Attonito. Non so se c’è un aggettivo adatto per descrivere
la sensazione che lascia la visione di Diaz, ma attonito è forse quello che si
avvicina di piĂ¹.
Anche chi era ben informato sui fatti, non puĂ² non essere
colpito dalla rappresentazione sul grande schermo del tragico G8 di Genova.
Sarà che la memoria è ancora fresca e che giustizia non è ancora stata fatta.
Diaz non è un film che vuole cercare i colpevoli, non è un’inchiesta, è un film
che mostra dei fatti senza dare interpretazioni, perchĂ© quando si tratta di violazione dei diritti umani non c’è bisogno di interpretare niente.
Oltre l’aspetto emotivo,
il film è ben strutturato e il piĂ¹ possibile imparziale nei punti di vista. La
narrazione dei tragici eventi della scuola Diaz viene infatti ripresa tre volte
nel film: dalla parte dei manifestanti, dalla parte dei poliziotti e dalla
parte di chi era fuori e cercava di capire cosa stava succedendo.
Il cast funziona
bene, nel momento in cui riesce nell'intento di coinvolgere lo spettatore
dentro la vicenda. Spicca fra tutti la magnifica interpretazione di Jennifer
Ulrich, giĂ protagonista nell'ormai cult L’Onda. La regia svolge un compito
impeccabile, il coinvolgimento è quasi totale, il dolore del film diventa il
dolore nello spettatore.
Il rischio della retorica in un film come Diaz era
dietro l’angolo, ma il regista con un’operazione sapiente l’ha evitata. Niente
effetti facili, l'azione è limitata a pochi spazi definiti, sappiamo il
minimo indispensabile dei personaggi. E' questa dimensione tutta in soggettiva,
oltre all'eccellente ricostruzione (molte riprese sono di repertorio), a dare
al film una forza e una dignitĂ straordinarie. Daniele Vicari non lancia
accuse: lascia parlare i fatti. All'atrocitĂ si aggiunge lo sbalorditivo vuoto
di potere in cui tutto si consumĂ².
Ste
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