venerdì 13 dicembre 2013

Lo Hobbit: la desolazione di Smaug - la recensione



Ci eravamo lasciati un anno fa con gli occhi puntati sulla Montagna Solitaria, mentre un piccolo tordo picchiava sulle mura di Erebor e risvegliava il potente drago Smaug. Ci ritroviamo in una locanda buia ma accogliente di nostra conoscenza, nel bel mezzo di quello che è "un incontro casuale" tra Galdalf e Thorin, incontro che metterà in moto gli eventi de Lo Hobbit e non solo.


Dopo un prologo che avrà certamente fatto felici i lettori, veniamo catapultati nuovamente nella storia e se Un Viaggio Inaspettato era a tratti lento, introduttivo per forza di cose, questo La Desolazione di Smaug parte subito con il piede sull'acceleratore, sacrificando come già accaduto per Tom Bombadill, uno dei personaggi più misteriosi e affascinanti del mondo tolkeniano (probabilmente nella versione estesa avremo più scene con Beorn che è, comunque, splendido) per arrivare subito nel vivo della storia e quindi a Bosco Atro.

Grandissimo lavoro tecnico effettuato sulla Foresta e vi posso assicurare che l'HFR 3D è una vera goduria (nel bosco e soprattutto nelle scene a Dol Guldur, cupe e nitidissime, e nella fuga nei barili, girata magistralmente da Andy Serkis), ma davvero grande lavoro in tutti i sensi svolto sugli Elfi Silvani.
Thranduil non è un Re saggio come Elrond, non è etereo come Galadriel, è orgoglioso, sprezzante, chiuso in se stesso e concentrato unicamente sul suo regno, su una sete incontentabile di ricchezze. Le scene tra lui e Thorin sono molto significative nell'evidenziare i punti in comune tra i due personaggi ed entrambi gli attori fanno un ottimo lavoro.

In generale tutti i Silvani sono ben caratterizzati nel loro essere duri, spietati e dediti anche a qualche gozzoviglia di troppo, in particolare sono molto belle le scene che vedono protagonista Legolas (gradito ritorno con un Orlando Bloom nel personaggio come mai si vede altrove) e Tauriel nelle splendide prigioni degli Elfi. Evangeline Lilly ci sta molto bene nei panni dell'elfa ed il suo personaggio non è fuori luogo come si temeva, purtroppo esigenze cinematografiche impongono la figura femminile e comunque si riesce a renderla bene nel contesto. Non proprio felicissime alcune scelte di trama che ruotano attorno al suo personaggio, ma bisognerà aspettarne gli sviluppi per poterle giudicare appieno.
Davvero notevoli le sequenze a Pontelagolungo, meravigliose e sontuose le scenografie, atmosfera decadente, un molto bravo Luke Evans ma soprattutto un geniale Stephen Fry che illumina la scena ad ogni sua apparizione.

Ma veniamo a lui, la vera star del film: Smaug.
Non c'è che dire, il drago è il miglior drago della storia del cinema. Astuto, intelligente, malvagio, dalle movenze ipnotiche, quando entra in scena ricoperto d'oro non ce n'è più per nessuno, è in quel momento che il film prende la piega dell'orgasmo cinematografico. Con lo stesso processo con cui Andy Serkis diede vita a Gollum, l'attore inglese Benedict Bumberbatch regala voce e corpo a Smaug e si riesce quasi a intravederne il volto. Doppiarlo era difficilissimo, ma sono rimasta piacevolmente sorpresa da Luca Ward, che riesce a dare la giusta profondità e potenza al personaggio.

Il finale apertissimo, con un cliffhanger che vi lascerà con il cuore in gola, è la ciliegina sulla torta di un film che, come successo per Le Due Torri, si discosta dalla pagina scritta aprendosi a tutto ciò che costituisce il vastissimo corpus tolkeniano, donando ampio respiro alla storia e dando lo slancio perfetto verso il gran finale.

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