martedì 2 maggio 2017

Guardiani della Galassia Vol.2 - La Recensione

A quasi 10 anni dall'apertura del Marvel Cinematic Universe continuiamo ad attendere ogni nuovo capitolo di questo grande filone narrativo con la stessa trepidante tensione che ci accompagnava al cinema nel 2008, con Iron Man che atterrava nelle sale.



La cosa che più sorprende è che il lavoro e la programmazione hanno permesso alla Casa delle Idee di creare grande amore anche per quei supereroi che, fino a qualche anno fa, non godevano della stessa popolarità dei loro cugini famosi, e questo è senza dubbio il caso de I Guardiani della Galassia, alzi la mano chi, prima del 2014, era un gran conoscitore di questo gruppo di canaglie spaziali.
Ma quei tempi sono ormai lontani e l'impero di Stan Lee è riuscito a scavare così a fondo nelle nostre menti che oramai non abbiamo neanche più la paura che quello che andiamo a vedere possa non piacerci, questo per diverse motivazioni, tra le quali l'utilizzo di formule furbe, forse penalizzando le individualità dei singoli registi e sceneggiatori, vedasi il caso Edgar Wright che finì per abbandonare Ant-Man, ma creando la formula del sicuro successo, garantendo qualità e divertimento.
Ma tornando ai Guardiani, è innegabile che oramai siano, a tutti gli effetti entrato nella Major League, il fattore sorpresa non funziona più e quindi tocca decidere se fare sul serio o no e James Gunn fa dannatamente sul serio, con tutti i trucchetti che ha imparato.
L'unico dato che spaventava a morte era la lunghezza della pellicola, due ore e quindici minuti, uno dei cinecomic più lunghi in casa Marvel, ma una volta entrati in sala si capisce il perché, stavolta i personaggi sono conosciuti ed hanno bisogno dei loro tempi, con la messa "in secondo piano" di alcuni membri come Gamora, abbiamo la possibilità di approfondire la personalità di molti di quelli che non hanno goduto troppo delle luci dei riflettori, personaggi come Drax e Yondu, che godono fortemente del tempo in più per un approfondimento di grande effetto, soprattutto sul personaggio interpretato da Michael Rooker. La seconda mossa che stupisce è la dimensione assegnata Baby Groot che, fin dalla prima apparizione sullo schermo, si conforma come un molto efficace "comic relief", oltre che come sapiente modo per creare spazio per gli altri personaggi, senza sminuire l'importanza del Rametto.
Ma il punto di forza più grande di questo film sta nell'impatto visivo, un coloratissimo pugno negli occhi che non può lasciare nessuno indifferente, costumi, paesaggi, capelli e colori della pelle che compongono una tavolozza fornitissima, la quale aiuta, come era stato abbozzato nel primo capitolo, a proiettarci in questi luoghi magici e spaziali.
James Gunn ha fatto molto bene i compiti a casa in questi tre anni e confeziona una seconda colonna sonora all'altezza della prima, con momenti altissimi e ben commisurati all'azione su schermo, anche grazie all'interazione dei personaggi con i mezzi di riproduzione musicali.

Tutto questo mix di elementi contribuisce alla creazione di una delle pietre angolari di questo Universo abitato da supereroi, con un ritmo degno delle canzoni che lo accompagnano, una scrittura solidissima che riesce ad inserire senza stanca una quantita di battute e battutine quasi ridicola e un cast solido, a partire dagli uomini di punta, fino ai cameo, che continuano ad alzare il livello e la qualità.

L'unico commento possibile, arrivati a questo punto, è IO SONO GROOT.

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