venerdì 7 settembre 2012

'Womb - Clone' - la recensione



Rebecca (Eva Green) una bambina di nove anni vive in una baita sul mare in una regione del nord germania, un giorno sulla spiaggia incontra un bambino di nome Tommy (Matt Smith). Una profonda amicizia nasce in poco tempo tra i due. Ma dura solo qualche giorno perchè Rebecca va a vivere con la madre a Tokyo. Consapevoli del fatto che il loro rapporto fosse qualcosa in piĂ¹ di una semplice amicizia i due soffrono la distanza del rispettivo.
12 anni dopo Rebecca torna da Tommy sulla spiaggia e scopre che lui non si è dimenticato di lei. L'amore ovviamente scoppia al primo incontro. Ma il destino anche questa volta non sarĂ  benevolo nei confronti della giovane copia, anzi si dimostra spietato piĂ¹ che mai. Infatti Tom muore in un incidente stradale.
Il dolore strazia Rebecca, non accetta che l'amore per Tommy represso per anni possa finire così. Trova una soluzione radicale per riportare in vita il suo sogno "insieme per sempre". Rebecca decide infatti di clonare l'amato e crescerlo sul suo grembo...

Il regista ungherese Benedek Fliegauf firma una pellicola particolare, moderna, originale, dai contenuti incentrati sulla clonazione e il progresso scientifico. Ma questi, sebbene funzionali alla storia, non sono contenuti sui quali il regista si concentra, la lente del regista focalizza soprattutto la storia d'amore tra Rebecca e Tommy, il sentimento, il dolore, la solitudine. Magari piĂ¹ che portare avanti un discorso bioetico il regista fa riflettere sul tema dell'incesto, molto piĂ¹ che sottinteso, innescando implicazioni morali non banali. The Womb porta lo spettatore a confrontarsi con tabĂ¹ sociali e questioni etiche riguardo il rapporto madre e figlio-amante. E sta proprio in questo il maggior pregio e anche coraggio della pellicola.
Fliegauf non ha una mano per nulla arrogante anzi lascia molto spazio d'interpretazione a noi, lui si prende solo il lusso di filmare e raccontare la sua storia senza mai schierarsi da una parte ma essendo sempre apolitico sul tema e mostrandosi sempre coerente nel restare nella sua posizione.
Il regista adotta uno stile estetizzante, fatto di lunghe sequenze fisse sui paesaggi e tempi dilatati, filmando dettagli; si concentra  sulle immagini a discapito dei dialoghi che sono infatti ridotti all'osso. E' uno stile simile a quello di Gus Van Sant (Gerry) e per certi versi a quello di Malick. PuĂ² venire tranquillamente etichettato come "film lento" e  non sarebbe sbagliato, sicuramente un pĂ² di brio ed incisivitĂ  in piĂ¹ non avrebbero fatto male. Ma il cinema per cosa è nato se non regalare emozioni e far sognare attraverso le sue immagini, la poesia di quest'arte sta gran parte in esse. Ci sono registi che credono fortemente in questo e curano profondamente questo aspetto nei loro film a discapito di una narrasione usuale e solida o di dialoghi brillanti, prendendosi il rischio di non essere capiti e criticati.
L'eterea Eva Green bellissima e brava recita per tutto il film con gli occhi e il corpo, anche in questo caso la chiave di lettura del suo personaggio viene posta tra le mani dello spettatore, sta a lui comprendere i sentimenti di Rebecca, immaginarne i pensieri e coglierne le emozioni trasmesse.

Voto: 7
                                                                                                                                             Mr.Carrey

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