martedì 1 dicembre 2020

La vita davanti a sè - la recensione

Madame Rosa, ex prostituta e sopravvissuta ai campi di concentramento, si occupa di bambini rimasti soli, o figli di prostitute. Offre loro un tetto, li sfama, si prende cura di loro. Prende con sé anche Momo, ragazzino orfano, ladruncolo di strada, dal carattere chiuso. Il loro rapporto, inizialmente conflittuale, diventa sempre più intenso, fino a quando i ruoli non si capovolgono ed è il giovane Momo, sempre più consapevole di non dover gettare la propria vita, a prendersi cura di Madame Rosa, anziana e in balia della demenza senile.


Il romanzo omonimo da cui è tratto, e che era stato già portato sullo schermo nel 1977, è ambientato a Parigi, ma Edoardo Ponti, sceneggiatore e figlio della Loren, sposta la vicenda a Bari, traslando l'ambientazione in Italia e cercando di rifarsi a quei film che hanno reso Sophia Loren un mito del Cinema, come La Ciociara o Ieri, Oggi e Domani, ma alla fine questo cambio di ambientazione non è mai determinante e il tutto potrebbe svolgersi in un qualsiasi quartiere multietnico di una qualsiasi città europea. Questo è un po' un peccato, perché si sarebbe potuto contestualizzare maggiormente e spingere sull'ambientazione italiana, con una maggiore critica anche di tipo sociale. Il film infatti tocca moltissimi temi, ma di questi praticamente nessuno è approfondito: dallo sfruttamento minorile per i traffici di droga, all'integrazione, fino ai traumi dell'olocausto, tutto appena accennato, tutto che avrebbe potuto costituire un film a sé stante o, almeno, creare una cornice di maggiore profondità a questa pellicola.

Siamo di fronte a un classico melodramma, molto "vecchio", intriso da un'aura di saggezza che non è solo quella di Madame Rosa ma anche, paradossalmente, quella dei ragazzini stessi, bambini che dovrebbero essere perduti e che invece sembrano stoici, tranquilli e speranzosi nella provvidenza.
Persino Momo, il più anticonformista e, in un certo qual modo dickensiano, più ribelle di tutti è incredibilmente saggio e maturo per la sua età, si comporta e parla come un adulto. 
Ogni cosa è filtrata dagli occhi anziani di Madame Rosa, ma la sua è una visione finta dell'infanzia, laddove una minore gravità avrebbe sicuramente giovato al ritmo della narrazione e alla costruzione dei personaggi.

Dove la sceneggiatura è debole e la regia priva di mordente, però, arriva il magnetismo di un'attrice come Sophia Loren che, all'età di ottantasei anni, buca ancora lo schermo ed emoziona come quando ne aveva trenta. Si può dire che il film intero si regge su di lei e sulla chimica con il giovane attore che interpreta Momo, Ibrahima Gueye, vera rivelazione. Il loro rapporto, a tratti tenero a tratti conflittuale, è il cuore pulsante del film e unico punto di emozione vera per lo spettatore. Sarebbe auspicabile sentire ancora parlare di lui, magari in un ruolo completamente diverso rispetto a quello, forse non troppo originale, del ragazzino sfortunato.

Sicuramente La vita davanti a sè non è un film indimenticabile, è povero di ritmo, non troppo originale, a volte piuttosto scontato, ma non è un brutto film, il melodramma e il rapporto fra i due protagonisti riesce anche a emozionare in molti tratti e la Loren è sempre un piacere da vedere.

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