maggio 2016

Dunkirk: nuove foto dal set del film di Christopher Nolan!

Le riprese di Dunkirk, film sulla Seconda Guerra Mondiale diretto da Christopher Nolan, sono iniziate da qualche giorno, e il regista fa le cose in grande.

Nuove foto dal set mostrano un imponente schieramento di quasi 5.000 comparse vestite da soldati, tutti schierati sulla spiaggia, oltre ad alcuni cannoni per la contraerea, mentre a largo si muovono navi da guerra e in cielo aerei da combattimento.

Il film racconterà la drammatica Battaglia di Dunkerque, nel nord della Francia, e la miracolosa evacuazione di circa 400mila soldati dalla spiaggia.

Nel cast Mark Rylance, Kenneth Branagh, Cillian Murphy, James D’Arcy, e Tom Hardy, oltre i giovani e (semi) esordienti Fionn Whitehead, Jack Lowden, Aneurin Barnard, e Harry Styles (uno dei cantanti degli One Direction).

Uscita fissata al 21 luglio 2017.

Ecco le foto.















lunedì 23 maggio 2016

Cannes2016 - a Ken Loach la Palma d'oro! ecco tutti i vincitori

Il Festival di Cannes 2016 si è concluso, sono stati annunciati tutti i vincitori, e come al solito è rimasta una scia di scontenti e di polemiche.

La giuria, presieduta da George Miller, ha parlato, la Palma d'Oro 2016 è stata assegnata a Ken Loach per il suo I, Daniel Blake, film che già alla proiezione stampa aveva raccolto larghi applausi e consensi.
Tutti felici quindi? ovviamente no. Nonostante il film di Loach sia stato uno dei più apprezzato di tutto il festival, si è levato comunque un certo malcontento da parte di una fetta della critica che ha "accusato" la giuria di aver premiato "il vecchio", "l'usato sicuro", senza azzardare. Pareri che lasciano il tempo che trovano, mettere tutti d'accordo è praticamente impossibile, e bisogna sempre ricordare che i vincitori vengono scelti da una giuria formata da nove persone, e non dalla stampa.

Comunque la stampa non può dirsi troppo delusa visto che il film più sostenuto dalla critica, cioè The Salesman di Asghar Farhadi, si è portato a casa due premi, migliore attore e il Prix du scénario. Il Gran Premio della Giuria è andato, un po' a sorpresa, a un commosso Xavier Dolan per il suo Just la fin du Monde, film che non aveva entusiasmato particolarmente la stampa. Stesso discorso, anzi piccola rivincita per Olivier Assayas e il suo Personal Shopper, molto fischiato dopo la proiezione per la critica ma premiato con il Prix de la mise en scène (premio per la regia), a pari merito con Cristian Mungiu per Bacalaureat.

Felicissimo Ken Loach per la sua seconda Palma d'Oro, la prima l'aveva vinta esattamente 10 anni fa per Il Vento che Accarezza l'Erba. "Diamo un messaggio di speranza", ha detto il regista dal palco, "un altro mondo è possibile e necessario".
Imprevisto durante la cerimonia, con la regista Houda Benyamina, vincitrice della Camera d'Or con Divines, che ha tenuto un vero e proprio monologo femminista, almeno dieci minuti di discorso - a tratti anche molto colorito, sicuramente spontaneo e sentito - che ha "tenuto in ostaggio" la cerimonia, con il presentatore Laurent Lafitte che solo alla fine è riuscito ad interromperla.

Scelte condivise all'unanimità dalla Giuria? "Quasi sì", come ha dichiarato la giurata italiana Valeria Golino. "Ci sono state lunghe discussioni, ma nessuna decisione è stata presa coi musi", ha detto l'attrice, "Una giuria fa tanti errori, me ne sono resa conto quando sono stata giurata alla Mostra di Venezia. Più avanti rivedi certi film e ti chiedi: ma come abbiamo fatto a non premiarlo?!". Insomma, il ruolo del giurato non è semplice.

Ecco tutti i vincitori.

Palme d'or
I, Daniel Blake di Ken Loach

Grand Prix du Jury
Juste la fin du monde di Xavier Dolan

Prix de la mise en scène
Cristian Mungiu per Bacalaureat
Olivier Assayas per Personal Shopper

Prix du scénario
Asghar Farhadi per The Salesman

Prix d'interprétation féminine
Jaclyn Jose per Ma' Rosa di Brillante Mendoza

Prix d'interprétation masculine
Shahab Hosseini per The Salesman di Asghar Farhadi

Prix du Jury
American Honey di Andrea Arnold

Palma d'Oro d'onore
Jean-Pierre Léaud

Caméra D'Or
Divines di Houda Benyamina

CORTOMETRAGGI

Palme d'or du court métrage
Timecode di Juanjo Gimenez

Mention spéciale - court métrage
The Girl Who Danced with the Devil di Joao Paulo Miranda Maria

domenica 22 maggio 2016

Cannes 2016 - giorno 11

Ultimi film in Concorso al festival, che riabbraccia una grande attrice come Isabelle Huppert.

L'attrice francese a Cannes è di casa e quest'anno torna in Concorso con il nuovo film di Paul Verhoeven, Elle.

Il film è tratto dal romanzo di Philippe Djian, la Huppert interpreta una donna in carriera, dal carattere tosto e con una vita privata movimentata. Dopo essere stata violentata da uno sconosciuto introdottosi nella sua abitazione, la donna dà il via alle indagini per trovare il responsabile, una ricerca che rischia però di degenerare.

Un tema molto serio come quello della violenza sessuale e dello stalking che però nel film viene affrontato anche con i toni della commedia. Grandi applausi hanno accolto il film alla fine della proiezione stampa. "La qualità della materia prima era straordinaria", ha dichiarato la Huppert, che nel film offre un'ottima prova, "La pellicola non cerca di dare spiegazioni, lascia solo ipotesi. Ha sicuramente una natura ambigua, come è normale che sia per un regista eclettico come Paul. La sceneggiatura era fantastica e tutto quello che un attore poteva domandarsi era già contenuto lì dentro".
"Il produttore mi ha coinvolto, mi ha fatto leggere il libro. Non ci sono stati trucchi o compromessi", ha detto Verhoeven, "Io faccio film perché mi piace farli, non per fare soldi. Altrimenti questo lavoro diventerebbe noioso. Qui c’è thriller ma anche tragedia e commedia, ed è una cosa che non avevo mai fatto. Inizialmente avevamo pensato di trasportare la storia negli Usa, ma poi abbiamo capito che non funzionava e che l’ambientazione parigini gli avrebbe donato. Mi sono basato tanto anche sulla musica, in particolare Stravinskij. Amo la sintesi e il suo ritmo mi impedisce di inserire nella pellicola elementi che non servono, mi aiuta a essere ‘breve’".

La Huppert ha già vinto due volte la Palma d'Oro, arriverà il tris?

venerdì 20 maggio 2016

Cannes 2016 - giorno 10

Concorso agli sgoccioli, sono stati presentati oggi due dei film più attesi del festival, The Last Face di Sean Penn, e soprattutto The Neon Demon di Nicolas Winding Refn. Entrambi hanno suscitato reazioni molto forti da parte della critica.

Una cosa è certa, Nicolas Winding Refn non è un regista che passa inosservato, il suo ultimo lavoro, The Neon Demon, è uno di quei film che non lasciano indifferenti, e infatti la proiezione stampa si è conclusa tra fischi e applausi.

Il film racconta il tentativo di ascesa della diciottenne Jesse (Elle Fanning) nel mondo della moda. Dopo essersi trasferita dalla provincia a Los Angeles, Jesse dovrà fare i conti con l'invidia, e poi con la violenza, delle sue colleghe modelle.

