venerdì 29 marzo 2019

Dumbo - la recensione

Anima, cuore, in pizzico di sana nostalgia, e Tim Burton. Questi sono gli ingredienti di Dumbo, nuovo film in live-action tratto da uno dei classici più amati di sempre, ma che in molti ai giorni d'oggi tendono a dimenticare.

Questa nuova opera in live-action diverge un po' dalla versione animata del 1941, giustamente, è il caso di aggiungere. Nel film di Burton si respirano le stesse atmosfere dell'opera originale, nonostante giuste e ponderate modifiche che rendono gradevole il progetto anche alle nuove generazioni. Impossibile non innamorarsi dell'elefantino volante dai grandi occhi celesti, ricreato in una CGI davvero notevole.

Dall'altro lato i personaggi umani che voglio aiutare il piccolo pachiderma, tra cui Eva Green, Colin Farrell, Danny DeVito e i giovani ragazzini (Nico Parker e Finley Hobbins) sono ritratti con una forza interiore delicata, leggermente sopra le righe ma in pieno tono favolistico. Anche il "cattivo di turno", interpretato da Michael Keaton, ammalia e strega, nonostante non offra nulla di nuovo al panorama villain.

In Dumbo persiste l'anima di Burton, fatta da freak dal cuore buono, diversità che si trasformano in punti di forza e un certo tocco dark che fa esplodere il suo stile inconfondibile (qui principalmente rilegato al lato visivo di alcune scenografie ed oggetti di scena).
Ci sono molti riferimenti al film animato che faranno emozionare i più nostalgici, nonostante questo non appaiono ridondanti e al servizio del fan service spudorato a cui molti progetti ci hanno abituato negli ultimi anni. C'è una sorta di riverenza e rispetto verso l'iconico cult che è impossibile non apprezzare, su tutte la scena degli elefanti rosa (giustamente edulcorata e riadattata) che farà battere molti cuori al ritmo di tamburi.

giovedì 28 marzo 2019

David di Donatello 2019 - il trionfo di Dogman

Si è svolta ieri sera la cerimonia di premiazione dei David di Donatello 2019, sorvoliamo sulla serata, che ha offerto ancora una volta uno show piatto e con tempi troppo "televisivi".

Grande trionfatore della serata è stato Dogman di Matteo Garrone, che si è portato a casa ben 9 statuette, tra cui miglior film, regia, e attore non protagonista (Edoardo Pesce).
Ottimo risultato anche per Sulla Mia Pelle, film Netflix, che ha vinto tre premi importanti, regista esordiente, produttore, e migliore attore protagonista, andato a Alessandro Borghi, per la sua toccante interpretazione di Stefano Cucchi,

I premi alle attrici invece sono andati a Elena Sofia Ricci (migliore attrice per Loro) e a Marina Confalone (migliore attrice non protagonista per Il Vizio della Speranza).

Roma è stato premiato come miglior film straniero, presente il regista Alfonso Cuaron. David Speciali per Uma Thurman, Dario Argento (che non aveva mai ricevuto un David, incredibile ma vero), Francesca Lo Schiavo, e per Tim Burton, premiato da Roberto Benigni.

Ecco l'elenco di tutti i vincitori.

Miglior film: Dogman
Miglior regia: Matteo Garrone per Dogman
Miglior regista esordiente - Premio Gianluigi Rondi: Alessio Cremonini per Sulla mia pelle
Miglior attrice protagonista: Elena Sofia Ricci per Loro
Miglior attore protagonista: Alessandro Borghi per Sulla mia pelle
Miglior attrice non protagonista: Marina Confalone per Il vizio della speranza
Miglior attore non protagonista: Edoardo Pesce per Dogman
Miglior sceneggiatura originale: Matteo Garrone, Massimo Gaudioso e Ugo Chiti per Dogman
Miglior sceneggiatura non originale: James Ivory, Luca Guadagnino e Walter Fasano per Chiamami col tuo nome
Miglior produttore: Cinemaudici e Lucky Red per Sulla mia pelle
Miglior autore della fotografia: Nicolaj Bruel per Dogman
Miglior musicista: Sascha Ring e Philipp Thimm per Capri-Revolution
Miglior canzone originale: "Misery of Love" di Sufjan Stevens in Chiamami col tuo nome
Miglior scenografo: Dimitri Capuani per Dogman
Miglior costumista: Ursula Patzak per Capri-Revolution
Miglior truccatore: Dalia Colli e Lorenzo Tamburini per Dogman
Miglior acconciatore: Aldo Signoretti per Loro
Miglior montatore: Marco Spoletini per Dogman
Miglior suono: Dogman
Migliori effetti visivi: Il ragazzo invisibile - Seconda generazione
Miglior documentario: Santiago, Italia di Nanni Moretti
Miglior cortometraggio: Frontiera di Alessandro Di Gregorio
Miglior film straniero: Roma
David dello spettatore (film con più presenze in sala): A casa tutti bene
David alla carriera: Tim Burton
David Giovani: Sulla mia pelle
David Speciale: Dario Argento, Francesca Lo Schiavo e Uma Thurman

