mercoledì 4 luglio 2018

Stronger - la recensione

Per fare colpo sulla ragazza di cui è innamorato, Jeff prepara un cartellone e si piazza sulla linea del traguardo della Maratona di Boston. E' il 15 Aprile 2013 e proprio lì, dove si trova Jeff, esplodono due ordigni a breve distanza l'uno dall'altro, uccidendo tre persone e ferendone 264 fra cui proprio Jeff che, nell'incidente, perde entrambe le gambe.


La storia vera di Jeff Bauman è sicuramente una di quelle adatte a essere trasformate in un film, la storia di un ragazzo che vede la sua vita stravolta completamente da qualcosa che sembra non avere alcun senso, e che, nonostante tutto, va avanti e combatte per riprendere in mano quella vita.
Dove Stronger si dimostra sicuramente riuscito è nella componente emotiva. La storia di Jeff emoziona moltissimo, provoca più volte un groppo in gola e riesce a non sfociare mai nel patetismo e nella lacrima facile a tutti i costi, grazie soprattutto a Jake Gyllenhaal. L'attore, infatti, dà prova di tutta la sua bravura destreggiandosi nei panni difficili di un ragazzo normale che improvvisamente diventa pesantemente disabile e, allo stesso tempo, un eroe nazionale suo malgrado. Il suo personaggio e la sua interpretazione sono totalizzanti, con l'effetto che praticamente nessuno del cast secondario rimane impresso e i personaggi co-protagonisti rimangono molto abbozzati e mai approfonditi.
Si poteva anche spingere un po' di più sull'aspetto puramente traumatico di un'esperienza del genere, portando l'introspezione psicologica del personaggio di Jeff più in profondità, dando anche modo a un attore del calibro di Gyllenhaal (incredibilmente e ingiustamente snobbato da qualsiasi premio importante nella sua carriera) di incidere maggiormente e regalare davvero una performance da Oscar. Non era evidentemente quello l'intento di un film confezionato per emozionare a un livello abbastanza superficiale, obbiettivo pienamente raggiunto.

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