Il Capitano di sottomarini Robinson, licenziato senza troppi preamboli dalla società per cui lavora, decide di "mettersi in proprio" e di andare a recuperare il relitto sommerso di un sottomarino tedesco disperso durante la seconda guerra mondiale nel Mar Nero e carico d'oro. Mette così insieme una squadra composta a marinai russi e americani, ma ben presto il recupero si trasforma in un'avventura claustrofobica e ad alto tasso di adrenalina.
Kevin Macdonald, regista del buon L'Ultimo Re di Scozia, si affida a una regia molto precisa, senza manierismi, che quasi non si fa vedere, con qualche guizzo lasciato soprattutto alla fotografia davvero ben fatta, piena di contrasti tra colori caldi e freddi.
Protagonista indiscusso un Jude Law intenso, vissuto sia nell'espressione che nel fisico, l'attore inglese impregna di carisma un personaggio assolutamente non facile, non un eroe ma un uomo spesso sgradevole, ma vero e con cui si riesce facilmente a empatizzare. Viene da chiedersi quanto ancora dovrà passare prima che Hollywood affidi a Law più ruoli di questo genere, degni di un talento innegabile e troppo spesso sottovalutato.
Ma se Black Sea funziona così bene è soprattutto merito della sceneggiatura. Dennis Kelly, creatore della serie britannica Utopia, dimostra ancora una volta di saperci fare incredibilmente bene, soprattutto per quanto riguarda il dosare sapientemente la tensione e i tempi scenici in cui questa aumenta o diminuisce.
L'atmosfera claustrofobica si percepisce tutta nei dialoghi serrati, nel ritmo perfettamente scandito, nell'originalità, pur in un tema già sviscerato, di un ambiente non militare e proprio per questo privo di ideologie spiccate, denso però di sentimenti umani e di idee.
Il tutto scorre tra momenti di pura tensione a momenti in cui si lascia spazio a un confronto più tranquillo, in un equilibrio pressoché perfetto, fino a un finale che, pur con qualche scelta registica un po' banale, risulta eccellente.
Forse non rimarrà nella storia del cinema come un capolavoro, ma Black Sea è un gran film con una sceneggiatura da manuale e un attore protagonista che buca lo schermo. Da vedere.
Kevin Macdonald, regista del buon L'Ultimo Re di Scozia, si affida a una regia molto precisa, senza manierismi, che quasi non si fa vedere, con qualche guizzo lasciato soprattutto alla fotografia davvero ben fatta, piena di contrasti tra colori caldi e freddi.
Protagonista indiscusso un Jude Law intenso, vissuto sia nell'espressione che nel fisico, l'attore inglese impregna di carisma un personaggio assolutamente non facile, non un eroe ma un uomo spesso sgradevole, ma vero e con cui si riesce facilmente a empatizzare. Viene da chiedersi quanto ancora dovrà passare prima che Hollywood affidi a Law più ruoli di questo genere, degni di un talento innegabile e troppo spesso sottovalutato.
Ma se Black Sea funziona così bene è soprattutto merito della sceneggiatura. Dennis Kelly, creatore della serie britannica Utopia, dimostra ancora una volta di saperci fare incredibilmente bene, soprattutto per quanto riguarda il dosare sapientemente la tensione e i tempi scenici in cui questa aumenta o diminuisce.
L'atmosfera claustrofobica si percepisce tutta nei dialoghi serrati, nel ritmo perfettamente scandito, nell'originalità, pur in un tema già sviscerato, di un ambiente non militare e proprio per questo privo di ideologie spiccate, denso però di sentimenti umani e di idee.
Il tutto scorre tra momenti di pura tensione a momenti in cui si lascia spazio a un confronto più tranquillo, in un equilibrio pressoché perfetto, fino a un finale che, pur con qualche scelta registica un po' banale, risulta eccellente.
Forse non rimarrà nella storia del cinema come un capolavoro, ma Black Sea è un gran film con una sceneggiatura da manuale e un attore protagonista che buca lo schermo. Da vedere.