giovedì 11 gennaio 2024

La Società della Neve - la recensione

Presentato in anteprima al Festival di Venezia 2023, La Società della Neve racconta una delle storie più drammatiche, estreme e incredibili sulla sopravvivenza realmente accadute.

Il 13 ottobre del 1972, una squadra uruguayana giovanile di rubgy, più amici e familiari, si imbarca su un piccolo aereo per andare in Cile. Sorvolando la Cordigliera delle Ande, un tratto estremamente complicato per i voli, l'aereo si schianta sulle montagne, spezzandosi in due. Delle 45 persone a bordo, dodici muoiono nell'incidente e i sopravvissuti si ritrovano soli sulle Ande, senza possibilità di curare i feriti (in cinque moriranno nei primi giorni), senza possibilità di chiamare aiuto, di ripararsi dal freddo, e senza acqua né cibo. I ragazzi della squadra sopravvissuti si organizzano, cercano di aiutare i feriti, ma quel luogo così inospitale per l'essere umano, tra gelo e valanghe, è una sfida impossibile e, dopo giorni di digiuno, capiscono che l'unico modo per sopravvivere è quello di andare oltre il limite, con una scelta drastica e dolorosa, sia eticamente che fisicamente, che li segnerà profondamente. Una volta capito che i soccorsi non sarebbero arrivati, due di loro decidono di scalare le Ande a mani nude e con un sacco a pelo ricavato con delle imbottiture dell'aereo, per andare a cercare aiuto. Un viaggio estenuante di dieci giorni fino alle vallate del Cile, dove finalmente trovano aiuto. I soccorsi arriveranno il 23 dicembre, due mesi dopo lo schianto dell'aereo.

Una storia incredibile già portata al cinema due volte, in particolare nel 1993 con il bel film Alive - Sopravvissuti, fino ad oggi la versione più famosa. La Società della Neve di J.A Bayona, tratto dall'omonimo romanzo di Pablo Vierci, ha prima di tutto il pregio di non rifarsi al suo predecessore, stessa storia ma approccio e stile diversi.
Tecnicamente il film di Bayona è davvero ben fatto, girato molto bene, crea la giusta tensione nei momenti chiave (da un regista di horror, ce lo aspettiamo), ha una bella fotografia che riesce a trasmettere molto bene l'idea del freddo gelido provato sulle Ande, rappresentate come un luogo bellissimo, tanto bello quanto severo e inospitale, in cui l'uomo è totalmente fuori posto, come dice uno dei protagonisti: "qui gli estranei siamo noi". Il film riesce ad avere un buon ritmo nonostante la ripetitività delle situazioni, giorni sempre uguali che si susseguono, e non perde mai tempo, non svaga, e alla fine non sente minimamente il peso delle sue due ore e venti. La pellicola inoltre fa un ottimo uso della voce fuori campo, che diventa un intelligente espediente emotivo della storia. Ma oltre la tecnica, il film di Bayona ha il pregio di avere tanto cuore, senza romanzare, eroicizzare e senza diventare morboso nei risvolti più delicati, anzi andando ad analizzare in modo molto intimo certi momenti.
Quella dei sopravvissuti delle Ande è una storia che racconta i limiti umani, fisici, etici e morali, ma in questa storia non c'è solo dramma e sofferenza, c'è anche tantissima speranza. Bayona e gli sceneggiatori mettono al centro di tutto l'umanità dei giovani protagonisti, le paure, la fede (religiosa ma non solo), la consapevolezza, e il senso di responsabilità di ognuno per l'altro e ognuno per il gruppo, per quella piccola "società" dell'areo schiantato sulle Ande. I protagonisti sono tutti alla pari, non c'è il leader carismatico che spicca, non ci sono quei caratteri stereotipati che si possono trovare nei classici survival movie, sono tutti uguali (scelta sottolineata da un cast di nomi praticamente sconosciuti ma tutti molto bravi), sono solo ragazzi che cercano di sopravvivere come possono e che, una volta tornati a casa, non si sentono eroi ma dei sopravvissuti.

La Società della Neve è un film fatto bene tecnicamente ed emotivamente coinvolgente senza mai cercare la lacrima facile o esagerare nei toni, sfugge sempre alla tentazione "blockbuster", è un film che ci porta sulle Ande con i sopravvissuti e ci fa vivere la loro sofferenza e la loro speranza.

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