mercoledì 9 maggio 2018

Cannes 2018 - giorno 1

Ha preso il via ieri sera la 71a edizione del Festival di Cannes, ad aprirlo ufficialmente sono stati Martin Scorsese, che riceverà oggi il premio alla carriera Carrosse d'Or, e la presidente di giuria Cate Blanchett.

Il film d'apertura Everybody Knows (Todos lo Saben), del regista premio Oscar Ashgar Farhadi, presentato ieri al pubblico e anche alla stampa, in contemporanea, e quindi oggi protagonista della conferenza stampa (nuove regole del festival).

'Everybody Knows' segue le vicende di Laura, trasferitasi dalla Spagna all'Argentina, sposata con un uomo che non ama più e madre di due figli, che torna nel suo paese di nascita per il matrimonio della sorella. Tra i festeggiamenti per i matrimonio, il ritorno a casa e l'incontro con vecchi amori, come Paco, si riaffacciano anche vecchi fantasmi della vita di Laura, che la gettano nel panico e nella disperazione.

"Il film è un thriller, ma il genere è solo una scusa che mi permette di parlare di tanti temi che trovo importanti", ha dichiarato il regista Farhadi, "Come mi sarei comportato nella stessa situazione dei personaggi? Il film riflette sull'idea di proprietà, sulla lealtà e sul significato di paternità. Chi è il vero genitore: quello che ti concepisce o quello che ti cresce?".
Protagonisti del film Penelope Cruz e Javier Bardem, coppia sullo schermo e nella vita. "E' un progetto a cui abbiamo lavorato per cinque anni", ha raccontato l'attrice premio Oscar, "Asghar si è trasferito in Spagna, per viverla. Non parla spagnolo ma non è stato un problema. Asghar è umile, non solo risponde alle domande, ma le fa anche. Ascolta gli altri: è una persona che vede oltre".
Il film è il primo in una lingua straniera per il regista iraniano, ma calarsi in un'altra cultura non è stato difficile. "Al contrario di quello che si dice, gli esseri umani non sono poi così diversi", ha spiegato Farhadi, "Siamo molto simili nell'amore, rabbia, odio. È il modo di esprimere queste emozioni che cambia con la cultura. I film servono anche a questo, a mostrare quanto siamo simili come esseri umani. Personalmente è anche molto interessante mostrarlo agli iraniani che pensano che le altre persone siano molto diverse da loro".

Impossibile non parlare anche della coppia Bardem-Cruz e di come si sono trovati a lavorare (di nuovo) insieme. "Non ci portiamo i personaggi a casa, Javier e io abbiamo un modo di lavorare molto simile. E' bellissimo entrare e uscire dalla finzione. È uno degli aspetti che amo di più del mio lavoro", ha dichiarato Penelope Cruz. "Io e mia moglie sappiamo come separare realtà e fantasia", ha continuato Bardem, "altrimenti sarebbe impossibile lavorare insieme. Non è difficile, ci vuole impegno, ma la vita reale ci aiuta a calarci meglio nella finzione". E alla domanda infelice di un giornalista "Lei è l’unico uomo che riesce a lavorare con la propria moglie, come fa?", Bardem ha risposto con un secco: "È una domanda di cattivo gusto". Colpito e affondato.

Il film ha avuto una buona accoglienza dal pubblico, fredda invece quella della stampa.

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Ieri è stato anche il giorno della presentazione della giuria del Concorso, che vede come presidente l'attrice due volte premio Oscar Cate Blanchett. Giuria composta da Denis Villeneuve, Kristen Stewart, Lea Seydoux, Chang Chen, Ava DuVernay, Andrei Zvyagintsev, Khadja Nin e Robert Guédiguian.

La conferenza stampa ha toccato diversi argomenti d'attualità, la parità tra uomini e donne, il movimento #MeToo, la disparità di genere, ma a catalizzare l'attenzione di tutti, stampa, pubblico e colleghi, è stata la presidente Cate Blanchett. L'attrice ha risposto in modo diretto, preciso, e quando è servito anche in modo ironico, a tutte le domande, anche a quelle non indirizzate direttamente a lei. Come quando un giornalista ha rivolto una domanda (nemmeno particolarmente intelligente) solo ai registi e Cate Blanchett ha risposto prontamente: "Che le attrici non si azzardino a rispondere, mi raccomando!". Insomma, la giuria non poteva avere una presidente più carismatica di così.

Cate Blanchett ha affrontato con grande padronanza l'argomento più caldo, la parità di genere e il movimento #MeToo, rispedendo subito al mittente lo "stupore" per la numerosa presenza femminile in giuria (cinque donne, quattro uomini). "Mi spiace dirvelo ma non è la prima volta che ci sono così tante donne in giuria..." ha dichiarato l'attrice in modo molto schietto, "Quando mi hanno chiesto di essere Presidente ho richiesto che ci fossero uomini e donne di razze e culture diverse, e mi hanno risposto che è il loro criterio di selezione ogni anno".
Risposta pronta anche riguardo alla presenza, meno numerosa, di registe donne in Concorso: "Che non venga in mente a nessuno che le donne in concorso siano state scelte solo per il loro genere. Certo, se poi mi chiedete se vorrei più donne in concorso, vi dico di sì, ovvio, ne vorrei più di tre, e spero che in futuro succeda. Ma l’anno scorso erano due, e prima ancora non ce n’era nessuna. Questi sono cambiamenti epocali che non possono avvenire dal giorno alla notte. Il movimento #Metoo per essere assorbito avrà bisogno di tempo I cambiamenti, per essere profondi, devono essere basati su azioni specifiche, e richiedono del tempo, per poter garantire equità sessuale e razziale, nel cinema come nelle altre industrie".

Per quanto riguarda il metro di giudizio, Cate Blanchett ha dichiarato che la giuria sarà "indipendente". "Non ne abbiamo ancora visto nessuno, ma qualsiasi film potrebbe essere quello giusto", ha detto l'attrice, assolutamente padrona del suo ruolo, "Noi giudicheremo i film per il loro valore, la loro qualità intrinseca, come giuria indipendente. E' importante approvare ogni film con la mente il più aperta possibile, senza farsi condizionare dai nomi".
Stessa linea di pensiero per gli altri membri della giuria. "Non cerco il film perfetto, ci sono film imperfetti che sono comunque dei grandissimi film", ha dichiarato Kristen Stewart.
Il regista Denis Villeneuve ha definito il suo ruolo di giurato "una forma particolare di ginnastica" e che il suo scopo sarà cercare un film capace di "resistere al tempo". Un pensiero molto simile a quello della regista Ava DuVernay, per cui la Palma d'Oro dev'essere "un film che racconta di emozioni universali e condivisibili, che siano vere anche tra vent’anni".

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