sabato 23 marzo 2019

La conseguenza - la recensione

Diretto da James Kent e tratto dal romanzo del 2013 The Aftermath, scritto da Rhidian Brook, anche co-sceneggiatore, La Conseguenza mette in scena molteplici chiavi di lettura, dal melodramma al racconto di guerra.

Al centro della storia c'è Rachel, la moglie di un ufficiale inglese che, appena dopo la fine della Guerra, raggiunge il marito ad Amburgo, cercando faticosamente di riallacciare un rapporto in crisi a causa della tragica morte del figlio undicenne sotto i bombardamenti. Come nel più classico dei melò, Rachel intreccia una storia con Stefan Lubert, l'uomo nella cui casa i due coniugi si ritrovano a vivere. Lubert è vedovo, con una figlia adolescente e chiuso in se stesso, ma la tragedia condivisa fra i due è anche un punto di incontro per superare le divergenze e, forse, ritrovare se stessi.


La prima parte del film è sicuramente la più riuscita. Il parallelismo fra le macerie di una Amburgo distrutta, dove la polvere e la fame la fanno da padrone, e l'animo spezzato dal lutto dei due personaggi interpretati da Keira Knightley ed Alexander Skarsgard, è delicato ma intenso, oltretutto i due interpreti sono bravissimi nel lavorare di sottrazione, senza ostentare mai il dolore, ma giocando con gli sguardi e i piccoli gesti. Anche Jason Clarke, nel ruolo di un marito incapace di affrontare il proprio lutto e persino di parlarne apertamente con sua moglie, è fautore di un'ottima prova, completando un terzetto di attori da applausi.
La riflessione sulla guerra e sul nemico, che non è mai davvero tale a meno che non siamo noi stessi a dargli questo nome, è interessante. Si gioca molto sui grigi, sul quanto sia complicato distinguere nettamente giusto e sbagliato in una situazione che non si conosce a fondo, e da questo punto di vista il film è uno dei più interessanti racconti di guerra visti ultimamente, anche perché riesce a essere privo di retorica inutile.
La seconda parte invece soffre di un cambio di registro piuttosto repentino, concentrandosi totalmente sul melodramma e sul tema del lutto, mai realmente affrontato da nessuno dei tre personaggi principali.

Non si può certo parlare di uno scivolone, la storia è comunque scritta con grande maestria e molto tatto, con personaggi caratterizzati benissimo e dalla psicologia affatto banale, ma le premesse erano ben altre rispetto al, seppur ottimo, melò.

Probabilmente non è un film che rimarrà nella storia, non mantiene del tutto le promesse iniziali, ma alla fine non si esce delusi dalla visione, soprattutto se si è appassionati di melodrammi bellici.

giovedì 21 marzo 2019

Emilia Clarke è sopravvissuta a due aneurismi cerebrali

In una lunga intervista al New Yorker, l'attrice Emilia Clarke ha raccontato per la prima volta un periodo molto drammatico del suo recente passato, quando è stata colpita da due aneurismi cerebrali rischiando di morire. Un racconto piuttosto drammatico che oggi l'attrice affronta anche con una buona ironia.

I fatti risalgono al 2011, dopo aver concluso la prima stagione de Il Trono di Spade, e proprio da quel lavoro inizia il racconto dell'attrice. Emilia Clarke ha confessato di essersi sentita schiacciata dalla improvvisa popolarità dovuta dal suo personaggio, soprattutto a causa delle scene di nudo, argomento presente in ogni intervista che rilasciava. Questo le ha causato un grande senso di insicurezza e di stress, per questo ha deciso di buttarsi a capofitto sulla palestra.

