giovedì 21 maggio 2015

Youth - La Giovinezza - la recensione

Fred (Michael Caine) e Mick (Harvey Keitel) sono due amici di vecchia data in vacanza in un lussuoso albergo sulle idilliache Alpi Svizzere, insieme a Leda (Rachel Weisz), figlia di Fred. L'uno compositore e direttore d'orchestra, per nulla intenzionato a tornare a lavoro (nonostante le insistenze di un emissario di Sua Maestà la Regina Elisabetta), l'altro regista impegnato nella realizzazione del film che considera il suo testamento artistico e spirituale; insieme riflettono sul significato profondo della vita, della morte, della vecchiaia. Di contorno, ma in un certo senso fondamentali, si muovono una serie di personaggi al limite tra la guida spirituale e lo stereotipo di genere, su tutti un giovane attore (Paul Dano) alla ricerca della vera essenza del prossimo personaggio che dovrà interpretare.

Paolo Sorrentino non si smentisce e costruisce anche la sua ultima opera con una cura registica quasi fotografica, fatta di inquadrature statiche e prolungate, dalla composizione articolata, a volte con un tocco inquietante, come nel caso dei magnifici titoli di testa.

Sorrentino parla per immagini più che con le parole, i dialoghi sono pochi, profondi, spesso fatti di silenzi e sguardi, immagini che restituiscono una bellezza simbolica al di là del fattore puramente visivo, scava nell'emotività e nel subconscio, attribuendo a forme e colori significati subito riconoscibili: vita, morte, bellezza, amore, giovinezza e vecchiaia.

Quando si smette di essere giovani per diventare vecchi? Quando si smette di vivere e si muore?
L'apatia è ciò che rende Fred vecchio, più che la sua età effettiva, ma alla fine è il suo aprirsi al futuro e all'amore in ogni sua forma che lo riportano a nuova vita.
La giovinezza è quando si guarda al futuro e lo si vede vicino, mentre la vecchiaia è quando si guarda al passato e lo si vede lontano, incredibilmente lontano. Il senso di Youth è tutto qui, nella splendida scena in cui Mick, uno straordinario Harvey Keitel, lo spiega ai suoi giovani collaboratori, con l'aiuto di una montagna e di un binocolo. Il senso del film sta nei due protagonisti e nella loro amicizia, prima e più pura forma d'amore, motore della rinascita di Fred e fonte di nuova giovinezza, perchè essere giovani vuol dire vivere e vivere vuol dire amare.

Non c'è nulla di originale nei temi trattati da Youth, ma la potenza visiva ed emotiva con cui Sorrentino li comunica allo spettatore innalza il film a opera d'arte.
Grande merito va dato anche al cast, fautore di una prova straordinaria, dall'intenso e misurato Michael Caine, allo già citato Harvey Keitel, fino a un bravissimo Paul Dano e all'irresistibile Jane Fonda.
E notevole è anche la musica, fondamentale in ogni aspetto della pellicola e protagonista della scena più bella del film e una delle scene più belle viste al cinema negli ultimi anni.

Sorrentino, dopo l'Oscar per La Grane Bellezza, non solo si riconferma, ma migliora se stesso, con un'opera che è allo stesso tempo intrattenimento, emozione e arte. Applausi.

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