Giro di boa per il Festival, sono già dieci i film presentati in Concorso e oggi è soprattutto il giorno di Paolo Sorrentino.
Presentato già ieri sera alla stampa, 'La Grande Bellezza', unico film italiano in Concorso. C'era grande attesa intorno a questo film che a fine proiezione ha raccolto diversi applausi, è stato apprezzato dalla stampa estera ma che è destinato a far discutere quella italiana.
La storia racconta di Jep Gambardella (uno straordinario Toni Servillo), un giornalista che vive a Roma da 26 anni, una volta era uno scrittore e il suo libro 'L'apparato Umano' vinse anche il "premio bancarella". Da quel giorno ha il blocco dello scrittore. Jep va a dormire quando gli altri si svegliano, vive le feste trash e mondane organizzate dai "nuovi mostri", vuoti e cafoni, che vivono una città, Roma, tanto bella da far "morire i turisti". Jep è il re delle feste, conosce tutti, ma è anche un uomo cinico e disilluso, e arrivato a 65 anni si interroga sul suo passato, ricorda, si rende conto che non vuole perdere tempo con le cose che non gli vanno, e si chiede come hanno fatto tutti a perdere il senso della "grande bellezza".
Sorrentino "fellineggia" un po', guardando a 'Roma' e a 'La Dolce Vita', ma racconta un'Italia ben diversa da quella degli anni '60, l'Italia di oggi. "Da napoletano sono andato a Roma da ragazzo e più tardi mi sono trasferito a viverci", racconta Paolo Sorrentino, "Così in tanti anni ho raccolto suggestioni e aneddoti. Ma è stata l'idea del personaggio di Jep a far sì che quegli appunti potessero diventare film, perché ci voleva un testimone che attraversasse quel mondo. [Il film] si interroga su sentimenti che non appartengono a un tempo preciso. La grande bellezza è la metafora di un paese che perde continuamente opportunità, mentre Roma, con la sua bellezza, testimonia che un tempo quelle opportunità sono state colte da qualcuno. Il film non mostra una povertà materiale, ma quella dell'anima e del vuoto. Ho voluto guardare a ciò che sta dietro l'apparenza del degrado del nostro paese. Questo film parla della bellezza della vita". E sui suoi personaggi, a volte grotteschi, Sorrentino dice: "Ho un occhio benevolo per la bellezza della città e verso le persone, anche se possono sembrare un po' insulse o non frequentabili. Dietro ognuno di loro ci sono malinconie, sofferenze, storie personali. Anche in situazioni squallide, persino patetiche, si cela una forma di bellezza". Sul paragone con Fellini: "Ho interiorizzato la lezione di Fellini, come tutti i giovani registi italiani. Ma eviterei i paragoni: 'La dolce vita' era un capolavoro, il nostro è solo un film". Prolifica la collaborazione fra Toni Servillo e il regista. L'attore al riguardo ha detto "E' l'ironia che unisce me e Paolo", e Sorrentino gli risponde dicendo che "è il mio miglior critico anzi forse l'unico critico di riferimento". Servillo ha poi parlato del suo Jep e lo descrive come un uomo indifferente a tutto ciò che ha intorno, "non è più un creativo, ma continua a vivere sul suo passato".
Nel cast anche Carlo Verdone che ha parlato dell'esperienza di stare sul set con Sorrentino: "Sorrentino è talmente severo che quando abbiamo girato la scena del monologo del mio personaggio mi ha rimproverato dicendomi: 'Io non l’avevo scritto così questo monologo, doveva essere più ironico' e io lì ho avuto il primo attacco di panico in scena della mia vita. Abbiamo dovuto farla tantissime volte prima di arrivare al tono giusto. Io sui miei set sono abituato a scherzare tantissimo, altrimenti proprio non riesco a sciogliermi, invece Paolo è proprio uno da vecchia scuola, rigorosissimo e disciplinato. Io durante le riprese facevo magari le mie voci e facevo ridere qualcuno, allora lui si voltava col sigaro in bocca, con quella faccia come a dire: 'Chi osa ridere sul set?'". Ma Verdone racconta di essere riuscito a strappare una risata al regista: "stavo recitando con Toni una scena e ho cominciato a fare una delle mie voci, e Toni è scoppiato a ridere, così anche Paolo per una volta si è lasciato andare, però che fatica! Comunque c’è da dire che film come i suoi richiedono un controllo totale. In questo aveva addirittura quattro macchine da presa da gestire. Detto ciò, tornerei a lavorarci oggi stesso".
Il film esce domani nelle sale.
Presentato in Concorso anche il film di Steven Soderbergh 'Behind The Candelabra', con Michael Douglas e Matt Damon. Il film sull'artista Liberace che molti non volevano produrre perché considerato "troppo gay" e che poi ha trovato i fondi grazie alla HBO.
Protagonista del film Michael Douglas che in conferenza stampa ha raccontato di aver incontrato Liberace: "Ho incontrato Liberace una volta, avevo 12 anni, mio padre aveva una casa a Palm Springs e lui viveva non lontano da lì. Lo vidi uscire una volta dalla sua Rolls Roys, pieno d'oro e anelli, era una bella giornata e lui splendeva letteralmente al sole. Era un personaggio davvero charmant adorava le belle cose, era molto generoso, tutto intorno a lui luccicava". Matt Damon invece non l'ha mai incontrato essendo troppo giovane ma l'ha conosciuto grazie a sua madre: "Per mia madre era un idolo. Lei stessa era una pianista e adorava vederlo suonare". Steven Soderbergh ha invece raccontato le difficoltà nel trovare produttori. "Nessuno a Hollywood voleva farlo per via delle tematiche gay", ha detto il regista, "Dicevano che il film non avrebbe attirato il pubblico etero. E questo, dopo 'Brokeback Mountain'. Incomprensibile! Per di più il mio film è anche divertente, continuano a sorprendermi con le loro dinamiche assurde". "Non penso che il problema fossero le tematiche gay", ha ribattuto Douglas, "quanto il fatto che ormai a Hollywood non si interessano minimamente di film a basso budget. Per fortuna che c'è la tv. Il paradosso è che proprio il mio nome potrebbe essere stato controproducente. Nemmeno i piccoli distributori hanno avuto il coraggio di tirar fuori un Michael Douglas gay!". Inevitabile parlare dell'oggi, delle leggi sui diritti degli omosessuali. "Non so se tra 50 anni avremo finalmente una legge", ha detto Soderbergh, "magari ci chiederemo perché ci sia voluto così tanto tempo. Ma devo essere onesto: non pensavo a questo, preparando il film, quel che mi interessava era il rapporto tra i due personaggi. Un coreografo di Liberace mi ha raccontato che quando venne fuori la sua omosessualità era terrorizzato dall'idea che il pubblico lo avrebbe fischiato. Lo applaudirono più di prima. La vita privata degli artisti al pubblico non interessa. Conta ciò che sono in grado di dare. Magari un giorno arriveremo al punto in cui non si parlerà nemmeno più di queste cose".
Piccolo momento di commozione per Michael Douglas durante la conferenza stampa. "Dopo il cancro, questo film è un regalo", ha detto l'attore commosso. A sdrammatizzare ci ha pensato poi Matt Damon, che nel film interpreta il giovane compagno del protagonista, "posso vantarmi di aver condiviso con Michael Douglas momenti particolarmente intimi, come Sharon Stone o Demi Moore!".
Accolto abbastanza bene dalla critica che ha sottolineato la prova convincente di Michael Douglas e come il vero Liberace avrebbe apprezzato questo film.
Frra
martedì 21 maggio 2013
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