domenica 31 dicembre 2017

I migliori 10 film del 2017 secondo la redazione di Frame

Uno sguardo all'anno che sta per concludersi con le nostre personali Top 10.

Scelte per niente facili, il 2017 è stato un anno decisamente soddisfacente per il Cinema e la Tv, tra grandi blockbuster, Cinecomic, film indipendenti, serie tv, e piccoli film "invisibili".


Chiara
- Blade Runner 2049
- Dunkirk
- The War of the Planet of the Apes
- La la land
- Your Name
- The Lego Batman Movie
- Arrival
- Logan
- Star Wars: The Last Jedi
- Assassinio sull'Orient Express

Matteo
- Logan
- Guardiani della Galassia Vol.2
- King Arthur - Il Potere della Spada
- Coco
- Okja
- La La Land
- Dunkirk
- Your Name
- Sette Minuti dopo la Mezzanotte
- La Cura del Benessere

Frra
- Dunkirk
- Blade Runner 2049
- IT
- The War of the Planet of the Apes
- Free Fire
- Personal Shopper
- Arrival
- The Handsmaid's Tale
- Star Wars: The Last Jedi
- Kong: Skull Island

Marcello
- Blade Runner 2049
- Get Out
- Baby Driver
- Dunkirk
- Madre!
- Atomica Bionda
- La La Land
- Arrival
- The Lost City of Z
- Personal Shopper


[i film presi in considerazione sono quelli usciti in Italia dal 1 gennaio 2017 al 31 dicembre 2017]

Coco - la recensione

Lee Unkrich e Adrian Molina firmano Coco, diciannovesimo lungometraggio animato Pixar che ci porta nel bel mezzo di una "diatriba" familiare nel Día de Muertos, nota festività messicana.

Tra mondo dei vivi e mondo dei morti il lungometraggio si snoda su una struttura piuttosto classica e quasi priva di guizzi di sceneggiatura. Tuttavia il cuore che man mano affiora dalla semplicità della trama riesce a commuovere anche lo spettatore più scettico, regalando dei momenti davvero suggestivi.

Inutile (probabilmente) soffermarci sul lato tecnico sempre più sopraffino e incredibile. Il mondo dei morti esplode sullo schermo come il più colorato e fantasioso dei luoghi visti per ora nei film dello studio animato. Dall'altra parte però non si riscontra la stessa sorpresa nel design dei personaggi umani piuttosto standard visivamente parlando.

La musica infine condisce un prodotto che proprio su di essa pone le proprie basi, regalando dei momenti sia emozionanti che divertenti.

C'è bisogno di abituarsi al mondo di Coco, ma superata la prima metà non resta che rimanere affascinati e totalmente coinvolti nelle grandi emozioni che pervadono il film.

P.S. - Frozen - Le Avventure di Olaf è stato scelto come cortometraggio (Disney) da proiettare prima del film. In 21 minuti ritroviamo tutti (o quasi) i personaggi principali del classico Disney del 2013 che tornano sul grande schermo in un - troppo lungo - segmento che nella sua semplicità funziona (molto di più di Frozen Fever), anche se i momenti musicali risultano quasi molesti.

mercoledì 20 dicembre 2017

Mudbound - la recensione

Tratto dal romanzo omonimo di Hillary Jordan e portato sullo schermo dalla regista afroamericana Dee Rees, Mudbound è un affresco ampio di uno spaccato di America rurale in un preciso momento storico, gli anni a cavallo della seconda guerra mondiale, che però riesce a essere anche straordinariamente attuale sia in cosa racconta che nel come lo racconta.
La storia di due famiglie, una bianca, con alcune spiccate tendenze razziste, e l'altra nera, entrambe che si ritrovano sullo stesso pezzo di terra da padroni e da braccianti, l'amicizia fra due reduci di guerra, così diversi ma così simili da essere probabilmente gli unici a potersi capire reciprocamente, due diversi modi di vivere il matrimonio e la famiglia.

Ci sono tantissime tematiche in Mudbound e tanti personaggi tutti ugualmente importanti e ugualmente affascinanti, una vera e propria epopea vecchio stile che diventa un film di ampio respiro, classico e potente nelle immagini e nei sentimenti.
Sono tutti vittime delle circostanze, in un modo o nell'altro, e il razzismo, senza dubbio il filo conduttore dell'intera pellicola, sembra essere quasi inevitabile, radicato nella campagna stessa e nel fango onnipresente che permea ogni cosa.
La regista è davvero straordinaria nel rendere vivo paesaggio e personaggi. Gli attori infine fanno la loro parte egregiamente, dando tutti grandissima prova, ma a spiccare è una quasi irriconoscibile Mary J Blige, anche se è davvero difficile non citarli tutti perché uno dei grandi pregi del film è la sua coralità.

Dopo l'ottima accoglienza ricevuta al Sundance Film Festival questo film intenso e potente potrebbe seriamente essere uno dei protagonisti della Notte degli Oscar (intanto la Blige ha ricevuto una nomination ai prossimi Golden Globes), e lo meriterebbe sicuramente.

martedì 19 dicembre 2017

Scandalo Weinstein: Meryl Streep risponde alle accuse di Rose McGowan

A Hollywood continua il terremoto causato dallo scandalo Weinstein. Molte attrici hanno annunciato che ai prossimi Golden Globes si vestiranno di nero per protestare contro le molestie sessuali, protesta a cui avrebbero aderito anche nomi come Jessica Chastain, Emma Stone, e Meryl Streep.

L'iniziativa però non è piaciuta affatto a Rose McGowan, tra le prime accusatrici di Harvey Weinstein, che ha accusato le attrici di ipocrisia, e se l'è presa soprattutto con Meryl Streep.

"Alle attrici come Meryl Streep che hanno felicemente lavorato con "The Pig Monster": il vostro silenzio è il problema", ha scritto la McGowan su Twitter, "Accetterete un premio falso senza batter ciglio e non ci sarà nessun cambiamento reale. Disprezzo la vostra ipocrisia. Forse dovreste indossare Marchesa". Marchesa il marchio con cui ha collaborato la moglie di Weinstein.

Un'accusa ben precisa a cui Meryl Streep ha voluto rispondere con un lungo comunicato. Eccolo.

"Mi ha addolorata essere attaccata da Rose McGowan, voglio farle sapere che non conoscevo i crimini di Weinstein. Non li conoscevo negli anni novanta quando lui l'ha aggredita, o nei decenni successivi quando ha aggredito altre.
Non ho scelto di stare in silenzio. Non lo sapevo. Non ho approvato tacitamente lo stupro. Non lo sapevo. Non mi piace che le giovani donne vengano molestate. Non ne sapevo nulla.

Non so dove abita Harvey, lui non è mai stato a casa mia e io non mi ha mai invitata in una sua camera d’albergo. Sono stata nel suo ufficio una sola volta, l’ho incontrato per La Musica del Cuore di Wes Craven nel 1998.

HW ha distribuito alcuni miei film fatti da altre persone. HW non era un regista, è stato spesso produttore, distribuiva film fatti da altre persone – alcuni buoni, altri non buoni. Ma non tutti gli attori, le attrici e i registi che hanno fatto film distribuiti da lui sapevano che abusava delle donne, o che aveva stuprato Rose negli anni novanta, oltre ad altre donne prima e dopo, finché non è uscita la notizia. Non sapevamo che HW e i suoi complici compravano il silenzio delle donne.

A HW serviva che noi non sapessimo, perché avere a che fare con noi gli dava credibilità, la possibilità di attirare giovani donne in circostanze nelle quali avrebbe potuto far loro del male.Aveva più bisogno lui di me che io di lui, e per questo fece di tutto perché non scoprissi nulla.
Sembra che abbia ingaggiato anche degli ex agenti del Mossad per impedire che queste informazioni divenissero pubbliche. Rose e tutte le altre vittime di questi uomini potenti, ricchi e senza scrupoli, sono avversari contro i quali vincere, a tutti i costi, è l’unico risultato accettabile. Per questo è stato istituito un fondo per la difesa legale delle vittime, un fondo al quale centinaia di brave persone della nostra industria stanno contribuendo. L’obiettivo è abbattere questi bastardi e aiutare le vittime a combattere questa battaglia.

Rose ha dato per scontata (e ha diffuso in lungo e in largo) una cosa non vera su di me, e volevo che sapesse la verità. Attraverso amici comuni, le ho telefonato non appena ho letto i titoli sui giornali. Ho passato la giornata di ieri e stamattina attaccata al telefono, sperando di esprimerle il mio profondo rispetto nei confronti del coraggio avuto da lei e da altre nell'esporre i mostri che si trovano tra noi, e la mia empatia verso il suo dolore. Nessuno può cancellare ciò che hanno fatto boss come Bill O’Reilly, Roger Ailes e Harvey Weinstein alle donne ,con gli attacchi ai loro corpi e la loro abilità di cavarsela. Speravo mi avrebbe ascoltata, ma non ha risposto al telefono. Spero che legga questo mio comunicato.

