mercoledì 2 gennaio 2013

Cloud Atlas - la recensione




I fratelli Wachowski hanno sempre avuto il grande pregio di unire un certo tipo di cinema commerciale con quello più strettamente d'autore, la spettacolarità con i contenuti più filosofici. Fin dal primo (e unico, se vogliamo) Matrix passando per V per Vendetta hanno sfornato grandissimi successi di pubblico, senza rinunciare all'approvazione della critica.
Ci riprovano insieme a Tom Tykwer in quello che è il più costoso film indipendente di sempre e con un cast talmente stellare che elencarli tutti sarebbe davvero troppo lungo e noioso.
Tratto dall'omonimo romanzo di David Mitchell, il film è un sapiente intreccio di varie storie che si dipanano attraverso sette epoche diverse, dall'ottocento ad un futuro post apocalittico, e in cui ogni personaggio è legato ad un altro attraverso un ripetersi senza fine di temi, un apparente continuazione che dona conclusione ad una trama cominciata in un altro tempo, addirittura suggerendo una continuità di vita attribuendo agli interpreti molti ruoli diversi in ogni storia ma, se vogliamo, sempre lo stesso alla fine.
Abbiamo perciò un avvocato che si oppone alla schiavitù, un musicista bisessuale che rincorre la sinfonia della sua vita, una giornalista che negli anni '70 indaga su un misterioso complotto, un editore che tenta di evadere da un manicomio, un futuro distopico in cui l'amore sembra divaricare lo spazio e il tempo e un mondo post apocalittico fatto di verità e bugie mai realmente distinte.
La confusione iniziale lascia presto il posto alla storia, alla vita dei numerosi personaggi le cui vicende sembrano incastrarsi e svolgersi su diversi piani temporali eppure nello stesso momento, grazie anche ad un montaggio ispirato che suggerisce continuamente la presenza di un quid nascosto in bella vista, fino a scoprire che, effettivamente, quelle non sono che storie più o meno intrecciate, che alla fine sono le conseguenze di ogni scelta ad avere ripercussioni sul passato, sul presente e sul futuro, senza influenzare mai davvero.
Cloud Atlas ha il fascino di una melodia ascoltata e riascoltata a lungo, la dolcezza di una storia d'amore e il phatos di una sparatoria futuristica, senza mai propendere nè in un verso nè in un altro, continuamente in bilico tra dramma, commedia e fantascienza, avvolgendo e stupendo lo spettatore, confondendolo senza mai esagerare e lasciando alla fine un senso di compiutezza, nonostante non si possa affermare con sicurezza di aver trovato quel nesso nascosto.
Non è un film perfetto, questo no, alcuni passaggi risentono di una certa lentezza di fondo, mentre un paio di scene nel futuro (dirette dai Wachowsky insieme alla sezione ambientata nel XIX secolo, mentre Tykwer si è parallelamente occupato degli anni '30, '70 e dei nostri giorni) peccano di una eccessiva resa "a videogioco" che stona con il tono complessivo del film, ma si riesce facilmente a soprassedere all'interno della totalità finale.
Affascinante e dalla natura continuamente mutevole, Cloud Atlas sembra sussurrare segreti sul destino senza mai imporre un'unica visione, lasciando libera interpretazione ad ognuno secondo la propria coscienza, riuscendo al contempo a divertire e commuovere grazie soprattutto allo straordinario cast e a dei pregi tecnici e visivi non da poco. Probabilmente a molti non piacerà, certo gli amanti di una trama lineare e di una conclusione netta ne saranno delusi, ma personalmente credo che il cinema dovrebbe anche essere pura esperienza e certo Cloud Atlas è di quelle più alte, la stagione dei premi sta per iniziare, incrocio le dita perchè questo film abbia ciò che merita.


 "La nostra vita non ci appartiene. Siamo legati ad altri. E con ogni crimine e ogni gentilezza generiamo il nostro futuro. Tutto è connesso".

*Chiara* 

0 commenti:

Posta un commento