venerdì 6 maggio 2022

Licenziato da Netflix per "condotta inaccettabile", Frank Langella si difende e incolpa la "cancel culture".

È passato quasi un mese dalla notizia del licenziamento di Frank Langella da La caduta della casa degli Usher, serie Netflix diretta da Mike Flanaghan.

L'attore, 84 anni, è stato licenziato per "condotta inaccettabile" e molestie, dopo la lamentela di una giovane attrice del cast che ha denunciato alla produzione di essere stata toccata in modo inappropriato dall'attore. Il tutto è successo a tre settimane dalla fine delle riprese e Netflix, dopo aver svolto delle indagini interne, ha licenziato Langella e poi ha deciso di adottare lo stesso metodo usato per Kevin Spacey in Tutti i Soldi del Mondo, cioè cancellare l'attore e rigirare tutte sue scene con il sostituto, Bruce Greenwood.

Dopo giorni di silenzio, Frank Langella ha deciso di raccontare la sua versione dei fatti, puntando il dito contro la a "cancel culture". Quello che si evince dal suo racconto, al di là di quanto si voglia credere a una o all'altra parte, è come sui set oggi, dopo l'ondata del #MeToo, ci sia molta più attenzione verso determinati comportamenti, soprattutto quando si devono girare scene d'amore, con l'ingresso di questa nuova figura, il coordinatore di intimità, a controllare che nessuno faccia più di quanto stabilito, e come questo stia portando attori e attrici a doversi adattare a qualcosa di nuovo, a un nuovo modo di stare sul set, e c'è chi ci riesce e chi no. Ma viene fuori anche il rovescio della medaglia, cioè quanto sia facile fraintendere, esagerare o esasperare, con le produzioni, in questo caso Netflix, molto preoccupate di evitare scandali e proteggere la propria immagine.

Ecco le parole dell'attore, che ha scritto una lunga lettera a Deadline.

"Sono stato cancellato. Così, all'improvviso. Nella crescente follia che attualmente pervade il nostro ambiente, non avrei mai potuto immaginare che le parole "danni collaterali" sarebbero state applicate a me. Hanno portato con sé un peso che non mi ero aspettato di dover sopportare nei decenni conclusivi della mia carriera. E insieme a questo è giunto un senso imprevisto di grave pericolo. Sono stato licenziato da Netflix per quello che hanno deciso fosse un comportamento inaccettabile sul set. Il mio primo istinto è stato quello di incolpare, di attaccare e cercare vendetta. Ho fatto colloqui con responsabili di gestione di crisi, tosti avvocati online, quelli che offrono comprensione professionale per 800 dollari l'ora. Mi hanno anche offerto consigli gratuiti: "Non fare la vittima". "Non citarli in giudizio, scaveranno nel tuo passato". "Firma l'accordo di non divulgazione, prendi i soldi e scappa". "Vai ai talk show, mostra pentimento, fingi umiltà, Dì che hai imparato un sacco". Scusati, scusati, scusati.
Avevo il ruolo protagonista di Roderick Usher in La caduta della casa degli Usher, modernizzata in una serie di otto episodi per Netflix. Un ruolo splendido, che ero giunto a considerare come probabile mio ultimo canto del cigno. Una cosa profetica in modo bizzarro, nelle attuali circostanze. Il 25 marzo di quest'anno interpretavo una scena d'amore con l'attrice che fa la mia giovane moglie. Entrambi eravamo interamente vestiti. Ero seduto su un divano e lei era in piedi di fronte a me. Il regista ha dato lo stop. "Mi ha toccato la gamba" - ha detto l'attrice - "Non era nel blocking" (il piano con cui vengono coreografate le azioni prima di girare una scena, ndr). Poi si è girata e se n'è andata dal set, seguita dal regista e dal coordinatore per le scene intime. Ho cercato di seguirla ma mi hanno chiesto di "darle un po' di spazio". Ho aspettato per circa un'ora, quando mi hanno detto che non sarebbe tornata sul set e che avevamo finito. Poco tempo dopo, è iniziata un'indagine.

Circa una settimana dopo, l'ufficio Risorse Umane ha chiesto di parlarmi al telefono. "Prima che iniziasse la scena d'amore il 25 marzo" - ha detto chi mi interrogava - "il nostro coordinatore per le scene intime ha suggerito a entrambi dove mettere le mani. Ci è stato detto che lei ha risposto "questo è assurdo!". "Sì" - ho risposto - "l'ho fatto e ne sono ancora convinto". Era una scena d'amore di fronte a una telecamera. Dettare per legge dove mettere le mani, per me, è ridicolo. Danneggia l'istinto e la spontaneità. Verso la fine della nostra conversazione, lei ha suggerito che non contattassi la signorina, il coordinatore per le scene intime o chiunque altro nell'azienda. "Non vogliamo rischiare dei contraccolpi", mi ha detto. Quando le ho detto che certo non era mia intenzione di... mi ha interrotto cortesemente e ha detto "Non ci interessano le intenzioni. Neflix si occupa solo degli effetti".

Quando è protagonista, un attore deve, secondo me, dare l'esempio mantenendo un'atmosfera leggera e amichevole. Tuttavia, questo faceva parte dell'accusa: 1. "ha raccontato una barzelletta sconcia". 2. "A volte mi ha chiamato tesoro o bambina". 3. "Mi ha abbracciato o mi ha toccato la spalla". "Non puoi fare questo, Frank" - mi ha detto il produttore - "non puoi scherzare. Non puoi fare complimenti. Non puoi toccare. È il nuovo ordine". Il 13 aprile, il titolo seguente è apparso su TMZ: "Frank Langella è stato licenziato da Netflix per aver palpeggiato un'attrice tra un ciak e l'altro e lei ha lasciato il set infuriata". Si faceva il nome dell'attrice. Era la stessa giovane donna che mi aveva accusato di "toccarle la gamba" durante le riprese della scena d'amore. Il giorno successivo l'articolo fu corretto in "Frank Langella non è stato licenziato ma è oggetto di indagine". In questa versione, il nome dell'attrice era cancellato. Quel pomeriggio stesso, sono stato licenziato. Netflix non mi ha dato udienza. La mia richiesta di un faccia a faccia con l'attrice è stata rifiutata. I registi e il produttore hanno smesso di rispondere alle mie email e alle mie telefonate. 30 minuti dopo il mio licenziamento, è arrivata una lettera al cast e alla troupe ed è stato mandato immediatamente un comunicato stampa. I miei rappresentanti ed io non abbiamo avuto opportunità di commentare o collaborare alla narrazione.

Non posso parlare delle intenzioni dei miei accusatori o di Netflix, ma l'impatto su di me è stato incalcolabile. Ho perso una parte fantastica, la possibilità di guadagni futuri e forse dovrò affrontare un periodo di disoccupazione. Netflix mi ha eliminato dopo tre mesi di lavoro, a sole tre settimane dalla fine delle riprese e devo ancora essere pagato interamente per il mio lavoro. Cosa ancora più importante, la mia reputazione è stata sporcata. Questi affronti sono, per me, la vera definizione di comportamento inaccettabile. La cancel culture è l'antitesi della democrazia. Reprime la conversazione e il confronto. Limita la nostra capacità di ascoltare, mediare e scambiare punti di vista antitetici. Cosa ancora più tragica, annienta il giudizio morale. Questo non è giusto. Questo non è americano.

Frank Langella. "

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