Mi dispiace tantissimo che mi veda come avversaria, perché siamo insieme, unite a tutte le donne della nostra industria, e combattiamo lo stesso nemico: uno status quo che vuole a tutti i costi riportarci indietro ai vecchi tempi, quando le donne venivano usate, abusate ed escluse dai livelli più alti dell’industria. È lì che venivano concordati gli insabbiamenti. Quelle stanze vanno disinfettate e integrate, per far sì che qualcosa inizi a cambiare."

Rose McGowan non ha risposto al comunicato di Meryl Streep, almeno non direttamente. L'attrice ha cancellato il tweet in cui accusava le attrici di ipocrisia, ha negato di aver accusato Meryl Streep di aver saputo e taciuto sulle molestie e gli stupri, ma poi ha riso rigirando un tweet che ironizzava sul comunicato della Streep e sul fatto che avesse cercato di contattarla per parlarle. Insomma, non sembra abbia accolto le belle parole di Meryl Streep che invece sembrano davvero serie, sincere e oneste.
Ai fini della causa, attaccare altre donne che si stanno schierando in difesa delle colleghe e contro i molestatori, non sembra una strategia vincente, anzi.

lunedì 18 dicembre 2017

Star Wars: Gli Ultimi Jedi - la recensione (senza spoiler)

Il secondo capitolo di una trilogia è sempre il più delicato, se poi quella trilogia fa parte della saga di Star Wars, le cose oltre che delicate diventano anche difficili, ma il regista Rian Johnson non si è fatto spaventare e in Star Wars: Gli Ultimi Jedi non solo raccoglie la sfida ma rilancia con grande coraggio.

Ne Gli Ultimi Jedi ritroviamo i personaggi dove li avevamo lasciati ne Il Risveglio della Forza: i Ribelli, comandati dal Generale Organa, sono braccati dal Primo Ordine, Finn è ancora privo di sensi, Kylo Ren è ancora tormentato, e Rey è arrivata sull'isola e si trova di fronte a Luke Skywalker.
Il film si apre con una battaglia nello spazio, con le navi del Primo Ordine in orbita davanti al pianeta dell'avamposto Ribelle che sta smobilitando per cercare di fuggire e salvarsi. Tutto il film si svolge nell'arco di questo inseguimento, una corsa contro il tempo che si trasforma in un conto alla rovescia che regala tensione narrativa e impone un certo ritmo alla storia. E intorno a questo inseguimento spaziale si muovono tutti i personaggi, vicini e lontani. Ma il film non s'intitola Gli Ultimi Jedi per sbaglio, al centro del filone parallelo si sviluppa la storia di Rey, Luke e Kylo Ren, che mette al centro la figura dello Jedi in tutti i sensi, il suo significato come simbolo, leggenda, la sua storia e il suo futuro.

Della trama non si può dire nulla però, fare anche solo un minimo spoiler sul film sarebbe un delitto, perché se c'è una cosa davvero sorprendente de Gli Ultimi Jedi è che il film è pieno di sorprese.

Rogue One ha insegnato qualcosa alla Lucasfilm e cioè che anche nella saga di Star Wars si può osare, e Rian Johnson in questo film ha osato molto (cosa che potrebbe far storcere il naso ai puristi), sia dal punto di vista della storia che da quello del tono, il film presenta grande emotività e tensione ma anche tanto umorismo e battute ironiche.
Gli Ultimi Jedi è quasi un film di rottura per la saga, tanto collegato al passato quanto pronto a lasciarselo rispettosamente e pacificamente alle spalle. Quando Luke nel film (si sente anche nel trailer) dice "Questa storia non andrà come tu pensi", sembra quasi riferirsi al film. Il regista è stato molto coraggioso nel prendere i personaggi, vecchi e nuovi, e presentarli in un modo che non ci saremmo mai aspettati, poi riprendere la storia lì dov'era finita e portarla dove lo spettatore non si aspettava che potesse andare. Rian Johnson presenta una situazione, poi sterza, cambia, e quando ti sembra di riuscire a intuire la piega che sta prendendo, la storia sterza ancora, si rigira su se stessa, spiazzando lo spettatore (anche con piacevoli ritorni) e portando la saga in luoghi inesplorati, azzerando quello che sapevamo o immaginavamo, e buttando delle basi molto interessanti per il terzo episodio.
Molto interessante anche il lavoro fatto sui personaggi, il regista ha avuto il coraggio di inserire elementi nuovi (molto riusciti) e metterli in primo piano al centro della storia, e allo stesso tempo ha dato nuovo slancio ai protagonisti del precedente capitolo, su tutti Rey e Kylo Ren, che si confermano i personaggi più interessanti di questa nuova saga.

Dal punto di vista tecnico il film è ben fatto, con alcune scene decisamente spettacolari accompagnate in modo magistrale dalla musica (rendiamo sempre grazie a John Williams) e degli effetti speciali reali, concreti, e non solo in CGI.

In tutto questo, il cast si dimostra decisamente all'altezza, sia le new entry, che i nuovi, che i "vecchi". A spiccare più degli altri sono senza dubbio Daisy Ridley e Adam Driver, un binomio che diventa sempre di più cuore pulsante della storia. Entrambi riescono a dare la giusta ed emozionante profondità ai rispettivi personaggi, in particolare Driver trasmette tutto il suo tormento, la sua rabbia e la sua debolezza. E se è davvero un piacere rivedere Mark Hamill nei panni di Luke, soprattutto nel nuovo spiazzante modo in cui viene presentato, non si può non provare profondo rammarico assistendo alla bella performance di Carrie Fisher. Ne Gli Ultimi Jedi l'attrice regala nuove sfaccettature al suo personaggio, qui si vede in modo chiaro la trasformazione da Principessa ribelle a Generale dei Ribelli. Leia è salda, saggia, è di ispirazione, è il volto della speranza per chi la circonda e soprattutto ha la Forza dalla sua parte. Un personaggio che rispetto al primo capitolo è cresciuto tantissimo e che - si intuisce perfettamente in questo film - avrebbe dovuto vivere il suo culmine nel terzo episodio, cosa che purtroppo non potrà succedere e questo lascia un grande senso di tristezza e di ingiustizia. A causa della sua prematura scomparsa, ogni scena che la vede protagonista diventa inevitabilmente emozionante.

Ora per il terzo film la palla passa di nuovo a J.J. Abrams. Rian Johnson ha fornito al suo successore tantissimi spunti interessanti, ha costruito intelligentemente e poi lasciato aperte molte porte che possono portare a soluzioni diverse e sopratutto ha fornito un chiaro tema alla base della storia, un tema in cui ora J.J. Abrams potrà trasferire più "epicità" e drammaticità.
Star Wars: Gli Ultimi Jedi è un film coraggioso nel contesto di una saga così lunga, non è perfetto, ha una sana e giovanile sfrontatezza rimanendo però sempre rispettoso del passato. E' un ottimo film, un ottimo secondo capitolo che sicuramente migliorerà rivedendolo una seconda (ma anche un terza, quarta, quinta) volta, è spiazzante, divertente, emozionante e spettacolare, è tutto quello che deve essere un film di Star Wars.


PS: vale la pena rimanere seduti in sala fino alla fine della prima parte dei titoli, fino a che sullo schermo non compare la scritta "In Loving Memory of Our Princess Carrie Fisher". Un colpo al cuore.

mercoledì 13 dicembre 2017

SAG Awards 2018 - le nomination

Annunciate poco fa le nomination agli Screen Actors Guild Awards 2018, premi consegnati dal sindacato degli attori. Premio molto indicativo in chiave Oscar.

Fanno scalpore le assenza di film come The Post e Il Filo Nascosto (cosa che quasi sicuramente non si ripeterà agli Oscar), ma le cinquine dei nominati danno già un'idea dei possibili favoriti per gli Academy Awards.

Senza sua maestà Meryl Streep, nella cinquina delle migliori attrici si va delineando una sfida a due tra Margot Robbie (I, Tonya) e Saoirse Ronan (Lady Bird), che dovranno però stare attente a due grandi attrici come Dame Judi Dench (Victoria & Abdul) e Frances McDormand (Three Billboards Outside Ebbing, Missouri), senza dimenticare l'outsider Sally Hawkins (The Shape of Water).
Per gli uomini, ancora una nomination per il giovane Timothée Chalamet (Chiamami col tuo Nome), che dovrà vedersela con James Franco (The Disaster Artist), Daniel Kaluuya (Get Out), Denzel Washington (Roman J. Israel, Esq.), e con quello che sembra essere il favorito, cioè Gary Oldman (The Darkest Hour).

Per le serie tv, si conferma mattatore Big Little Lies, che vede quasi tutto il suo cast nominato ma, curiosamente, è assente dalla cinquina del miglior cast.
Per il secondo anno consecutivo è nominata come migliore attrice di una serie drama la giovanissima "Eleven" Millie Bobby Brown per Stranger Things, serie che si è presa anche la nomination per il miglior cast insieme a (l'immancabile) Il Trono di Spade, The CrownThe Handmaid's Tale, e This is Us.

La cerimonia si terrà il 21 gennaio. Ecco tutte le nomination.