Un horror patinato con una colonna sonora travolgente, un film super glamour, dalle tinte molto forti, quasi splatter, estremo più di quanto Refn abbia fatto fino ad oggi, e di conseguenza non adatto a tutti i palati, viste le scene estreme, anche di cannibalismo e necrofilia.
Nicolas Winding Refn l'ha definito una fiaba dark, horror per teenager, in cui il regista ha dato sfogo alle sue ossessioni, senza censura: "C'è sicuramente qualcosa di perverso nel sessualizzare tutto, ho cercato di analizzare questo percorso. In Drive parlavo di mascolinità. Only God Forgives era l’abbandono della mascolinità e il ritorno nel ventre materno. Qui invece do sfogo alla mia personale ossessione: quella di essere una ragazza di sedici anni".
Il regista non avrebbe mai potuto fare il film senza Elle Fanning. "Tutto è partito da Elle", ha raccontato il regista, "Le ho parlato e mi sono reso conto che lei è ciò che sarei stato io se fossi stato femmina. Ho detto "oh mio dio. Sei me! Vogliamo fare un film insieme?"". Un ruolo molto impegnativo per la giovane attrice. "Di solito vengo associata a ruoli spensierati, questo è il mio film più dark", ha detto Elle Fanning, "Amo scegliere ruoli sempre diversi. Il personaggio mi somiglia, le capita quello che è capitato a me. Venire dalla provincia e trovarsi immediatamente proiettata tra le luci della città, le feste".

Del cast anche Keanu Reeves, del quale il regista ha detto: "Solo vederlo infilare il coltello nella gola di qualcuno è fantastico, è un fottuto re!". Poi Jena Malone, che si è prestata a girare scene molto estreme, come ha raccontato lo stesso Refn: "Jena è meravigliosa, con lei abbiamo girato la scena della necrofilia, in un vero obitorio di Los Angeles, in mezzo a cadaveri reali, per entrare nell'atmosfera. A un certo punto ci siamo dovuti allontanare perché stava arrivando un nuovo cadavere. Jena ha voluto che le parlassi durante quella sequenza. Si è creata una escalation necrofila fortissima, e ho capito subito, al secondo giorno di riprese, che avevamo trovato Ruby, il personaggio di Jena".
Il tema della necrofilia, come quello del cannibalismo, è stato contestato da una parte della stampa che ha considerato alcune scene del film davvero troppo estreme. Il regista però non si fa problemi al riguardo, anzi ha tranquillamente parlato dell'aspetto "erotico" della necrofilia, come stadio più estremo del mondo in cui viviamo. "Sesso e violenza, istinti primari. E’ terrificante pensare a un mondo dove la bellezza è l’unica cosa che conta, un’ossessione che cresce e che ha a che fare solo con il modo in cui sei nato", ha dichiarato Refn, "Ma è anche affascinante, emozionante. E’ quello che scrivete tutti i giorni o dichiarate alla tv. E la definizione di bellezza mano mano si va stringendo. Ho due figlie e trovo tutto questo molto spaventoso. La necrofilia rappresenta l’ultimo stadio di questo mondo". E sui fischi e la reazione della stampa, Refn ha dichiarato: "Io credo che un film debba dividere. E’ tutto basato sulle reazioni, sulla discussione. Se non stiamo qui a discutere dei film, che ci stiamo a fare?".

Nelle sale italiane dall'8 giugno.

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Altro film in Concorso molto atteso, il nuovo film da regista di Sean Penn, The Last Face, con Charlize Theron, Javier Bardem e Adéle Exarchopoulos. Film atteso anche per ovvi motivi di cronaca rosa, con il ritorno a Cannes di Charlize Theron e Sean Penn, ex coppia, un po' di freddezza tra i due, con sempre due attori a fare da "barriera" per mantenere le distanze.

The Last Face è un drama sentimentale ambientato fra gli orrori e la povertà della Liberia, una storia d'amore tra Miguel, coraggioso medico in missione in Africa, e Wren, portavoce di un'organizzazione internazionale (tipo Medici Senza Frontiere), sullo sfondo della guerra civile.

Accolto molto male dalla stampa, il film di Penn è stato fischiato e poi stroncato dai giornali. L'attore e regista ha provato a ignorare le reazioni della stampa portando il discorso lontano dalla sfera puramente sentimentale del film. "È veramente una storia d'amore questa? O piuttosto un modo di riflettere su queste guerre che mentre noi cerchiamo soluzioni politiche, continuano a versare sangue?", ha chiesto Sean Penn durante la conferenza stampa.

Per Charlize Theron, che è sudafricana, è stato importante girare in Africa e avere un supporto medico reale che gli spiegasse gli spetti più tecnici del loro lavoro sul campo. "Non ci rendevamo neanche conto di essere filmati, c'erano tante telecamere", ha raccontato l'attrice, "Abbiamo avuto un chirurgo come coach, ci ha aiutato moltissimo, spiegandoci come rendere credibile la parte medica, però nel momento del bisogno, quando dovevamo fare un cesareo nella giungla, era sparito".
"Questi sono veri eroi, di cui non si parla mai", ha dichiarato Javier Bardem riguardo i medici senza frontiere.

Senza essere espliciti, i giornalisti hanno cercato di far venir fuori la storia, ormai chiusa, tra Penn e la Theron, ma i due sono stati granitici e professionali. Alla domanda sul perché avesse scelto proprio la Theron come protagonista, Penn ha risposto: "Insieme a Javier formavano una coppia perfetta, ma questo si capisce solo vedendo il film". Sui fischi ricevuti invece l'attore e regista ha aggiunto: "Ho fatto il mio film e non ho niente da aggiungere". Il film è in Concorso, e Penn ha ricordato la sua esperienza come presidente di Giuria: "Non so quanto sia importante la competizione, ma so che è un modo per mettersi in mostra e suscitare forti reazioni. Come americano essere a Cannes mi dà la possibilità di conoscere cose diverse, perché noi siamo molto chiusi nella nostra cultura".

giovedì 19 maggio 2016

Cannes 2016 - giorno 9

Presentato in Concorso uno dei film più attesi del festival, Fuori Concorso invece arriva una ventata di rock con Iggy Pop. Poi ancora Italia nella sezione Un Certain Regard.

Il giovane regista canadese Xavier Dolan torna in Concorso a Cannes con il film Just La Fin Du Monde, con cast stellare: Marion Cotillard, Lea Seydoux, Gaspard Ulliel, Nathalie Baye, e Vincent Cassel.

Il film, ispirato dall'opera teatrale di Jean-Luc Lagarce, racconta di uno scrittore malato terminale (Ulliel) che torna a casa dopo diversi anni per annunciare alla famiglia la sua imminente morte.

Al contrario di quanto successo con Mommy, con cui il regista ha vinto il premio della critica, questo nuovo film non è stato accolto da una ovazione di consensi ma ha diviso molto la critica. La reazione della stampa però non preoccupa assolutamente Xavier Dolan: "Ci sono opinioni diverse. Penso sia un film che si basa molto sul linguaggio, quindi ci può essere qualche problema di comunicazione. Si basa molto sugli sguardi, sui silenzi, e magari ci vuole un po' di tempo prima che la gente si abitui ad ascoltarlo e capirlo, oltre che a guardarlo. Comunque, non è un problema, tutti i film dividono la critica".

"La cosa bella del testo è il nervosismo dei personaggi, si esprimono in modo superficiale", ha dichiarato Dolan, "Il ruolo di Gaspard ad esempio è complesso, gli altri personaggi parlano tanto, lui invece fugge costantemente in un altro universo, in casa sua nessuno ascolta davvero nessuno. Sono personaggi umani ma sgradevoli, come la gente reale. Agli attori ho chiesto di esprimere tutte le imperfezioni degli esseri umani, di accettarle e di lavorarci". Un testo che ha conquistato subito Marion Cotillard. "E’ una storia sublime sulla brutalità che possono nascere nei rapporti in famiglia e la difficoltà di esprimersi anche con persone più care. Non vedevo l’ora di andare alla ricerca di questo personaggio", ha detto l'attrice, entusiasta anche della collaborazione con il giovane regista, "Xavier lavora talmente vicino a noi che è come una tecnica di respirazione. E’ come se fossimo un solo corpo". "Xavier ti prende tra le braccia e ti accompagna", ha continuato Lea Seydoux, "ha un modo di lavorare molto preciso ed essendo lui stesso un attore la comunicazione è sempre molto fluida. Sono molto fiera di aver partecipato al film". Complimenti anche da parte di Vincent Cassel: "Inizialmente la scrittura era molto precisa, ma al momento di lavorare ci ha lasciati estremamente liberi, è stato un lavoro molto stimolante". Gaspard Ulliel ha inoltre raccontato l'approccio del regista sugli attori, che prende e sposta fisicamente gli attori sul set: "Interviene tantissimo, ed è spiazzante all'inizio. Vuole sapere anche perché respiri, misura le emozioni e i sentimenti. E' un chirurgo, mi sentivo visto attraverso un microscopio!". Complimenti che hanno fatto ridere Dolan, consapevole delle sue "manie" sul set ma anche felice per le parole dei suoi attori.

