domenica 16 giugno 2019

Beautiful Boy - la recensione

Tra ricadute, sofferenza, e tentativi di venirne fuori, Beautiful Boy racconta la difficile lotta di un ragazzo contro la dipendenza dalle droghe.

Nic Shelf è un ragazzo come tanti, genitori separati, cresciuto dal padre e dalla sua nuova compagna che non gli hanno mai fatto mancare l'affetto, così come la madre, anche se da lontano. Legge, scrive, disegna, ascolta musica, ma a un certo punto, da adolescente, comincia a isolarsi e a sperimentare qualche droga, in particolare la metanfetamina, che lo fa piombare in una spirale infinita che lo porterà rapidamente all'eroina in vena. Nick vorrebbe venirne fuori ma non riesce a liberarsi di quella pesante scimmia sulla spalla e la sua caduta nel baratro finisce inevitabilmente per coinvolgere tutta la famiglia, in particolare il padre David.

Il film si basa sul vero calvario passato da Nic Shelf e da suo padre David e racconta una storia che oggi è più attuale che mai, come ci ricorda la scritta alla fine del film infatti, negli Stati Uniti la droga è la prima causa di morte per gli under 50. Questa storia in particolare racconta come una vicenda del genere possa succedere a chiunque, la droga non colpisce solo gli emarginati o i disperati, ma anche un ragazzo dalla vita normale, che vive in una casa serena, e ha ricevuto tutto l'amore possibile nella sua infanzia.
Il "beautiful boy" del titolo è ovviamente Nic, ma gran parte del peso emotivo della storia grava sulle spalle del padre David, pronto a tutto per aiutare il figlio, anche a provare quelle stesse droghe per cercare di capire gli effetti. Il regista del film, Felix Van Groeningen, usa proprio il punto di vista del padre per introdurci nella storia ma lo fa in modo troppo frammentario, con continui intrecci temporali, che non solo fanno perdere il filo ma fanno anche calare l'intensità emotiva. Il film va avanti così per almeno un'ora, poi cambia, si focalizza su un momento preciso della vita di Nic, e migliora in modo evidente, riuscendo a far entrare in contatto lo spettatore sia con i personaggi principali che secondari. Convince poco la colonna sonora, a volte troppo invadente e fuori contesto.

Ottimo Steve Carell, misurato, mai sopra le righe, se nella prima ora, quando il film zoppica, si riesce comunque ad empatizzare con il padre, il merito è solo della sua sentita interpretazione. Bene anche Timothée Chalamet, ogni tanto cade nello stereotipo del "bello e dannato" ma era un ruolo sicuramente non facile che ha saputo affrontare in modo piuttosto convincente.

Di base, Beautiful Boy sarebbe un film molto classico, riesce anche ad evitare le trappole da "film sulla droga", ma si complica inutilmente la vita con un andamento troppo articolato e frammentario che finisce per disperdere la forza della storia e lasciare lo spettatore con meno emozioni di quante avrebbe potuto avere.

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