MIGLIOR CAST
The Big Sick
Get Out
Lady Bird
Mudbound
Three Billboards Outside Ebbing, Missouri

MIGLIORE ATTRICE
Judi Dench, Victoria & Abdul
Sally Hawkins, The Shape of Water
Frances McDormand, Three Billboards Outside Ebbing, Missouri
Margot Robbie, I, Tonya
Saoirse Ronan, Lady Bird

MIGLIOR ATTORE
Timothée Chalamet, Call Me by Your Name
James Franco, The Disaster Artist
Daniel Kaluuya, Get Out
Gary Oldman, Darkest Hour
Denzel Washington, Roman J. Israel, Esq.

MIGLIORE ATTRICE NON PROTAGONISTA
Mary J. Blige, Mudbound
Hong Chau, Downsizing
Holly Hunter, The Big Sick
Allison Janney, I, Tonya
Laurie Metcalf, Lady Bird

MIGLIOR ATTORE NON PROTAGONISTA
Steve Carell, Battle of the Sexes
Willem Dafoe, The Florida Project
Woody Harrelson, Three Billboards Outside Ebbing, Missouri
Richard Jenkins, The Shape of Water
Sam Rockwell, Three Billboards Outside Ebbing, Missouri

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CAST DRAMA
Il Trono di Spade
Stranger Things
The Crown
The Handmaid's Tale
This Is Us

ATTORE DRAMA
Jason Bateman, Ozark
Sterling K. Brown, This Is Us
Peter Dinklage, Il Trono di Spade
David Harbour, Stranger Things
Bob Odenkirk, Better Call Saul

ATTRICE DRAMA
Millie Bobby Brown, Stranger Things
Claire Foy, The Crown
Laura Linney, Ozark
Elisabeth Moss, The Handmaid's Tale
Robin Wright, House of Cards

CAST COMEDY
Black-ish
Curb Your Enthusiasm
GLOW
Orange Is the New Black
Veep

ATTORE COMEDY
Anthony Anderson, Black-ish
Aziz Ansari, Master of None
Larry David, Curb Your Enthusiasm
Sean Hayes, Will & Grace
William H. Macy, Shameless
Marc Maron, GLOW

ATTRICE COMEDY
Uzo Aduba, Orange Is the New Black
Alison Brie, GLOW
Jane Fonda, Grace and Frankie
Julia Louis-Dreyfus, Veep
Lily Tomlin, Grace and Frankie

ATTORE IN UNA MINISERIE O FILM TV
Benedict Cumberbatch, Sherlock
Jeff Daniels, Godless
Robert De Niro, The Wizard of Lies
Geoffrey Rush, Genius
Alexander Skarsgård, Big Little Lies

ATTRICE IN UNA MINISERIE O FILM TV
Laura Dern, Big Little Lies
Nicole Kidman, Big Little Lies
Jessica Lange, FEUD: Bette and Joan
Susan Sarandon, FEUD: Bette and Joan
Reese Witherspoon, Big Little Lies

STUNT
GLOW
Homeland
Il Trono di Spade
Stranger Things
The Walking Dead

lunedì 11 dicembre 2017

Golden Globe 2018 - le nomination

Rivelate poco fa le nomination ai Golden Globe 2018. Più o meno sono stati rispettati tutti i pronostici, sia per il Cinema che per la Tv.

C'è un po' d'Italia. Luca Guadagnino con il suo Chiamami col Tuo Nome si è guadagnato una nomination per il miglio film drama, andando ad affiancare i maggiori titoli della stagione, The Post di Spielberg, Dunkirk di Nolan, The Shape of Water di Del Toro e Three Billboards Outside Ebbing, Missouri di McDonagh.
Tra le commedie spicca Get Out, soprattutto perché è un horror che si è dovuto trasferire tra le commedie per trovare spazio ed ottenere una nomination, ma la sfida è aperta con I, Tonya, Lady Bird, il musical The Greatest Showman, e The Disaster Artist di James Franco.

La cinquina dei registi nominati è quasi la stessa, con Ridley Scott (Tutti i Soldi del Mondo) al posto di Guadagnino. Scott che, ricordiamo, ha dovuto compiere un mezzo miracolo rigirando e sostituendo tutte le scene di Kevin Spacey (tagliato dal film) con Christopher Plummer, e l'attore si è anche guadagnato una nomination come migliore attore non protagonista. Il film ha ottenuto anche la nomination per la migliore attrice drama (Michelle Williams).

Interessanti le cinquine degli attori. Se in quella delle migliori attrici comedy/musical la sfida sembra tra Margot Robbie (I, Tonya) e Saoirse Ronan (Lady Bird), nella sezione drama c'è più battaglia, anche se la favorita resta (come sempre) Meryl Streep per The Post. Da sottolineare la nomination nella cinquina comedy a Helen Mirren per il film The Leisure Seeker di Virzì.
Per gli uomini, al momento non sembra esserci un vero favorito nella sezione comedy, con James Franco che potrebbe portarsi a casa un premio per il suo apprezzato The Disaster Artist, mentre nella cinquina drama è curiosa la sfida tra quattro colonne del Cinema come Daniel Day-Lewis (Il Filo Nascosto), Denzel Washington (Roman J. Israel, Esq.), Tom Hanks (The Post), Gary Oldman (L'Ora Più Buia), e il giovane Timothée Chalamet (Chiamami col tuo Nome). Oldman comunque sembra il favorito.

Tra i film d'animazione, Coco della Pixar è il favorito. Niente Italia tra i film stranieri.

Per la tv, tante nomination per Big Little Lies (praticamente tutto il cast), bene anche The Handmaid's Tale, Fargo e Stranger Things.
Jude Law si è meritato una nomination come migliore attore in una minisere/film tv per The Young Pope di Sorrentino. Solo una nomination per Twin Peaks, quella come migliore attore di miniserie/film tv per Kyle MacLachlan.

La cerimonia di premiazione si terrà il 7 gennaio.

Ecco tutte le nomination.

Best Motion Picture – Drama
Call Me By Your Name
Dunkirk
The Post
The Shape of Water
Three Billboards Outside Ebbing, Missouri

Best Motion Picture – Musical or Comedy
The Disaster Artist
Get Out
The Greatest Showman
I, Tonya
Lady Bird

Best Motion Picture – Animated
The Boss Baby
The Breadwinner
Coco
Ferdinand
Loving Vincent

Best Motion Picture – Foreign Language
A Fantastic Woman
First They Killed My Father
In the Fade
Loveless
The Square

Best Performance by an Actress in a Motion Picture – Drama
Jessica Chastain, Molly’s Game
Sally Hawkins, The Shape of Water
Frances McDormand, Three Billboards Outside Ebbing, Missouri
Meryl Streep, The Post
Michelle Williams, All the Money in the World

Best Performance by an Actor in a Motion Picture – Drama
Timothée Chalamet, Call Me By Your Name
Daniel Day-Lewis, Phantom Thread
Tom Hanks, The Post
Gary Oldman, Darkest Hour
Denzel Washington, Roman J. Israel, Esq.

Best Performance by an Actress in a Motion Picture – Musical or Comedy
Judi Dench, Victoria & Abdul
Helen Mirren, The Leisure Seeker
Margot Robbie, I, Tonya
Saoirse Ronan, Lady Bird
Emma Stone, Battle of the Sexes

Best Performance by an Actor in a Motion Picture – Musical or Comedy
Steve Carell, Battle of the Sexes
Ansel Elgort, Baby Driver
James Franco, The Disaster Artist
Hugh Jackman, The Greatest Showman
Daniel Kaluuya, Get Out

Best Performance by an Actress in a Supporting Role in any Motion Picture
Mary J. Blige, Mudbound
Hong Chau, Downsizing
Allison Janney, I, Tonya
Laurie Metcalf, Lady Bird
Octavia Spencer, The Shape of Water

Best Performance by an Actor in a Supporting Role in any Motion Picture
Willem Dafoe, The Florida Project
Armie Hammer, Call Me By Your Name
Richard Jenkins, The Shape of Water
Christopher Plummer, All the Money in the World
Sam Rockwell, Three Billboards Outside Ebbing, Missouri

Best Director – Motion Picture
Guillermo del Toro, The Shape of Water
Martin McDonagh, Three Billboards Outside Ebbing, Missouri
Christopher Nolan, Dunkirk
Ridley Scott, All the Money in the World
Steven Spielberg, The Post

Best Screenplay – Motion Picture
The Shape of Water
Lady Bird
The Post
Three Billboards Outside Ebbing, Missouri
Molly’s Game

Best Original Score – Motion Picture
Three Billboards Outside Ebbing, Missouri
The Shape of Water
Phantom Thread
The Post
Dunkirk

Best Original Song – Motion Picture
“Home,” Ferdinand
“Mighty River,” Mudbound
“Remember Me,” Coco
“The Star,” The Star
“This Is Me,” The Greatest Showman

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MIGLIOR SERIE - DRAMA
Il Trono di Spade
Stranger Things
The Crown
The Handmaid's Tale
This Is Us

MIGLIOR SERIE - COMEDY O MUSICAL
Black-ish
Master of None
SMILF
The Marvelous Mrs. Maisel
Will & Grace