Xavier Dolan infine ha spiegato perché considera questo la sua opera migliore: "Secondo il mio modesto parere è la mia opera migliore, ma credo sia normale, visto che più vado avanti e più cerco di migliorarmi e mettere amore e passione in quello che faccio. Io cerco di raccontare una storia, preferisco questo film agli altri solo perché in questo non vedo difetti. Cerco di non ripetere errori passati, al massimo di farne altri".

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Arriva nella sezione Un Certain Regard il film noir Pericle Il Nero, di Stefano Mordini, con Riccardo Scamarcio protagonista e produttore della pellicola.

Scamarcio nel film è Pericle, detto il Nero, uno che di lavoro "fa il culo alla gente" per conto di un boss della camorra emigrato in Belgio. Durante una spedizione però Pericle commette un errore che lo condannerà a morte. Per sopravvivere dovrà scappare, ma fuggire dal suo ingombrante passato è quasi impossibile.

"Il nostro non è un film per tutti; una cosa che però talvolta è un valore. Ci sono tanti generi nel cinema ed è giusto così, ma lavori sperimentali come il nostro che si prendono dei rischi fanno veramente una grande fatica. Il pubblico ama film rassicuranti e consolatori e a noi non piacciono i film così. Io li faccio come attore ma poi credo anche che ogni tanto vada fatto qualcosa di controverso e scomodo", ha dichiarato Scamarcio riguardo l'incasso infelice del film all'uscita nelle sale italiane (nei cinema dal 12 maggio).

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Secondo lavoro per Jim Jarmusch in questo festival, si tratta di Gimme Danger, un documentario sugli Stooges. Ad accompagnare il regista c'era, ovviamente, Iggy Pop, che ha dato al festival una svolta molto rock.

"Il film è una specie di collage, spot tv, materiale industriale e vecchie notizie", ha dichiarato Jarmusch, "ma le memorie di Iggy sono il vero collante che regge tutto. Volevamo fare qualcosa che fosse vicino alla musica degli Stooges".
La parola è poi passata a Iggy Pop: "Io butto via tutto, ma fortunatamente conoscevo un po' di gente, fan, videoamatori, e spacciatori, che aveva ancora qualcosa da parte. E in effetti ci sono diverse scene in cui mi si vede alle prese con sostanze di dubbia provenienza. Oggi il mio solo vizio è il vino. Tutti dovrebbero lasciar perdere quella robaccia. [...] Ho visto ieri il documentario e sono rimasto colpito, soprattutto dagli spot tv. Diavolo, sono un prodotto di quei tempi. Nell'era digitale è davvero facile fare soldi. Quando ho iniziato con la band dividevamo i guadagni. Non sapevamo cosa significasse ‘pubblicare’. Oggi premi un tasto e diventi ricco!".

Il film è stato presentato Fuori Concorso nelle proiezioni di mezzanotte.

X-Men: Apocalisse - la recensione

Sono passati 10 anni dai fatti accaduti in X-Men: Giorni di un Futuro Passato e il mondo ha “accettato” in maniera frammentaria l'esistenza dei mutanti. Il professor Charles Xavier è intento a mandare avanti la sua scuola per giovani dotati, Raven/Mystica ha spostato la sua attenzione sulla salvaguardia dei mutanti sfruttati e maltrattati e Erik Lehnsherr/Magneto si è costruito una nuova vita in Polonia. Nonostante l'idilliaca pace, i nostri protagonisti saranno costretti a ritrovarsi a causa di una minaccia più grande: l'Apocalisse. Nell'antico Egitto si è infatti risvegliato En Sabah Nur, un antico mutante pronto a scatenare il caos nel globo per affermare la sua supremazia sui terrestri.


X-Men: Apocalisse si assume il duro compito di portare alta la bandiera della nuova saga di X-Men dopo l'esaltante Giorni di un Futuro Passato, anch'esso diretto da Bryan Singer, regista che, come risaputo, non ha mai deluso nel campo cine-fumettistico. Il film si presenta sin dall'inizio con un sapore visivo puramente anni '80, periodo in cui la pellicola è effettivamente ambientata: dai trucchi prostetici alla colonna sonora fino ad arrivare alla scenografia, il film rimane a tratti coerente a questo stile, anche se la pressante presenza della CGI spesso e volentieri distrugge l'armonia visiva dell'intero progetto (il maniero di Xavier raggiunge picchi imbarazzanti visivamente parlando).
Un altro duro compito del film è quello di presentare al pubblico la “versione giovane” di alcuni dei più iconici protagonisti della saga, ovvero Jean Grey, interpretata da Sophie Turner (la Sansa Stark di Game of Thrones), Scott Summers/Ciclope (Ty Sheridan), Ororo Monroe/Tempesta (Alexandra Shipp) e Nightcrawler (Kodi Smith-McPhee). I personaggi hanno uno spazio molto ben delineato all'interno delle dinamiche del film, anche se di fatto poco incisivo. Gli altri character, da Mystica (Jennifer Lawrence), Bestia (Nicholas Hoult), Quicksilver (Evan Peters), Magneto (Michael Fassbender) a Charles Xavier (James McAvoy) non  spiccano più di quanto ci si aspetti. Le dinamiche tra Charles e Magneto, seppur interessanti, ripropongono esattamente ciò che abbiamo già visto nei cinecomic precedenti.
Tuttavia il vero punto negativo del film rimane (come spesso accade nei cinecomic) il villain, Apocalisse. Oscar Isaac, per quanto sia un interprete dotato, risulta molte volte inadatto a vestire i panni di quello che dovrebbe essere il mutante più temibile mai esistito, fatto aggravato anche dal concept visivo eccessivo e limitante (seppur pregevole nella sua esecuzione visiva dal sapore rétro).
In generale non possiamo di certo definire X-Men: Apocalisse un disastro su tutti i fronti, il film intrattiene e “sbalordisce” dove può offrendo in qualche modo delle dinamiche non proprio fresche. L'apocalisse filmica è scongiurata, ma il passo falso potrebbe essere dietro l'angolo.
Infine un piccolo appunto sul doppiaggio italiano: il peggiore mai sentito in un film sugli X-Men.

Mat

mercoledì 18 maggio 2016

Cannes 2016 - giorno 8

In Concorso arrivano degli habitué, i fratelli Dardenne, mentre Terry Gilliam approfitta del festival per fare un importante annuncio.

I fratelli Luc e Jean-Pierre Dardenne, vincitori di due Palme d'Oro, tornano in Concorso con il film La Fille Inconnue.

Il film racconta le indagini che una giovane dottoressa (interpretata da Adele Haenel) decide di svolgere dopo il ritrovamento del cadavere di ragazza che prima di morire aveva bussato al suo studio medico senza che però nessuno aprisse perché fuori orario di visite. Durante la sua indagine si scontra con l'indifferenza della gente.

"Ci interessava esplorare prima di tutto il nostro personaggio, una donna responsabile tra persone che non vogliono prendersi responsabilità", ha dichiarato Luc Dardenne, "È lei a scatenare gli eventi e a far sì che anche tutti gli altri dicano la verità. Potete prendere o meno il suo comportamento come esempio, ma per noi era importante descrivere una ragazza che agisce riuscendo a cambiare le persone. Ci sembra un segnale di grande speranza".

Il film ha avuto un'accoglienza fredda da parte della stampa.

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Evento fuori dal festival ma non meno importante, anzi. Dopo anni di tentativi (quasi 20 per la precisione), finalmente Terry Gilliam ha potuto dare un annuncio definitivo, cioè che il film The Man Who Killed Don Quixote si farà!

