Uno scrittore e la sua giovane moglie vivono in una grande casa di campagna, per permettere a lui di ritrovare l'ispirazione perduta. Mentre l'uomo è incapace di scrivere anche una sola parola, sua moglie è costantemente impegnata a rimettere a nuovo l'abitazione.
Una sera però, un uomo sconosciuto bussa alla loro porta e, letteralmente, entra in casa loro, seguito poi dalla moglie e dai figli, finché la situazione non diventa totalmente fuori controllo.
Il nuovo film di Darren Aronofsky ha spaccato in due la critica allo scorso Festival di Venezia, dove è stato accolto da fragorosi fischi ma anche da qualche applauso, ed effettivamente è molto facile avere opinioni polarizzanti su quella che si dimostra essere un'opera controversa, dai molteplici piani di lettura, fortemente allegorica e onirica.
Già dalla prima scena ci si ritrova coinvolti in una sorta di incubo, l'atmosfera è angosciante, inquietante, la casa stessa diventa viva, simbolo di terrore, della femminilità vessata della protagonista. Man mano che il film avanza, le allegorie diventano sempre più numerose e articolate, dal seminterrato sede dell'inconscio, al sangue come simbolo di morte e rinascita, fino a rimandi biblici più o meno espliciti. L'atmosfera diventa sempre più cupa e lo spettatore si sente sempre più a disagio, fino al finale in cui il ciclo ricomincia e letteralmente una nuova relazione nasce dalle ceneri della precedente.
Sicuramente dal lato tecnico siamo di fronte a un signor film: la regia è molto particolare, con primi piani insistenti, riprese che seguono i personaggi come un'ombra, contrasti fra luci e ombre e la fotografia gioca benissimo con i canoni dell'horror, con il contrasto fra i colori chiarissimi della casa e della protagonista, il nero degli ospiti e il rosso scuro, macabro, del sangue.
Il cast non è da meno, i vari Ed Harris, Michelle Pfeiffer, Domhnall Gleeson, Javier Bardem, pur se alcuni con un ruolo molto piccolo, fanno il loro perfettamente, ma su tutti spicca una bravissima Jennifer Lawrence, intensa e in parte come non la si vedeva da un po', incarnazione perfetta della femminilità e della maternità più viscerale.
Sicuramente è un film dalla fortissima impronta autoriale e non è facile elaborare un giudizio che non sia fortemente influenzato da opinioni esclusivamente soggettive, perché vive di atmosfera e di simbolismo più di quanto non lo abbia fatto qualsiasi altra pellicola di Aronofsky e sicuramente anche i fan più accaniti del regista si ritroveranno spiazzati.
È facilissimo odiarlo visceralmente, ma allo stesso tempo è altrettanto facile amarlo totalmente e non è così facile decidere se si è assistito a un capolavoro o al film più assurdo e pretenzioso di sempre. Sicuramente è un film che va visto, anche solo per farsi una propria opinione in merito, perché comunque è innegabile che qualcosa del genere non si vede spesso.
Una sera però, un uomo sconosciuto bussa alla loro porta e, letteralmente, entra in casa loro, seguito poi dalla moglie e dai figli, finché la situazione non diventa totalmente fuori controllo.
Il nuovo film di Darren Aronofsky ha spaccato in due la critica allo scorso Festival di Venezia, dove è stato accolto da fragorosi fischi ma anche da qualche applauso, ed effettivamente è molto facile avere opinioni polarizzanti su quella che si dimostra essere un'opera controversa, dai molteplici piani di lettura, fortemente allegorica e onirica.
Già dalla prima scena ci si ritrova coinvolti in una sorta di incubo, l'atmosfera è angosciante, inquietante, la casa stessa diventa viva, simbolo di terrore, della femminilità vessata della protagonista. Man mano che il film avanza, le allegorie diventano sempre più numerose e articolate, dal seminterrato sede dell'inconscio, al sangue come simbolo di morte e rinascita, fino a rimandi biblici più o meno espliciti. L'atmosfera diventa sempre più cupa e lo spettatore si sente sempre più a disagio, fino al finale in cui il ciclo ricomincia e letteralmente una nuova relazione nasce dalle ceneri della precedente.
Sicuramente dal lato tecnico siamo di fronte a un signor film: la regia è molto particolare, con primi piani insistenti, riprese che seguono i personaggi come un'ombra, contrasti fra luci e ombre e la fotografia gioca benissimo con i canoni dell'horror, con il contrasto fra i colori chiarissimi della casa e della protagonista, il nero degli ospiti e il rosso scuro, macabro, del sangue.
Il cast non è da meno, i vari Ed Harris, Michelle Pfeiffer, Domhnall Gleeson, Javier Bardem, pur se alcuni con un ruolo molto piccolo, fanno il loro perfettamente, ma su tutti spicca una bravissima Jennifer Lawrence, intensa e in parte come non la si vedeva da un po', incarnazione perfetta della femminilità e della maternità più viscerale.
Sicuramente è un film dalla fortissima impronta autoriale e non è facile elaborare un giudizio che non sia fortemente influenzato da opinioni esclusivamente soggettive, perché vive di atmosfera e di simbolismo più di quanto non lo abbia fatto qualsiasi altra pellicola di Aronofsky e sicuramente anche i fan più accaniti del regista si ritroveranno spiazzati.
È facilissimo odiarlo visceralmente, ma allo stesso tempo è altrettanto facile amarlo totalmente e non è così facile decidere se si è assistito a un capolavoro o al film più assurdo e pretenzioso di sempre. Sicuramente è un film che va visto, anche solo per farsi una propria opinione in merito, perché comunque è innegabile che qualcosa del genere non si vede spesso.