MIGLIORE ATTORE IN UNA SERIE - DRAMA
Jason Bateman, Ozark
Sterling K Brown, This Is Us
Freddie Highmore, Bates Motel
Bob Odenkirk, Better Call Saul
Liev Schreiber, Ray Donovan

MIGLIORE ATTRICE IN UNA SERIE - DRAMA
Caitriona Balfe, Outlander
Claire Foy, The Crown
Maggie Gyllenhaal, The Deuce
Katherine Langford, Tredici
Elisabeth Moss, The Handmaid's Tale

MIGLIORE ATTORE IN UNA SERIE - COMEDY O MUSICAL
Anthony Anderson, Black-ish
Aziz Ansari, Master of None
Kevin Bacon, I Love Dick
William H. Macy, Shameless
Eric McCormack, Will & Grace

MIGLIORE ATTRICE IN UNA SERIE - COMEDY O MUSICAL
Pamela Adlon, Better Things
Alison Brie, GLOW
Rachel Brosnahan, The Marvelous Mrs. Maisel
Issa Rae, Inseucre
Frankie Shaw, SMILF

MIGLIOR MINISERIE O FILM TV
Big Little Lies
Fargo
FEUD: Bette and Joan
The Sinner
Top of the Lake: China Girl

MIGLIORE ATTORE IN UNA MINISERIE O FILM TV
Robert De Niro, The Wizard of Lies
Jude Law, The Young Pope
Kyle MacLachlan, Twin Peaks
Ewan McGregor, Fargo
Geoffrey Rush, Genius

MIGLIORE ATTRICE IN UNA MINISERIE O FILM TV
Jessica Biel, The Sinner
Nicole Kidman, Big Little Lies
Jessica Lange, FEUD: Bette and Joan
Susan Sarandon, FEUD: Bette and Joan
Reese Witherspoon, Big Little Lies

MIGLIORE ATTORE NON PROTAGONISTA IN UNA SERIE, MINISERIE O FILM TV
David Harbour, Stranger Things
Alfred Molina, FEUD: Bette and Joan
Christian Slater, Mr. Robot
Alexander Skarsgard, Big Little Lies
David Thewlis, Fargo

MIGLIORE ATTRICE NON PROTAGONISTA IN UNA SERIE, MINISERIE O FILM TV
Laura Dern, Big Little Lies
Anne Dowd, The Handmaid's Tale
Chrissy Metz, This Is Us
Michelle Pfeiffer, The Wizard of Lies
Shailene Woodley, Big Little Lies

giovedì 7 dicembre 2017

Free Fire - la recensione

Boston, anni '70. In una fabbrica abbandonata ci sono due gruppi: da una parte gli irlandesi che vogliono comprare armi, dall'altra gli americani (guidati da un sudafricano) trafficanti di armi. Le due parti devono concludere un affare che parte subito male, ma a far precipitare la situazione in modo irrimediabile ci pensa una scintilla, che non ha niente a che vedere con lo scambio in atto, che accende una miccia inarrestabile. Inizia così una sparatoria senza esclusione di colpi, le due fazioni si fronteggiano senza risparmiare proiettili, poi dal nulla arrivano due cecchini, mentre anche il rapporto all'interno delle fazioni vacilla. E intanto si spara a più non posso.

In Free Fire il regista Ben Wheatley mette in scena una lunga sparatoria che dura per tutto il film, c'è tempo giusto per un breve preambolo di una ventina di minuti, in cui si comincia subito a percepire la tensione di un accordo che con un niente può finire in disastro, e così accade, anche se non nel modo e per i motivi che ci si aspetta. Apparentemente sembra non esserci una vera e propria storia, e così è in effetti, c'è una situazione, e quella situazione diventa un film intero, che non annoia mai, anzi appassiona e diverte. Per tutto il film non ci si può non chiedere continuamente come andrà a finire, chi la spunterà, chi riuscirà a finire il film in piedi, chi si porterà a casa la valigetta con i soldi.

Tutta la scena si svolge dentro un unico luogo, una fabbrica, con i personaggi che si muovono, si spostano, si nascondono e strisciano in ogni angolo per trovare riparo o per cercare di colpire meglio il nemico. Il tono del film è tutt'altro che serio, fin da subito il regista mette in chiaro che i toni saranno ironici, sarcastici, divertenti, con un linguaggio volutamente colorito e battute al vetriolo che vengono sparate proprio come i colpi di pistola.

Ottimo il cast, Cillian Murphy, Sharlto Copley, Armie Hammer, Jack Reynor, Sam Riley, Noah Taylor, Michael Smiley, Enzo Cilenti, e Brie Larson, unica donna del gruppo ma di certo non sprovveduta. Ogni attore riesce a ritagliarsi uno spazio tutto suo, grazie non solo alla bravura del cast ma anche alla definizione dei personaggi. Ogni personaggio infatti ha una sua precisa caratterizzazione, ben definita e inquadrata nel contesto.

Free Fire è un film particolare, un po' folle, esagerato, violento, e divertente.

Animali Fantastici 2: J.K. Rowling parla di Johnny Depp e delle polemiche

In quest'ultimo periodo si è assistito a una escalation di polemiche (piuttosto esagerate) sulla scelta di Johnny Depp per il ruolo di Grindelwald nella saga di Animali Fantastici, spin off di Harry Potter.

Molti fan del "mondo magico" si sono schierati apertamente contro Depp, tanto da indire delle petizioni per chiedere alla produzione di sostituire l'attore o minacciare il boicottaggio del film. Il motivo del malumore sarebbe la denuncia per violenze domestiche che Amber Heard, ex moglie di Depp, ha depositato contro l'attore quando i due si sono lasciati, denuncia che, va detto, non ha trovato riscontro nelle indagini della polizia e che poi, di fatto, è rientrata quando i due hanno divorziato.

Sia il regista David Yates che il produttore David Heyman si sono espressi in favore di Depp, ora a parlare è J.K. Rowling, che per la prima volta ammette che ad un certo punto si è pensato al recasting, ma poi si è scelto di continuare con Depp.

"Quando Johnny Depp è stato scelto per interpretare Grindelwald, ho pensato che sarebbe stato fantastico. Tuttavia, quando è stato il momento di girare il suo cammeo nel primo film, la stampa ha cominciato a scrivere storie sul suo conto che hanno preoccupato me e tutte le persone più coinvolte nella lavorazione del franchise.
I fan di Harry Potter si sono posti domande legittime e dubbi sulla nostra decisione di continuare a lavorare con Johnny Depp. Come già detto da David Yates, abbiamo naturalmente considerato la possibilità di un recasting e capisco perché alcuni siano rimasti sorpresi e arrabbiati che non sia successo.
L’enorme comunità di grande sostegno nata attorno a Harry Potter è stata una delle più grandi gioie della mia vita. Personalmente, l’incapacità di poter trattare l’argomento apertamente è stata difficile e talvolta dolorosa. Tuttavia, gli accordi garantiti per proteggere la privacy di due persone, entrambe decise a portare avanti la propria vita, vanno rispettati.
Sulla base della nostra comprensione delle circostanze, io e i produttori siamo pertanto decisi a prestare fede alla nostra decisione di casting, ma anche sinceramente felici che Johnny interpreti un personaggio chiave nei film.
Ho adorato scrivere le prime due sceneggiature e non vedo l’ora che “I Crimini di Grindelwald” arrivi al cinema.
Accetto che alcuni non saranno soddisfatti dalla nostra scelta per l’attore che dà il titolo alla pellicola, ma alla coscienza non si comanda. All'interno del mondo della fantasia e all'esterno di esso, tutti dobbiamo fare quello che crediamo sia la cosa giusta."

Questa nuova ondata di malumore di una parte dei fan della saga contro Johnny Depp, onestamente, sembra molto esagerata. La storia della denuncia sembra più un pretesto che una vera e propria motivazione.

Intanto le riprese del film vanno avanti. L'uscita del film Animali Fantastici: I Crimini di Grindelwald è fissata al 16 novembre 2018.

lunedì 4 dicembre 2017

Assassinio sull'Orient Express - la recensione

Se c'è qualcuno che è a proprio agio nella trasposizione cinematografica di grandi classici letterari, quel qualcuno è sicuramente Kenneth Branagh. Basti pensare alla sua lunga esperienza shakesperiana, ma anche al recente Cenerentola che aveva visto una personalizzazione netta da parte del regista inglese della favola classica.
In questo caso Branagh si approccia a quello che è il padre di tutti i gialli, quel Assassinio sull'Orient Express di Agatha Christie che è diventato il simbolo di ogni whodunit e la più famosa fra tutte le avventure del detective belga Hercule Poirot. Il confronto con il testo letterario era quindi imponente, e a complicare le cose si inseriva anche un confronto cinematografico, perché Assassinio sull'Orient Express di Sydney Lumet, con un grandissimo Albert Finney nel ruolo di Poirot, è un classico del cinema, inoltre la più iconica delle rappresentazioni del detective, quella di David Suchet per la ITV, conta più di settanta episodi.
Una lunghissima premessa per poi arrivare quindi alla fatidica domanda: Branagh ha avuto successo?