Il regista, durante un incontro con la stampa, ha annunciato che l'inizio le riprese prenderanno il via il prossimo ottobre e che nel cast ci saranno: Adam Driver, Michael Palin e Olga Kurylenko.

Dal fallimento del progetto iniziale, che vedeva come protagonisti Jean Rochefort e Johnny Depp e di cui sono state girate solo poche scene, è nato anche un documentario, Lost in La Mancha, in cui il regista racconta il naufragio del progetto. Sembrava che questo film fosse destinato a non vedere mai la luce, e invece oggi Terry Gilliam ha rivelato che non è così, il film si farà, e non vuole sentir parlare di "film maledetto". "La storia della maledizione è una vera stronzata!", ha esordito il regista, "Semmai a terrorizzare è l'idea di farlo sapendo quante aspettative ci saranno ora su questo lavoro. Stavolta però è un annuncio ufficiale, e poi è 400/o anniversario del romanzo, non possiamo aspettare più!".
"Le riprese del film inizieranno il prossimo ottobre tra la Spagna, il Portogallo e le Canarie. La produzione ha stanziato un budget di circa 19 milioni di euro", ha annunciato Gilliam, che sul cast ha poi aggiunto: "Ho trovato il cast perfetto! Ho cercato per anni un attore come Adam Driver, che sara' un Sancho Panza direttore commerciale di un'agenzia pubblicitaria. Ora è anche un valore aggiunto in termini economici grazie a Star Wars, ed è fantastico anche perchè, in tanti anni, è il primo attore che, coinvolto nel progetto, sta davvero leggendo il romanzo! Il mio vecchio amico Michael Palin poi, corrisponde perfettamente a un'idea di Don Chisciotte ridicolo, stupido, arrogante, ma che si fa amare da tutti".
Nel progetto iniziale era Johnny Depp a dover interpretare Sancho Panza, così Gilliam ha spiegato che ha dovuto riscrivere il personaggio per adattarlo a Adam Driver, e a chi gli ha chiesto se avesse pensato di coinvolgere di nuovo Depp, il regista ha risposto di sì, ci ha pensato, e poi un sorriso. Possibile quindi anche la presenza, o anche solo una partecipazione, di Johnny Depp nel film.

"Dicono che io sono un sognatore e quindi a mio modo un Don Chisciotte", ha dichiarato Gilliam, "ma io credo di essere piuttosto Sancho Panza, mentre e' il film ad essere Don Chisciotte. Questo e' un progetto che non mi lascia mai. Come era per Orson Welles, per me è una pericolosa malattia. È uno di quegli incubi che ti tormentano la notte, ma una volta per tutte voglio togliere questo film dalla mia vita per poter andare avanti con essa".

E noi non vediamo l'ora di vederlo!

martedì 17 maggio 2016

Cannes 2016 - giorno 7

Giornata piena al festival, in Concorso ci sono Almodovar e Assayas, poi Captain Fantastic nella sezione Un Certain Regard, e ancora Italia alla Quinzaine.

Pedro Almodovar porta a Cannes la sua Julieta, la storia di una donna (interpretata in due momenti ed età diverse da Emma Suárez e Adriana Ugarte) che ha perso da tempo i contatti con la figlia e che decide di raccontarle tutto scrivendole delle lettere in cui ripercorre la sua vita, le sue scelte dolorose, i suoi ricordi.

Un film drammatico, o come l'ha definito qualcuno, un "almodramma", termine che è piaciuto molto al regista, anche se in questo caso il film non un classico "dramma alla Almodovar". "Con Julieta ho cercato di fare il dramma il più sobrio possibile, almeno per me", ha detto il regista, "Io mi identifico ogni volta con tutti i miei personaggi e tutti in un certo modo parlano di me in uno specifico momento della mia vita. Non ho mai scritto un’autobiografia e ho chiesto che nessuno la scriva. L’ho messo anche nel mio testamento e prego voi, che siete i giornalisti del futuro, di vigilare, dopo la mia morte, perché non facciano biopic su di me. La mia vita sta nei miei venti film".
Julieta infatti non è il classico personaggio del variegato universo femminile a cui Almodovar ci ha abituato. "E' più vulnerabile, più debole, le altre combattevano. Lei è vittima delle perdite. E' quasi uno zombie, senza direzione o speranza", ha dichiarato il regista spagnolo.
Affinché la caratterizzazione del personaggio venisse fuori esattamente come l'aveva in mente, Almodovar ha assillato le due protagoniste, riempendole di informazioni. "Quadri, film, attrici, tutto per creare il personaggio, Jeanne Moreau, Europa '51, e 'Vite che non sono la mia' di Emmanuel Carrere. Il modo di camminare di Emma [Suárez]. Il modo di camminare doveva essere espressivo. Poi ho spiegato ad Adriana [Ugarte] com'erano le donne degli anni '80. Adesso è tutto diverso. Doveva rendere l'idea della libertà", ha spiegato il regista.
L'estetica del film è come al solito curatissima e molto colorata, tratto distintivo dei film del regista. "Sono figlio del Technicolor, degli anni Settanta e dell’arte pop e questo ha condizionato il mio cinema portandomi verso le tinte estreme", ha raccontato Pedro Almodovar, che poi ha aggiunto una motivazione ancora più personale, "Ma la mia è soprattutto una reazione quando ho scoperto che mia madre era stata costretta a vestirsi a lutto da quando aveva 13 anni, tutti i giorni. Il nero è un colore bellissimo, elegante ma non quando si obbliga una bambina a portarlo. Con il mio cinema ho voluto dare una risposta radiosa a tutto il nero che mia madre ha dovuto subire".

Il film ha avuto una buona accoglienza. Nei cinema italiani dal 26 maggio.

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Sempre in Concorso, è stato presentato Personal Shopper, nuovo film di Olivier Assayas, con Kristen Stewart assoluta protagonista, presente in tutte le scene.

Ambientato a Parigi, Maureen (Stewart) è una "personal shopper" al servizio di una diva che passa tutto il tempo da un atelier di moda a un altro per raccogliere vestiti e accessori. Maureen intanto cerca di mettersi in contatto con lo spirito del fratello gemello, morto per una malformazione cardiaca che ha anche lei.

Il film ha diviso in modo netto la critica, è il primo film quest'anno a ricevere dei fischi e dei "boo" a fine proiezione, ma se da una parte è stato distrutto, dall'altra è stato esaltato e apprezzato. Il regista Olivier Assayas però non si è minimamente scomposto davanti alla reazione di una parte della critica. "Quando vieni a Cannes sei preparato a tutto!", ha risposto il regista, che poi ha aggiunto, "I film hanno una vita propria... le persone hanno delle aspettative verso un film, poi il film è un'altra cosa. Non è la prima volta che qualcuno non capisce il finale dei miei".

Personal Shopper è una ghost story, e sul tema fantasmi, Kristen Stewart si è detta "agnostica", "Credo davvero che stiamo parlando di una cosa che non si può definire... c'è la sensazione che non siamo soli", ha dichiarato durante la conferenza stampa.
Con questo film la Stewart torna a collaborare con Assayas dopo il successo di Sils Maria, con cui l'attrice ha vinto un Cesar come migliore attrice non protagonista. E la convincente performance della Stewart sembra l'unico punto su cui la maggior parte della critica, anche quelli che non hanno amato il film, concorda. "C'è una innegabile comunicazione tra di noi", ha detto l'attrice di Assayas, "lui accende una luce, la più forte che io abbia mai sentito. Cerco di andare avanti tra i progetti seguendo i miei sentimenti. Io sento che questo regista è il catalizzatore di uno dei processi più interessanti e complessi della mia carriera".
Inevitabile le domande sulle scene di nudo, ma l'attrice è andata oltre l'aspetto puramente "fisico" della domanda. "E' una storia sul trovare se stessi", ha detto la Stewart, "Al centro c'è questa ragazza travolta da una crisi di identità. Per interpretarla dovevo mettermi a nudo. Letteralmente. Dovevo affrontare questa sfida cercando la versione più nuda di me stessa. Ma tutto è molto cerebrale, Maureen prende coscienza così del suo lato animale. E' una giovane particolare, assediata dal suo lutto, dal legame con il fratello che sembra non spezzarsi mai, in una solitudine incredibile che quasi le impedisce di parlare".
Anno molto pieno per l'attrice che, oltre a questo film, ha presentato a Cannes anche il film di Woody Allen, Cafè Society, e presto la vedremo al cinema nell'ambizioso e atteso ultimo lavoro di Ang Lee, Billy Lynn's Long Halftime Walk, e lei è molto felice di tutti questi impegni. "Avere tanti film da girare è inebriante", ha detto la Stewart.

