martedì 30 ottobre 2012

'007 - Licenza d'Uccidere' - la recensione


Inglese, alto un metro e ottantatré, settantasei chili di peso James Bond è un agente dei servizi segreti britannici inventato dalla geniale macchina da scrivere di Ian Fleming e arrivato in libreria per la prima volta nel 1953 con il romanzo “Casino Royale”. La sua sigla di battaglia è 007, cioè, come indicano i due zeri iniziali, è un agente con licenza d’uccidere, un letale killer se le circostanze lo richiedono. Intelligente e colto pratica le arti marziali e se la cava bene con quasi tutti i generi di arma anche se preferisce quelle leggere. Non ama molto gli alleati statunitensi che guarda con sufficienza e verso i quali ha un complesso di superiorità tipico dei britannici legati alla tradizione come Fleming, mentre tratta i nemici sovietici più con cinismo che con odio. Buongustaio, coltiva piccole manie divenute leggendarie: le uova sode della prima colazione devono bollire per tre minuti e quarantacinque secondi, non uno di più né uno di meno, l’unico vino che accetta di bere è lo champagne Dom Perignon d’annata mentre sa riconoscere anche solo dal profumo la collina d’origine del suo bourbon preferito, l’Old Grandbad. Parla una serie infinita di lingue e possiede un fascino irresistibile che esercita largamente nei confronti dei personaggi femminili dei romanzi, indipendentemente dal loro schieramento nella storia. Il personaggio di James Bond cattura l’interesse degli appassionati di letteratura gialla e contribuisce non poco a stabilire i codici dei romanzi di spionaggio. Fin dal suo apparire sembra destinato a finire immortalato sullo schermo cinematografico ma l’operazione risulta più complicata di quanto potesse sembrare all’inizio. I primi tentativi risalgono alla metà degli anni Cinquanta quando vari registi britannici, tra i quali Alexander Korda e Gregory Ratoff, si cimentano nell’impresa. Il freddo cinismo del personaggio, la sua spregiudicatezza sessuale e la violenza delle storie finiscono però per spaventare i produttori e la trasposizione cinematografica delle avventura di James Bond viene più volte accantonata. A complicare ancora il destino dell’agente 007 c’è anche l’insuccesso della trasposizione televisiva fatta dalla CBS alla fine degli anni Cinquanta con Barry Nelson nei panni di James Bond. L’idea viene accantonata e non se ne sente più parlare fino a quando i produttori Albert Broccoli e Harry Salzman che, nel frattempo, hanno comprato i diritti cinematografici di tutti i romanzi di Fleming,  convincono la United Artists a scucire i 900.000 dollari necessari alla produzione di “Agente 007, licenza di uccidere”, il primo di una lunga e fortunata serie di film popolarissimi.
Era la storia che meglio si prestava all'esordio perchè aveva tutti gli elementi per definire il personaggio e il mondo di Bond, che sarebbero stati poi sviluppati nel corso della serie. Buona parte della qualità del film è dovuta all'immenso talento di Ken Adam (le cui scenografie stilizzate, realizzate col genio aguzzato dai pochi soldi a disposizione che aveva attirarono l'attenzione di Kubrick che lo chiamò per "Il dottor Stranamore"), ma anche da Peter Hunt, che rinnovò il montaggio inventando con questo film uno stile moderno e veloce poi ripreso da tutti, dalla musica (tema originale di Monty Norman e con gli arrangiamenti straordinari di John Barry) e naturalmente dalla scelta dell'interprete, il leggendario Sean Connery, indovinato perchè permetteva l'accattivante connubio di una recitazione energica coi modi raffinati da gentleman indotti dalla regia sofisticata ed elegante di Terence Young, particolare valorizzatore fra l'altro della bellezza femminile, il cui omaggio debutta in questo film con la celebre scena della cacciatrice di conchiglie Ursula Andress che esce dal mare, stupefacente ancora oggi per semplicità e insieme magnificenza figurativa, in un meraviglioso scenario naturale, uno dei tanti paradisi terrestri che costituiscono uno dei segreti del successo della serie. Sono d'accordo con chi lo considera, insieme al perfino superiore "Dalla Russia con Amore", lo 007 migliore, con il soave minimalismo proprio dei libri di Fleming che sarà poi soppiantato dalle (magnifiche) macchine di spettacolo -e di quattrini- seguenti. Girato in condizioni non facili, è riuscito a trovare un equilibrio eccezionale tra la parte tecnologica e futuristica e quella tradizionale e avventurosa che raramente sarà raggiunto dai più ricchi (di soldi, non necessariamente di talento) film che seguirono. 

Mr.Carrey

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