John Ronald Reul Tolkien è uno degli scrittori più importanti e di maggior successo del '900, padre di un intero genere letterario, il fantasy, e autore di un'opera come "Il Signore degli Anelli", fra i romanzi più venduti di sempre.
Un professore di lingue e letteratura anglosassone, apparentemente tranquillo, che nascondeva in sè una immaginazione incredibile, la capacità di inventare lingue complesse, e di scrivere una intera mitologia per dare vita a quei linguaggi.
Sembra perciò strano che il cinema non avesse ancora attinto alla biografia di un personaggio del genere, sopravvissuto alla Grande Guerra, a un'infanzia difficile e a un grande amore inizialmente osteggiato ma che lo influenzò profondamente.
Ci ha pensato infine il regista finlandese Dome Karukoski, affidando al giovane Nicholas Hoult il ruolo di Tolkien e a Lily Collins quello di Edith Brath, l'amore della sua vita.
Il regista però decide anche di non girare un biopic classico, ma di lasciare da parte la fedeltà biografica e concentrarsi solo su alcuni aspetti della vita di Tolkien: l'amicizia, l'amore e la guerra.
Una scelta che quasi sicuramente deluderà i più intransigenti puristi, ma che risulta sicuramente affascinante, in particolare quando i parallelismi fra eventi storici e l'immaginario dell'autore diventano non solo evidenti, ma addirittura visibili, tramite un sottile velo che unisce realtà e fantasia. Allora i fumi sul campo di battaglia della Somme diventa il respiro del Drago, in mezzo ai corpi si aggirano cavalieri neri spettrali e nelle dolci colline della sua infanzia è facile rivedere la Contea. Ma anche l'amicizia profondissima con i suoi tre compagni di scuola non può che richiamare alla mente l'amicizia profonda che è alla base de Il Signore degli Anelli più ancora di quanto non lo sia la guerra.
Infine viene dato giusto risalto alla figura di Edith, più che una musa ispiratrice una sorta di boa a cui Tolkien sempre si rivolge e con cui si confida, un personaggio a metà tra il fiabesco e il profondamente reale, una donna forte senza mai perdere di fragilità, interpretata molto bene dalla Collins.
Infine viene dato giusto risalto alla figura di Edith, più che una musa ispiratrice una sorta di boa a cui Tolkien sempre si rivolge e con cui si confida, un personaggio a metà tra il fiabesco e il profondamente reale, una donna forte senza mai perdere di fragilità, interpretata molto bene dalla Collins.
Ciò che al film manca è una vera analisi del processo creativo che portò Tolkien alla creazione (o sub creazione, per dirla con le sue parole) di un mondo incredibilmente complesso e stratificato, un approfondimento maggiore sul ruolo della lingua e del linguaggio in questa creazione. Questo è un po' un peccato, perché l'occasione di andare più a fondo nella vita di un autore così particolare era preziosa e sarebbe stato sicuramente più interessante rispetto alla riproposizione di una storia di amicizia e guerra, seppur confezionata bene.
Molto più concentrato sull'immagine che sulla sostanza, comunque il film di Karukoski riesce a coinvolgere emotivamente sia i tolkeniani che i neofiti, spreca un po' un'occasione ma allo stesso tempo fa venire voglia di riguardare tutto daccapo.
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