venerdì 14 ottobre 2016

[Roma FF11] Moonlight - la recensione

Film d'apertura di questa ricca edizione del Festival del Cinema di Roma è Moonlight, storia di formazione in tre atti di un ragazzo cresciuto in un ambiente difficile e duro. Chiron è un bambino timido, con una madre tossicodipendente e più di un dubbio sulla propria identità sessuale. Vittima di un bullismo feroce, soprannominato "Little" a causa della sua bassa statura, attraversa le tre fasi della vita (infanzia, adolescenza e una precoce età adulta) con lo sguardo basso e un'andatura saltellante, aiutato solo da uno spacciatore di buon cuore, figura salvifica, paterna e allo stesso tempo causa indiretta del degrado del quartiere, e il suo migliore amico Kevin, l'unico a non maltrattarlo, l'unico a vedere in lui qualcosa di più e una forza nascosta che nemmeno "Little" sa di possedere.

Barry Jenkins fa del lirismo e del poetico il punto focale della sua regia, con lunghi sguardi in
macchina, la luce della luna cercata quasi ossessivamente, riprese vorticanti nella strada dove ogni cosa è caotica, luogo in cui Chiron si sente fuori posto. E' una storia di realtà degradate, ma trasformata in fiaba, dove uno spacciatore può essere il più amorevole dei padri, in cui essere neri è mai lo stereotipo a cui il cinema americano ci ha abituato, in cui il ragazzo che non sapeva chi era scopre la propria identità, eppure è pur sempre la realtà con le sue discriminazioni e le sue tragedie.
Il percorso di crescita di Chiron, scandito didascalicamente dai tre atti di cui è composto il film, è quindi principalmente interiore, dalla confusione dell'infanzia fino a una nuova consapevolezza nell'età adulta.
Fondamentale in questa rappresentazione sono i tre interpreti che danno volto al protagonista, nell'ordine Alex R. Hibbert, Ashton Sanders e Trevante Rhodes, bravissimi nell'infondere le diverse sfumature del personaggio in tre diverse fasi di vita mantenendo costante l'essenza che lo rende immediatamente riconoscibile; in particolare Rhodes infonde a "Black", nome che lo Chiron adulto indossa come una maschera, una dolcezza e una vulnerabilità straordinari.
Anche il cast secondario dà grande prova di sé, e su tutti spicca un'intensa Naomie Harris, donna distrutta dalla droga, sconfitta, piena di senso di colpa per non essere riuscita a essere la madre di cui Chiron aveva bisogno.

Intenso e poetico, Moonlight racconta la scoperta di sé con delicatezza, emozionando con le sue immagini e i suoi personaggi. Davvero un ottimo inizio per il festival.

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