La risposta è assolutamente sì, senza remore e senza dubbi questo è un film riuscito sotto molteplici aspetti.
Kenneth Branagh sa perfettamente che la materia di cui sta trattando è conosciuta a chiunque, che persino chi non ha mai visto un film o letto un libro su Poirot si ritroverà probabilmente davanti a una storia e a delle dinamiche che sapranno di già visto, è inevitabile perché da questo specifico delitto a porte chiuse sono derivati tutti gli altri delitti a porte chiuse della letteratura e del cinema. Branagh mantiene una grandissima aderenza al testo, pur con qualche cambiamento che dona attualità e freschezza al tutto, e gioca soprattutto sul suo protagonista, Poirot, a cui dà egli stesso volto e anima. Dove nel romanzo della Christie e nei precedenti film il detective era sempre impeccabile, affabile ma sostanzialmente privo di un vero approfondimento psicologico, qui Branagh propone un Poirot maggiormente segnato dal suo lavoro, dalla ricerca costante di un equilibrio in tutte le cose e, infine, segnato da quanto accaduto sul treno, talmente profondamente da incidere poi sul finale, sprigionando una potenza emotiva straordinaria che era sempre stata assente nelle altre trasposizioni.

Branagh decide poi di portare il suo tocco autoriale nella parte più tecnica del film, con una fotografia calda e impeccabile nel rendere vivide e reali le atmosfere d'epoca, una musica avvolgente e coinvolgente, e soprattutto una regia che regala grandissimi tocchi da maestro, un impianto fondamentalmente teatrale in cui lo spettatore è posto al di fuori di ciò che accade sullo schermo, osserva i personaggi attraverso i finestrini del treno, e la scena del crimine con una ripresa meravigliosa dall'alto in cui ciò che si aspettava di vedere è tenuto nascosto e il momento è vissuto unicamente dalle parole di Poirot e degli altri personaggi. 

In ultimo, dove il film vince ancora è nell'ampio cast in cui nessuno è fuori posto e tutti danno un'interpretazione perfetta, con Branagh cuore indiscusso del film con il suo Poirot dagli occhi lucidi e la voce stanca, e una meravigliosa Michelle Pfeiffer che dà il meglio di sé nella scena più bella e intensa del film.

Chi cerca un film d'azione, cyberpunk, fracassone, rimarrà deluso e si annoierà parecchio, perché il ritmo è lento e compassato, ma non si poteva davvero chiedere di meglio nella riproposizione di un classico. Kenneth Branagh ribadisce che in questo non sbaglia mai.

giovedì 30 novembre 2017

National Board of Review: The Post di Steven Spielberg è il miglior film

Il National Board of Review, organizzazione no profit di New York che si occupa di Cinema, ha incoronato il nuovo film di Steven Spielberg, The Post, come il miglior film dell'anno.

Non solo, i protagonisti del film, Tom Hanks e Meryl Streep, hanno vinto i premi come migliore attore e migliore attrice. Il film di Spielberg sarà sicuramente tra i protagonisti della stagione dei premi (Oscar? Golden Globes?).

Il premio per la migliore regia è andato all'attrice Greta Gerwig per il suo apprezzato film d'esordio Lady Bird, pellicola che si è aggiudicata anche il premio per la migliore attrice non protagonista, andato a Laurie Metcalf. Migliore attore non protagonista invece Willem Dafoe per The Florida Project.
Paul Thomas Anderson invece ha ricevuto il riconoscimento per la migliore sceneggiatura del suo nuovo film Il Filo Nascosto (ultimo film di Daniel Day-Lewis). Coco, della Disney/Pixar, è il miglior film d'animazione.

Oltre ai premi, l'NBR ha stilato anche la sua solita classifica dei migliori film dell'anno, in cui spicca Logan.

Ecco tutti i premi.

Miglior film: The Post
Miglior regia: Greta Gerwig, Lady Bird
Miglior attore: Tom Hanks, The Post
Miglior attrice: Meryl Streep, The Post
Miglior attore non protagonista: Willem Dafoe, The Florida Project
Miglior attrice non protagonista: Laurie Metcalf, Lady Bird
Miglior sceneggiatura originale: Paul Thomas Anderson, Phantom Thread
Miglior sceneggiatura non originale:  Scott Neustadter & Michael H. Weber, The Disaster Artist
Miglior film d'animazione: Coco
Scoperta dell'anno: Timothée Chalamet, Call Me by Your Name
Miglior regista esordiente: Jordan Peele, Get Out
Miglior film straniero: Foxtrot
Miglior documentario: Jane
Miglior cast: Get Out
Spotlight Award: Wonder Woman, Patty Jenkins and Gal Gadot
NBR Freedom of Expression Award: First They Killed My Father
NBR Freedom of Expression Award: Let It Fall: Los Angeles 1982-1992

Migliori film
Baby Driver
Chiamami con il tuo nome
The Disaster Artist
Downsizing
Dunkirk
The Florida Project
Get Out
Lady Bird
Logan
Phantom Thread

martedì 28 novembre 2017

Gotham Awards 2017: Chiamami col Tuo Nome è il miglior film!

Antipasto della stagione dei premi ormai imminente con i Gotham Awards, premi per il cinema indipendente assegnati da una giuria di figure professionali del mondo del Cinema (registi, sceneggiatori, produttori, ecc).

A vincere il premio per il miglior film è stato Call Me by Your Name (Chiamami col Tuo Nome) di Luca Guadagnino. Un premio che mette il film tra i papabili per una nomination ai prossimi Golden Globes e Oscar.
Altro premio per il film di Guadagnino quello a Timothée Chalamet, premiato come migliore attore emergente.
Il film uscirà l'8 febbraio in Italia.

Saoirse Ronan (Lady Bird) e James Franco (The Disaster Artist) si sono invece portati a casa i premi come migliore attrice e attore, e anche loro si propongono per un posto nelle cinquine di Oscar e Golden Globes.
Tre riconoscimenti per uno dei titoli dell'anno, l'horror/thriller Get Out, che si è portato a casa miglior regista emergente, migliore sceneggiatura e il premio del pubblico.

Ecco l'elenco dei vincitori.

Miglior film
Call Me by Your Name

Migliore attrice
Saoirse Ronan – Lady Bird

Migliore attore
James Franco – The Disaster Artist

Audience Award (premio del pubblico)
Get Out

Miglior documentario
Strong Island

Migliore regista emergente
Jordan Peele – Get Out

Migliore sceneggiatura
Jordan Peele – Get Out

Migliore attore emergente
Timothée Chalamet – Call Me by Your Name

Premio speciale della giuria per il miglior cast
Mudbound

Migliore serie rivelazione (lunga)
Atlanta (FX Networks)

Migliore serie rivelazione (corta)
The Strange Eyes of Dr. Myes

Made in New York Award
Michael Kenneth Williams

Premio alla carriera
Jason Blum - Sofia Coppola - Al Gore - Dustin Hoffman - Nicole Kidman - Ed Lachman

martedì 21 novembre 2017

Justice League - la recensione

Il DC Extended Universe non è un universo cinematografico particolarmente fortunato, fatto che abbiamo potuto notare con i cinecomic usciti fino ad ora. Justice League sarà riuscito a risollevare un po' le sorti del tutto? Probabilmente no.

Una produzione particolarmente travagliata ha accompagnato la lavorazione del lungometraggio, passato dalle mani di Zack Snyder, che ha abbandonato la regia a causa di una tragedia famigliare, a quelle di Joss Whedon, conosciuto non solo per i suoi lavori televisivi ma anche per i due capitoli cinematografici dedicati ai Vendicatori Marvel. Purtroppo (e in alcuni frammenti per fortuna) la mano di Whedon si sente, anche se tuttavia non giova all'economia del lungometraggio che risulta in fin dei conti un pasticciatissimo cinecomic senza una propria identità. Senza anima, se vogliamo metterla in termini più drammatici.

A differenza della controparte Marvel, il DCEU non ha avuto modo di presentare al meglio i propri supereroi e questo si sente, si sente terribilmente, nonostante si cerchi in qualche modo di presentare un background di personaggi solo accennati fino a Batman v Superman: Dawn of Justice, come Aquaman (Jason Momoa), Flash (Ezra Miller) e Cyborg (Ray Fisher). Gli unici che godono di questa fortuna sono Superman (Henry Cavill), Wonder Woman (Gal Gadot) e in parte Batman (Ben Affleck), come ben sappiamo. È difficile quindi parlare di un film riuscito quando i presupposti sono questi.

Il team funziona a tratti e le riprese aggiuntive sono platealmente palesi durante la visione. Non c'è omogeneità nemmeno sul piano tecnico, a partire da effetti speciali invadenti e a tratti imbarazzanti fino ad arrivare ad una colonna sonora curata da Danny Elfman che funziona solo quando vengono ripresi temi musicali cari ai fan di Batman e Wonder Woman. Un villain sbucato quasi dal nulla (si accennava a lui solo in una scena di Batman v Superman) che risulta quasi comico per come ci viene mostrato, condisce in maniera terribilmente tratteggiata e superficiale una storia vuota e troppo frettolosa.

