mercoledì 11 febbraio 2015

[Oscar 2015] Whiplash - la recensione

Andrew (Miles Teller) è un giovane batterista, intenzionato a diventare il migliore batterista jazz del mondo. Mentre suona nella sua classe di uno dei più prestigiosi conservatori di Manhattan, viene notato da Terence Fletcher, maestro di punta della scuola. I metodi di Fletcher però sono duri e spietati ed Andrew entra in un vortice di alienazione, allontanando da sé i suoi affetti e spingendo se stesso oltre i limiti delle sue capacità.


Damien Chazelle adatta un suo corto, facendone un lungometraggio dal ritmo forsennato, ruvido, che scorre sulle note più belle dal jazz. Non c'è via di uscita dalla durezza delle parole e dei gesti di Fletcher, uno straordinario J.K Simmons che ricorda il kubrikiano sergente Hartman di Full Metal Jacket, la telecamera indugia sul suo volto, sui particolari più fisici come il sudore sulla fronte di Andrew o il sangue che sporca le bacchette del ragazzo. La musica diventa simbolo di ciò che è gusto o non giusto fare per non sprecare il talento, se vale la pena di spingere fino ai limiti più profondi dell'anima di qualcuno per permettergli di non essere solo uno fra tanti, per far sì che il genio riesca ad esprimersi pienamente.

Un romanzo di formazione, un percorso di purificazione fino alla catarsi finale, in una scena tra le più belle mai viste, per poi prendere, finalmente, un lungo respiro liberatorio, accorgendosi solo dopo di aver trattenuto il fiato per due ore.
Whiplash è un film di una potenza espressiva rara, che fa della bravura dei suoi interpreti il punto focale di un vortice di fortissime emozioni e musica forsennata, violenta.

Di certo un film che vale la pena di essere visto, anzi, vissuto.

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