martedì 24 dicembre 2019

Pinocchio - la recensione

Pinocchio, il capolavoro di Carlo Collodi, è probabilmente una delle fiabe per bambini più famosa e amata nel mondo. Ha avuto moltissime trasposizioni cinematografiche, dal classico Disney a quella, criticatissima, di Roberto Benigni, passando per la versione più divertente vista in Shrek.

Matteo Garrone, dopo averci raccontato la periferia brutale nel bellissimo Dogman, torna a quelle atmosfere un po' fiabesche e un po' gotiche che avevamo visto in Il Racconto dei Racconti, lasciando da parte reinterpretazioni personali e attanendosi più possibile all'opera originale.
Come avveniva ne Il Racconto dei Racconti, anche nella fiaba di Collodi l'immaginario grottesco e  realismo filostorico si intersecano per creare la cornice perfetta della fiaba, nell'accezione originaria del termine, non storiella conciliante, ma raccontodove terrore e morte sono presenti in misura uguale all'insegnamento morale.
Allora la povertà estrema si interseca perfettamente con il burattino di legno, animali-persone e una fata bambina dai capelli turchini.
La scelta del cast si dimostra sotto questo aspetto molto azzeccata: Roberto Benigni è un Geppetto fantastico (mai così bravo da quel La Vita è Bella che gli valse l'Oscar), Federico Ielapi riesce a infondere nel suo pinocchio, nonostante la giovane età, il giusto pizzico di irriverenza, furbizia e sincero desiderio di essere un bravo bambino, Massimo Ceccherini e Rocco Papaleo hanno il volto perfetto per essere il Gatto e la Volpe e la francese Marine Vacth ha quel tocco disturbante che rende la Fata Turchina indimenticabile.


Anche dal punto di vista tecnico, il film è una gioia per gli occhi: regia e fotografia richiamano vecchie foto d'epoca, la colonna sonora crea atmsfere sognanti e suggestive, i costumi non sono mai banali, a metà fra ricostruzione storica e esagerazione teatrale. 
A coronare il tutto, le splendide location che spaziano dalla Toscana, al Lazio, alla Puglia, a ricordare che sarà anche un mondo gfiabesco quello raccontato da Collodi e mostratoci da Garrone, ma è pur sempre di una Italia magica che stiamo parlando. E per sottolinearlo c'è la vasta gamma di dialetti e accenti che possiamo sentire durante tutto il film.

Oltre però a essere un film di grande tecnica, questo nuovo adattamento di Pinocchio è soprattutto un film di cuore.
Un film di pura emozione, proprio come la storia che abbiamo letto da bambini, e che in due ore di ottimo cinema riesce a tirare fuori quel bambino in noi che, forse, non è mai andato via.

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