Honey Boy, pellicola autobiografica scritta da Shia LeBeouf e da lui interpretata, era sicuramente uno dei film più attesi della 14a Festa del Cinema di Roma, forte anche del premio ricevuto al Sundence Film Festival.
La vita di LeBeouf è stata molto travagliata, fra problemi con la polizia, alcol, e un'infanzia difficile, e sembra quasi un controsenso che sia l'attore stesso a mettere in scena la sua infanzia problematica, quel rapporto con un padre difficile, interpretato proprio da Shia LeBeuf. Sceneggiatura e ruolo da co-protagonista, ma non regia che è affidata alla mano sobria e pacata dell'israeliana Alma Har'el.
Diviso in due principali filoni temporali, racconta l'infanzia di Otis, ragazzino attore alter ego di LeBeouf, del suo rapporto con il padre, tossico in molti modi, pregiudicato e del tutto incapace di prendersi cura del figlio, e Otis adulto, in una clinica di disintossicazione, un modo di venire a patti con il suo passato e lasciar andare il rancore verso una figura paterna ben lontana dall'ideale.
Quello che ne esce fuori è un racconto intimo e personale, quasi una sorta di psicoanalisi che Shia LeBeouf fa su se stesso, ritrovandosi a guardare al suo passato con grande realismo e crudezza, con un po' di malinconia, ma mai con rabbia. Sotto questo punto di vista è significativo che l'attore americano si sia ritagliato per sé il ruolo più complicato, non solo cinematograficamente, ma personalmente, quello di suo padre. E a stupire è la performance potentissima che ne deriva. Grandissima prova anche quella di Noah Jupe, il giovane attore interprete di Otis, che buca lo schermo per intensità e maturità.
Ottimo anche il comparto tecnico, dalla regia alla fotografia dai toni caldi, perfetta per rappresentare il microcosmo squallido, quasi claustrofobico, in cui Otis e suo padre vivono, per passare poi a colori più freddi quando si tratta di rappresentare l'Otis adulto che affronta se stesso e il suo passato.
Il contrasto cromatico, le atmosfere oniriche in alcuni punti, contribuiscono a rendere tutto il film come un salto all'interno dell'anima di Shia LeBeouf, come se stessimo spiando il suo vissuto e i suoi traumi, ma anche come se ci stesse mostrando la sua accettazione e la sua risalita, un "ecco, questo è il mio passato e non posso che accettarlo così com'è".
Intenso e intimo, commovente ma anche genuinamente divertente, con Honey Boy, Shia LeBeouf si mette a nudo, esplorandosi prima sulle pagine e poi davanti alla macchina da presa, riuscendo perfettamente a bilanciare passato e presente, realtà e cinema.
0 commenti:
Posta un commento