Ci riprova con uno dei più grandi romanzi della letteratura russa, Anna Karenina, forse più difficile da trasporre dei precedenti, ma in un certo senso anche quello più riuscito.
La prima cosa che colpisce del film è l'originalità visiva: una storia dalle location variegate e lontane interamente racchiusa in un unico teatro in cui le pareti sembrano divenire sempre più numerose e gli spazi sempre più angusti e claustrofobici man mano che la vita di Anna diviene insopportabile. Una scelta che colpisce e che dona al film un tocco insolito e allo spettatore una delle sequenza d'apertura più belle della storia del cinema.
I costumi curatissimi e sfarzosi, contrapposti agli ambienti chiusi, sono un vero tocco da maestro, ma ormai Wright ci ha abituato ad una messa in scena di questo tipo e non sorprende più.
Quello che sorprende è invece la crescita straordinaria di un'attrice come la Knightley, diventata sempre più matura di film in film e che dà qui una prova intensissima. La sua Anna è passionale e allo stesso tempo fredda come il ghiaccio e lei è bravissima a reggere i numerosi primi piani che il regista le riserva.
Inutile tornare sulla bravura di Jude Law, marito diviso dall'amore e dall'odio, attore troppo spesso sottovalutato e considerato esclusivamente un belloccio, capace invece di esprimere emozioni con un solo sguardo e per di più in grado di passare con disinvoltura attraverso ruoli molto diversi tra loro.
Purtroppo Aaron Johnson non regge il confronto e le scene in cui è solo con la Knightley sono impietose, tanto che ci si chiede più di una volta dove risieda il tanto decantato fascino di Aleksej, uomo che riesce a far innamorare di sé tutte le donne di Mosca.
Joe Wright dirige con tocco autoriale e lucida maestria un adattamento di un classico che probabilmente diverrà esso stesso un classico, film che sorprende per impatto visivo ed emoziona nella sua struggente ed intensa ineluttabilità.
*Chiara*
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