venerdì 12 febbraio 2016

Zoolander No.2 - la recensione

Sono passati circa quattordici anni dall’uscita del primo, straordinario Zoolander, film che non riscosse particolare successo nell'immediato (forse anche a causa del clima post 11 Settembre in cui uscì) ma che negli anni è stato ricoperto da una patina di mito che ne hanno fatto uno dei più grandi cult di tutti i tempi.
Se da una parte il sequel di un film del genere ha vita facile al botteghino, dall'altra la delusione è dietro l’angolo, proprio perché superare una leggenda non è mai semplice.


Al contrario di quanto avviene nella realtà, nella finzione cinematografica Derek Zoolander non è più un mito, ma un ricordo svanito, un super modello del passato a cui è andato tutto male, la cui stupidità ha portato alla morte dell’amata moglie e alla perdita del figlio, portato via dai servizi sociali. Dopo aver cambiato nome ed essersi ritirato in una zona molto a nord nel New Jersey, Derek viene contattato dall'Interpool per infiltrarsi nel mondo dell’alta moda e scoprire chi sta uccidendo le pop star e perché, oltre a ritrovare suo figlio. Con lui, naturalmente, non può mancare il fido Hansel, anche lui caduto in disgrazia a causa di Derek.

La trama di questo No.2 scimmiotta apertamente i vecchi film di James Bond, è forse un po’ più debole di quella del primo film, ma non risparmia momenti di assoluta genialità, su tutti l’espediente con cui il villain storico Mugatu evade di prigione e torna prepotentemente nella storia, o ancora il grandissimo plot twist su cui si basa interamente il finale.
Ma se la trama, anche se non in maniera grave, a volte zoppica un po’, è sul lato della parodia che, ancora una volta, Zoolander trova il suo punto di forza. Sono passati anni e la società, così come le mode, sono profondamente cambiate; Ben Stiller lo sa benissimo e non si culla sugli allori sfruttando gag già rodate di sicura efficacia, ma sperimenta, va oltre, affonda a piene mani alla nostra realtà fatta di selfie sempre e comunque, di social network, hipster, alternativismo a tutti i costi, e teoria gender, senza dimenticare il mondo dell’alta moda con tutte le sue assurde manie e i suoi personaggi grotteschi.
Ben Stiller e Owen Wilson sono incredibilmente a loro agio e si muovono in questo mondo come se non vi fossero mai usciti, così come Will Ferrell che torna nei panni del perfido Mugatu, unico a smascherare a gran voce la stupidità di ciò che lo circonda ma, come sempre, esagerato in ogni suo gesto. Ottima anche Penelope Cruz, nuova aggiunta al cast, sensuale e divertente allo stesso tempo, e Cyrus Arnold nei panni del figlio di Derek.
E come era accaduto quattordici anni fa, completano il quadro una quantità enorme di guest star (Kiefer Sutherland e Sting su tutti), perché non sarebbe il mondo della moda senza volti noti a rappresentarlo.

Non era facile fare il sequel di un cult quale è ormai il primo Zoolander, ma Ben Stiller ci ha provato ugualmente e non ha fallito perché questo No.2, pur con qualche difetto, riesce a essere ugualmente geniale e divertente. Solo il tempo saprà dirci se diventerà a sua volta un cult, nel frattempo entrate in sala preparati perché ne uscirete con i crampi allo stomaco dalle risate.

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