giovedì 3 gennaio 2019

At Eternity's Gate - la recensione

Passato al Festival di Venezia, dove il protagonista Willem Dafoe ha vinto la Coppa Volpi per l'interpretazione maschile, e stranamente scivolato un po' nel dimenticatoio, esce finalmente anche in Italia il film di Julian Schnabel, regista e pittore, su quello che forse è il più grande pittore di sempre, sicuramente quello che più di tutti ha infiammato l'anima e la fantasia degli spettatori moderni che lo hanno visto e rivisto tanto al cinema quanto in televisione: Vincent Van Gogh.


Un omaggio sicuramente sentito, quello che Schnabel fa all'illustre collega, tanto che se c'è una cosa che salta subito all'occhio è la regia, che riprende i colori dei quadri tipici di Van Gogh, il giallo e l'azzurro in particolare. C'è inoltre molto amore nei confronti dell'uomo, che viene ammantato quasi di un'aura messianica (molte le analogie cristologiche all'interno del film), concentrando lo sguardo soprattutto sui suoi rapporti umani, con il fratello Theo (Rupert Friend) in particolare, unico a stargli vicino e ad apprezzare la sua arte, e con l'amico Paul Gauguin (Oscar Isacc), con cui Vincent instaura un rapporto morboso che lo porterà al famoso gesto del taglio dell'orecchio.


Manca però del tutto in tocco magico e visionario sull'arte, non si riesce a entrare mai nella mente di quello che è stato un vero e proprio genio della pittura, per come riusciva a guardare il mondo andando al di là di quanto visibile a tutti, ed è un gran peccato perché l'impressione è che si rimanga sempre su un canovaccio già visto e poco originale, in cui il focus della vicenda sono le angherie degli abitanti di Arles e una pazzia che non viene comunque mai mostrata fino in fondo.


Alla fine l'unica cosa a rimanere davvero impressa è la splendida performance di Willem Dafoe, seppur lontano in termini di età del personaggio (Dafoe ha sessantatre anni, mentre Van Gogh morì quando ne aveva trentasette), non lo è nello spirito, riuscendo a incarnare perfettamente il candore giovanile e una certa purezza del personaggio unicamente tramite uno sguardo.
La sua bravura fa un po' rimpiangere una pellicola che avrebbe avuto le carte in regola per essere molto di più ma che purtroppo non si eleva mai sopra una buona mediocrità.

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