A differenza degli altri progetti però Justice League gode (e forse anche troppo) di un atmosfera decisamente goliardica in certe sequenze, che, anche se in maniera del tutto gratuita e quasi mai efficace, riesce a strappare un piccolo sorriso allo spettatore medio.

Quale futuro per l'Universo DC? Sono in arrivo (salvo cambi di programma) film standalone su Flash (Flashpoint), Aquaman, Batman (?), senza contare i sequel di Wonder Woman e L'Uomo d'Acciaio. Qualche sentore di cambiamento positivo si avverte in Justice League. Speriamo basti per risollevare le sorti di un Universo fastidiosamente confusionario.

lunedì 20 novembre 2017

Ogni Tuo Respiro - la recensione

Robin Cavendish (Andrew Garfield) è un giovane pieno di vita, che ama viaggiare e fare sport, per colpa della poliomelite si ritrova, a soli ventotto anni, paralizzato dal collo in giù e attaccato a un respiratore artificiale. Solo grazie all'incredibile forza d'animo di sua moglie Diana (Claire Foy), Robin riesce ad uscire dalla profonda depressione in cui la diagnosi lo ha gettato e ad andare avanti con la sua vita, diventando un vero e proprio attivista in favore delle persone con gravi disabilità.


Andy Serkis, acclamato per i suoi ruoli in motion capture, sceglie proprio la storia di un uomo totalmente immobile per il suo esordio dietro la macchina da presa, dimostrando di non essere solo un grande attore, ma di saperci fare anche come regista.
Serkis dirige in modo molto classico e pulito, valorizzando gli ampi paesaggi e allo stesso tempo utilizzando i primi piani quando si tratta di dare enfasi alle emozioni dei suoi personaggi, in particolare i due protagonisti, Andrew Garfield e Claire Foy, qui intensi e con un'ottima chimica. Va fatta però una menzione alla performance doppia di un sempre fantastico Tom Hollander, nel ruolo dei gemelli fratelli di Diana.

E' inevitabile un paragone con La teoria del tutto, se non altro per la similitudine fra le due storie, ma ben presto il tono di Ogni tuo respiro si discosta piuttosto nettamente dal film che è valso l'oscar a Eddie Redmayne. Serkis racconta una storia che è sì commovente e di grande coraggio, ma lo fa con una leggerezza e un'ironia di fondo molto inglesi, senza patetismo, senza ricercare la lacrima a tutti i costi, anzi, cercando spesso il sorriso, esprimendo fino all'ultimo una grande gioia di vivere,con toni decisamente più leggeri di quelli visti negli altri film che trattano argomenti simili, sfociando addirittura in una dimensione in un certo qual modo fiabesca.

Non è un film perfetto, certamente, e soffre delle ingenuità di un'opera prima, ma di sicuro è un film che colpisce e rimane nel cuore dello spettatore. Bravo, Andy!

venerdì 17 novembre 2017

La Signora dello Zoo di Varsavia - la recensione

La Seconda Guerra Mondiale è stata teatro di eventi drammatici che hanno segnato in modo indelebile la Storia, ma anche di esempi di grande coraggio, storie che il Cinema continua giustamente a riproporre e raccontare, come quella, meno nota, accaduta in uno zoo in Polonia.

Varsavia, 1939, i coniugi Zabinski gestiscono con grande passione lo zoo della città, che ospita animali di vario tipo, anche esotici. Quando la città viene bombardata e occupata dai nazisti, lo zoo viene distrutto e sequestrato dai soldati tedeschi per farne un deposito di armi. I coniugi riescono ad ottenere dal capo zoologo del Reich il permesso per rimanere aperti con la scusa di un allevamento di maiali per fornire cibo alle truppe tedesche, mentre in realtà si adopereranno per far uscire gli ebrei dal ghetto, nasconderli nelle gabbie sotterranee, e aiutarli a fuggire da Varsavia. Alla fine della guerra i coniugi Zabinski riusciranno a salvare centinaia di ebrei, ottenendo un meritato riconoscimento nel giardino dei Giusti dello Yad Vashem di Gerusalemme.

Basato sul romanzo "Gli ebrei dello zoo di Varsavia" di Diane Ackerman, il film parte da un contesto diverso e originale rispetto ad altri film sul tema, quello dello zoo. Un "micro-cosmo" perfetto e pacifico che fa da contrasto alla brutalità della guerra, e su questo punto la regista Niki Caro insiste molto, forse anche troppo, finendo per dimenticare il resto.
Il problema principale del film è che il valore e l'importanza di una storia straordinaria come quella dei coniugi Zabinski non viene valorizzata abbastanza dalla resa cinematografica, troppo "edulcorata" e superficiale, con dei dialoghi piatti, zero tensione, sia emotiva che storica, e uno svolgimento che inizia a correre troppo proprio quando avrebbe dovuto scavare in profondità, con più durezza e realismo, nel dramma e nella disumanità dei nazisti.

A causa di questa superficialità, il film "spreca" la sempre brava Jessica Chastain, e questo è un vero peccato. Grazie alla sua grande sensibilità, e nonostante dei dialoghi non sempre all'altezza, l'attrice rende vivo e pulsante il personaggio di Antonina Zabinska, e regala al film i suoi momenti migliori, e di conseguenza quando lei non c'è il film soffre. Nonostante sia la protagonista infatti, c'è troppa poca Jessica Chastain in questo film.

La Signora dello Zoo di Varsavia è un film che parte con delle buone intenzioni ma poi pecca nella resa, è troppo timido nel raccontare la crudeltà e il dramma di quel periodo, ma è un film utile per conoscere una storia incredibile che era giusto raccontare. Sicuramente una visione la merita, magari dal divano di casa.

giovedì 16 novembre 2017

The Place - la recensione

Un uomo (Valerio Mastandea) si siede ogni giorno allo stesso tavolino in un bar, il The Place, dove si incontra con persone che vogliono qualcosa. In cambio dell'esaudimento dei loro desideri, l'uomo gli chiede di fare una scelta.


Dopo lo straordinario Perfetti Sconosciuti, Paolo Genovese torna a mettere insieme un film corale, con moltissimi personaggi e con un unico setting in cui si svolge l'intera vicenda.
Il plot del suo nuovo film è davvero originale e interessante: si parla di libero arbitrio, di scelte, di bene e male, il tutto con un alone di mistero che non viene mai davvero spiegato, lasciando alla sensibilità dello spettatore di trarre le proprie conclusioni, immaginando se l'uomo misterioso sia solo un uomo, o il diavolo, o qualcos'altro. Da questo punto di vista The Place è un film estremamente affascinante, probabilmente il film italiano più intrigante degli ultimi anni, sicuramente qualcosa che assai raramente si vede sui nostri lidi dove quasi nessuno ha il coraggio di osare e uscire dagli schemi dei soliti drammi o commedie generazionali italiane. Genovese invece osa, ambienta l'intera pellicola in un unico luogo, non allontanandosi mai da quel tavolino in quel bar, lo spettatore non vede mai gli eventi, ma ne ascolta i racconti dettagliati, le sensazioni a posteriori, seguendo invece la giornata ripetitiva e forse noiosa dell'uomo misterioso, la cui unica distrazione sono i piccoli momenti di confidenza con la cameriera interpretata da Sabrina Ferilli.

La regia è molto statica e pecca eccessivamente in dissolvenze troppo nette, avrebbe sicuramente giovato un maggior dinamismo nella ripresa proprio per dare movimento a un'ambientazione così claustrofobica. 
Il cast è stellare e quasi sempre all'altezza, ma dove il film si affossa è proprio, paradossalmente, dove avrebbe dovuto brillare di più, ovvero nella sceneggiatura. In un film come questo, così tanto parlato, basato proprio sullo scambio fra due personaggi e sul botta e risposta, è davvero imperdonabile una sciatteria simile nei dialoghi, che sono banali, piatti, spesso oltre il limite della frase fatta da cioccolatino. L'intera pellicola risulta quindi noiosa e spesso fastidiosa, man mano che si va avanti, quando si dovrebbe tirare i fili delle coincidenze e dell'intreccio, ecco che la sceneggiatura diventa didascalica, proclamando più e più volte i concetti chiave del libero arbitrio e dell'anima umana, lì dove invece il principio dello show, don't tell sarebbe stato invece fondamentale. 
Si ha la sensazione orribile dell'occasione mancata, del potenziale capolavoro sprecato per mancanza di impegno, perché di film interamente basati sulla sceneggiatura e sui dialoghi ce ne sono molti e spesso sono splendidi, ma non si possono scrivere così, con questi dialoghi, e dispiace perché dalla penna di Perfetti Sconosciuti, uno dei migliori film italiani degli ultimi anni, era lecito aspettarsi molto di più. 

martedì 31 ottobre 2017

[RomaFF12] I, Tonya - la recensione

Tonya Hardin non è particolarmente bella e aggraziata, soffre di asma ed è ciò che gli americani chiamano una redneck, una burina per dirlo all'italiana. Eppure Tonya Hardin è stata una delle più grandi pattinatrici al mondo, la prima americana a completare un triplo axel in una competizione ufficiale, campionessa d'America, quarta alle Olimpiadi, medaglia d'argento ai mondiali. E nel 1994 suo marito pagò uno sbandato per aggredire la sua rivale Nancy Kerrigan a cui ruppe un ginocchio. Le costò la radiazione a vita.


