mercoledì 20 dicembre 2017

Mudbound - la recensione

Tratto dal romanzo omonimo di Hillary Jordan e portato sullo schermo dalla regista afroamericana Dee Rees, Mudbound è un affresco ampio di uno spaccato di America rurale in un preciso momento storico, gli anni a cavallo della seconda guerra mondiale, che però riesce a essere anche straordinariamente attuale sia in cosa racconta che nel come lo racconta.
La storia di due famiglie, una bianca, con alcune spiccate tendenze razziste, e l'altra nera, entrambe che si ritrovano sullo stesso pezzo di terra da padroni e da braccianti, l'amicizia fra due reduci di guerra, così diversi ma così simili da essere probabilmente gli unici a potersi capire reciprocamente, due diversi modi di vivere il matrimonio e la famiglia.

Ci sono tantissime tematiche in Mudbound e tanti personaggi tutti ugualmente importanti e ugualmente affascinanti, una vera e propria epopea vecchio stile che diventa un film di ampio respiro, classico e potente nelle immagini e nei sentimenti.
Sono tutti vittime delle circostanze, in un modo o nell'altro, e il razzismo, senza dubbio il filo conduttore dell'intera pellicola, sembra essere quasi inevitabile, radicato nella campagna stessa e nel fango onnipresente che permea ogni cosa.
La regista è davvero straordinaria nel rendere vivo paesaggio e personaggi. Gli attori infine fanno la loro parte egregiamente, dando tutti grandissima prova, ma a spiccare è una quasi irriconoscibile Mary J Blige, anche se è davvero difficile non citarli tutti perché uno dei grandi pregi del film è la sua coralità.

Dopo l'ottima accoglienza ricevuta al Sundance Film Festival questo film intenso e potente potrebbe seriamente essere uno dei protagonisti della Notte degli Oscar (intanto la Blige ha ricevuto una nomination ai prossimi Golden Globes), e lo meriterebbe sicuramente.

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