"Per alleviare lo stress, ho iniziato ad allenarmi. Dopotutto, ero un'attrice televisiva, ed è quello che fanno gli attori televisivi. La mattina dell’11 febbraio 2011, mi stavo vestendo negli spogliatoi di una palestra a Crouch End, a nord di Londra, quando ho iniziato a sentire un forte mal di testa. Ero così stanca che riuscii a malapena ad indossare le scarpe da ginnastica. Quando ho iniziato l’allenamento, ho dovuto sforzarmi.
Poi il mio allenatore mi ha fatto mettere in posizione plank, e ho immediatamente sentito come se una fascia elastica mi stesse stringendo il cervello. Ho cercato di ignorare il dolore e andare avanti, ma non ci sono riuscita. Ho detto al mio allenatore che dovevo fare una pausa. In qualche modo, quasi strisciando, sono arrivata nello spogliatoio. Nel bagno, mi inginocchiai e iniziai a vomitare violentemente. Nel frattempo, la sofferenza, il dolore lancinante e costrittivo stavano peggiorando. Ad un certo punto iniziai a temere il peggio, stava succedendo qualcosa al mio cervello.
Per alcuni istanti ho cercato di allontanare il dolore e la nausea. Mi sono detta: “Non sarò paralizzata”. Ho mosso le dita delle mani e dei piedi per assicurarmi che fossero vere. Per mantenere sveglia la memoria ho provato a ricordare, tra le altre cose, alcune battute di Game of Thrones.

Una donna ha soccorso l'attrice che è stata portata d'urgenza in ospedale dove le hanno riscontrato una emorragia cerebrale. L'attrice ha raccontato l'intervento, "minimamente invasivo", in cui le è stato messo un filo all'inguine che arriva fino al cuore e al cervello per sigillare l'emorragia. L'intervento riesce ma il decorso è stato molto duro e le complicazione l'hanno messa a dura prova.

"L’operazione è durata tre ore. Quando mi sono svegliata, il dolore era insopportabile. Non avevo idea di dove fossi. Il mio campo visivo era ristretto. C’era un tubo in gola, ero arida e nauseata. Dopo quattro giorni e mi hanno detto che il grande ostacolo era arrivare al traguardo delle due settimane. Se non ci fossero state complicazioni, le possibilità di una buona ripresa erano alte. [...] Soffrivo di afasia, una conseguenza del trauma che il mio cervello aveva sofferto. Anche se stavo borbottando sciocchezze, mia madre mi ha fatto la grande gentilezza di ignorarlo e ha cercato di convincermi che ero perfettamente lucida. Ma sapevo che stavo vacillando. Nei miei momenti peggiori, volevo staccare la spina. Ho chiesto allo staff medico di lasciarmi morire. Pensai più volte a come sarebbe stata la mia vita, il mio lavoro è basato sulla lingua, sulla comunicazione. Senza quella, ero persa, finita."

Ma Emlia Clarke si è ripresa e ha partecipato alla promozione della serie. Ha condiviso con i produttori la sua esperienza chiedendogli di tenere tutto segreto. I dottori però l'avevano avvertita di stare attenta perché dall'altra parte del cervello c'era un altro piccolo aneurisma. Per un po' è andata bene, poi però quel piccolo aneurisma ha cominciato a fare paura e l'attrice si è dovuta operare di nuovo, un intervento di routine che però è andato molto male.

"Quando mi hanno svegliata, stavo urlando di dolore. L’intervento era fallito. Ho avuto un’emorragia enorme e i medici sono stati subito chiari, le mie possibilità di sopravvivere erano precarie se non avessero operato di nuovo. Questa volta avevano bisogno di accedere al mio cervello alla vecchia maniera: aprendomi il cranio. E l’operazione doveva essere fatta immediatamente.
Il recupero è stato ancora più doloroso di quanto non fosse stato dopo il primo intervento chirurgico. Sembrava che avessi attraversato una guerra più macabra di quelle di Daenerys. Sono uscita dall'operazione con un tubo che mi usciva dalla testa. I frammenti del mio cranio erano stati sostituiti dal titanio. Oggi la cicatrice non si vede, ma in quel momento non sapevo che non sarebbe stata visibile. E c’era soprattutto la costante preoccupazione per le perdite cognitive o sensoriali. Perdita di concentrazione? Memoria? Visione periferica? Ora dico alla gente che ho solo perso il buon gusto in fatto di uomini. Ma, naturalmente, nulla di tutto ciò sembrava remotamente divertente in quel momento."

Emilia Clarke ha voluto raccontare adesso la sua storia per condividere e dare speranza a tutte le persone che hanno, o hanno avuto, questo problema, e per lanciare l’associazione benefica SameYou, che si offre di dare assistenza alle persone colpite da danni cerebrali e aneurismi.

"Ora, dopo essere stata in silenzio per tutti questi anni, sto finalmente raccontando tutto. Per favore, credetemi: so che non sono l’unica. Innumerevoli persone hanno sofferto molto di più, e non avevano a disposizione le cure che io fortunatamente ho ricevuto."