I, Tonya si schiera abbastanza apertamente dalla parte della sua protagonista, il suo desiderio di essere amata, dopo una vita di abusi, è motore e traino per ogni sua azione. Una storia di riscatto quella della Hardin, riscatto da una vita dura e ingiusta che fa del pattinaggio, sport elitario e spesso ingiusto, la metafora dell'America di periferia.
Nonostante i temi trattati siano spesso molto duri, in particolare è crudo e realistico il ritratto degli abusi familiari subiti, il film è una vera e propria dark comedy, con un umorismo graffiante,aiutato dalla rottura della quarta parete che è lo stile del finto documentario.
Ma è il cast la vera forza di questo biopic: se Sebastian Stan è inedito nel ruolo del marito violento e Allison Janney è una perfetta incarnazione della rigida madre, a stupire più di tutti è proprio Margot Robbie, intensa e meravigliosa nel suo essersi calata anima e corpo nei panni della mascolina Tonya. Ci sono pochi dubbi che la sua interpretazione sarà protagonista nella prossima stagione dei premi e, sinceramente, è difficile non fare il tifo per lei.

Tragico e comico allo stesso tempo, I, Tonya è un film che ha nelle sue imperfezioni un punto di forza, ritratto di un'America capricciosa che velocemente ama e altrettanto velocemente odia i suoi beniamini.

Halloween - Il risveglio dell'Horror al cinema

Quel è il modo migliore per dare una scossa alla notte di Halloween? Ovviamente un bel film horror!

Negli ultimi anni si è assistito a un fenomeno molto interessante nel Cinema, una vera e propria rinascita del genere horror. Grazie a piccoli prodotti indipendenti e a giovani registi con le idee molto chiare, l'horror negli ultimi 5-6 anni sta vivendo una seconda (o terza, o quarta) giovinezza.

Ecco cinque titoli di cinque registi diversi che, ognuno a loro modo, con storie originali, tratte da libri o dalla realtà, o con remake molto rischiosi, hanno portato una ventata nuova nel genere.



The Conjuring - L'Evocazione (2013)

Diretto da James Wan, il film ha portato sul grande schermo dei personaggi reali, cioè i coniugi Warren, due "demonologi" che negli anni hanno indagato su diversi fatti oscuri e inspiegabili, e che in passato hanno ispirato anche altri film, come la saga di Amtyville.
The Conjuring - L'Evocazione rientra perfettamente nel genere "casa infestata", crea una bella tensione per tutta la durate del film, regala momenti da brivido e quelle situazioni in cui (fisicamente) si salta dalla sedia.
Merito della riuscita del film è da attribuire anche al cast, ottimi i due protagonisti Patrick Wilson e Vera Farmiga (i Warren).
The Conjuring - L'Evocazione ha segnato gli ultimi anni anche perché ha dato il via a un serie di film,  c'è stato un sequel, The Conjuring - Il Caso Enfield, e un due spin-off, Annabelle e Annabelle 2, dedicati alla bambola demoniaca (che la signora Warren conserva nel suo museo dell'occulto). Inoltre sono stati annunciati già altri due spin-off dedicati a due personaggi apparsi (nel vero senso della parola) nel sequel, cioè la suora malefica e Crooked Man.


The Witch (2015)

Acclamato horror diretto da Robert Eggers, The Witch ha conquistato il pubblico del Sundance Film Festival 2015, vincendo il premio per la regia. Un piccolo film, costato solo 3 milioni di dollari, ha finito per incassarne più di 40, meritandoli tutti e diventando una vera perla del genere.
The Witch è un film cupo e disturbante, che ricorda la più nera delle favole ma che, dietro al male, alla stregoneria, al satanismo, nasconde l'orrore più spaventoso all'interno delle mura familiari.
Tecnicamente il film è davvero lodevole, molto diverso dai soliti horror di oggi, e girato tutto con luce naturale. Ottima la protagonista Anya Taylor-Joy.

Qui la nostra recensione.


La Casa (2013)

Fare il remake di un classico non è sempre una buona idea, è un rischio, soprattutto se il classico in questione è La Casa di Sam Raimi, un film che ha segnato un'epoca. A prendersi questo rischio è stato Fede Alvarez, che però poteva contare su un grande aiuto: Sam Raimi.
Il storia ripropone la classica situazione del gruppo di ragazzi in una casa isolata in cui anni prima si era consumato un rito per liberare una ragazza posseduta da un demone. Proprio perché la storia è praticamente la stessa dell'originale (e simili a tanti altri film che sono venuti dopo La Casa di Raimi), Alvarez decide di puntare tutto sulle immagini dure, su scene molto violente, sanguinolente, masochistiche e spaventose, senza inserire nessun tipo di alleggerimento umoristico.

Qui la nostra recensione.


Get Out (2017)

Uno dei casi dell'anno. Get Out di Jordan Peele ha avuto un incredibile successo, costato meno di 5 milioni, il film ha incassato la bellezza di 252 milioni di dollari nel mondo.
Get Out è un thriller/horror, che parte dalla più classica delle situazioni di vita: un ragazzo che deve incontrare i genitori della sua ragazza. Il ragazzo in questione è un afroamericano e la sua ragazza, e la sua famiglia, sono tutti bianchi, ma della trama è meglio non rivelare nulla.
Get Out è un film atipico del genere, è un ottimo mix di tensione, angoscia e commedia... dopotutto il regista Jordan Peele è un comico.

Qui la nostra recensione.


It (2017)

Tratto dal capolavoro horror del maestro della letteratura dell'orrore (e non solo) Stephen King, il 2017 ha visto il ritorno, stavolta al cinema, del clown più spaventoso della storia, Pennywise. Non era per niente facile per Andy Muschietti (La Madre) riuscire a portare sul grande schermo un libro che non è solo horror ma è molto di più, va molto più in profondità, e con grande intelligenza Muschietti ha saputo realizzare una trasposizione moderna ma che somiglia molto più ai classici horror piuttosto che ai sanguinolenti film dell'orrore di oggi. La trama, la storia, i personaggi, non solo It ma soprattutto i ragazzi protagonisti, fanno la differenza.
Il clown Pennywise è uno dei personaggi più celebri dell'horror, è la personificazione del Male, è un incubo ricorrente, è un personaggio che inquieta e perseguita, che nel film regala ottimi momenti di horror. E' un bene che sia tornato al cinema in questa forma smagliante.

Qui la nostra recensione.

domenica 29 ottobre 2017

[RomaFF12] Last Flag Flying - la recensione

Tre vecchi compagni d'armi, insieme in Vietnam, ormai vecchi e pieni di traumi e sensi di colpa non sempre risolti, accompagnano uno di loro che deve seppellire suo figlio, morto in Iraq.

Da una storia tutto sommato semplice, trasposizione del romanzo omonimo di Darryl Ponicsan è sequel del film The Last Detail del 1973 (anch'esso tratto dal romanzo di Ponicsan), Richard Linklater dimostra ancora una volta che prima di essere un ottimo regista è un grandissimo sceneggiatore.
In Last Flag Flying riesce a trasformare il viaggio fisico dei tre protagonisti in un viaggio interiore, con naturalezza e senza facili moralismi, sfruttando un impianto quasi teatrale nei dialoghi e nelle situazioni e sfruttando la bravura del trio Carell-Cranston-Fishburne, davvero in stato di grazia.

La riflessione su un'America ancora profondamente scossa dall'11 settembre e incapace di ritrovare se stessa se non immergendosi nuovamente in una guerra che, come il Vietnam anni prima, sembra incapace di vincere davvero e che porta solo a nuove insicurezze. L'ossessione per la verità e per il suo significato permea l'intera pellicola, in particolare il personaggio interpretato da Bryan Cranston ne rappresenta l'espressione diretta, ma anche la verità deve scontrarsi con ciò che è giusto, con la fede e con il dolore per la perdita di un figlio.
Si ride molto, nonostante non sia affatto un film allegro, ed è sempre una risata positiva, speranzosa e nonostante tutto mai amara, così come si piange e ci si commuove per una storia che colpisce il cuore per come riesce a essere vera e semplice nella sua verità.
Due ore che scivolano via senza mai pesare, tre uomini che si ritrovano, si riconoscono e alla fine imparano qualcosa in più su se stessi, così come fa lo spettatore che alla fine ha l'impressione di essersi guardato dentro.
Linklater non sbaglia mai, Last Flag Flying è un film stupendo.

venerdì 27 ottobre 2017

Thor: Ragnarok - la recensione

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Ragnarok. Nella mitologia norrena questa parola così grave sta ad indicare la fine di tutto. L'arrivo di un male incontrastabile pronto a spazzare via la grandezza di Asgard.
Ci si aspetterebbe un film quindi grave, cupo, imponente ed epico... Quasi.
La Marvel, per rilanciare il franchise del norreno Dio del Tuono ha scelto Taika Waititi, eccentrico regista australiano, noto al grande pubblico per What We Do In The Shadows, esilarante mockumentary su un gruppo di vampiri che vive al giorno d'oggi.
La scelta è netta, quindi, ma il risultato avrà dato ragione agli Studios? La risposta è un netto Sì.

