Venti anni dopo cosa stanno cercando? Chi vendetta, chi una degna conclusione e chi semplicemente la libertà.
Nell'epoca del remake, del sequel, del reboot, Danny Boyle non resta a guardare, decide di rispolverare la vecchia agenda, chiama a raccolta i quattro amici e decide di farli tornare a giocare.
Lo scetticismo, come in molti casi analoghi, è palpabile, ma questo film impiega pochissimi minuti per fare tirare il proverbiale sospiro di sollievo e partire in quarta, con una storia che, dovendo riprendere la propria narrazione dopo il finale del primo capitolo, non può che partire dai tradimenti e declinarli al meglio.
I ragazzi non sono più proprio ragazzi, sono invecchiati, vero, ma saranno anche cresciuti? La risposta, per nostra fortuna, è no, con Renton, Spud, Begbie e Sick Boy pronti a ricadere in un vortice di illegalità, immoralità e cattivo gusto, che non ha nulla da invidiare al primo capitolo.
Tra i due film passano ben 21 anni e si vede, soprattutto per quanto riguarda il signore dietro la macchina da presa. La maturità artistica di Danny Boyle ha preso il posto del talentuoso giovane che ha portato su schermo l'opera di Welsh la prima volta, sfornando un film girato con grandissima consapevolezza dei propri mezzi, permettendogli di omaggiare e rivivere i momenti più importanti del film del 1996 senza però perdere di vista l'importanza di un film che deve potersi reggere sulle proprie gambe, con una storia interessante ed avvincente, un ritmo forsennato ed una colonna sonora decisamente coinvolgente.
Ma non è tutto rose e fiori, in T2 non c'è spazio per tante cose, una su tutte, la nostalgia. Quella che muove l'intera macchina dei remake viene presa a calci, costantemente, per due ore. L'eroina stessa è solo un pretesto per rivivere quelli che, nel loro periodo erano bei tempi, ma ora, col senno maturato con l'età, ci si rende conto essere stati nient'altro che tempo perso.
Alcuni treni è giusto che si fermino alla prima stazione, altri, come quello di Trainspotting è giusto che proseguano fino alla successiva, perché hanno molto ancora da raccontare.
Marcello Banfi
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