In un buco del terreno viveva uno Hobbit...
L'errore maggiore che si possa fare, andando al cinema a
vedere Lo Hobbit: un viaggio inaspettato, è pensare di vedere Il Signore degli
Anelli 2.
Lo Hobbit non è il Signore degli Anelli e se qualsiasi
tolkeniano ne è ben consapevole, forse a qualcuno potrebbe sfuggire, rimanendo
inevitabilmente spiazzato e un po’ deluso dal tono così diverso di questo film
rispetto alla Trilogia.
Ecco, è tutta una questione di tono, ne è imperniata la
storia ma soprattutto i personaggi, da Bilbo a Gandalf: là dove c’era un tono
cupo, disperato, malinconico, ecco che qui abbiamo momenti giocosi e buffi, un
Gandalf che si diverte con i giochi di parole e una (seppur solo iniziale e
solo superficiale) spensieratezza e assenza del male che invece era struttura
portante del Signore degli Anelli, anche se in più di un’occasione quel male ricompare, che sia in uno sguardo sofferente del grande Thorin Scudodiquercia o
nelle paure confidate da Gandalf a Galadriel in una delle scene più belle del
film.
Si torna nella Terra di Mezzo, quindi, e seppur in un
periodo storico in cui la guerra è ancora lontana, le sue Terre Selvagge, le
sue Montagne e i suo luoghi sicuri sono proprio come li ricordavamo ed è un
piacere per gli occhi e la mente ritrovare la Contea o Gran Burrone immerse nei
magnifici paesaggi neozelandesi.
Ma anche qui è tutto meno cupo, Gran Burrone non è ultimo
malinconico baluardo degli Elfi, ma un luogo di pace in cui si fa festa, si
danza, in cui lo stesso Sire Elrond sorride, ma sempre si intravede un qualcosa
di molto più dark appena cala il sole e si rimane alla luce lunare, e anche Radagast il Bruno passa da buffo amante degli animali a potente stregone che affronta il Potere Oscuro.
Gli stessi Nani ondeggiano sempre in un perfetto equilibrio tra comicità e drammaticità ed
era davvero difficile dato il loro numero numero. Peter Jackson ci riesce benissimo e
ognuno di loro è diverso e rimane impresso nel cuore dello spettatore,
soprattutto Thorin, carico di tutto il suo carisma, con i suoi molti difetti e
il suo eroismo quasi disperato, uno dei più complessi personaggi tolkeniani; la
sua storia è coinvolgente e anche l’intreccio con l’Orco Pallido Azog (unico “stravolgimento”
di trama apportato da Jackson, anche se è più che altro uno spostamento
temporale) funziona benissimo e getta le basi sia per il finale epico, che per
i prossimi film.
Ma veniamo al vero protagonista: nessun dubbio, Martin
Freeman è Bilbo Baggins. L’attore inglese è grandioso nell’incarnare tutte le
sfumature dello Hobbit, il “lato Baggins” e il “lato Tuc”, la crescita personale
e la presa di consapevolezza graduale che culmina con una delle scene più
importanti dell’intera saga: il faccia a faccia tra Bilbo e Gollum è una gioia
per gli occhi, Andy Serkis è fenomenale
e il suo Gollum realistico e intenso, mentre Freeman è bravissimo nel far
trasparire la paura e l’improvvisa presa di coraggio di Bilbo. Diamo, inoltre,
un bello sguardo all’Anello, in una scena visivamente potente e con il Tema
Musicale da pelle d’oca che ci porta per un attimo indietro nel tempo.
L’intera colonna sonora, a dirla tutta, è straordinaria e
Howard Shore fa un ottimo lavoro anche nell’adattare le canzoni del romanzo (e
qui c’è da applaudire i doppiatori, che non era facile… e parlando di
doppiatori un applauso a Gigi Proietti che è un ottimo Gandalf in sostituzione
al compianto Gianni Musi), sia quella dei Nani già sentita nel trailer che
quella molto divertente sui patti, piacevole sorpresa che forse sarà gradita
quasi esclusivamente da chi ha letto il libro.
Un’ultima parola voglio spenderla sul tanto chiacchierato
48 frame al secondo: ero molto curiosa di vederlo, dato quanto si era detto tra
detrattori e ammiratori, e devo dire che è davvero notevole! Ci vuole un po’
per adattarsi, il nostro occhio è abituato al formato 24 fs e inizialmente un
formato del genere fa sembrare tutto molto strano e si ha quasi l’impressione
di avere un sovraccarico di informazioni visive, ma dopo un quarto d’ora, venti
minuti, ci si fa l’abitudine e l’esperienza diventa di un tale livello da
lasciare sbalorditi. L’immagine è estremamente nitida, il 3D è chiarissimo e
non stanca, ci si dimentica di essere al cinema con degli occhialini, si ha la
vera impressione di trovarsi lì con Gandalf, Bilbo e i Nani, di essere
semplicemente affacciati a una finestra. Il 48 fs è il futuro del cinema,
assolutamente da provare.
In conclusione, Lo Hobbit: un viaggio inaspettato, pur se
del tutto diverso dalla Trilogia che lo aveva preceduto, è l’ennesima
dimostrazione che Peter Jackson e Tolkien sono un’accoppiata da sogno, il
Professore che ha creato un Mondo ed il suo grande Fan che ci regala ancora una
volta quel Mondo dal vivo!
*Chiara*
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