Joe Wright, regista inglese avvezzo alle trasposizioni di grandi classici, è l'ultimo di questa lunga lista. Il regista decide però di prendere un'altra strada e di raccontare non di Wendy, dei bimbi sperduti o della lotta con Capitan Uncino, ma di andare alle origini, a quando Peter era un orfano nella Londra della Seconda Guerra Mondiale e Uncino uno spiantato prigioniero del temibile Barbanera.
Se dal lato puramente visivo gli scenari fantasy e il look steampunk del film Pan funzionano alla perfezione (aiutati da una splendida colonna sonora che spazia dal classico al rock), purtroppo non si può dire lo stesso della sostanza del film. Il peccato non sta tanto nello stravolgere le origini del personaggio di Peter Pan (da bambino fuggito perché non vuole crescere a orfano in cerca della sua famiglia), quanto nell'appiattimento totale di storia e personaggi, mettendo insieme una serie di cliché (l'orfano che si rivela essere il prescelto, l'avventuriero un po' sbruffone, il cattivo geloso, ecc) senza mordente. E mentre il personaggio di Barbanera, seppur banale, si salva grazie alla immensa presenza scenica di Hugh Jackman, a farne maggiormente le spese è il futuro Capitan Uncino, che da malinconico e affascinante villain si ritrova a essere la spalla simpatica, un po' Indiana Jones, un po' Star Lord, presto dimenticato.
Non è necessario scomodare capolavori come Hook, ma questo Pan perde anche contro lavori onesti come il recente Peter Pan di P.J. Hogan, molto meno spettacolare, ma ben più profondo. Un vero passo falso nella carriera di Wright che, fin ora, aveva sbagliato molto poco.
Chiara
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