venerdì 20 settembre 2019

C'era una Volta a... Hollywood - la recensione

Torna Quentin Tarantino.

Torna con una pellicola che è molto diversa dai suoi soliti film e allo stesso tempo molto "tarantiniana". Un film che forse lascerà un po' spiazzato chi lo conosce poco ma che non potrà non divertire i suoi fan più accaniti, fra autocitazioni e omaggi ai generi che il regista ha sempre amato.


Come da tradizione siamo di fronte a un film corale con più storyline al suo interno. Ci sono Rick (Leonardo DiCaprio) e Cliff (Brad Pitt), il primo è un attore che cerca di barcamenarsi fra ruoli televisivi da villain e insicurezze personali, e il secondo è la sua controfigura, apparentemente impassibile, pieno di contraddizioni; poi c'è anche Sharon Tate (Margot Robbie), trasferitasi nella villa accanto alla loro insieme al marito Roman Polanski, giovane e ancora innocentemente immersa negli splendori hollywoodiani. 
Sullo sfondo, lo showbusiness, c'è il cinema con i suoi attori più o meno famosi, le star (compaiono interpretati da altri Steve McQueen e Bruce Lee), i produttori (uno splendido cammeo di Al Pacino), gli hippy, e la Manson Family.

Un affresco di quella che era la Hollywood degli anni '60, quasi un mondo fiabesco dove si muovono personaggi altrettanto fiabeschi, in cui Tarantino sguazza fra una citazione ai suoi stessi film e lunghe sequenze meta-cinematografiche in cui assistiamo alle scene girate da Rick.
Tarantino si diverte, si vede, passa dal western all'horror con maestria, e fa divertire lo spettatore, che è quasi sopraffatto da ciò che vede.

Sicuramente i due grandi protagonisti del film sono Leonardo DiCaprio e Brad Pitt, entrambi già passati nelle mani di Tarantino, ed entrambi subito iconici anche in questa pellicola.
Dove la performance di DiCaprio è irriverente, sopra le righe e travolgente, Brad Pitt invece va di sottrazione e incarna alla perfezione questo personaggio tutto di un pezzo, dal fisico scolpito ma apparentemente privo di particolari slanci emotivi. I due personaggi, Rick e Cliff, si completano a vicenda proprio come fanno i due attori, semplicemente perfetti.
Margot Robbie è una splendida Sharon Tate ed è un personaggio che sembra slegato dal contesto, quasi etereo: la vediamo quasi sempre sola, non interagisce mai con Cliff o con Rick (se non nel finale) e sembra incarnare l'innocenza e il sogno ancora acerbo, lì dove invece Rick e Cliff sono un po' la caduta di quel sogno hollywoodiano che è solo un'altra incarnazione di quello americano.

Può sembrare un film atipico, per il regista, perché al contrario di molte altre sue pellicole, il ritmo non è forsennato, ma lento, sognante, eppure si riscontra nei personaggi, e nei dialoghi la cifra stilistica di Quentin Tarantino, così come nella violenza esagerata, splatter, comica e catartica che esplode nel sorprendente (ma forse neanche troppo) finale.




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