Ad accompagnare il film le due donne protagoniste, due grandi attrici del Cinema Francese, Juliette Binoche e Catherine Deneuve.
Primo film fuori dal Giappone per Kore'eda, già vincitore a Cannes nel 2018, che con questa pellicola torna a raccontare dinamiche familiari, in particolare il rapporto tra una grande diva del cinema (Deneuve) e la figlia (Binoche), una sceneggiatrice che ha sposato un attore americano, fallito e alcolizzato, con cui vive a New York. La pubblicazione dell'autobiografia della donna porterà la figlia a tornare in Francia e a confrontarsi con la madre. Nel cast anche Ethan Hawke.
Per interpretare il ruolo di una grande diva del Cinema Francese, il regista ha chiamato una vera diva del Cinema Francese, cioè Catherine Deneuve, che infatti si è ritrovata molto nel personaggio. "Ho messo molto di me in Fabienne", ha dichiarato l'attrice, "certo, lo faccio sempre nei miei film, ma in questo caso si trattava di un'attrice che per di più è anche madre". C'è solo un aspetto del personaggio in cui l'attrice non si è ritrovata, la totale concentrazione di Fabienne sulla recitazione: "Non mi ritengo una macchina da recitazione", ha dichiarato Catherine Deneuve, "Per me alla fine il cinema è una questione di temperamento". Caratteristica che sicuramente a lei non manca.
La scelta di Catherine Deneuve ha fatto felice anche la sua collega di set Juliette Binoche, che ha dichiarato: "La ammiro da quando ero bambina, per me lei è il simbolo della femminilità". L'attrice ha poi raccontato come all'inizio tra lei e il regista ci fosse un'idea diversa su come interpretare il personaggio di Lumir poi, grazie a una particolare scena, si sono ritrovati sulla stessa linea d'onda. "Il mio personaggio, è una donna ferita dalle bugie della madre", ha raccontato Juliette Binoche, "All'inizio Kore'eda gesticolava moltissimo, sospirava, si agitava, poi dopo aver girato la sequenza in cui Lumir discute a cena con la madre, e la provoca a tavola, ha capito che avevo penetrato il personaggio e mi ha lasciato andare".
Sul film il regista ha dichiarato: "Come negli altri miei film, c'è una dimensione di dramma familiare, ma in questo caso mi interessava principalmente il rapporto fra queste due donne, questa madre e questa figlia che non arrivano ad una risposta sul loro rapporto, ma cercando di andare avanti accettando la presenza una dell'altra. La magia e la bugia sono gli elementi che contraddistinguono queste relazioni".
La Verité sarà nelle sale italiane a ottobre.
Oggi è stato anche il giorno della presentazione della Giuria, ed è subito scoppiata la prima polemica, non una di poco conto. Durante la conferenza stampa, il presidente di Giuria, la regista argentina Lucrecia Martel si è scagliata duramente contro Roman Polanski, che sarà in Concorso con il suo nuovo film.
"Non parteciperò alla cena di gala del signor Roman Polanski perché rappresento molte donne che lottano, in Argentina, e non vorrei trovarmi lì ad applaudirlo", ha dichiarato la regista senza giri di parole, "Io non divido l’uomo dall'opera e ritengo anche che la presenza di Polanski sia un disagio per me".
La regista ha poi fatto apertamente riferimento al caso giudiziario che ha riguardato, e ancora riguarda, il suo collega Polanski, cioè l'accusa e la condanna per violenza sessuale ai danni di una minorenne. "Mi sono informata su internet e mi sono confrontata con degli scrittori che hanno lavorato sull'argomento", ha detto la regista dimostrando di essere arrivata preparata sulla questione, "Ovviamente, non posso mettermi al di sopra delle questioni giudiziarie, ma di sicuro posso empatizzare con la vittima".
Lucrecia Martel non ha chiuso definitivamente la porta per Polanski, ma ha voluto riflettere sulla difficoltà nel trovare una risposta a questo dilemma: "Ritengo che Polanski meriti una chance per le riflessioni sull'umanità che ha prodotto nei suoi film, ma è difficile capire fino a che punto arrivare nei confronti di persone che hanno commesso atti di questa portata, e che sono state giudicate. Se la vittima si sente già risarcita, cosa facciamo? Sono dibattiti cui la nostra epoca ci obbliga a rispondere e non è affatto facile rispondere".
Ovviamente queste dichiarazioni hanno subito alzato un polverone di polemiche, c'è anche chi ha chiesto di rimuovere la regista dal ruolo di presidente di giuria. Sulla questione si è subito espresso Alberto Barbera, direttore della Mostra che ha scelto Polanski per il Concorso: "Credo che si debba distinguere l’uomo dall’artista. La storia dell’arte è piena di artisti che hanno commesso crimini, di varia gravità, e non per questo abbiamo smesso di ammirare le loro opere".
Polanski non è stato l'unico terreno di "scontro" tra Lucrecia Martel e Alberto Barbera, secondo la regista, la presenza delle donne nei festival è ancora troppo bassa. "Il discorso delle quote non è mai soddisfacente", ha dichiarato la regista, "Non mi piace ma non conosco un altro modo per obbligare l’industria a prendere in considerazione film diretti da donne. Sono del parere che, per un paio d’anni, la Mostra dovrebbe provare a includere il 50% di registe donne e vedere cosa succede".
Anche qui, Barbera si è detto contrario. "Ho sempre dichiarato di essere contrario alle quote e ribadisco la mio opinione. Si verrebbe meno al criterio della qualità, perché poi bisognerebbe dare spazio a tutte le minoranze. Sono poche le registe donne perché l’industria del cinema è maschilista. Sono pregiudizi destinati a scomparire, ma ci vorrà del tempo purtroppo".
Punti di vista molto diversi.
Oltre al presidente Lucrecia Martel, la giuria è composta da Piers Handling, Stacy Martin, Rodrigo Prieto, Shinya Tsukamoto, e Paolo Virzì.
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