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Nella sezione Un Certain Regard è stato presentato Captain Fantastic, con Viggo Mortensen protagonista nei panni di un padre che ha deciso di crescere i suoi sei figli nelle foreste del nord-ovest degli USA, isolati dal mondo, fino a quando non dovrà tornare in quel mondo da cui è scappato, mettendo in discussione tutte le sue convinzioni.

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Infine l'Italia, ancora protagonista della Quinzaine des Réalisateurs con il film Fiore, di Claudio Giovannese, che racconta una storia d'amore giovanile ambientata in un carcere. Protagonista del film Daphne Scoccia. Nel cast anche Valerio Mastandrea.

lunedì 16 maggio 2016

Cannes 2016 - giorno 6

Presentati in Concorso due film molto attesi: Loving di Jeff Nichols, e Paterson di Jim Jarmusch.

Loving, di Jeff Nichols, è un film di cui si parla da tempo, e che molti addirittura vedono (un po' precocemente in realtà) già come possibile mattatore agli Oscar 2017. Il film è una storia d'amore interrazziale, che vede protagonisti Joel Edgerton e Ruth Negga.

Il film racconta la vera storia dei coniugi Loving, Mildred e Richard, che si innamorano e si sposano. Tutto normale se non fosse che lui è bianco e lei è nera, e che la coppia vive nella Virginia dell’America segregazionista nel 1958, quando una coppia mista era impensabile e soprattutto illegale. I Loving verranno perseguitati dallo Stato e incarcerati a meno che non si lascino. La coppia però non si abbatte e non molla, porteranno in tribunale lo Stato per violazione dei diritti civili, arrivando fino alla Corte Suprema, che nel 1967 annullerà la decisione della Virginia.

Il film è nato grazie al documentario della HBO, The Loving Story, che raccontava la storia di questa coppia coraggiosa, ma non è stato solo il documentario a convincere Jeff Nichols (Take Shelter, Mud) a fare il film. "Il mio agente mi ha chiamato per dirmi che volevano fare un film dal documentario", ha raccontato il regista, "per cui sono andato subito a vedere il trailer, ed era bastato a commuovermi. Ho mandato subito il link a mia moglie, e lei mi ha risposto via mail dicendo: Ti amo molto, ma se non fai questo film chiedo il divorzio".

Una storia che racconta uno spaccato della storia americana, interpretato da due attori non americani, l'australiano Joel Edgerton, e l'irlandese di origine etiope Ruth Negga. "Mentre scrivevo il film pensavo a Matthew McConaughey, anche lui del Sud degli USA. Però avevo negli occhi il documentario. Dovevo cercare persone che somigliassero fisicamente a loro, e che al tempo stesso avessero l'accento della Virginia, che è molto particolare", ha spiegato il regista, "Poi ho capito che aveva più senso scegliere gli attori giusti, anche stranieri, e fare con loro un lavoro accurato. Ruth Negga è stata la prima attrice a fare il provino ed è stata incredibile".
Molto emozionata, l'attrice ha dichiarato: "Era una sceneggiatura essenziale, non c'era niente da aggiungere o togliere. Io ho conosciuto la storia di Mildred due anni prima di iniziare il film. Volevo rendere giustizia alla storia". "E’ un film tranquillo, meditativo, volevamo dire la verità, mostrare ciò che era veramente accaduto così come riportato dai documenti", ha aggiunto Edgerton, che poi ha riportato la storia ai giorni nostri, al dibattito sui matrimoni gay: "Quello che accade tra due individui in fondo non è affar nostro, se non fanno del male a nessuno, qualunque sia il loro aspetto o il loro genere, che c'è di male,? Non siamo noi a dovergli dire cosa devono o non devono fare. Questo vale anche per i matrimoni gay. In Australia al momento il dibattito è vivissimo. Ecco un altro esempio in cui la vita privata delle persone viene influenzata dall'opinione di qualcun altro".

Ben accolto dalla stampa, sia Joel Edgerton che Ruth Negga si candidano come possibili vincitori della Palma d'Oro per le interpretazioni.

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Altro film presentato in Concorso, l'ultimo lavoro di Jim Jarmusch, il poetico Paterson, che vede nel cast Adam Driver e l'attrice iraniana Golshifteh Farahani.

Protagonista del film è Paterson (Driver), un autista di autobus che vive con la moglie Laura (Farahani) e il cane Marvin, e con una vera grande passione: la poesia. Il film non ha una vera e propria storia, racconta la vita di Paterson scandendo i giorni della settimana, le giornate iniziano sempre con loro due a letto, e finiscono con una chiacchierata al bar.

"E' un che film racconta una storia d'amore tranquilla, senza conflitti drammatici", ha spiegato il regista Jim Jarmusch, "Rende omaggio alla poesia dei dettagli, delle variazioni e dei scambi quotidiani. Paterson è un antidoto a tutte le oscurità e alle bruttezze dei film drammatici o d'azione. E' un film che lo spettatore dovrebbe lasciar scivolare davanti agli occhi, come le immagini che si vedono dal finestrino di un autobus, attraverso le strade di una piccola città dimenticata".
Adam Driver ha elogiato la sceneggiatura del film: "Bastava non deragliare, non aggiungere niente, non forzare i dialoghi. Il mio personaggio è uno la cui azione principale è ascoltare gli altri e l'ambiente. Raramente hai questa possibilità in un film".
Jarmusch nel film cita molti poeti americani, ma anche italiani, come Dante e Petrarca. "Loro sono tra i più grandi poeti di tutti i tempi", ha detto il regista, "La poesia italiana è uno dei regali più grandi del vostro paese per cui per me era importante citare questi grandi autori".

Il film è stato accolto molto bene dalla critica.

domenica 15 maggio 2016

Cannes 2016 - giorno 5

Nel bel mezzo del Concorso irrompono i "nice guys" di Shane Black.

Presentato oggi Fuori Concorso il film The Nice Guys, con Russell Crowe e Ryan Gosling irresistibile coppia protagonista.

Ambientato nella Hollywood degli anni '70, i due attori interpretano un investigatore privato un po' impacciato (Gosling), e un detective duro dai modi spicci (Crowe). Quando i casi a cui stanno lavorando andranno ad intrecciarsi, i due dovranno unire le forze per portare alla luce una cospirazione che coinvolge anche le alte sfere del potere.

Un po' action, un po' noir, un po' commedia, insomma The Nice Guys è buddy movie divertente in pieno stile Shane Black, che ha conquistato la platea, e che ha potuto contare anche su due protagonisti molto affiatati. Anche la conferenza stampa è stata molto divertente, con Russell Crowe e Ryan Gosling che si sussurravano all'orecchio e si rimpallavano battute e commenti.

Una coppia che funziona alla grande e i due attori hanno accolto con piacere il paragone con una coppia che ha fatto storia nel cinema italiano, Bud Spencer e Terence Hill. "Now you're talking! Ora ragioniamo, questo è un grande complimento, grazie davvero", ha risposto Russell Crowe.
Grandi elogi al regista da parte dei due attori. "Sono cresciuto con le storie di Shane Black, come 'Arma Letale', sono particolarmente felice di aver lavorato in un suo film. I personaggi sono scritti benissimo, con tutte le loro imperfezioni", ha dichiarato Ryan Gosling, "è grazie al lavoro di Shane se l’alchimia fra i nostri personaggi funziona". "La cosa migliore di Shane come regista è che lui ha l’abilità, che non hanno in molti, di fidarsi dei suoi attori", ha continuato Russell Crowe, "si fida delle nostre proposte, del fatto che noi attori possiamo capire lo spirito della sua sceneggiatura ed esplorare un po'".
Come si sono preparati per i loro ruoli? "Io mi sono esclusivamente basato sull'ottima sceneggiatura e fidato dei consigli di Shane", ha risposto Gosling, "Insieme a un gigante come Russell è comunque difficile sbagliare". "Nessuna preparazione, nessuna ricerca, solo l’ascolto della musica degli anni ‘70", ha invece risposto Crowe, che poi ha aggiunto di non avere "nessuna fottuta idea di come funzioni il metodo Stanislavsky. Io uso solo il metodo Russell Crowe, da quando ho 16 anni. Non è così complicato... se vuoi fare l’attore, cavatela da solo! Mi piace quello che diceva Laurence Olivier: presentati in tempo, impara le battute, e non inciampare nei mobili". E se lo dice Russell, ci crediamo.

