Hollywood racconta sé stessa e attraverso la storia di Dalton Trumbo racconta uno dei periodi più controversi della storia americana.
Trumbo (Cranston) è stato uno dei più talentuosi sceneggiatori della storia del cinema. Negli anni '40 era lo sceneggiatore più pagato di Hollywood, Trumbo però era anche comunista, appoggiava gli scioperi ed era schierato con i sindacati. Tutto questo, negli anni '40 e '50 era visto come un comportamento anti-americano. Trumbo, insieme ad altri nove colleghi, venne portato davanti al Comitato per le attività Anti-Americane per essere interrogato riguardo le sue idee. Fedele a sé stesso, Trumbo si rifiutò di rispondere, finì in carcere, perse la casa, venne tradito da quelli che pensava fossero amici, venne "bandito" dagli Studios e il suo nome inserito nella Lista Nera di Hollywood, perdendo qualsiasi possibilità di lavorare. Senza perdersi d'animo, Trumbo continuò a lavorare, scrisse la sceneggiatura - che poi vinse l'Oscar - di Vacanze Romane e la fece firmare a un amico, si mise a scrivere script per film di serie-B firmandoli con nomi fasulli, trovò lavoro agli altri colleghi "reietti" (chiamati "i dieci di Hollywood"), vinse un altro Oscar, sempre sotto falso nome. La svolta arrivò dopo anni, grazie all'aiuto di due pesi massimi di Hollywood come Kirk Douglas e Otto Preminger, e con la cancellazione della Lista Nera.
Grazie a fiumi di alcol, tante sigarette e tanto fumo, Jay Roach, regista del film, di porta nella vecchia Hollywood. La ricostruzione delle abitudini, i vestiti, le acconciature, sono uno degli aspetti più curati del film. Nonostante lo spesso fondotinta sul volto del protagonista nella prima parte, l'aspetto estetico del film risulta davvero ottimo e convincente. Il film non ha grandi difetti, una storia interessante, una regia semplice e onesta, una ricostruzione curata, il punto in cui viene un po' a mancare è la sceneggiatura... curioso se si pensa che è un film dedicato a uno sceneggiatore.
Il film ha dei bei dialoghi, alcuni scambi di battute sono ottimi, la prima parte ha un bel ritmo e racconta bene l'inizio dell'incubo per i "dieci di Hollywood", poi però il film perde un po' incisività e manca il salto drammatico che avrebbe dato più concretezza, quella drammaticità che la storia di Trumbo avrebbe meritato. E' come se, a un certo punto, ci fosse stata una indecisione: dedicarsi più al Trumbo-sceneggiatore e alla sua lotta contro una enorme ingiustizia, o al Trumbo-uomo e padre? Roach ha scelto la seconda opzione, quella più facile ma anche meno interessante.
Se il film però regge per tutte le sue due ore di durata è grazie a un grande cast. Da una perfetta e odiosa Helen Mirren nei panni della pseudo giornalista di gossip Hedda Hopper, perennemente a caccia della "minaccia rossa" a Hollywood, a un divertente e consapevole produttore di brutti film di serie B interpretato da John Goodman, fino al pavido Michael Stuhlbarg, alla misurata moglie di Trumbo Diane Lane, e a Elle Fanning, nel film la figlia di Trumbo, che recita come un'attrice esperta, tutti davvero ottimi. A capo di questo folto gruppo di ottimi attori, un Bryan Cranston assolutamente trascinante, padrone della scena, nonostante d'aspetto non somigli affatto al vero Dalton Trumbo, grazie alla gestualità, alle espressioni e alla voce (da sentire in originale per apprezzarlo), riesce a calarsi nei panni di Trumbo in modo davvero convincente. Meritata la nomination all'Oscar per questo ruolo.
In sostanza, adatto soprattutto a chi ama i film che raccontano Hollywood dall'interno, L'ultima parola - La vera storia di Dalton Trumbo è un buon film che racconta una storia bella e interessante, ma a cui è mancato un passo decisivo per diventare un grande film. Merita la visione, per conoscere la storia di Trumbo e per apprezzare un ottimo cast.
giovedì 11 febbraio 2016
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