mercoledì 29 maggio 2013

'La Bottega dei Suicidi" - la recensione







"A questo punto ritiriamo La bottega dei Suicidi. Questo divieto è assurdo. Abbiamo fatto su questo film delizioso, di un autore affermato, un investimento notevole, a questo punto lo ritiro, è bestiale, lo faremo uscire in Svizzera e quando sarà il momento in home video. Mi è passata la voglia. In questo paese ho dovuto assistere ad un pomeriggio domenicale in tv con la D’Urso che intervistava una persona che spiegava come aveva strangolato la nipote, senza scandalo per nessuno pur essendo le 15, questo film invece ha il divieto ai 18."

Così reagì Sandro Parenzo (produttore per Videa) alla Commissione di Revisione Cinematografica che aveva vietato la visione del film ai minori di 18 anni, e come dargli torto. La Bottega dei Suicidi quindi si presenta al grande pubblico italiano solo ora e solo in home video (eccezion fatta per la settimana di programmazione nel dicembre 2012).


Tratto del romanzo Le Magasin des suicides dello scrittore francese Jean Teulè (anche in veste di produttore del film) si palesa in un animazione poetica “tradizionale” per il grande schermo portando con sé tematiche importanti e decisamente contrastanti tra loro, la vita e la morte, ma in modo decisamente poco convenzionale. La divergenza tra queste due tematiche è vista e affrontata attraverso gli occhi di un bambino pieno di positività e voglia di vivere che cambierà il modo di vedere le cose di un mondo grigio e apparentemente senza speranza.

L'impatto iniziale è decisamente forte, personaggi immorali e immagini volutamente grottesche ci introducono in un mondo inquietantemente reale, e non molto distante dal nostro, dove la gente disperata trova sollievo nel suicidio, offerto dalla bizzarra Bottega dei Suicidi gestita da una famiglia di freaks, un nucleo di persone che non sorride mai e che lucra sulla morte di questa povera gente. Immorale? Forse. Per loro è la pura normalità, normalità ridimensionata in seguito dall'arrivo di un nuovo membro della famiglia, il piccolo Alan che, a differenza degli altri, è dotato di una rara gioia di vivere che rivoluzionerà ogni cosa.
Superate le tematiche più o meno discutibili, dal punto di vista tecnico è impossibile non riconoscere uno stile unico e perfettamente studiato per equilibrare emozioni di base contrastanti. Nessuna forma e nessuna nota musicale è lasciata al caso. Anche la musica è fondamentale, le splendide canzoni e melodie composte da Etienne Perruchon riescono ad alleggerire il tono generale smorzando la presa e trasportandoci in geniali coreografie degne di un musical.


Non è un prodotto “facile” da metabolizzare, a volte cade nell'immoralità ma sempre con una grande ironia e una bellezza visiva fuori dal comune.
Il mondo televisivo, come diceva appunto Sandro Parenzo, ci ha abituato a cose ben peggiori di un semplice film animato che parla di vita.
La commissione di Revisione Cinematografica, come gran parte del popolo italiano e non, dovrebbe imparare a non giudicare un libro dalla copertina.

Mat

0 commenti:

Posta un commento