Il film sarà nelle sale dal 1 giugno.

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Presentato in Concorso il nuovo film della regista britannica Andrea Arnold, American Honey, che vede nel cast Shia LaBeouf, Riley Keough, e l'esordiente Sasha Lane.

Il film racconta di un gruppo di ragazzi che girano gli USA con un van, tra droghe e alcol, e cercano di tirare avanti vendendo riviste porta a porta. In particolare il film si concentra su una ragazza di 18 anni, Star, orfana, la madre morta di overdose, che si unisce al gruppetto dopo aver incontrato Jack (LaBeouf). I due insieme fanno scintille ma la ragazza dovrà vedersela con la manager del gruppo, che punisce, anche con punizioni fisiche, chi non riesce a raccogliere abbastanza soldi dalle vendite.

Il film è ispirato all'articolo "Porta a porta, lunghi viaggi e magre ricompense" apparso sul New York Times nel 2007, dopo averlo letto la regista si è interessata a questi ragazzi dalla vita borderline: "Sono andata a sedermi sulla spiaggia e guardavo le migliaia di adolescenti che passavano. Ho praticamente fatto una parte del casting nel parcheggio di un Walmart", ha dichiarato la regista, che proprio lì ha trovato la sua protagonista, Sasha Lane.
Essenziale per il film è la musica, spesso cantata dagli stessi attori, quasi come un karaoke: "La musica è la poesia quotidiana della vita di questi ragazzi", ha spiegato la regista.

Il film non ha convinto del tutto la critica.

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Altro film presentato in Concorso, Mal de pierres di Nicole Garcia, un melodramma con Marion Cotillard e Louis Garrel tratto da un romanzo di Milena Agus, e che ricorda un po' la storia di Madame Bovary.

Al centro del film, ambientato negli anni '50, Gabrielle (Cotillard), donna insoddisfatta dalla propria vita e incastrata in un matrimonio infelice. Ricoverata in una clinica, inizierà un rapporto clandestino con un altro paziente (Garel), una storia che però la porterà quasi alla follia.

La regista del film ha voluto fortemente Marion Cotillard come protagonista, l'attrice però non ha accettato subito, e non solo per una questione di agenda piena: "Avevo molti impegni ma volevo dedicarmi bene al progetto, è un adattamento abbastanza complesso. Avevo bisogno di tempo", ha raccontato l'attrice, "Non avevo letto il libro, ho cominciato direttamente con la sceneggiatura, ma non ero molto convinta. Ci sono molte scene esplicite, poi Gabrielle soffre tantissimo nel film, e io che tendo a somatizzare moltissimo ero scettica sull'accettare o no. Poi però mi sono innamorata della storia, e anche se mi sono presa un anno di riposo Nicole mi ha aspettato".
"Gabrielle è una donna che si trova nella condizione di dover rispettare il suo desiderio e la sua passione, anche se la porta ai limiti dell’oblio. E’ un’esasperazione della grandezza dell’amore e anche di un certo istinto animalesco", ha continuato la Cotillard, "Quando si inizia a lavorare a un film è come essere innamorati. Non vorresti pensarci ma ci pensi comunque tutto il giorno. Non ho un vero e proprio metodo di preparazione, ogni film e ogni regista sono una storia a sé. Ci si informa, ci si chiede anche del passato dei personaggi. Tutte le informazioni sono utili a raggiungere il cuore della storia".

Accoglienza piuttosto fredda per il film da parte della stampa.

sabato 14 maggio 2016

Cannes 2016 - giorno 4

Il quarto giorno del festival è sicuramente segnato dall'arrivo del grandissimo Steven Spielberg con il suo ultimo film, ma in Concorso c'è Park Chan-wook, mentre alla Quinzaine arriva Paolo Virzì.

Steven Spielberg torna al cinema fantasy, torna a una storia per ragazzi, e conquista il Festival di Cannes con il suo ultimo film Il GGG - Il Gigante Gentile, tratto dall'omonimo romanzo di Roald Dahl (lo stesso de La Fabbrica di Cioccolato) e presentato Fuori Concorso.

Il film racconta della piccola orfana Sofia che in una notte in cui non riesce a dormire vede passare davanti alle finestre dell'orfanotrofio un enorme gigante. Questo infila una mano dalla finestra e la afferra, portandola nel suo mondo. La piccola Sofia ha paura che finirà per essere mangiata ma il gigante, di nome GGG, si scopre un essere gentile che non ha nessuna intenzione di mangiarla e che l'ha portata via solo per evitare che l'esistenza dei giganti venisse svelata al mondo. Ma gli altri giganti non sono come GGG, sono terrificanti e mangiano tante persone e GGG vorrebbe fermarli ma non sa come farlo. Ad aiutarlo ci penserà Sofia.

Ottima l'accoglienza riservata al film, un mix di CGI e attori reali. A dare movenze, espressioni e voce al Gigante Gentile c'è Mark Rylance, che ha già lavorato con Spielberg nel film Il Ponte delle Spie, con cui l'attore quest'anno ha vinto l'Oscar come migliore attore non protagonista. La sceneggiatura invece è stata curata da Melissa Mathison, scomparsa lo scorso anno, che aveva già lavorato al film E.T. e che si era ormai allontanata dal mondo del cinema, ma Spielberg non ha avuto alcun dubbio e ha voluto fortemente che fosse lei a curare la sceneggiatura di questo nuovo film, "È stato il suo ultimo regalo", ha detto il regista.

"Il GGG ha riportato a galla dei sentimenti che avevo quando ero solo un giovane regista", ha detto Spielberg durante la conferenza stampa, "E' una storia sulla necessità di abbracciare e diversità, e anche in un certo senso una storia d'amore, che narra l'amicizia tra la bambina e il gigante come se fosse un rapporto nipotina/nonno. Adottivo, in questo caso, un altro tema importante. Non ho fatto altro che immaginare me stesso mentre leggevo ai miei bambini il romanzo interpretandolo e trasformandomi io stesso nel Gigante gentile".
Alcuni hanno voluto sottolineare l'aspetto "antisemita" dello scrittore, ma Spielberg ha voluto tagliare corto sull'argomento. "Non sapevo che avesse questo genere di sentimenti, ma non mi interessa", ha detto il regista, "Sono le sue storie a interessarmi, quindi non mi sono dovuto proprio porre il problema. Sono in ottimi rapporti con la sua famiglia".

Spielberg ha poi speso belle parole per Mark Rylance, con cui lavorerà anche nei suoi prossimi film: "Mi sento fortunato di averlo conosciuto ed ancora di più per esserci diventanto amico. Lo rispetto ed è una delle poche persone del mio lavoro che rientra anche nella mia vita".

Purtroppo in Italia il film arriverà in ritardo, a gennaio 2017.

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Presentato in Concorso il nuovo film di Park Chan-wook, Mademoiselle, un thriller a luci rosse dalle tinte forti, con violenza e sesso saffico.

Il film è ambientato durante la colonizzazione giapponese in Corea, quando Sookee, una giovane scippatrice, va a lavorare come cameriera da una ricca donna giapponese che vive isolata in una immensa casa con lo zio. Sookee decide di truffarli con l'aiuto di un uomo che si spaccia per un ricco conte.

Sesso saffico e violenza, ma anche umorismo, un umorismo un po' particolare, come ha voluto sottolineare il regista durante la conferenza stampa: "Nel film lo humour deriva dal fatto che i personaggi nascondono le loro vera identità e i loro sentimenti e pensano cose del tutto diverse da quello che dicono. Gli spettatori non ridono molto in sala, ma immagino che possano apprezzare il tipo di umorismo che scorre all'interno di tutto il film".

