mercoledì 12 settembre 2018

Sulla mia pelle - la recensione

Gli ultimi sette giorni di Stefano Cucchi, morto mentre era in custodia cautelare in circostanze ancora poco chiare, non è un materiale facile con cui avere a che fare, sia perchè il processo è ancora in corso, sia per la profonda spaccatura che esiste nella visione della vicenda fra forze dell'ordine (e loro sostenitori) e la famiglia dello stesso Cucchi, con la sorella Ilaria in prima fila nel chiedere chiarezza e giustizia.


Naturalmente le polemiche non sono mancate a Venezia, dove il film è stato presentato ufficialmente, e sicuramente continueranno a essere al centro del dibattito nei prossimi giorni, ora che il film è nelle sale e sulla piattaforma Netflix.
La grande impresa, però, che il regista Alessio Cremonini, e della sua co-sceneggiatrice Lisa Nur Sultan, sono riusciti a compiere al di là di tutto il contorno, è raccontare la storia umana, profondamente umana, di un ragazzo che è morto, da solo e impaurito, lasciando da parte qualsiasi giudizio morale su di lui, sulle sua colpe e su quelle delle stesse forze dell'ordine, concentrandosi unicamente su Stefano e su chi era davvero, sulla sua famiglia, la difficoltà dell'uscire dalla dipendenza dalla droga, la sua fede.
Sulla mia Pelle ripercorre passo dopo passo quei sette giorni di carcere e ospedale, di violenza e crudo abbandono, che diventano sempre più evidenti sul corpo e sul volto di uno straordinario Alessandro Borghi, che riesce a essere Stefano completamente.
Lungi dall'essere un film di accusa o di denuncia, riesce così a divenire una storia intima e cruda di ingiustizia sociale prima ancora che giuridica, di riscatto mancato, di fede ritrovata, di vita che poteva cambiare, forse, ma che non ne ha avuto la possibilità.
Non era sicuramente facile affrontare una vicenda ancora così sentita, nonostante i nove anni passati, e lo era ancora meno farlo senza giudicare e senza retorica, che in circostanze del genere sarebbe apparsa fastidiosa, oltre che fuori luogo.
Sulla mia pelle è un film viscerale, crudo, difficile da digerire, proprio come Stefano Cucchi e la sua storia.

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