L'universo di Star Wars si espande e continua a riempire gli spazi tra i vari capitoli della saga principale. Dopo aver reso omaggio agli sconosciuti eroi di Rogue One, questo secondo spin off ci porta a conoscere le origini di uno dei personaggi più amati della saga: Han Solo.
In Solo: A Star Wars Story incontriamo Han quando non era ancora "Solo" ma soltanto un ragazzo in fuga da una situazione di miseria, da cui vuole portare via anche la sua ragazza, e con il sogno diventare un grande pilota. Le cose ovviamente non andranno come aveva immaginato. Han si ritroverà in battaglia, nel fango (letteralmente), e per uscire da un'altra situazione pericolosa si unirà a un gruppo di contrabbandieri che gli insegnerà le regole del mestiere, lezioni di vita che lo porteranno sul sentiero che lo farà diventare l'Han Solo che ha fatto la rotta di Kessel in meno di 12 parsec.
L'attesa che ha preceduto il secondo spin off della saga di Star Wars è stata particolare, piena di sensazioni contrastanti. Un film fortemente voluto dai fan e al tempo stesso molto temuto, e la produzione travagliata non ha fatto che aumentare il timore. E poi c'è sempre il pericolo "zoccolo duro", cioè quel gruppetto di fan super integralisti che non accettano niente di diverso da quello che hanno immaginato negli anni, quello stesso gruppetto che ha stupidamente osteggiato Gli Ultimi Jedi solo perché secondo loro "non doveva essere così". Un rischio che purtroppo corre anche questo film che invece ha molto da offrire, sia in termini di storia che di intrattenimento.
Nonostante le difficoltà di produzione, Solo: A Star Wars Story ha saputo trovare la sua forma e di questo va dato grande merito a Ron Howard, chiamato in corsa a sostituire Phil Lord e Christopher Miller, licenziati per divergenze creative dopo aver girato oltre metà film. Il regista ha saputo disegnare un preciso stile per il film, classico e un po' rétro, quasi anni '80, curando molto i particolari, dai costumi alle scenografie, fino alle musiche e alle citazioni (ben inserite), senza mai dimenticarsi dei personaggi e della storia.
Il film probabilmente non racconta quello che tutti ci saremmo aspettati, non affonda mai nel drama e non scende in profondità, ma con una storia movimentata, divertente e avventurosa, mette un acerbo Han nelle condizioni di diventare l'Han Solo della trilogia classica, e ce lo mostra in una fase ancora "embrionale" suggerendo i motivi che poi l'hanno trasformato nel personaggio che tutti abbiamo amato.
Ovviamente nel film c'è un collegamento con la saga principale e anche in questo caso non è quello che avremmo immaginato, e racconta, anzi accenna, agli albori di qualcosa che più avanti conosceremo molto bene.
Buone le caratterizzazioni dei personaggi di contorno, Emilia Clarke, Paul Bettany, una Thandie Newton "super cool" (che avrebbe meritato più spazio), ma a spiccare più di tutti sono senza dubbio il sempre bravo Woody Harrelson e Donald Glover, nei panni di Lando Calrissian. E non bisogna dimenticarsi dei personaggi non umani: Chewbecca, il suo rapporto con Han è una parte essenziale del film, e il droide L3-37, che si va ad aggiungere alla lista di meravigliosi droidi che la saga di Star Wars ci ha regalato.
Capitolo a parte per il protagonista Alden Ehrenreich. Nei mesi passati se ne sono sentite tante sul suo conto, tutte chiacchiere e malelingue. Il suo era il compito più difficile, raccogliere la pesantissima eredità di Harrison Ford, ma se l'è cavata alla grande, riuscendo a non cadere mai nel tranello dell'imitazione dell'Han Solo originale e a fare suo il personaggio.
Solo: A Star Wars Story non avrà la profondità drammatica di Rogue One, o l'atmosfera epica degli episodi della saga principale, ma è un grande film d'intrattenimento, ben girato e ben recitato. Due ore di avventura e divertimento con uno dei personaggi più amati della Galassia lontana lontana.
0 commenti:
Posta un commento