Applausi per il film dopo la proiezione stampa.

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Secondo film italiano alla Quinzaine des Réalisateurs, si tratta de La Pazza Gioia di Paolo Virzì, film che è stato molto applaudito dopo la proiezione stampa.

"Io, i film, li faccio per il pubblico, per regalare emozioni e l'abbraccio del pubblico di Cannes è stato toccante", ha dichiarato un felicissimo Virzì, "Mi ha colpito vedere quanto abbiano apprezzato il lato tragicomico della vicenda, all'estero lo riconoscono come un tocco tipicamente italiano".
Virzì poi ha commentato la presenza di diverse commedie, anche grottesche e esagerate, al festival, una tendenza che sembra in aumento. "Il cinema nasce con Chaplin, Buster Keaton, Stanlio e Ollio, suscita insieme emozioni dolenti e risate", ha detto il regista, "Siamo artisti di questo circo con il compito di provocare nello spettatore la risata liberatoria, catartica. E' il miglior riscatto possibile al dolore della vita. Avendo perduto gli slanci idealistici di gioventù, il mio motto politico ora è limitare i danni. E il mio film lo fa".

Protagonista del film Micaela Ramazzotti e Valeria Bruni Tedeschi. Il film sarà nelle sale dal 17 maggio.

venerdì 13 maggio 2016

Cannes 2016 - giorno 3

Si entra nel vivo, presentati due film in ConcorsoMa Loute di Bruno Dumont, e I, Daniel Blake di Ken Loach.

Ottima accoglienza per il nuovo film del regista britannico Ken Loach, I, Daniel Blake raccoglie applausi e commuove la platea.

Il film racconta la storia di Dan (Dave Johns), falegname di Newcastle da poco rimasto vedovo che, dopo un infarto, deve smettere di lavorare. A 60 anni, passati quasi tutti a lavorare, per vivere deve chiedere aiuto allo stato ma si scontra con la complicata e ottusa burocrazia. Dan si vede negare il sussidio di invalidità e per ricevere invece quello di disoccupazione deve convincere lo Stato che sta continuando a cercare attivamente un lavoro. Intanto Dan incontra Katie (Hayley Squires), una madre single e disoccupata con due film a carico a cui è stata assegnata una casa popolare proprio a Newcastle. Tra Dan e Katie si crea complicità, solidarietà e amicizia. Tutto potrebbe andare bene se solo lo Stato li trattasse con dignità.

Per raccontare un film che racconta i poveri e denuncia l'ottusità dello Stato, Ken Loach ha scelto due attori praticamente esordienti: il cabarettista Dave Johns, e Hayley Squires, scrittrice per il teatro. "Cercavo la semplicità nello stile e nella costruzione, non volevo nulla che distraesse il pubblico dall'essenza dei personaggi", ha detto il regista.
I, Daniel Blake è un film di denuncia, che riporta ai film degli anni 60', con cui Loach ha voluto raccontare quella che è una situazione drammatica: "Voglio essere scioccante, questo problema tocca tutta l'Europa, ed è molto urgente. Le persone più vulnerabili si sentono dire che è colpa loro se non hanno lavoro. Il tasso di disoccupazione è altissimo, in Gran Bretagna ci sono due milioni di persone iscritte alle liste di collocamento,e altri due milioni che non ci provano neanche, disabili e invalidi. Intanto i suicidi stanno diventando un problema di massa. E' una reazione umana alla frustrazione, alla disperazione".

Due anni fa Ken Loach aveva annunciato che si sarebbe ritirato dal Cinema, evidentemente ci ha ripensato, e vista la reazione positiva dei critici al suo film e l'applauso che gli è stato riservato all'ingresso in conferenza stampa, si può dire che ha fatto bene.

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Tono decisamente diverso per il film Ma Loute di Bruno Dumont, presentato sempre in Concorso, che vede nel cast Juliette Binoche, Valeria Bruni Tedeschi, Fabrice Luchini, e diversi attori non professionisti.

Ma Loute è una commedia molto nera, surreale e sopra le righe, con tanto di esplicita scena di cannibalismo. Il film, ambientato nel 1910, racconta l'incontro di due famiglie molto diverse, una di pescatori del nord della Francia, e una borghese che si trova da quelle parti in vacanza. Tra queste due famiglie molto estreme si inserisce l'indagine che un imbranato investigatore sta svolgendo su delle misteriose sparizioni.

"Ho fatto esattamente il film che volevo fare, un po' storia d’amore, ma anche poliziesco, crudele, pittoresco e con elementi di meraviglia", ha dichiarato il regista, "L’ambientazione richiama i primi del novecento, ma la storia è contemporanea. E’ atemporale. Penso che l’equilibrio tra elementi buffi e dramma sia fondamentale, anzi, è proprio il punto del film. L’esperimento era riuscire a rendere accettabili anche fatti gravissimi, come il cannibalismo, perché risultano buffi".

"Per me il lavoro più grande è stato dipingere una caricatura lasciandogli però dei tratti di credibilità e realismo", ha dichiarato Fabrice Luchini, "Ho giocato su elementi caratteristici come questa fissa degli aperitivi che hanno i francesi. Io li odio, in verità, ti rovinano la cena e ti intasano le arterie". Personaggio complicato da interpretare invece per Juliette Binoche: "Non era un approccio facile, ero contenta di essere sul set ma anche un po’ paura, il luogo così particolare, e poi per il personaggio che viene da un passato di violenza". "Il mio personaggio è invece estremamente misurato, chiuso in sé stesso", ha raccontato invece Valeria Bruni Tedeschi, "Dovevo lavorare di sottrazione ed evitare di esprimere fisicamente i miei impulsi di desiderio o aggressività. E’ stato un po’ doloroso ma in fondo un attore cerca questo".

Il film è stato accolto da applausi anche se non ha convinto tutti.

giovedì 12 maggio 2016

Cannes 2016 - giorno 2

Il secondo giorno del festival è tutto per un trio delle meraviglie: Jodie Foster, Julia Roberts e George Clooney.

Presentato Fuori Concorso l'atteso film Money Monster, che segna il ritorno di Jodie Foster dietro la macchina da presa. Protagonisti del film la coppia Clooney-Roberts, e Jack O'Connell (Unbroken).

Il film racconta di un sequestro di persona da parte di un ragazzo, Kyle (O'Connell) che, armato di pistola e giubbotto esplosivo, decide di introdursi nello studio televisivo della trasmissione "Money Monster" per prendere in ostaggio il conduttore Lee Gates (Clooney), che nel suo programma dà azzardati consigli finanziari. Kyle sta per diventare padre e seguendo uno dei consigli di Gates perde tutti i risparmi. Gates, costantemente sostenuto e consigliato dalla produttrice (Roberts) che dalla regia gli parla nell'auricolare, si presta al gioco per evitare la tragedia, e a telecamere accese cerca di rispondere con la verità a tutte le domande del ragazzo.

Jodie Foster torna a Cannes nelle vesti di regista 40 anni dopo Taxi Driver, inevitabile la domanda amarcord in conferenza stampa. "Nel 1976 avevo 12 anni e fu l'inizio di una nuova vita. Tornare 40 anni dopo come regista, in una rassegna che conta tra i suoi nomi Jim Jarmusch e Pedro Almodovar, è un grande onore", ha dichiarato l'attrice/regista, "Il palais non esisteva ancora, il red carpet è stato spostato, si faceva all'altezza del Carlton, e l'atmosfera oggi è decisamente più caotica con i flash dei fotografi che ti accecano".

Money Monster è thriller teso che racconta non solo la crisi finanziaria di oggi e l'economia, ma punta il dito anche contro la televisione: "Questo film è una riflessione sull'evoluzione che c’è stata negli ultimi anni in tv", ha spiegato George Clooney, che da figlio di un giornalista ha molto a cuore l'argomento, "Il vero problema della televisione americana è che mescola notizie e intrattenimento in una commistione esplosiva e molto pericolosa per l'influenza che ha sulla gente. Bisognerebbe che chi fa news spiegasse solo i fatti, e non a fare spettacolo. Abbiamo perso la capacità di riflettere con profondità sui fatti".
Clooney ha poi virato ancora di più sulla politica, parlando delle elezioni per la presidenza USA in arrivo: "Se ci troviamo nella situazione in cui Donald Trump è il candidato repubblicano alla Presidenza la responsabilità è dei programmi di news televisivi che non fanno più domande", ha detto l'attore, "Ma non vi preoccupate non avremo Trump alla Casa Bianca perché la paura non è quello che muove il nostro paese e le sue scelte".