Waititi incarta un prodotto brillante, atipico e fresco. E' evidente che l'ago della bilancia penda verso il modello space opera regalatoci da Guardiani della Galassia. Fare un confronto risulterebbe complicato, l'importante è sapere come approcciarsi al film.
Thor: Ragnarok è una pellicola che scontenta i brontoloni, abbandonando la serietà di Captain America: Civil War, a favore di due ore e dieci minuti piene, pienissime di battute, gag e spirito fumettistico che trasuda.

I protagonisti si divertono un mondo nell'interpretare i loro personaggi e si vede. Chris Hemsworth e Tom Hiddleston, al secolo Thor e Loki, sono entrati alla perfezione nelle loro dinamiche di amore-odio, fratello-fratellastro, e quando sono posti davanti a siparietti anche troppo infantili, la loro "serietà" nel ruolo aiuta alla grande a produrre un bell'effetto comico.
L'unica nota stonata, forse, riguarda Cate Blanchett e non è di natura qualitativa. L'attrice premio Oscar per Blue Jasmine conferma la sua poliedricità, interpretando alla perfezione Hela, la cattivona di turno, pronta a radere al suolo Asgard dalle fondamenta. Peccato che, a causa della mancanza di tempo, nonostante le durata notevole, non riusciamo mai ad assaporare a pieno il gusto di questo personaggio, che riservava un gran bel potenziale. Alcuni diranno che Hulk parlava in maniera troppo infantile, invece, col taglio voluto per questa storia, un mostro verde e scemo è tutto ciò che serviva.

Risultati immagini per thor ragnarok wallpaperA livello tecnico il film esprime i suoi pregi migliori, con una fotografia vivacissima, che ben si lega alla colonna sonora che, complice la presenza di qualche attore ben identificato *cough* Jeff Goldblum *cough* ci riporta alla fine del 20esimo Secolo.
Il tutto è uno spettacolo per gli occhi, coloratissimo, "fumettosissimo".
Volendo trovare un problema, il difetto più grande, che poi è ancora la forza di questo film, è la costante presenza di battute, che smorzano, a volte l'epicità di alcuni momenti. Tutto sommato, però, Thor: Ragnarok colpisce in pieno quello che un film dovrebbe fare: intrattenere, e lo fa con la I maiuscola.

[RomaFF12] Hostiles - la recensione


Ad aprire la Festa del Cinema di Roma, giunta alla sua dodicesima edizione, è un western, all'apparenza estremamente classico nella contrapposizione fra soldati e pellerossa, ma allo stesso tempo incredibilmente moderno.
 Il Capitano Joe Blocker (Christian Bale) deve scortare il temuto Capo Cheyenne Falco Giallo, ormai anziano e morente, e la sua famiglia dal Nuovo Messico fino alle loro terre natie nel Montana. Durante il viaggio Joe e i suoi uomini si imbattono in una donna (Rosamund Pike) che ha visto sterminare la sua famiglia da un gruppo di Comanches.
Una trama semplice e lineare, un viaggio che ben presto diventa il viaggio nel cuore e nell'anima dei protagonisti.
Scott Cooper scrive e dirige un racconto che è lo specchio dei nostri tempi e lo fa paradossalmente calandosi in un contesto storico ben preciso, quello subito riconoscibile della Frontiera Americana e dello scontro di civiltà che vide contrapporsi gli invasori Americani e i Nativi, uno scontro violento da ambo le parti, in cui anche la resistenza al feroce colonialismo rappresentata da Falco Giallo assume una connotazione tutt'altro che innocente.

Nel percorso del protagonista, interpretato da un grandissimo Christian Bale, c'è un augurio utopistico di comprensione e fratellanza, ed è significativo che a mediare e favorire l'amicizia fra i due fronti vi sia una donna che ha perso tutto ma che continua ad avere una fede incrollabile, portatrice di speranza anche nei momenti più bui.
Una regia elegante e la fotografia che mette in risalto i paesaggi maestosi e selvaggi dell'America incontaminata fanno il resto e riescono a far passare in secondo piano anche alcuni cali di ritmo nella parte centrale che altrimenti sarebbero risultati ben più fastidiosi.
Il finale, poi, è magnifico e rivela l'intera essenza del film, commuovendo profondamente lo spettatore e regalando forse l'immagine più bella dell'intera pellicola.
Un'apertura da cui non si poteva chiedere di meglio.

lunedì 23 ottobre 2017

It - la recensione

A 27 anni dalla miniserie tv cult, torna, stavolta sul grande schermo, il capolavoro horror di Stephen King It.

Derry, 1988. Il piccolo Georgie esce a giocare sotto la pioggia quando la sua barchetta di carta finisce in uno scolo della fogna. Georgie si affaccia per vedere se può recuperarla ma nella fogna compare uno strano clown di nome Pennywise che ha la sua barchetta. Georgie si intrattiene a parlare con lui e poi... sparisce, sull'asfalto, nell'acqua, resta solo una striscia di sangue.
Passa un anno, 1989, a Derry non è scomparso solo Georgie ma tanti altri ragazzi. Nessuno sa perché i bambini spariscono e, peggio ancora, nessuno sembra interessarsene più di tanto. Solo Billy, convinto che Georgie possa ancora essere vivo, e i suoi amici ci pensano, si preoccupano, e a modo loro indagano. Billy, Richie, Eddie e Stanley, a cui si aggiungeranno Beverly, l'unica ragazza, Ben e Mike, sono il "club dei Perdenti", ragazzini vessati dai bulli che uniscono le forze. Tutti, uno per volta, cominceranno a vedere "It", entrando in contatto con il Male Assoluto che vive sotto la loro città.

Tra tutti i libri di Stephen King, It è senza ombra di dubbio uno dei più belli e affascinanti che abbia mai scritto. E' considerato il suo capolavoro ed è un'opera enorme, più di 1200 pagine in cui oltre alla storia principale lo scrittore racconta le vicende e le varie storie dei protagonisti, la città (Derry, la stessa di altri libri di King), e ci sono diverse digressioni, un'opera che non è solo un horror ma anche un vero e proprio libro di formazione.
Un libro difficilissimo da adattare, anzi si può dire che è praticamente impossibile riportare tutto in uno (o due) film, per questo motivo bisogna fare grandi complimenti al regista Andy Muschietti (La Madre) e agli sceneggiatori per il modo in cui sono riusciti ad adattarlo. Hanno avuto il coraggio di tagliare molte parti (senza aver paura dei "puristi"), cambiare alcuni aspetti della storia (es. lo spostamento temporale dagli anni '50 agli anni '80) e anche ad inventare da zero alcune scene, riuscendo però a non intaccare in nessun modo lo spirito del libro, lo spirito di King.

La parte più spaventosa della storia è ben fatta, il film regala ottimi momenti horror e la figura del clown Pennywise viene avvertita come una inquietante e pericolosa presenza malvagia che per tutto il film incombe sui giovani protagonisti. Altrettanto ben fatta è l'altra parte della storia, quella che vede al centro il "Club dei Perdenti", la loro amicizia, i loro problemi, tra famiglie assenti o dannose,i  bulli (cattivi quasi quanto Pennywise) e l'innocenza dell'età (esemplare la scena in cui Bev si unisce al gruppo suscitando grande imbarazzo nei maschi). Rispetto al libro la caratterizzazione dei personaggi è più superficiale, per mancanza di tempo, ma anche in questo caso lo spirito del libro di King non viene mai tradito.

Tecnicamente il film è ineccepibile, con una regia capace supportata da una bella fotografia e delle scenografie molto accurate e coinvolgenti. Buono anche l'uso degli effetti speciali, mai invasivi.
Ottimo il cast, e anche qui bisogna fare i complimenti a chi ha scelto gli attori. Bill Skarsgård è un ottimo Pennywise, è decisamente inquietante e da incubo, più che con le parole riesce a provocare brividi grazie a una grande presenza scenica. Perfetti i ragazzini protagonisti: Jaeden Lieberher, Wyatt Oleff, Jeremy Ray, Jack Dylan Grazer, Chosen Jacobs, Finn Wolfhard (Mike in Stranger Things) e Sophia Lillis (che spicca più di tutti, anche perché è l'unica ragazza). Se il "Club dei Perdenti" entra nel cuore dello spettatore è soprattutto grazie a questo gruppetto di giovani attori.

It è un horror ma non solo, è un film capace di abbracciare un pubblico più ampio dei soli fan delle pellicole d'orrore. Intrattiene, diverte, fa saltare sulla sedia ed emoziona. Farà venir voglia di leggere (o rileggere) il libro. Ora aspettiamo solo il secondo capitolo.