Nonostante il primo Diabolik non sia stato esattamente un successo, con un botteghino povero e una netta divisione fra chi lo ha amato e chi invece lo ha detestato, i Manetti Bros non si sono persi d'animo e sono andati dritti per la loro strada producendo e girando un sequel che non cambia di una virgola il paradigma che i due autori hanno scelto di seguire pedissequamente.
L'unico vero cambiamento per questo secondo capitolo di Diabolik è proprio nel suo protagonista: al posto di Luca Marinelli abbiamo Giacomo Gianniotti che si mette la calzamaglia nera del re del terrore. Un cambiamento che, tutto sommato, passa inosservato nella pellicola in cui il vero protagonista è il Ginko del sempre straordinario Valerio Mastrandrea e dove Diabolik si vede pochissimo e ha pochissime battute.
Il film segue per filo e per segno il numero 16 dei fumetti, Ginko all'attacco!, appunto, in cui il focus è tutto spostato sul nostro ispettore, sulla sua storia d'amore con la bella contessa Altea di Vallemberg (Monica Bellucci) e sul suo piano per mettere finalmente in trappola Diabolik, aiutato, forse, da Eva Kant (Miriam Leone).
In realtà, c'è poco da dire rispetto a questo secondo capitolo della saga, perché escludendo la trama in sé, questo film è praticamente identico al precedente. Anche questa volta i Manetti decidono coscientemente di non fare una trasposizione ma bensì di "animare" il fumetto così com'è, con le atmosfere retrò di Clerville, la musica che sembra quasi fuori dal tempo e i dialoghi estremamente artefatti, così come la recitazione manieristica di tutti gli attori che sembrano proprio delle tavole disegnate che prendono vita. Ed esattamente come è stato per il primo Diabolik, non resta che accettare il patto che i Manetti ci propongono e amare profondamente questo cine-fumetto che non scende a compromessi, oppure decidere che no, non fa per noi, e passare oltre.
Non aspettatevi alcun passo avanti, né tantomeno un passo indietro. Sicuramente, a prescindere da tutto il resto, rimane da ammirare il grande coraggio di due autori come i Manetti Bros che in Italia sono davvero merce rara.