Mikael Blomkvist (Daniel Craig), giornalista finanziario intenzionato a ristabilire la propria reputazione dopo essere stato condannato per diffamazione, viene assunto da uno degli industriali più potenti della Svezia, Henrik Vanger (il candidato all’Oscar Christopher Plummer), per scoprire la verità sulla scomparsa dell’amata nipote Harriet, avvenuta molti anni prima. Convinto che la ragazza sia stata uccisa da un membro della sua numerosa famiglia, Vanger spedisce il giornalista, ignaro di quanto sta per accadergli in un’isola sperduta tra i ghiacci della costa svedese.
Frattanto, Lisbeth Salander (Rooney Mara), una hacker punk particolare ma piena di risorse della Milton Security, viene assunta per fare delle ricerche su Blomkvist, e si ritrova per caso a indagare con Mikael sulla scomparsa di Harriet Vanger.I dovuti confronti con la trasposizione svedese sono innegabilmente necessari per poter commentare il nuovo film di Fincher.
Parto subito col dire che questo remake americano del romanzo di Steg Larsson "Uomini che odiano le donne" stravince in quasi tutti i fronti. La debolezza del predecessore diretto da Niels Arden Oplev stava nel fatto che aveva uno stampo fin troppo televisivo, con questo la differenza di una mano più professionale e curata si percepisce tutta. E' un film più cinematografico.
Fincher sa fare il suo mestiere alla grande e soprattutto sa come muoversi in questo genere e con queste tematiche tra le mani.
Se il film svedese era qualcosa di più immediato e semplice, simile ad una produzione televisiva, il film di Fincher ha un tocco più "autoriale", il regista si prende i suoi tempi nella messa in scena e ciò gli permette di andare ad indagare più a fondo sviscerando l'indagine in tutti i suoi aspetti e dettagli, rendendo la narrazione si più lenta e complessa da seguire ma per questo anche maggiormente appagante e fedele al romanzo.
Lisbeth Salander era interpretata da una grandiosa Noomi Rapace, Oplev eseguì sul presonaggio un trattamento quasi da supereroina dei fumetti come se l'intento di partenza fosse quello di rendere la (già famosa) hacker una figura cult del cinema. Fincher riserva per lei un trattamento ben differente, è più umana, meno protagonista, non cerca di mitizzare la sua protagonista preferisce magari concentrarsi su altri aspetti della narrazione, nel caratterizzare i personaggi di contorno (ottimo Skarsgard) o ancor meglio sul legame tra Salander e Blomkvist che su Salander in se. Lisbeth Salander è una delle figure più complesse e affascinanti dell’immaginario collettivo contemporaneo, contraddittoria, rude e apparentemente anaffettiva, la cui emotività troppo a lungo calpestata e stata sepolta a fondo nel proprio animo e a fatica riaffiora di tanto in tanto. È qui la grande intuizione di Fincher e lo sceneggiatore Zaillan ovvero di rendere Lisbeth un personaggio profondamente umano, riportandolo sullo schermo in tutte le sue sfaccettature minuto e aggressivo, feroce e spaventato, ricercatrice impeccabile e hacker geniale, in grado di tenere sotto controllo tutto tranne quei sentimenti. Sono caratteristiche difficili da cogliere forse ad una prima visione, perchè ad esplicarle non sono parole, dialoghi ma più che altro gesti, azioni ed espressioni. Rooney Mara incarna magneticamente Lisbeth, , si fa guidare dalla mano saggia del suo regista, si spoglia completamente (in tutti i sensi) di fronte alla macchina da presa, è disposta a tutto, si fida.
Alcuni hanno accusato Fincher di aver messo in scena le situazioni più disturbanti e violente del libro in maniera gratuita, non mi ha dato questa impressione francamente. Fincher sa catturare, sa dove mettere la macchina da presa, cosa farci vedere e come farcelo vedere.
L'unica pecca è qualche dilungarsi di troppo soprattutto nel lungo epilogo che perde un minimo di tono.
Sul profilo tecnico tutto il pacchetto e impeccabile. La fotografia cupa si fonde aslla perfezione con gli ambieniti interni ed esterni, con i magnifici paesaggi immersi nel candore del gelo svedese. Il montaggio offre sempre delle sorprese ed è stilisticamente inebriante. Le musiche di Trent Reznor non sono forse sufficentemente presenti o almeno non quanto mi aspettassi, ma quando ci sono si fanno sentire eccome.
Non è il miglior film di Fincher sia chiaro, Seven e The Social Network sono meglio, Fight Club sta su un altro pianeta ma è pur sempre grande cinema, cinema con la "C" maiuscola e in grassetto.
Si può imputare a Fincher a delle volte un eccessiva freddezza e distacco, ma questo è il suo modo di fare cinema, ci ha abituati fin da sempre, quindi mi sento stupido a farlo notare, perchè se Fincher lo conoscete il film non vi deluderà, garantito.
Voto: 8
Ps. I titoli di testa con la cover e il videoclip di Immigrant Song valgono da soli il prezzo del biglietto.
Ps.2 Il film stipula forse il record di maggior numero di sigarette accese.
Mr.Carrey
sono d'accordo su tutto quanto detto nella recensione, eppure non ho dato al film più di un 6.5
RispondiEliminaVero è che è tutto perfetto, che Fincher è un maestro, che Noomi Rapace è bravissima eccetera, ma secondo me il film pecca gravemente di freddezza, almeno per quanto mi riguarda, mai una volta mi sono ritrovata a empatizzare con qualcuno dei protagonisti, nemmeno con Lisbeth, nonostante si riesca a vedere, tra le espressioni e gli occhi della Rapace, la fragilità del personaggio.
Probabilmente sono io, probabilmente dipenderà dal fatto che sono arrivata a questo film senza aver mai visto il precedente svedese o mai leto il libro, ma l'ho trovato proprio freddo.
Beh per quanto riguarda regia, fotografia, musiche e costumi, la versione di Fincher è indubbiamente migliore del precedente svedese, sulle interpretazioni io invece ho preferito il duo Rapace - Nyqvist a quello Mara - Craig
RispondiElimina"Ps. I titoli di testa con la cover e il videoclip di Immigrant Song valgono da soli il prezzo del biglietto.
Ps.2 Il film stipula forse il record di maggior numero di sigarette accese."
ahahah vero!!!!