L'attrice ha poi concluso scherzando, ogni volta che fa un intervista e le viene mal di testa, il pensiero va subito a un terzo aneurisma: "Ho fregato la morte due volte, è venuta a reclamarmi. [...] C’è qualcosa di gratificante, che va oltre la fortuna, nella fine di GoT. Sono così felice di essere qui per vedere la fine di questa storia e l’inizio di tutto ciò che viene dopo."

Tosta, guerriera, proprio come Daenerys Targaryen.


giovedì 14 marzo 2019

Boy Erased - la recensione

Nelle sale italiane, con uno stratosferico ritardo, arriva Boy Erased, un racconto autobiografico di un ragazzo, Jared, che dopo aver fatto coming out viene spedito dai suoi genitori, perfetti rappresentanti dell'America bigotta e benestante, in un centro di cura per omosessuali.


Joel Edgerton trae dal memoir di Garrard Conley un film che sembra strutturato appositamente per questi tempi e per colpire il pubblico: la violenza, fisica ma soprattutto psicologica, che Jared e gli altri ragazzi subiscono, viene mostrata subdolamente ma senza mai davvero andare a fondo, fallendo probabilmente proprio dove non avrebbe dovuto, ovvero nel provocare disagio e disgusto nello spettatore, nel creare quella morsa allo stomaco che avrebbe potuto scuotere la coscienza a molti.
Rimane tutto un po' troppo pulito, troppo "buono" in un certo senso, nonostante il grandissimo cast sia impeccabile, con una Nicole Kidman che spicca per intensità e delicatezza.
Sicuramente un grande pregio del film è quello di riportare a galla il tema dei centri di conversione, incredibilmente ancora attivi in molte zone degli Stati Uniti (ma anche in altri paesi, purtroppo), riflettendo su quanto questi veri e propri internamenti forzati possano influire sulla vita di ragazzi già provati da un ambiente familiare spesso ostile, ma ancora più spesso orlato di buone intenzioni.

Un film pulito, senza grandi sbavature, ma che scivola via senza riuscire a emozionare troppo e che purtroppo rischia di essere subito dimenticato. Un peccato se si considera il tema che affronta e la storia (vera) che racconta, una storia che avrebbe meritato forse una messa in scena più cruda in alcuni frangenti, soprattutto nell'esplorazione della psicologia del suo protagonista.
Resta comunque da incorniciare la prova dell'intero cast e soprattutto quella di una sempre magistrale Nicole Kidman, vero valore aggiunto della pellicola.

sabato 9 marzo 2019

Capitan Marvel - la recensione

E finalmente è arrivato.
Dopo una scia di polemiche inutili, boicottaggi stupidi e aspettative alle stelle, finalmente la prima eroina del Marvel Cinematic Universe arriva in sala a preparare la strada per l'evento Endgame, atteso dai fan come nient'altro prima d'ora.
A vestirei panni di Carol Denvers c'è il premio oscar Brie Larson, anche lei accompagnata da mugugni e polemiche. Fortunatamente una volta seduti al cinema e spente le luci, ci pensa la Marvel a ricordarci ancora una volta chi comanda.


Non siamo di fronte al classico film di origini, infatti in questo caso veniamo catapultati in media res e la nostra eroina ha già i suoi poteri ed è già in grado di usarli. Il suo passato ci viene svelato pian piano nel corso della pellicola con flashback che vanno a ricostruire la sua storia prima e dopo l'incidente che l'ha resa com'è, e in modo atipico è lo spettatore a sapere qualcosa in più su di lei di quanto non ne sappia Carol stessa.
Brie Larson fuga ogni dubbio e riesce ad avere la presenza scenica e il carisma necessari a incarnare un personaggio del genere e le sue interazioni con Samuel L Jackson (sempre più straordinaria la tecnica del ringiovanimento digitale) sono perfette e molto divertenti, rendendo il film quasi un buddy movie. 
Ottima anche la trama che è meno scontata e prevedibile di quando potesse sembrare all'inizio e riserva colpi di scena non indifferenti, riuscendo nel contempo a preparare il terreno per Avengers Endgame disseminando indizi e riferimenti che di sicuro faranno impazzare le teorie più disparate.

Inutile ribadire di rimanere fino alla fine dei titoli di coda. Un ultima parola, infine, sull'omaggio a Stan Lee, oltre al solito cammeo, toccante, seppur breve, e sentito, sarà difficile trattenere il magone.


Nulla da dire se non che ormai i film dei Marvel Studios sono una sicurezza nel campo del cinema di intrattenimento, assicurando al pubblico effetti visivi di altissimo livello, battute irriverenti, azione e una strettissima continuity, aggiungendo a questo giro anche un personaggio femminile protagonista e di tutto rispetto. 
Manca poco più di un mese ad Avengers Endgame e non vediamo l'ora, e stavolta ci sarà anche Capitan Marvel.