Questo cambio di location è assolutamente vincente perché la città è davvero perfetta per ambientare un horror-mistery, con i suoi canali, le luci che si specchiano sull'acqua scura, i mantelli e le maschere. A differenza del passato, inoltre, Branagh punta su un cast molto meno altisonante, il nome di spicco è Michelle Yeoh, ma ci sono anche Tina Fey, Jamie Dornan e il nostro Riccardo Scamarcio, tutti molto bravi ma ben lontani dal richiamo mediatico di un Johnny Depp o una Michelle Pfeiffer del primo film.
Ciò che salta inoltre maggiormente all'occhio è come questo sia, a tutti gli effetti, un vero e proprio horror ancora prima che un giallo, che Branagh gira con tutti i canoni classici, dalle inquadrature storte (e distorte), alla fotografia un po' gotica fatta di contrasti fra luce e tenebra, fino ai classici jump scare inseriti al momento giusto. E, sorprendentemente, il tutto funziona benissimo, con la narrazione che procede spedita fra colpi di scena e sedute spiritiche fino al gran finale, che rientra trionfalmente nel classico scenario alla Poirot, in cui il protagonista riunisce tutti i personaggi in un solo luogo per esporre la risoluzione del caso.
Indifferente alla risposta non proprio massiccia del boxoffice, il Poirot di Branagh continua il suo viaggio di decostruzione del proprio mito, e arriva a un picco qualitativo notevole con questo Assassinio a Venezia. Sperando di vederne ancora.
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