giovedì 13 giugno 2013

'Into Darkness - Star Trek' - la recensione

Qual'è il confine tra giustizia e vendetta? Tra ciò che è lecito fare per salvare la vita della propria famiglia e una violenza ingiustificata?

J.J Abrams mette in campo domande importanti e sembra giusto che lo faccia in un film come Into Darkness Star Trek, molto più che un film di fantascienza puro e semplice... ma in fondo Star Trek non è mai stato solo fantascienza.
Farò una premessa: sono una trekkie di vecchia data.
Mi sembra doveroso e corretto specificarlo prima perché nel commentare questo film ed esprimere un qualsiasi pensiero su di esso è determinante l'appartenenza o meno alla schiera dei fan.

Into Darkness è un gran film, un film potente nel suo svolgimento, un film in cui la tensione non cala mai e tutto si incastra alla perfezione nella linea temporale alternativa creata da Abrams senza andare a stravolgere più di tanto ciò che sapevamo già; insomma, non è difficile accettare ciò che ci viene detto, è perfettamente plausibile, ha un che di già conosciuto eppure di nuovo.
Into Darkness è un film che ha nel suo villain il punto di forza maggiore, perché, sembra quasi ridondante ribadirlo, Benedict Cumberbatch è un attore straordinario.

Giusto e sbagliato, vendetta e giustizia, lealtà o sete di potere, è intorno a lui che ruotano questi interrogativi ed è Kirk a doversi confrontare con essi, la giustizia contrapposta alla spietata vendetta, l'amicizia e il sacrificio contro la sete di potere.

Senza spoilerare troppo, il confronto tra i due è intenso e molto ben scritto, alla fine si ha la risposta ma l'impressione è che vi siano molte altre sfumature non dette.
In questo il film è molto "trek", anche se in un primo momento non sembra, data l'abbondanza di scene d'azione (praticamente assenti nella serie originale): Gene Roddenberry assimilava e proponeva ciò che era la minaccia di quei tempi (la guerra fredda), scontrandola con il nuovo mondo pacifico della Federazione, trattava temi cari all'America di quel tempo, sconvolgeva il mondo con il primo bacio interraziale nella storia della tv o piazzando in plancia un russo, un asiatico, una donna nera e un alieno; Abrams non si spinge così in la, nel suo Star Trek non ci sono i grandi temi o la denuncia sociale, ma anche lui prende la minaccia dei nostri tempi (il terrorismo, il nemico che viene dall'interno) e la ripropone facendola scontrare con l'ottimismo intrinseco di Star Trek e con l'eroismo di Kirk e compagni.
Sono molte, inoltre, le citazioni alla serie classica e ai film, alcune molto evidenti, altre nascoste in bella vista, una in particolare che a mio avviso è stata giostrata benissimo ma che racchiude in se stessa il più grande difetto della pellicola di Abrams, comunque già presente nel precedente Il Futuro ha Inizio anche se si notava meno.

Dove Abrams toppa clamorosamente sono i personaggi.
Qui, devo essere sincera, la distinzione tra fan e non fan è netta, perché non si puù certo dire che i protagonisti siano caratterizzati male, ma purtroppo la differenza con quelli originali è davvero evidente.


Se per il Kirk di Pine e in particolare per l'ottimo McCoy di Urban (il migliore del cast protagonista, davvero fantastico nella sua interpretazione cosÏ simile a quella del compianto DeForest Kelley, soprattutto nelle espressioni del viso), tutt'altro discorso va fatto per gli altri: Uhura perde di fascino, Scotty sembra quasi una macchietta comica, Sulu e Chekov praticamente non sono pervenuti.
Ma la grande, grandissima pecca è Spock: Zachary Quinto è bravissimo, ma è proprio il personaggio ad essere snaturato, bel lontano dall'impassibile Primo Ufficiale di Nimoy le cui emozioni, lungi da essere inesistenti, divenivano evidenti solo dopo un'accurata conoscenza, senza che questo ne intaccasse mai la freddezza. Purtroppo non c'è nulla di tutto questo, il fascino del personaggio svanisce così come la sua impassibilità, Spock diventa emotivo, quasi che lui volesse dimostrare a se stesso di possedere quelle emozioni che, in teoria, dovrebbe sapere benissimo di avere.
A volte però, grazie soprattutto all'interpretazione di Quinto, riemerge lo Spock che per anni ha fatto innamorare milioni di telespettatori.
Buoni invece i momenti tra Spock, Kirk e McCoy, anche se davvero troppo pochi considerando che è proprio lo straordinario rapporto tra questi tre personaggi la vera anima della serie, ma c'è tempo e la missione quinquennale è appena cominciata, l'ultima frontiera Ë ancora da esplorare.



Concludendo, Abrams ha avuto il merito di riportare alla ribalta Star Trek, rendendola fluibile a chi non ha amato la serie originale e contemporaneamente soddisfando i fan, anche se il sentire QUELLA musica durante i titoli di coda mischia, alla soddisfazione di aver visto un gran film, una nostalgia irrefrenabile.

*Chiara*

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