giovedì 18 novembre 2021

The Green Knight - la recensione

Sir Gawain e il cavaliere Verde è uno dei più rilevanti e studiati fra i poemi cavallereschi del Ciclo Arturiano, principalmente a causa della sua ambiguità e complessità simbolica rispetto ad altri poemi dello stesso ciclo. Eppure, nonostante la sua importanza letteraria e storica, non era mai stato trasposto al cinema, dove il ben più famoso Re Artù, o la storia d'amore fra Ginevra e Lancillotto, la fanno da padroni.

Ci ha pensato il giovane regista David Lowery con un adattamento che non solo riesce a regalare uno spettacolo visivo imponente, ma restituisce in modo per nulla didascalico, e anzi con un simbolismo affascinante, la potenza del testo originale e quella del mezzo cinematografico.


Durante il banchetto di natale alla corte di Re Artù (che non verrà mai chiamato per nome durante l'intero film), mentre i valorosi cavalieri della Tavola Rotonda sono intenti a raccontare le proprie storie e a divertirsi, giunge un enorme cavaliere interamente verde, con un aspetto uscito direttamente dal mondo delle fiabe e del sogno. Il cavaliere verde propone un gioco: un cavaliere dovrà farsi avanti e affrontarlo, per poter conquistare la sua imponente ascia da guerra, ma con la condizione che qualsiasi colpo gli venga inferto, esattamente un anno dopo, lo dovrà restituire uguale al cavaliere nella sua dimora, la cappella verde. Il giovane Gawain, nipote del Re e senza alcuna storia di valore da raccontare, si fa avanti e affronta il cavaliere verde, decapitandolo. Ma quello, presa la sua testa, lascia la sala ricordando a Gawain che a un anno da quel giorno, avrebbe dovuto trovarlo per ricevere quel colpo. Un anno dopo, Gawain si mette in viaggio per ritrovare il Cavaliere Verde e affrontare il suo destino, consapevole che da questa impresa potrà derivarne grande onore, o la sua morte.

La trama è semplice ed è tipica dei poemi cavallereschi, ma la particolarità di questa storia è nel suo essere allo stesso tempo atipica, con il cavaliere che si mette in viaggio non per sconfiggere un nemico, bensì per affrontare la propria probabile morte, un viaggio alla scoperta di sé stessi che Lowery abbraccia pienamente e restituisce con tutta la sua carica di simbolismi, sempre più criptici via via che il viaggio di Gawain si avvicina alla sua conclusione. Se all'inizio il giovane si avvia fiero verso il suo destino, con un piano sequenza magnifico che evidenzia la figura solitaria e quasi mitica dell'eroe, man mano assistiamo a una lenta decostruzione e poi presa di consapevolezza da parte del protagonista rispetto alle sue debolezze e soprattutto alle sue paure, in un mondo dominato dalla magia ma anche dalla morte incombente.

La regia di Lowery è particolarmente inspirata per tutte le due ore del film, con scene che sembrano uscite direttamente da un dipinto d'epoca, altre che sembrano derivare da un mondo onirico fatato e fantastico, altre ancora pregne di grandissima intimità e intensità rispetto ai singoli personaggi. La magnifica colonna sonora di Daniel Hart fa il resto, immergendo lo spettatore nelle atmosfere di un Medioevo che non è la realtà, ma un luogo dove magia e sogno si intersecano con la realtà.


Assoluto protagonista della pellicola, Dev Patel, che si dimostra un attore molto interessante e capace di dare sfumature sempre diverse a personaggi fra i più vari. Credibile sia nei momenti di più fiera cavalleria che in quelli, molto umani, di paura e codardia che il personaggio di Gawain sperimenta, il tutto unito a una presenza scenica perfetta per un film in costume. Ma lo stesso si può dire di tutto il cast, da Alicia Vikander nel doppio ruolo della Lady del Castello e di Essel, la donna amata da Gawain (e il tema del doppio è ricorrente nel film) a Joel Edgerton in quelli del Lord.

È difficile esprimere a parole l'essenza di un film come The Green Knight senza raccontarne ogni singola inquadratura, o senza scadere nella becera retorica, ma la verità è che siamo di fronte a un film che è arte cinematografica allo stato puro, un film che utilizza l'immagine per narrare la sua storia e la psicologia del suo protagonista come raramente capita. 

Peccato non aver potuto goderne in una sala cinematografica.

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