Clooney è poi tornato sul cinema e ha speso grandi elogi per l'amica Jodie Foster versione regista: "Con il mio primo film da regista sono stata molto addosso agli attori, li controllavo", ha detto la Foster, "Con il tempo ho imparato la lezione. Oggi do le indicazioni ma li lascio anche liberi. Certo avere un attore che ha fatto anche regista è un grande aiuto, parliamo un linguaggio più simile". La regia è invece una cosa che Julia Roberts esclude di voler fare, e durante la conferenza stampa ha spiegato molto sinceramente il perché: "Conosco i limiti della mia intelligenza e della mia pazienza", ha detto l'attrice, "e soprattutto non posso tollerare più di quattro persone che mi facciano domande in simultanea".
Nel film spiccano figure femminili molto forti, al contrario degli uomini che sono piuttosto deboli: "Volevo che dal film venisse fuori la lotta di questi uomini, il loro senso di fallimento", ha spiegato la Foster, "uomini che hanno fondato la loro esistenza sul valore della celebrità e del denaro, e che si trovano a guardare in faccia le tre donne che hanno profondamente deluso".

Il film ha avuto una buona accoglienza e delle buone critiche.

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Primo film italiano del festival, Marco Bellocchio ha aperto la Quinzaine des Realisateurs con il film Fai Bei Sogni, con Valerio MastandreaBérénice Bejo. Tratto dal libro di Massimo Gramellini, il film racconta l'evoluzione di un lutto.

mercoledì 11 maggio 2016

Cannes 2016 - giorno 1

E' iniziato oggi il 69/o Festival di Cannes, ad aprire i battenti ci pensa Woody Allen con il suo ultimo film, Cafè Society.

Ambientato negli anni '30, il film è una malinconica commedia romantica che vede al centro della storia Bobby (Eisenberg), giovane ebreo che vola da New York a Los Angeles per andare a trovare lo zio (Carell) famoso agente delle star a Hollywood, che decide di dare una mano al nipote. Bobby viene così "affidato" alla sua segretaria, Veronica detta Vonnie (Stewart). Tra un giro nella città degli angeli e feste di lusso, tra i due nasce qualcosa ma lei è già impegnata con un uomo spesso assente per motivi che verranno svelati dalla storia. Il povero Bobby torna a New York deluso ma ancora innamorato di Vonnie, e proprio nella sua New York farà successo e sposerà un'altra bella Veronica (Lively), anche se non riuscirà a dimenticare il suo primo amore.

Cafè Society è stato accolto piuttosto bene dalla sala stampa, e ha ricevuto buone critiche. Nonostante i risvolti malinconici e il destino infelice dei suoi personaggi, Cafè Society è un film molto romantico.
"Io mi sono sempre visto come un romantico", ha detto Woody Allen durante la conferenza stampa gremita di giornalisti, "Non so però se le donne della mia vita sarebbero d'accordo. Certo forse, chiedendolo a loro, potrebbero dire che si tratta di un romanticismo differente, sicuramente un romanticismo più sobrio... non alla Clark Gable, per intenderci".
Il film è anche un omaggio al cinema degli anni '30, alla vecchia Hollywood, oltre che alla sua New York. "Amo il cinema di quegli anni, è quello che mi ha influenzato", ha detto il regista, che però ha negato che ci sia qualcosa di autobiografico nel personaggio di Jesse Eisenberg, "Questo film non parla di me, il personaggio di Eisenberg non sono io", ha detto Allen, "Forse a voi da fuori può ricordare la mia vita, ma io non vedo nessuna similitudine. È vero se avessi avuto l’età giusta avrei potuto farlo ma sicuramente Jesse lo ha reso meglio di quanto avrei potuto fare io, io sono un attore comico mentre Jesse è un attore completo. Per me ho tenuto la voce del narratore, prima di tutto perché così abbiamo risparmiato, e poi perché vedevo questa storia come un romanzo familiare con tanti personaggi: i genitori, i figli, i fratelli, lo zio e pensavo che per sottolineare questa struttura narrativa fosse necessaria la voce off dell’autore. E visto che l’autore sono io, l’ho fatto".

Tra i protagonisti del film c'è Kristen Stewart, che ha ricevuto grandi elogi da parte di Allen durante la conferenza stampa. "Avevo bisogno di qualcuno che potesse interpretare l'adorabile segretaria del Nebraska", ha dichiarato il regista, "e allo stesso tempo, più avanti nel film, vederla in pelliccia e gioielli, sofisticata ed elegante". "Ho anche fatto un provino", ha aggiunto la Stewart, che si è trovata subito a sui agio nella parte, "era così familiare e immediatamente riconoscibile".

La fotografia del film è stata curata da Vittorio Storaro, che Allen ha definito "un genio, finalmente siamo riusciti a lavorare insieme". Poi un pensiero personale sul Festival, a cui Allen partecipa sempre molto volentieri, e sul Concorso: "Non credo nella competizione in ambito artistico; ha senso nello sport per esempio, ma l’idea che un piccolo gruppo di persone, che costituiscono la giuria, decida quale è il film migliore per me è impensabile. Si può giudicare se Matisse è meglio di Picasso? Un film è una questione di gusti. Io non sarei capace di giudicare in modo obiettivo un film e decretarlo il migliore e per questo non partecipo. Ma sono felice di essere ancora qui a Cannes, in questa atmosfera fantastica".
E infine una battuta sul suo futuro, Allen rassicura tutti, non smetterà di fare film: "I miei genitori sono arrivati tutti e due a cento anni, quindi ho buone chance. Mangio e sano, faccio ginnastica. So che un giorno avrò un colpo apoplettico e resterò sulla sedia a rotelle, e tutti diranno "quello lì era Woody Allen!", ma finché non succede continuerò a fare film".

giovedì 5 maggio 2016

Capitan America: Civil War - la recensione

Arriva finalmente nelle sale, accompagnato da un hype incredibile ed aspettative altissime, il nuovo capitolo di Capitan America.

Civil War non è semplicemente un film su Steve Rogers, ma si inserisce perfettamente in quell'universo narrativo in perenne espansione che è il Marvel Cinematic Universe, portando al culmine ciò che si era preparato soprattutto nel precedente Avengers Age of Ultron, e approfittandone per introdurre nuovi personaggi come Black Panther e l’attesissimo Spiderman.

Con premesse tanto clamorose e una mole tale di personaggi era facile incappare nell'effetto minestrone, invece i fratelli Russo (già registi del precedente The Winter Soldier) centrano appieno il bersaglio con un film che è spettacolare sia a livello visivo che emotivo.
Le ragioni dello scontro tra Capitan America e Iron Man sono chiare ed è estremamente facile empatizzare con entrambi, in quanto non vi è una distinzione netta tra torto e ragione, ma una divergenza di vedute che culmina in uno scontro non tra due supereroi ma tra due uomini e due amici.
Non solo emozioni però, anche adrenalina, perché le scene d’azione sono veramente epiche e il tanto atteso scontro all'aeroporto è assolutamente spettacolare, da rimanere senza fiato.

Nonostante il focus sia puntato su Steve Rogers e sul suo rapporto con Tony Stark, c’è spazio per tutti e soprattutto per le nuove leve: Black Panther è visivamente splendido ed introdotto in maniera fluida ed ineccepibile, ma a rubare lo schermo è lo Spiderman di Tom Holland, straordinario, probabilmente il miglior Spiderman di sempre, e non vediamo davvero l’ora che esca il film a lui dedicato.

Quasi due ore e mezza che scivolano via tra azione e risate fino a un finale che emoziona sinceramente (senza dimenticare le due, splendide, scene post-credit), questo Captain America: Civil War è uno dei migliori cinecomic Marvel.