lunedì 19 ottobre 2020

[RomaFF15] Stardust - la recensione

Negli ultimi anni sembra esserci un proliferare di biopic su grandi figure della musica e, in generale, dello spettacolo, dall'acclamato Bohemian Rapsody, al ben più valido ma meno blasonato Rocketman. Ovviamente non poteva mancare all'appello un artista come David Bowie, che oltre alla grandezza della musica ha da offrire a questo tipo di film anche l'originalità e l'estro artistico dei suoi personaggi. Il regista inglese Gabriel Range decide di percorrere una strada diversa rispetto ai due biopic citati prima, in primis è costretto, a causa di problemi legati a dissidi con la famiglia di Bowie e ai diritti d'autore, ad eliminare quasi del tutto la musica del Duca dal film, lasciandola a qualche nota in sottofondo nella colonna sonora e pochissimo altro. Il film non racconta né l'inizio del successo, né gli anni di splendore, ma abbastanza inaspettatamente racconta una storia fittizia, prendendo spunto dal tour americano per promuovere "The Man Who Sold the World" che Bowie fece nel 1971.


Se da una parte è un vero peccato per lo spettatore essere privato al contempo della musica di Bowie e della sua biografia, dall'altra è interessante il modo in cui Range si pone nei confronti di un personaggio molto particolare e in un certo senso misterioso. Il regista ci dice che non è importante cosa accadde davvero, ma l'interpretazione che si può dare alla musica e alla maschera che David Bowie indossa di volta in volta, da Ziggy Starardust al Thin White Duke. Diventa anche difficile inquadrare quindi lo stesso artista: la paura della pazzia, così diffusa nella sua famiglia, il rapporto molto stretto con il fratellastro schizofrenico, la strana dinamica di coppia con la moglie, tutti pezzi del puzzle della personalità sfuggente di Bowie. 

Johnny Flynn, giovane attore e cantante chiamato a interpretare un ruolo non certo facile, è tanto bravo nelle scene recitate, dove cadenza e movenze sono davvero molto simili a quelle reali, quanto poco efficace nelle performance canore, in cui emerge maggiormente Flynn e per nulla Bowie. 

In generale si nota una certa goffagine nella realizzazione del film, non si riesce mai ad andare davvero a fondo nelle questioni psicologiche e la vera essenza di personaggi come Ziggy Stardust non viene mai esplorata del tutto, rimanendo relegata a qualche ottima scena onirica, ai ricordi e all'omaggio iniziale nei confronti di 2001 Odissea nello Spazio.

Un pessimo biopic su uno degli artisti più amati e idolatrati di sempre? Questo è abbastanza certo. Un pessimo film in generale? Probabilmente no, anche perché le due ore passano bene, in più punti il film riesce a commuovere e, andando oltre i difetti, c'è sicuramente la volontà di omaggiare la figura di David Bowie.

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