Dopo aver diretto grandi saghe di azione come quella di Jason Bourne e aver dimostrato di saper affrontare anche fatti reali e crudi con United 93, ma soprattutto il bellissimo Captain Philips, Paul Greengrass torna ad occuparsi di cronaca raccontando dell'attentato che il 22 Luglio 2011 sconvolse la Norvegia: un uomo che, dopo aver fatto esplodere una bomba nel pieno centro di Oslo come diversivo, effettua una strage di ragazzi nell'isola di Utoya.
L'approccio scelto da Greengrass (regista e sceneggiatore del film) è diverso da quanto ci si potrebbe aspettare: ci si trova davanti a un vero e proprio film corale, in cui i punti di vista sulla vicenda sono molteplici. Se da una parte abbiamo le vittime, impersonate soprattutto da Viljar, sopravvissuto per miracolo alla carneficina, con ancora pesanti strascichi fisici ma soprattutto psicologici, dall'altra c'è l'attentatore Breivik, senza alcun rimorso per quanto ha fatto, non tentenna mai fino alla fine, nemmeno davanti alle parole delle vittime e delle loro famiglie. Ma non mancano nemmeno i punti di vista della politica, incarnata dal Primo Ministro, e soprattutto quello tormentato dell'avvocato difensore di Breivik, personaggio fra i più interessanti e sfaccettati per come riesce a mantenersi in equilibrio fra il dovere di assicurare a chiunque una difesa, e la consapevolezza di trovarsi a difendere qualcuno che, in coscienza, non può avere nessuna attenuante.
Muovendosi con grande naturalezza tra i diversi personaggi, Greengrass riesce a essere molto meticoloso nella ricostruzione storica dell'attentato e allo stesso tempo dare grande risalto alla componente emotiva, alla tragedia non solo di chi da quell'inferno non è uscito vivo ma anche al dramma dei sopravvissuti che ne porteranno per sempre le cicatrici, visibili ma ancora più spesso invisibili eppure profonde.
A coronare il tutto ci sono i paesaggi innevati della Norvegia, con una fotografia molto suggestiva.
Nonostante le più di due ore di durata, 22 Luglio non risulta mai pesante o noioso, non ambisce a essere un dramma da lacrima facile, né una denuncia politica, ma rimane un film sempre onesto con se stesso e, proprio per questo motivo, estremamente piacevole.
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